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lunedì 12 settembre 2011

Cinque pezzi meno facili - Cap. 5

Nei due giorni successivi la partenza di Roberto, Silvia era rimasta nella luce semi oscura della sua camera ed in quella, decisamente più scura, del suo animo cercando spiegazioni, giustificazioni, conclusioni, torchiando i suoi neuroni fino allo sfinimento.
Insieme da anni, pensava che almeno lui la potesse conoscere, anzi no, proprio lui la dovesse conoscere meglio di chiunque altro: la passione per la pittura non si limitava alla sola conoscenza della tela….e poi la Spagna…il suo sogno da ragazzina, da condividere proprio con il suo amore.
Roberto, invece, le aveva preferito un amico….perchè? Con gli anni era cambiata? Imbruttita, invecchiata? O le rodeva semplicemente il fatto di aver perso la sfida e che l’avesse vinta Martino? Chissà…magari se si fosse trattato di una donna…forse la disfatta sarebbe stata meno bruciante….oppure l’avrebbe colpita e devastata nella stessa misura.
Dottore in economia…..centodieci e lode….poteva fare bilanci e statistiche ad occhi chiusi…eppure non era in grado di tirare le somme del suo cuore, moltiplicare le ragioni per le quali avrebbe dovuto lasciarsi tutto alle spalle, dividere questa agonia, sottrarsi a questo amaro destino.
Era stata mollata, senza matematica alcuna, punto.
Questi pensieri si rincorrevano nella mente da troppe ore e Silvia si accorse di essere davvero stanca.
- Silvia, tesoro?....- quel sussurro oltre la porta socchiusa, e i due occhi luminosi della madre che si intravedevano in quello spazio limitato e minuscolo, la fecero rabbrividire: la stava osservando, ma da quanto? Un’ora, un giorno…. una vita? Quel viso così familiare eppure tanto inopportuno ora…..
- Mamma…..ti spiace? Non ne voglio parlare, non ancora. Cazzo…vorrei solo capire…-
- Tesoro farò finta di non aver udito le tue scurrilità….
- Mamma ho solo detto….
- Tesoro, ti prego, non lo ripetere: mi urta, lo sai-
- Sì, mamma, lo so-
- Silvia vorrei solo che non pensassi si trattasse di qualcosa legato a te: sei fantastica, dolce, intelligente, affascinante e lui è…….è un uomo. Non cercare di capire o di trovare logicità nei loro comportamenti perché non ne hanno. Ha seguito un amico, l’istinto, punto. Silvia, mentre tu stai “riflettendo”….lui...lui “vive”. Considera…questo, almeno!!-
La mamma chiuse la porta dietro la quale era rimasta durante la loro breve discussione e se ne tornò in giardino a potare le rose.
E il silenzio ovattò, nuovamente, la stanza, cicatrizzando i pensieri sulla parete.
La mamma aveva, ancora una volta ragione, cavolo, e Silvia si chiese quando e se le cose si sarebbero mai invertite, se le parti avrebbero un giorno trovato l’opposto interlocutore….insomma sarebbe mai stata lei in grado di consigliare la madre?
Un ultimo barlume di energia si impossessò della mente e del corpo di Silvia tanto, almeno quel poco, da farla scendere dal letto, raccogliere i capelli dentro ad un anonimo mollettone da spiaggia, lavarsi il viso, e, avvolta nell’accappatoio, scendere a fare colazione.
La cucina brulicava di verdura e frutta appena raccolte nell’immenso orto e frutteto dietro casa: Silvia cercò qualcosa che potesse stuzzicare l’appetito e scelse una manciata di fragole, un’ albicocca e un paio di prugne.
Terminata la frugale colazione, uscii scalza in giardino, raggiunse la piscina e si sdraiò, di nuovo, sul lettino di vimini: probabilmente la dose di energia ingurgitata, era già terminata.
Si interrogò su quanto si sentisse depressa al solo pensiero di dover riprendere in mano la sua vita sentimentale, ripulirla dalla polvere, dall’ovvietà, dalla quotidianità di quegli ultimi anni, rinvigorirla quanto bastasse per conoscere altro e ricominciare da capo.
Ma mancava qualcosa dentro, nel profondo: il pozzo della malinconia e della fragilità emotiva ….Silvia si sentiva ancora una volta prigioniera di quell’oscurità, di quella morsa, di quel dolore sottile e perdurante, pressante e quasi nauseabondo: il dolore del cuore.
Ebbe appena il tempo di vivere altri minuti in quello stato comatoso quando sentì vibrare il cellulare nella tasca dell’accappatoio: frugò velocemente, estraendolo poi con visibile disinteresse, schiacciò il primo tasto che le venne in soccorso e rispose, annoiata, un – seee?-
- Silvia, cazzo, ti ho chiamato cento volte, ma dove sei?-
- Giselle, non dire “cazzo”….c’è mia madre nei dintorni e se ti sente……
- Sì, lo so...SCUSI SIGNORA PANZERI...riferiscile che non è stato intenzionale, va bene? E adesso dimmi come stai?
- Sto, punto. E’ partito con Martino per la Spagna, ma anche tu che cazzo di domande fai??-
- Ma non hai detto che c’era tua madre nei paraggi??
La mamma di Silvia era disturbata perennemente dal linguaggio poco “fine ed educato” che sempre più spesso, sentiva usare dalla ragazze ….e non perdeva occasione per far notare, a chiunque, la cosa, tanto che tutte, o quasi, le amiche di Silvia ne erano spaventate. Ogni volta che si trovavano in casa, infatti, nessuna osava pronunciare “parole senza perdono”, pena punizione di mamma Panzeri!!!
- Sì, l’ho detto -
- Allora notizie del chico? -
- Ha chiamato cinque o sei volte, ma non…-
- Ma non mi avevi detto che lo aveva fatto. Se ti ha chiamata vuol dire che ancora ti pensa e, comunque, non ti ho chiamato per sentirti piagnucolare: ho una proposta...-
- A quest’ora della mattina penso si possa definire indecente -
- Sì, beh…decente o indecente non ha importanza: vengo subito da te, non ti muovere.
- Ma certo, capo, agli ordini -
Silvia riattaccò velocemente il telefono e lo appoggiò al tavolino che aveva proprio di fianco al lettino.
Avrebbe atteso Giselle proprio lì, a bordo piscina, e nel frattempo si sarebbe appisolata, o avrebbe finto, giusto per non iniziare inutili discussioni in merito all’argomento ricorrente delle ultime quarantotto ore.
Una decina di minuti più tardi Giselle faceva il suo ingresso dal vialetto che dalla villa portava alla piscina fermandosi, naturalmente, a salutare mamma Panzeri al roseto, per poi proseguire, più spedita, alla volta dell’amica.
- Dai, Silvia, dammi un abbraccio -
Giselle era così….espansiva,spesso, fino all’eccesso.
- Allora, qual è questa proposta di cui non potevi accennarmi al telefono? - rispose Silvia con non curanza
- Ti ricordi Lisa? -
- La cugina che vive in Irlanda? -
- Sì proprio lei….beh..adesso non vive più in Irlanda, comunque sì, lei….ebbene si è appena trasferita in Spagna-
- Ma non mi dire, che culo!! -
- Guarda che ti ho sentita, tesoro!!! -
Mamma Panzeri aveva ottimi padiglioni auricolari, non c’era alcun dubbio…..
- Sì, mamma, scusa -
- Ma come cazzo fa? - sussurrò Giselle alle orecchie di Silvia
- Allora…che stavi dicendo di tua cugina? -
- Sì, beh, si è appena trasferita in Spagna e ha invitato me e la mamma ad andarla a trovare. Ora, sai che mamma non sopporta l’aereo, per non parlare del treno, della macchina, della moto, la bicicletta…. insomma non ne vuole sapere di spostarsi dalla sua ridente Brianza e così mi ha detto che, se per te va bene, ci pagherebbe lei il viaggio in aereo e poi…..ci sistemiamo da mia cugina per qualche settimana. Ora sì, lo so che forse preferiresti un’altra meta o, quantomeno, un altro compagno di viaggio, ma ….beh…io sono qui e..se dovessi pensare che la cosa sia fattibile….potremmo partire anche domattina. Che ne dici? -
Silvia osservava esterrefatta Giselle, incredula della possibilità che le stata prospettando : la Spagna e Roberto nello stesso momento!!
Nel suo cuore, ora, c’era paura e, allo stesso tempo, novità, conoscenza, adrenalina pura.
- …Se, però, hai altri progetti….non c’è problema-
- No, cara, non ne ha altri - Mamma Panzeri aveva gridato il suo benestare da dietro il roseto…e come avesse fatto ad udire la loro sommessa discussione….restava un mistero!!!
Le due ragazze si guardarono dritte negli occhi e scoppiarono a ridere.
- Beh…mi pare sia ora di fare la valigia, allora - disse Giselle
- Sì la valigia. Ah,di grazia,dove risiede la fanciulla? - chiese Silvia cercando di imitare i toni e le movenze della madre.
- Tesoro so benissimo che mi stai prendendo in giro, ma tua madre ti vuole bene comunque!!-
- Codaqués -
- Codaquès? Musei, Dalì...?-
- Sì, Codaqués, musei….Dalì, le tue tele, la cultura…..basta solo che mi fai stare qualche ora in spiaggia e in acqua..insomma anche un po’ di divertimento-
Giselle si ricordava di tutte le altre vacanze trascorse insieme a Silvia: musei, chiese, conferenze, teatri e la sera……beh…la sera a nanna presto!!
- Con la sfiga che ho….trovo Roberto abbracciato a qualche spagnola sulla spiaggia infuocata dal sole…….ma poi, scusa, mi ha mollata lui e io sto a farmi tutte ste menate per quello stronzo? -
- Uno stronzo di cui sei ancora innamorata, vogliamo dirlo? - chiese Silvia
- E diciamolo…….dai, Gi, andiamo a fare queste valigie prima che la mummia cambi idea…- rispose Silvia
- Non stai parlando di me, vero tesoro? - chiese mamma Panzeri
- No, mamma, no, stai tranquilla!!!

mercoledì 27 luglio 2011

La pecora nera - Cap. 5

- Oh….Signor Edgardo, ci scusi, stavamo discutendo …e la cosa è degenerata – blaterò Irma con visibile imbarazzo - L’abbiamo disturbata….distolta dal suo lavoro?
- Ah…si parla del diavolo, con quel che segue….comunque avrebbe potuto restarsene anche in camera sua: la sua amica, qui, ha brillantemente preso le sue difese.
Andrea aveva indicato con lo sguardo Irma che,ora, se ne stava dimessa in un angolo, rossa in viso.
No, non si era ancora arreso Andrea, non si dava ancora per vinto….avrebbe continuato a provocare Edgardo all’infinito…ne aveva ancora di rospi nella gola da tirare fuori.
-Non ho autorizzato nessuno a prendere le mie difese - rispose piatto Edgardo rivolgendo uno sguardo interrogativo ad Irma.
– Comunque ora sono qui, La prego, se ha qualcosa da dirmi, non si faccia remore, Le rispondo –
Il tono asciutto, educato e deciso di Edgardo mise, per un attimo, Andrea in difficoltà.
Con l’attenzione dei presenti concentrata sui due, Irma ebbe il tempo di lasciare la sala in tutta tranquillità e indifferenza e si era diretta, pensierosa, nella sua stanza. Varcata e chiusa la porta dietro di sé, si era seduta sulla sedia a dondolo accanto alla finestra e si era avvolta nella sua coperta color lavanda. Nervosamente aveva iniziato a dondolarsi, pensando a quanto era accaduto, alcuni minuti prima, proprio là sotto. La simpatia che nutriva per Edgardo non era più un segreto….se non per Edgardo stesso.
Non era certo innamorata di lui: l’amore tra gli anziani è ben diverso di quello tra i giovani….ma aver preso le sue difese davanti a tutti, forse era stato imbarazzante per Edgardo, in fondo sapeva ben cavarsela da solo…..e allora perché mai l’aveva fatto?
Averlo difeso equivaleva ad ammettere la sua incapacità di farlo…..almeno per lei funzionava proprio così. Ne aveva ancora di energia da elargire….e se qualcuno lo avesse fatto a lei? Come avrebbe reagito?
Mentre si interrogava, la sua mente, i suoi ricordi, andarono alla nonna materna con la quale era, praticamente, cresciuta.
I racconti di fanciulla erano quello che di più caro le era rimasto nel cuore: già…non riusciva a ricordare che cosa avesse bevuto o mangiato a colazione, quello stesso giorno, ma ricordava perfettamente cose accadute diversi decenni prima. Anche questo faceva parte delle cose che accadono solo agli anziani, pensò a malincuore.
Il nonno di Irma era stato catturato dai Tedeschi e deportato in un campo di concentramento, Auswitz o forse Birkenau, il nome non lo ricordava con esattezza, del resto la nonna non era precisa a riguardo: una volta era l’uno e la volta dopo era l’altro. Qualche volta il racconto era ricco di particolari…..e la volta successiva pareva che la nonna si fosse dimenticata tutto e inventasse ogni cosa quasi si trattasse di una favola, di un romanzo.
Irma dapprima aveva pensato che la memoria della nonna giocasse, già allora, a suo sfavore. Col tempo capì quanto dovesse essere penoso per lei, accedere a quei ricordi, e condividerli, soprattutto con una bambina, Irma, tanto curiosa e attenta, ma altrettanto inconsapevole. Aveva iniziato a non fare più domande alla nonna e si accontentava. Quando la nonna se la sentiva e la chiamava per “raccontarle una storia”, si appallottolava nella sedia a dondolo, sgranava occhi, apriva molto bene le orecchie ….e la magia iniziava. Per Irma ricordare un nome era assai importante, ma la nonna sosteneva che un nome non aveva poi così grande importanza.
“Nel campo nulla è importante: il nome che porti, la vita stessa….non ha alcun valore. L’esistenza di ciascuno è riassunta in una sequenza di numeri a cui tocca, peraltro, la medesima sorte. Il nonno fu uno di quelli fortunati: ritornò dai campi di concentramento, ma non fu più lo stesso…..la nostra vita non fu mai più la stessa. Pietro, tuo nonno, era un gran chiacchierone sai….un oratore davvero particolare, ma da quando aveva fatto ritorno mi pareva di avere accanto un altro uomo, qualcuno che nemmeno conoscevo, un’ombra, un fantasma. Non seppi nemmeno come fece a tornare, non me lo disse mai. Una mattina mi svegliai, aprii la porta di casa e lo trovai addormentato sullo zerbino davanti casa….lo chiamai, si svegliò, si alzò ed entrò in casa…senza di nulla.Non parlò per giorni, settimane…mesi…..
Non aveva più nulla da dire, gli avevano succhiato il midollo….quei maledetti, si erano presi la vita, la linfa, avevano spappolato il cuore, lo avevano schiacciato, sfinito e poi glielo avevano rimesso in corpo…in quel che restava di un corpo dalle sembianze umane. A chi lo veniva a salutare rispondeva con un cenno della testa…che poteva voler dire qualsiasi cosa. Un giorno le donne, quelle del paese, arrivarono a massa per chiedere della sorte dei loro mariti…lui prese la giacca e il cappello, attraversò la piccola folla e andò nel campo arato che avevamo dietro casa. Lo raggiunsi e lo trovai seduto nella terra, lo sguardo perso, inespressivo, vuoto.
-Se vuoi….io ti..ascolto..- dissi al nonno
-Non ci sono abbastanza parole per raccontare, abbastanza voci per ricordare, abbastanza lacrime per piangere, non crederesti a ciò che ho visto, che mi hanno fatto, che hanno fatto a tutti, un incubo durerebbe sempre meno di ciò che è stato…..forse col tempo le cose potrebbero cambiare…ma io non potrò mai dimenticare….mai.
Furono le sole cose che riuscì a dire, le uniche che gli uscirono dalle labbra asciutte e stanche. Capii che non era ritornato, ma che era rimasto là dove lo avevano portato e che non sarei mai stata capace di capire fino in fondo….non sarei mai stata capace di capire.
La nonna era rimasta incinta e, – Dio solo sa come – diceva lei, un anno dopo nacque mia madre.
Quella era stata l’unica volta il cui la nonna aveva visto il nonno..non contento né felice…ma semplicemente un po’ più sollevato. Teneva mamma sulle ginocchia, ma non era più in grado di amare o provare il più piccolo ed effimero sentimento nel cuore.
Mia madre aveva ricordi vaghi di un brandello d’uomo, assente, solo, triste.
Come avesse fatto a ritornare rimase un mistero e qualche volta nonna, in preda ad un qualche flusso di coscienza, diceva – tornato così….era come non tornato affatto.
Di mio nonno restavano pezzi di puzzle sparsi chissà dove, manciate di racconti sulla sua attività da partigiano…..e un’unica verità: lui era tornato….tutti quelli partiti con lui erano morti, stremati dalla fame, dal freddo, dal lavoro, dalle esecuzioni, dalla cattiveria, dall’odio, ……dal gas…….
Quando nonna raccontava ad Irma questi “pezzi di vita” lei, anche se piccola, ricordava il moto d’odio e di rabbia verso….il nemico….ricordava quanto detestasse i Tedeschi sulle spiagge della Romagna, detestava il suono duro e crudo della loro lingua, evitava di giocare coi bimbi dai capelli biondi, la carnagione chiara, gli occhi azzurri….la razza “pura” a lei faceva “ribrezzo” .
Ma il tempo aveva rimosso anche questo….e con gli anni aveva perdonato, capito, compreso ed era andata avanti. Se aveva perdonato la nonna, perché non avrebbe potuto perdonare anche lei. In fondo il nonno era morto: aveva passato gli ultimi anni della sua vita in modo tranquillo e sereno, almeno così da fuori si vedeva….ed era morto recitando delle preghiere in Tedesco….forse anche lui, nel suo, aveva perdonato tutto.
Ricordare quella parte della sua vita rese Irma triste e assente. E lei detestava essere e l’una e l’altra. Scostò la coperta, fermò la sedia puntando entrambe le punte dei piccoli piedi in avanti e con un movimento lento ma elegante, scese dalla sedia, si mise il suo scialle, aprì e richiuse la porta della sua stanza, e scese al piano di sotto. La situazione si era normalizzata: Edgardo scomparso….Andrea chissà dove a discutere di cosa con chissà chi…..e gli altri ospiti intenti al…..solito!
Attraversò l’atrio, passando davanti all’ingresso della sala comune, raggiungendo la porta principale e ne uscì con tranquillità.
Il tramonto era l’ora che Irma preferiva in assoluto….si incamminò verso la serra dietro la casa di riposo. Distava solo cinque minuti a piedi, ma tutti quei pensieri, i ricordi e, non ultimo, quella discussione, resero il tragitto molto più lungo.
Raggiuntala, Irma infilò la chiave nella toppa della porta, e l’aprì dolcemente.
Quegli ultimi fili di sole rendevano l’interno della serra, caldo ed accogliente.
Irma entrò e richiuse nuovamente la porta a chiave, non che fosse necessario, dato che nessuno degli ospiti si spingeva mai così lontano dalla casa principale, ma le dava una certa sicurezza.
Si avvicinò ad un lenzuolo che ricopriva il suo tesoro, pian piano lo tolse scoprendone sotto, un’arpa celtica. Irma era stata una grande concertista, in giovane età, aveva girato gran parte del mondo con l’orchestra di cui era direttore il marito. La musica l’aveva aiutata a superare ostilità, dolori, scelte, insomma era un rifugio sicuro. Con l’età, era diventato sempre più difficile esercitarsi e suonare: le dita non erano certo più quelle di un tempo, ma sapeva ancora dar anima e corpo a quello strumento e, Dio le era testimone, sapeva ancora toccare le corde del cuore di chi l’ascoltava suonare.
Avvicinò il viso al dorso dello strumento e gli sussurrò - Eccomi qua, cara Deirdre, dammi qualche emozione anche oggi: ne ho davvero bisogno –
Iniziò a pizzicare dolcemente quelle corde e a perdersi nel pentagramma della sua vita.
Dopo alcuni minuti aprii gli occhi e vide il viso di qualcuno appoggiato al vetro della porta: Edgardo era là, in piedi, gli occhi rossi, aveva appena pianto….le gote inumidite…
Irma appoggiò delicatamente l’arpa e velocemente raggiunse la porta, girò nuovamente la chiave nella toppa e l’aprì.
- Signora Irma…io…… vorrei….-
- Certo caro, certo….venga avanti e prenda posto dove desidera: è arrivato il tempo -
Non fece domande: aprendo una porta, aveva imparato, è sempre meglio aspettare che entrino le risposte.

venerdì 17 giugno 2011

Roxen - Cap. 5

La stanza era inondata di luce naturale che, spavalda, entrava dalle finestre aperte scostando, sinuosamente, le tende che danzavano al ritmo di quella fresca aria mattutina. L’appartamento enorme, all’ultimo piano di quell’edificio, era pieno di vasi di margherite bianche e piccole campanule, candele di varia grandezza e forma, arredavano parte dell’ambiente insieme con pile di libri in ordine confuso e, soprattutto, molto sparso, un grande divano bianco e un televisore al plasma.
Gli piaceva vuoto…il suo posto, il suo spazio, il suo mondo, gli piaceva vuoto, dannatamente, prepotentemente vuoto. Era già piena la sua vita di cose….persone…situazioni…ricordi….di tutto, ma la sua casa, il suo rifugio, lo voleva così…proprio così come si sentiva dentro: VUOTO.
La stanza da letto: un armadio con pochi vestiti tutti dello stesso identico colore, grigio, e le camice, poche e bianche, perfettamente inamidate ed ordinate….nel ripostiglio scarpe nere, non proprio il suo colore preferito, ma ….d’obbligo.
Luca si svegliò nel suo ampio letto matrimoniale ancora una volta solo. In quegli ultimi tre mesi aveva pensato spesso alla sua di situazione….al fatto che avrebbe voluto …..una compagna, una famiglia, una vita più …normale. Già, un pensiero non proprio ricorrente e che durava giusto l’attimo di un respiro, ma che gli dava un senso di casa, un senso di appartenenza, più che altro gli dava un senso. Già un pensiero, un solo pensiero….questo stupido pensiero…dava un senso alla sua vita: assurdo, ma vero.
Chiuse gli occhi, ancora una volta, ed inspirò profondamente, quasi a voler desiderare che quel pensiero potesse divenire desiderio e poi…chissà….magari una realtà…..
Poco dopo sentii la sua di realtà: le chiavi girare nella toppa della blindata e di lì a poco Ester avrebbe fatto la sua comparsa sulla porta della camera da letto, magari preceduta del profumo di caffè e pane fresco…. Ma oggi….niente profumo: forse non era giornata, non era riuscita a trovare il pane fresco e, forse, non si era nemmeno fermata al bar dell’angolo a prendergli il caffè…….-Ester? Ester…sei tu?-
-No, sono io- una voce profonda e maschile che Luca non tardò a riconoscere.
-ah, bene, ti aspettavo- rispose Luca scendendo dal letto ed avviandosi alla porta del bagno.
-eh…quindi?- chiese nuovamente la voce
- quindi…tutto fatto: è stato un gioco da ragazzi….lo sai che ho ancora un certo fascino sulle donne…-
Proprio in quell’istante…la voce di Ester….-Luca? Luca è in casa?-
- Sì Ester, sono nel bagno…esco subito-
-Ma santo cielo…possibile che ….è mai possibile che non riesca a ricordarsi nemmeno di chiudere la porta? Con tutto quello che si sente in giro…..santa pace…quest’uomo finirà per uccidermi…-
- no è che….probabilmente il mio ospite non si è ricordato di chiuderla prima di andarsene, solo questo. Stia tranquilla Ester, tutto a posto-
Ester non lo aveva visto, e questo rassicurava Luca….un problema in meno per Ester….ma come avesse fatto ad uscire lui, senza essere visto…..restava un mistero anche per uno smagato come Luca…..
-il suo ospite eh……-sogghignò Ester-beh…meno male che almeno qualche donna entra in questa casa, non le nego di aver pensato che lei avesse gusti….diciamo …ambigui-
- ma che sta dicendo Ester….nessuna donna….-
- se nessuna donna è stata qui stanotte….e la porta era aperta…..che ci fa questo passaporto di….vediamo…chi sarebbe questa Roxen Burlington???-
-chi???-
- non so…il nome è scritto proprio qui…..Roxen Burlington….però, carina-
-Ester metta giù quel passaporto, subito, ….si vede che il mio …ospite….l’ha dimenticato-
-….già…insieme con la porta…..va beh, farò finta che l’età mi abbia giocato un brutto scherzo e che mi sono sognata tutto: qui, se vuole, c’è caffè e pane…..torno più tardi per le pulizie, buona giornata…Casanova!!!-
Ester lasciò casa richiudendo la porta e Luca uscii dal bagno……raggiungendo l’ingresso: il capo si era dimenticato il passaporto….non era da lui….oppure era stato sorpreso dall’arrivo di Ester?
Comunque….missione terminata!!
Driiing….Dring ..ID sconosciuto…che il capo abbia cambiato numero..meglio rispondere…–sì, pronto-
-a me serve una cosa che hai tu e DEVI darmela-
- si, beh…divertente…..chi parla?-

lunedì 30 maggio 2011

L'appuntamento - cap. 6

La porta della Ferrari si aprì e ne scese un uomo alto e snello. Parte del viso era nascosta da un grosso paio di occhiali da sole neri. Portava jeans e scarpe sportive, probabilmente griffati entrambi. La camicia bianca, con le maniche rimboccate ai gomiti, risaltava la carnagione scura frutto, certo, di lampade o post vacanze caraibiche. A passi sicuri raggiunse l’ingresso del bar, fermandosi, di quando in quando, a salutare le persone chiamandole per nome.
Varcata la soglia, con un gesto consueto, spostò gli occhiali sopra la testa e il nero della montatura risaltò sui capelli corti e castani.
:- eccolo:- disse il barista rivolgendosi ad Ascanio :- quando si parla del diavolo……:-
Ascanio terminò il suo cappuccino con tutta tranquillità, dando l’impressione di non essere per nulla turbato né incuriosito dalla situazione nella quale, di sicuro, si sarebbe trovato da lì a poco. Il barista, infatti, il più eccitato all’idea di questo incontro, si era permesso persino di tirargli la manica della camicia, rischiando di fargli rovesciare parte del cappuccino…..e ora, con fare ancor più intraprendente, gesticolava convulsamente pronunciando frasi del tipo :- guarda chi c’è? ….Ennio…vieni, dai….:-
Ennio si avvicinò al bancone sorridendo, senza esitazione o sorpresa alcuna vedendo Ascanio lì seduto, anzi….
:- eccoti qua….e quindi ?:-
“e quindi?” Ascanio pensò che quella domanda non fosse…come dire…pertinente…insomma gli suonò parecchio strana. La prima cosa che chiedi ad una persona che non vedi da anni, di solito, è…..“come stai?.....tutto bene?....come ti va?”.
Che cos’avrebbe potuto o dovuto rispondere ad una domanda simile? O forse era solo l’imbarazzo che la faceva da padrone? In fondo si erano persi parecchi anni addietro e…non ne era passato uno, ma almeno venti…praticamente…una vita.
:- e quindi….siamo qui….come stai?:- Ascanio non riusciva ad essere “moderno”, restava affezionato ai tradizionali convenevoli
:- bene, bene….anzi molto, molto bene….ma come mai da queste parti..insomma sono anni che non ti si vede e…:- “eh..caro mio…lo so perché sei tornato, o meglio per chi, ma questa volta sarà tutto molto, molto diverso” pensava Ennio
:- beh, sai, proprio perché non ci tornavo da anni…ne ho sentito la nostalgia e …sono tornato:-
:- hai sentito del ponte?:- chiese Ennio
:-uhm…no….che è successo….:- rispose Ascanio
Il barista, dal canto suo, osservava questi due uomini parlarsi come se non avessero mai condiviso nulla nella loro vita e la cosa gli fece tristezza e malinconia.
La sua mente vagò a circa vent’anni prima quando proprio Ennio ed Ascanio abitavano il bar come fosse la loro seconda casa, chiacchieravano e ridevano e discutevano e….
Ricordò solo ora che….Ennio ed Ascanio avevano avuto un litigio per……per una ragazza, per Sabrina….ma che ne era stato poi di quel diverbio…non si rammentava. E a distanza questi due si stavano salutando come fossero semplici conoscenti!!!! Cose d’altro tempi!!!
:-ehi ragazzi:- fece il barista :- che mi dite degli altri?:-
Entrambi lo guardarono come se volessero incenerirlo all’istante, ma il barista non se ne curò e rincarò la dose:-.....sì, dai, gli altri del vostro gruppo…gli altri vostri amici?:-
Ascanio sorrise al tentativo, mal riuscito, del barista, mentre Ennio si schiarì la voce e rispose:- Quali amici? Alcune cose, dagli A MI CI, non te le aspetti, non è così?:-
Ascanio rabbrividì: il tono nella voce di Ennio era carico di rancore e risentimento…..e, forse, anche un fondo di verità.

mercoledì 4 maggio 2011

le due parti dell'altalena - epilogo

EPILOGO

- No….è che …– non sapeva nemmeno che cosa avrebbe dovuto rispondergli.
Guardarlo negli occhi, quella sera, le fede riaffiorare alla mente qualcosa….che non riusciva, però, a mettere a fuoco…forse qualcosa del passato, forse qualcosa che la riguardava….Quello sguardo era inquitante…e la fece rabbrividire.
- Bene, l’importante è che ora tu sia qui….- rispose Garreth – ma….ma che ti sei fatta? Non starai pensando ancora di……-
- Ma no, non è nulla, ora passa…..volevo la…la pastiglia…per…-Kate non aveva nessuna voglia di restare a parlare con quell’uomo….anche se, a tratti, inconsciamente avrebbe voluto fargli delle domande…del resto lui era il solo, lì, a conoscerla da tempo e soprattutto molto più di quanto non si conoscesse lei stessa. Del resto che sapeva?? Fotogrammi scomposti, singoli che, qualche volta, nitidamente comparivano nel suo cervello e le davano….ricordi? emozioni? Non era più nemmeno in grado di provare qualcosa, se non timore, paura…insicurezza….
Soprattutto Garreth, la persona che conosceva da tempo e della quale si fidava meno, quella che le era stata più vicina e che avrebbe voluto avere più lontana. Come le venissero certi pensieri, a quell’ora della sera….non se lo spiegava. La testa stava iniziando a dolerle: aveva bisogno di quella dannata pastiglia…e ne aveva bisogno ora.
Placavano il dolore, intorpidivano i pensieri, la inducevano al sonno, ma soprattutto fermavano i flash, si spegnevano le luci, calava il sipario…stop, punto, fine.
- Dai Kate, siediti un attimo, parliamo, ti va? –
- No, per favore, no….non ho voglia di parlare….ho mal di testa, se potessi darmi la pastiglia…ti ringrazio infinitamente e ti auguro una buona notte-
- Un attimo solo, Kate, solo un attimo…ti posso offrire qualcosa da bere? Un succo? Ti andrebbe un bel succo fresco di …. albicocca? –
L’insistenza di Garreth la stava mettendo a disagio e, soprattutto, si rendeva conto che la situazione le stava drammaticamente sfuggendo di mano.
Ma era mai riuscita a controllare qualcosa in vita sua? Quale vita poi?
- E…vada per il succo, ma poi mi dai la pastiglia, d’accordo? –
- Ma certo, tutto quello che vuoi tu, tesoro … -
Quella parola, “tesoro” la detestava…più o meno al pari del succo di vattelappesca…. Le ricordava…ma che le ricordava?
- Acc… Kate, scusa, ma non ho più succo in questo frigo…ne vado a prendere uno direttamente dalla dispensa giù in cucina….torno subito….-
- Garreth, davvero, non è necessario… la pastiglia e poi tolgo il disturbo-
- INSISTO!! – aveva risposto Garreth con determinazione
Si trattava quindi di un ordine? E lei detestava…gli ordini, le imposizioni, gli obblighi, ma, soprattutto detestava Garreth…
Ma perché lo avesse capito solo ora…era un mistero.
Le ricordava….ma che le ricordava?
Appena Garreth ebbe lasciato la stanza….la cantilena iniziò a danzare nelle sue orecchie, lieve, sottile, quasi impercettibile ….per poi divenire, poco a poco, armoniosa e corposa: sembrava che ci fosse addirittura qualcuno che la stessa cantando proprio lì, fuori dalla stanza, anzi no, che la stesse cantando proprio dietro di lei, nella stanza.
…..
Se tu vedessi che brutta ragazza
capelli ritti che sembra una pazza,
occhio di vetro, naso aquilino,
ogni passo lo fa con l' inchino.
Cosa faremo di questa ragazza?
Combineremo un bel matrimonio
la daremo in sposa al demonio:
il demonio quando la vede,
è così brutta che non ci crede.

Un fremito di paura pervase il suo corpo: non provava quella sensazione da tempo….
No, non se lo stava immaginando….qualcuno stava cantano proprio dietro di lei, sentiva la presenza, il respiro dietro al collo, un respiro greve, infiltrarsi tra i capelli….
Kate si accorse di essere paralizzata dalla paura….su quella sedia ferma e immobile come solo la paura e il terrore sanno farti stare…..
La testa…..sentiva tanti suoni nella testa, tante frasi….voci che non riusciva a distinguere, voci e volti che si sovrapponevano ai suoi fotogrammi….ed ora era lì, tutti insieme davanti al muro…scorrevano veloci e lenti, colorati, in bianco e nero…
“devo alzarmi, raggiungere il contenitore….prenderne una, solo una e tutto questo finisce subito…devo solo fare uno sforzo, alzarmi e….” sì, lo stava proprio pensando….ma non riusciva a farlo.
Era sicura che qualcuno fosse dietro di lei, che la stesse osservando…avvertiva il brivido sulla pelle….un fruscio…un mantello…il fruscio del bordo di un mantello….trascinato lentamente sul pavimento….un fruscio di foglie….l’erba fresca sotto i suoi piedi nudi…..l’aria nei capelli…..
Il dolore lancinante alle tempie, le voci, la cantilena, il fruscio, l’odore dell’erba tagliata, di sottobosco….ne era certa: non era sola.
Ora le presenze erano diventate diverse….più persone nella stessa stanza, dietro le sue spalle….ma perché non riusciva a girarsi e a guardare? Con quello che aveva visto nella sua breve vita….che mai avrebbe potuto vedere di più agghiacciante di un corpo lacerato ed intriso di sangue?
Ma tutto questo….era nella sua testa….era dentro di lei….la pastiglia….voleva solo quella maledetta pastiglia…e tutto sarebbe tornato a posto….
La cantilena sembrava scemare ora….come se la o le persone presenti nella stanza avessero deciso tutte insieme di lasciarla sola e di cantare altrove…..
Sentì ancora il fruscio di un mantello….e delle foglie secche d’autunno….e a poco a poco …. si sentì nuovamente sola in quella stanza, sola con il suo dolore alla testa….la danza delle immagini e delle voci continuava inesorabile dentro e fuori di lei…..
I passi di Garreth sul corridoio….finalmente stava arrivando…la pastiglia..e tutto…sarebbe….
- Eccomi qua, tesoro…..il tuo succo di……ma…….ma……che hai fatto?- chiese Garreth a Kate
………
Furono le ultime parole che udii prima dello squillo del telefono che mi svegliò bruscamente e che mi portò nuovamente alla realtà. Lo ringraziai: mi aveva salvata ancora una volta da quell’incubo che ormai facevo da settimane.
Mi alzai velocemente dal letto per raggiungere il tavolo da lavoro da dove proveniva il suono del cellulare sommerso sotto un numero imprecisato di fogli e progetti di ristrutturazione di quella dannatissima casa degli Smith…..
- pronto? -
- Kate, sono Stuart..abbiamo trovato il corpo….–
Arrivai in cantiere in un baleno, parcheggiai il fuoristrada sotto il grande albero, accanto a ciò che restava dell’altalena, e corsi verso la macchina di Stuart. Il coroner era stato avvisato molto prima: il corpo giaceva già nella cassa. Mi avvicinai e sollevai il lenzuolo per vedere : era proprio lei….Kate….quel viso che da mesi vedevo tutte le notti nei miei incubi. Forse aveva cercato di mandarmi un messaggio, voleva il mio aiuto e io non avevo capito…ed ero arrivata in ritardo. Mi girai e mi incamminai verso il grande albero seguita dallo sguardo terrorizzato e interrogativo di Stuart.
Raggiunsi ciò che restava dell’altalena e restai qualche minuto in silenzio.
- Kate….non vorrei ma….- Stuart mi aveva raggiunta
- Sembriamo sorelle..gemelle…vero?- dissi. Alla fine non erano altro che i pensieri di Stuart ed anche i miei.
- Sì, insomma, io non…capisco….lei sembra te, tu sembri lei, gli incubi…la canzone che canti…la casa….Kate, dimmi qualcosa….
- Non ho delle risposte, Stu, non al momento, non ricordo assolutamente nulla-
Questa era la sola verità che avessi.

martedì 26 aprile 2011

Le due parti dell'altalena - Cap. I

Era una notte buia e tempestosa…..no…non era tempestosa e adesso che ci penso…..non era nemmeno buia: non era notte, ma giorno!!!
Era un giorno come molti altri…di quelli impersonali, nei quali non accade nulla che valga la pena ricordare, un giorno “fotocopia” direi….sì di quelli che ne vivi talmente tanti che alla fine ti chiedi se li hai veramente vissuti oppure se sono stati loro ad aver vissuto te.
In un’ora imprecisata di quel giorno, non mi piace portare l’orologio…odio il cadenzare delle ore, il passare dei minuti, lo scorrere dei momenti…la perdita degli attimi, delle possibilità,….ebbene proprio in quel preciso istante, in quel nano secondo….accadde proprio che……
Kate trovava divertente passare i suoi pomeriggi su quell’altalena malconcia, sotto il maestoso albero, nel giardino dietro casa: gliel’aveva costruita suo padre quando era ancora una bambina. Dio…le piaceva starci scalza su quell’altalena e sentire l’erba soffice sfiorarle le piante dei piedi…ne provava ampio godimento…sciogliere i capelli e sentire l’aria insinuarcisi leggera…..spingersi con le punte dei piedi, chiudere gli occhi ed assaporare l’energia di quella bolla di vita…..le piaceva guardare il mondo da un’altra angolazione….le piaceva guardarlo standosene a testa in giù….e questo capitava solo su quella altalena.
Aveva letto il Barone rampante, e ne era rimasta così affascinata da volerci provare anche lei a vivere senza toccar terra, sì, proprio su quell’albero…leggere, dormire, mangiare, ascoltare il cinguettio dei passeri che restavano fra le fronde di quell’albero per trovarne refrigerio nelle calde giornate dell’estate….anche sua madre era rimasta con lei per due giorni sull’albero…sì per due giorni la Signora Smith aveva passato il suo tempo sull’albero dietro la casa con Kate….
le due trecce di corda dell’altalena si erano annerite con il passare del tempo e assottigliate per la pioggia e il vento….ed il pezzo di legno che le univa, decorato dalla madre con fiori e api, marcito con l’acqua, si era rotto a metà: di una ne restava un brandello penzolante e dell’altro non vi era che il ricordo.
Sì, Kate adorava guardare il mondo da tutt’altra angolazione….del resto nessuno stabilisce quale sia il lato giusto né quello sbagliato…..a dire il vero…tra il giusto e lo sbagliato lei ci aveva perso del tempo……ci aveva pensato parecchio…ci aveva pensato talmente tanto da perderci il senno….
-Signorina Smith….è l’ora della pastiglia….su, avanti, non si faccia pregare come al solito..
- Sì, sì, Garreth, arrivo subito…andate per favore a chiamare la Signora madre e il Signor padre affinchè non si perdano questo….tramonto-
- ma quella sta proprio perdendo la testa- sogghignò Stuart
- non ti permettere mai più di dire una cosa del genere davanti ad una paziente- lo rimbeccò Garreth
- sì ma quella è pazza, pazza da legare- continuò Stuart
- la Signorina Smith è stata poco bene, ultimamente, ma si riprenderà-
- siamo in un manicomio, Garreth, da qui…quella ci uscirà morta…..magari si impiccherà come il Sig. Colbert, oppure si taglierà le vene un’altra volta…-
- ma la vuoi piantare, benedetto figliolo, non sai niente di lei-
- non potrai sempre essere lì ad accudirla Garreth, prima o poi..capiterà che….
- senti ora portala a prendere la pastiglia e poi vieni nel mio studio…ho una storia da raccontarti-
- come vuoi…ma storia o non storia…quella è pazza…come tutti gli altri qua dentro-
- sai Stuart, di tutte le cose che hai detto negli ultimi cinque minuti, questa è la sola dannatamente vera:siamo tutti pazzi qua dentro…..ti aspetto nello studio-
E così dicendo Garreth si incamminò verso la casa dietro il grande albero..con le mani nelle tasche del camice bianco….
- d’accordo, il capo sei tu…- rispose Stuart con rassegnazione…le storie di Garreth erano di una noia mortale….ma questa pareva avere un non so che di misterioso e, ci avrebbe scommesso, sembrava legata in qualche modo a quella pazza della Signorina Smith…beh…pazza lo aveva solo pensato, non detto….
Certe cose non poteva dirle, ma pensarle….sì, quello sì, santo cielo….

sabato 2 aprile 2011

The alle cinque - Questione di metabolismo

Questione di metabolismo
Questa settimana è stata un po’ indigesta…..
:- ma dai..è una cosa da niente, manda giù…..:-
Mandare giù????? Ma che significa?
Mando giù del cibo, mi serve per vivere, dell’acqua, mi serve per dissetarmi, mando giù un po’ d’amore, mi serve per il cuore…ma che altro devo mandare giù???
Cose che non mi servono? Cose che mi fanno stare male?
E così….mando giù…
E una volta che quello che non volevo ingoiare è sceso….beh..inizia a girarmi dentro….nel cuore, nella testa….e inizio a pensare…..inizio a pensare al modo per farlo uscire, per buttarlo fuori, per liberarmene…perché non mi serve…perché se deve restarmi dentro e farmi male… allora vuol dire che non ne ho bisogno.
Non ho bisogno di stare male, ho bisogno di stare bene, ho bisogno di stare meglio.
Una storia d’amore finita….ma come fai a tirare fuori tutto?
:- metabolizzando la cosa…una volta che hai imparato a metabolizzare…non c’è niente che ti possa restare indigesto…come dire…ti scivola addosso tutto..:-
Non so nemmeno come prenderlo questo “consiglio”…del resto lui è più grande di me…forse ha ragione, sì, certo, deve aver ragione…..
Forse è stata una battuta…ma poi inizio a pensare e…mi chiedo :- quindi è solo questione di metabolismo?:-
Sì, a quanto pare sì.
E così passo le notti a pensare…a come “metabolizzare” la frase : guarda non è più cosa.
Penso a cosa ho fatto di così sbagliato, a cosa può essere cambiato tra noi…a cosa lo ha spinto a dirmi che è proprio finita….
:- ma perché?:- chiedo con un filo di voce e sentendo già le lacrime che stanno preparandosi al ….diluvio.
:- no, guarda, non è più cosa:-
Lo vedo allontanarsi e scomparire letteralmente tra i corridoi della scuola che, a quell’ora, sono gremiti di ragazzi…..e resto inebetita. Ma come fino a ieri eravamo mano nella mano al parco….ripassavamo storia e filosofia….ci guardavamo negli occhi provando lo struggente bisogno di abbracciarci e baciarci e oggi?...oggi non è più cosa!!!!!!
Torno da scuola, mi chiudo in camera mia e piango…piango fino allo sfinimento…fino a quando gli occhi bruciano per le troppe lacrime che ho buttato sul cuscino del mio letto…piango fino ad aver mal di stomaco..fino a quando ho dolori d’appertutto….
Piango per giorni…e forse anche vivo …non lo so…non riesco a pensare a niente altro che non sia lui….e alla sua frase che gira e rigira dentro la mia testa….le orecchie non odono altro…la gente mi parla ma…..:-guarda non è cosa:- è la sola frase che sento…alla quale ritorno…la frase chiave che attiva la morsa allo stomaco, il dolore dentro al petto.
Non studio, sfoglio le pagine del libro di storia….di matematica, di italiano…sono le stesse identiche pagine: carta stampata, null’altro.
Non vedo niente.
Non sento niente…eppure sto male.
Guardo le foto del nostro amore…riguardo i sorrisi che ci hanno accompagnato in tutto questo tempo….e soprattutto affronto i ricordi…quelli che vorrei uccidere,e poi togliere dal cuore ed infine bruciare…quelli che riaffiorano nella memoria…bussano incessantemente alla porta del cuore….e che poi, bastardi, entrano dalla finestra, con spavalderia, risolutezza e io ….cedo.
Ma se è solo questione di metabolismo…perché non riesco a dimenticare tutta questa storia e a buttarla dietro alle spalle?
Perché non posso farlo in un’ora, in due ore…in un giorno?
Perché il metabolismo non c’entra proprio niente, caro dottore del mio papà,perchè non si impara a soffrire meno…perché ogni amore ha il suo tempo…quello per nascere, per fiorire e per tramontare….e ogni volta che capita…tutto è come rimescolato, tutto riparte da capo, e i tempi cambiano…come cambia il coinvolgimento, come cambia l’amore..come cambiano le persone.
Non è questione di metabolismo….quando ami..ami e basta e quando finisce…finisce e soffri….. col tempo, impari….che amare vuol dire rischiare…anche soffrire..ma non impari mai a metabolizzare…..amare vuol dire…o tutto o niente….
Me lo ha detto Eleonora, diciotto anni, che è stata lasciata dal suo fidanzato..perchè non era più cosa..
Ci siamo viste tutti i giorni, questa settimana, al parco.
Mi ha voluto parlare seduta a cavalcioni sulla panchina dove stava sempre con Emanuele…mi ha aperto il cuore….mi ha dato tutti i suoi ricordi…quelli che le bruciano di più, almeno. Ritorna in quel posto tutti i giorni perché quel posto le fa male…le fa male dentro…..non riesce ancora a trovare un posto dove poter dimenticare in pace….parlare le fa bene, dice che parlare di lui glielo fa amare ancora per un po’….non lo vuole dimenticare, non lo vuole lasciare andare questo “male del cuore”….lo vuole accarezzare ancora un po’.
Suo padre, ogni tanto, le chiede:- tutto bene?:-
Lei risponde :- tutto a posto pà:-
Vuole crescere…mi ha detto che vuole crescere perché così imparerà a :-metabolizzare le cose, come mi ha detto papà….:-
Io, invece, la invidio:perché di anni non ne ho più diciotto, perché a quell’età l’amore è il tutto o il niente, perché questi amori sono tutto quello che non saranno più quando cresci, perché dopo un amore ne nasce subito un altro che ti porta lontano, che ti mette un’altra primavera nel cuore…
:- tu hai imparato a metabolizzare? Voglio dire….hai più o meno l’età di papà….hai imparato a metabolizzare queste cose?:-
Ma che ti posso rispondere? Ho appena scoperto che ci si può innamorare ancora alla mia età, che quando l’amore non è corrisposto..si soffre, che basta un po’ di trucco per nascondere una notte di pianto…e che alla fine si può fingere che non sia accaduto nulla.
:- no, tesoro, non ho ancora imparato:-
:- siamo messe bene :- risponde lei con un pizzico di ironia.
Ci mettiamo a ridere.
So che quel sorriso si trasformerà in pianto tra qualche istante..lo so perché ci sono passata e perché me lo ricordo molto bene….ma sono pronta, pronta per avvolgerla in un abbraccio che non le servirà certo a dimenticare, ma almeno le farà compagnia per un po’.



E’ arrivata la primavera e con lei si esce di casa, in motorino, in bicicletta, si va a correre nel parco, si passeggia e ci si ferma al bar….per un gelato, per qualcosa di “fresco”…... il the è troppo caldo, soprattutto preso in una cucina!!
Esco con voi, per una passeggiata: Buona primavera.

(Eleonora ed Emanuele sono nomi inventati)

martedì 29 marzo 2011

Le bianche nuvole di Kabul - Cap. 3

Uscite dal cimitero la donna e la bambina presero a destra ed io, ad una ventina di passi da loro, le osservavo cercando di trovare un segno nei gesti, un particolare nelle figure che potesse svelarmi le loro identità.
La donna, con la folta chioma rosso mogano, ondeggiava sicura su dodici centimetri di tacco “Paciotti” collezione primavera-estate ….., chiusa in uno spolverino color nocciola, la cintura stretta in vita…una taglia 36/38 al massimo. Viso per lo più nascosto da un grosso paio di occhiali da sole tartarugati…labbra spolverate da un gloss.
Un vestito blu di organza, raso, pizzi e balze, confezionava la bambina che, con calze bianche e ballerine blu ai piedi, pareva uscita da una pagina patinata di Elle Junior. Anche il viso della piccola era per lo più nascosto da un grosso paio di occhiali da sole. Tutto molto glamour, ma ….finto.... insomma roba che avrei osato definire …”per una qualche cerimonia”.
Facemmo qualche isolato così: loro, fashion, davanti ed io, molto “Sherlock” , dietro…
Ogni tanto la donna si fermava davanti ad una qualche vetrina: indicava alla, penso, figlia qualcosa all’interno ed insieme abbozzavano un sorriso sempre molto contenuto.
Presi così a buttare un occhio anche alle vetrine davanti alle quali si erano fermate loro, senza, però, perderle mai di vista:negozi di abbigliamento e calzature….nient’altro che questo.
Sentivo sulla pelle la sensazione che forse provava un ladro nel rubare …cose, identità, momenti….insomma le stavo seguendo senza permesso, le stavo derubando della loro intimità, senza invito.
La donna, ad un certo punto, si girò di scatto, attraversò nervosamente la strada e imbucò, bruscamente, un viale.
Forse si era accorta di qualcosa…qualcosa per cui non ero stata abbastanza accorta io….
Attraversai quindi anch’io la strada di corsa, per raggiungerle e non appena svoltai nella stessa strada….mi trovai faccia a faccia con la donna.
-allora?-chiese lei con tono nervoso – ci sta seguendo dal cimitero…chi è e soprattutto che cosa diavolo vuole da noi?-
Un fremito di paura mi percorse da capo a piedi: operavo, salvavo la vita alla gente, ma quella domanda, quella donna mi fecero …paura
La bambina mi guardava quasi a chiedermi – ci vuoi fare del male?-
Guardai per un attimo la punta degli anfibi, cercando una frase che potesse introdurmi alle signore e che non risultasse banale, scontata, idiota. Poi capendo che sarei riuscita solo a fare quello…sospirai e balbettai qualcosa
- mi….mi dispiace…forse l’ho confusa con un’altra persona che….pensavo di conoscere…..mi….mi scusi-
E sarebbe anche potuta chiudersi proprio così quella strana avventura, anzi…sarebbe proprio dovuta finire così…se non fosse che voltandomi per ritornare sulla strada, appena abbandonata, la foto di Pietro uscii dal libro che tenevo nella mano destra e che, nella distrazione e confusione dell’inseguimento, mi ero dimenticata di riporre nella tracolla che portavo.
Non me ne accorsi subito, ma lei, la bambina, la raccolse e – mamma ma questo è papà!!-
Mi si gelò il sangue e rimasi pietrificata all’istante. Ed ora dovevo trovare ben più di qualche parola ….sì perché la donna ora mi stava guardando con più di qualche domanda di rito…..e il suo sguardo mi stava trapassando la schiena e bruciando i vestiti che avevo addosso.
Lo sentivo perforante, cattivo, inquisitorio….che cosa avrei potuto risponderle? Quali domande mi avrebbe fatto? Come avrei potuto spiegarle che io….lui…noi….
Mi girai, pronta a tutto…..
Incontrai lo sguardo della donna nascosto dietro le lenti….se ne stava con le labbra dischiuse in atto di pronunciare una frase che, forse, le era rimasta in gola..o chissà.
Prese dalle mani della figlia la foto e me la porse con grazia e gentilezza.
-credo sia sua, prego-
Mi stava sorridendo….quella donna….mi stava sorridendo…quindi avrei potuto ..parlarle, spiegare, chiedere…..
-grazie- risposi e sorrisi anch’io.
-già………- disse lei.
Riprese per mano la figlia, si girò……le vidi allontanarsi e scomparire tra le altre persone che affollavano il marciapiede a quell’ora….
Era quindi finito tutto lì……si era trattato solo di una coincidenza….lei, la figlia, lei, la madre, io, la…..già, che cos’ero io? In tutta questa vicenda che cosa rappresentavo?
E mentre ritornavo sulla strada coi miei pensieri, sentii un’altra sirena suonare….stavano per arrivare altri soldati….altri feriti….era solo notte, era solo una delle tante notti che avremmo vissuto insieme e che mi sarei ricordata per il resto della vita.
Tra e me e Pietro c’era solo vita e morte.

sabato 26 marzo 2011

The alle cinque - Quando perdi....

Oggi ho solo un minuto, “un attimo”.

Ho ricevuto una pps ….di quelle con tante parole, tante immagini…..frasi che leggo pensando a quanto, ognuna di esse, sia così vera, immagini che osservo pensando a quanti posti nel mondo ancora mi restino da vedere, sapendo già che non mi basterà questa vita per raggiungerli tutti…..
Poi arrivo alla fine e…..dimentico.
Sì, dimentico le frasi lette due minuti prima e nelle quali mi ci ero persino ritrovata…immagini osservate fino a un minuto prima…..
Forse le parole le avevo viste solo scorrere sotto gli occhi, come fili sottili di cotone al vento…le immagini le avevo viste….solo viste, non osservate con cura.
Ma sì, ormai l’ho letto….tanto ormai ho visto….che cosa dovrebbe restarmi? Tanto prima o poi te ne arriva un’altra che ha, più o meno, le stesse immagini, le stesse frasi….le stesse cose.
E così perdo: perdo le frasi che sento, quelle che leggo, non me le ricordo più, non le sento più, non mi suonano più dentro, sfuggono, scivolano via e, al loro posto resta il nulla.
Idem per le foto: prati in fiore, alberi, boschi, cascate, oceani, deserti, animali….via tutto, come un colpo di spazzola tra i capelli….via tutto…
E arrivano altre immagini, altre parole, altre cose…..arriva altro.
Non ho nemmeno il tempo di rendermi conto ….. che già è un altro momento, un altro giorno, un altro anno.
Lo vedo su Carlo…che cresce e spesso mi chiedo come abbia fatto ad imparare quella frase, quella parola, come abbia fatto ad usare la colla….ma chi glielo ha insegnato? Forse io? E mi sono dimenticata anche di quello?....ero troppo occupata a vivere altro? A sentire altro? A vedere altro?
E alla fine ho perso….ho perso le parole, ho perso le immagini, ho perso la …..la colla….sì, gliel’ha insegnato qualcun altro come si tiene il barattolo della colla….

Mi sono fermata: STOP …. ALT…… FERMAAAAAA!!!!!! Sì, ferma, ferma.

Mi sono fermata un attimo e mi sono detta: no, oggi la voglio imparare una frase….voglio che una frase ascoltata o letta questa mattina, mi resti nella testa fino a stasera, la voglio sentire, voglio che sia una frase che mi lasci qualcosa, la voglio condividere con qualcun altro…..me la voglio ricordare.

Sì, stop, alt, fermaaaa, voglio scendere un attimo dalla giostra, ridurre la velocità, mi voglio sedere un attimo su quella panchina…..no, non quella all’ombra…..voglio quella al sole….voglio “l’immagine” del sole….e mi voglio fermare “un attimo”.
Voglio vivere “un attimo”…voglio ricordarmi di come sia fatto “un attimo”, voglio capire quanti “attimi” vivo in un giorno.
Dopo “un attimo” sono dovuta risalire sulla giostra perché avevo altre cose da fare, altre frasi da sentire, altre immagini da vedere…avevo altre cose da ..perdere.

Nonostante siano passati diversi giorni, la frase me la ricordo ancora:
QUANDO PERDI QUALCOSA, NON PERDERE LA LEZIONE.

p.s. ho comperato una busta di palloncini per Carlo: voglio insegnargli io come si gonfiano!!

sabato 19 marzo 2011

The alle cinque - Lassù e quaggiù

Ieri ero a Milano con un’amica.
Il ponte organizzato settimane fa….una giornata tutta per noi...per chiacchierare e fare shopping.
Ci eravamo preparate per una giornata di pioggia, date le giornate precedenti,ombrelli e stivali di gomma e l’impermeabile….e invece….
La tipica giornata primaverile: un bel sole caldo, il cielo terso, molta gente riversata nelle strade, nei negozi, tra i tavolini dei caffè all’aperto.
Una presenza all’interno del Duomo….non me lo ricordavo così bello, imponente…buio ed austero, così freddo….
Davanti ad un’immagine della Madonna…….più file di candele accese e qualche panchina di legno…qualche persona raccolta in preghiera….e a me pareva di rovinare quell’atmosfera con il solo rumore delle scarpe…sì…ero di troppo…così sussurro ad Elena – fai con calma, ti aspetto fuori.
Una volta uscita mi sono seduta sui gradini davanti al sagrato e mentre aspettavo Elena, ho osservato…..la gente, il movimento, l’energia….sentendo il calore del sole, finalmente, sul viso.
Elena è uscita qualche minuto dopo…con gli occhi rossi: aveva pianto …ma non avrei potuto aspettarmi nulla di diverso…
Così l’ho abbracciata e, senza parlare, ci siamo incamminate senza una meta precisa….
Abbiamo camminato per ore, così senza dirsi nulla
Ho alzato spesso gli occhi…oltre la strada, oltre il grigio verticale, fino a scorgere giardini pensili, piccole mansarde,e ancora su…fino all’azzurro del cielo diventato rettangolare e racchiuso tra due edifici….per poi…scendere nuovamente al grigio, a qualche piano dopo…..finestre con tende finemente lavorate…e ancora più giù…..fino a terra…dove lo sguardo cade, immancabilmente, al barbone che chiede l’elemosina, al ragazzo di colore che ti propone il libro del tal Tizio…alle ragazzine che fanno volantinaggio di….varie ed eventuali.
Elena voleva comprare qualcosa …un vestito, una t-shirt….qualcosa…
E siamo entrate in diversi negozi, nei grandi magazzini….ma dopo qualche minuto…non riuscivo a sopportare l’aria “obbligata”….mi mancava l’ossigeno….dovevo uscire.
-Scusa Elena, ma non riesco a restare dentro….-
-sì – risponde lei dopo la mia quarta fuga dal negozio di turno – lo capisco….anch’io non riesco più a starci ….. dentro….Emanuele ha deciso di lasciarmi….-
- cosaaaaaaaaaaaa? – rispondo io
- sì…beh…-
E inizia a raccontarmi quello che è accaduto negli ultimi sei mesi….nei mesi nei quali non ci siamo viste per impegni di entrambe e, soprattutto, per una litigata assurda avuta, appunto, sei mesi prima….
E parlando…passano i minuti, passano le ore…arriva l’ora di pranzo e ci troviamo a fare la coda per comperare i panzerotti di ….
La gente …. la sentiamo fisicamente vicina a noi, la vediamo e loro vedono e ascoltano noi….ma noi non sentiamo niente altro che non le nostre due voci…che raccontano…che consigliano….e, ogni tanto, un abbraccio consolatore….
La gente pensa che…..ma a noi non interessa….siamo amiche, parliamo, ci raccontiamo, viviamo e…sì…piangiamo.
Mi viene in mente una canzone che cantava la Carrà “sai quanto me ne importa, che me ne importa a me….per una che va storta una dritta c’è”
La canto ad Elena e lei…piange e ride insieme…e poi la canta….sembriamo due ubriache…ma a noi che importa? Piangiamo per un dolore che non è più solo di Elena ma che è diventato anche mio…
-che è successo in Duomo?- chiedo..sapendo che, conoscendola, potrebbe rispondermi…”non sono affari tuoi”
- ho pianto…ho acceso una candela, anzi due…una per i miei e una per me…e ho pianto…io non ci credo molto, insomma non sono proprio un’esperta in materia….ma ho chiesto a qualcuno, lassù, sì, beh..ho chiesto ..se hanno tempo…di mandarmi un messaggio….su cosa devo fare ora….insomma che ne sarà della mia vita adesso….-
Non so che risponderle…ma non voglio dirle le solite frasi banali, scontate….penso che le abbia già sentite da altri…scelgo il silenzio…e un abbraccio, se sono fortunata…capirà ciò che le voglio dire senza…senza dire….
-grazie per l’abbraccio…e grazie anche per non aver detto le solite frasi di circostanza….- mi dice dopo un po’.
- già….- le rispondo mentre penso di essere una persona fortunata….o, forse, lo siamo tutte e due.
Non sono un’esperta in materia, ma penso che, forse, le risposte che chiediamo a quelli che stanno lassù ci arrivano proprio tramite quelli che stanno quaggiù…

sabato 12 marzo 2011

Thè alle cinque - Ritratto di un'emozione

Ritratto di un’emozione
E come arriva la primavera…arriva la voglia di buttare l’inverno con tutto quello che lo ha rappresentato: vestiti, scarpe, borse e soprattutto pensieri ed esperienze che ormai devono prendere aria….
Così sistemando alcune cose in soffitta mi sono imbattuta in una tela fatta quasi trent’anni fa.
Non sapendo se tenerla o buttarla, mi sono seduta su un cartone impolverato pieno di vinili, me la sono appoggiata sul ventre e l’ho rimirata.
Una tela piena di colori, di emozioni, di amore…
La mente ha cavalcato, in un minuto, anni di vita, di esperienze e si è collocata a quel pomeriggio di primavera quando, con tanta delusione in cuore, avevo preso la mia bianca tela e quei quattro colori e me n’ero andata al parco a dipingere.
La cotta, il primo amore corrisposto, mi aveva appena scaricata e il dolore mi aveva fatto venir voglia di buttare un po’ di colore alla rinfusa su quel mondo bianco, su quell’infinito vuoto che sentivo dentro….non che fossi un’artista, ma alla fine ci avevo buttato una parte di me…quell’amore adolescenziale che è o tutto o niente, che ti fa passare interi pomeriggi a scrivere su un foglio bianco il suo nome…infinite ed infinite volte….che ti fa ascoltare canzoni piene di sentimento e sulle note delle quali non riesci a controllare l’irrefrenabile desiderio di metterti a piangere e pensare: ma perché non mi vuole? Che cosa c’è in me che non va?
Butto colori e mischio emozioni…piango e rido, penso e ripenso….
Guardo la tela….ha perso colore, intensità…..
Quella tela mi porta lontano….rivedo i suoi occhi, il suo sorriso, il suo cuore…soprattutto risento le sue parole: è finita qua.
Sono passati anni, sono passate esperienze, e quel viso, quello sguardo, quel sorriso non l’ho più trovato in nessun’altra persona.
Guardo la tela….ha perso colore, intensità…..
Il primo biglietto nascosto nel diario durante la ricreazione….lo avevo trovato solo riaprendolo nel pomeriggio per controllare i compiti….inutile dire che non avevo studiato proprio un bel niente…quel pomeriggio….quel biglietto: Ele sei bellissima. Edo
Guardo la tela….ha perso colore, intensità…..
La festa a casa di Stefano, mio compagno di classe, e lui, Edo, che mi invita a ballare….poi eravamo usciti e ci eravamo seduti in un prato….
Mi aveva dato un biglietto con scritto: ti amerò sempre……
Guardo la tela….ha perso colore, intensità…..
Ma dopo un po’…aveva cambiato idea…direzione…a diciassette anni è così che succede…
Guardo la tela….ha perso colore, intensità…..
Aveva fatto un’altra scelta…un’altra Elena adesso c’era nella sua testa e soprattutto sulla sua moto.
Ogni volta che dal passato torno al presente e osservo la tela…il colore perde di intensità…e il ritratto manca di qualche pezzo….
Si alternano ricordi e realtà, scelte e direzioni….non ho più quindici anni…
Ora il disegno è sbiadito….anzi….la tela sembra tornare bianca, linda, pulita come quel pomeriggio quando l’ho presa per dipingerci sopra quel dolore.
Manca il ritratto di quell’emozione…il tempo l’ha cancellata…oppure il dolore del ricordo ha rimosso tutti i colori.
Decido di buttarla….non rappresenta più niente ….non ha più valore…
Eppure per un attimo, per un dannatissimo momento….mi ha regalato il ritratto di un’emozione, per un attimo quell’amore mi ha ridato un po’ di energia, energia pura.
L’energia di quell’amore così intenso, giovane, forte…..quell’energia è tornata in me, l’ho presa direttamente dalla tela.
Ho buttato la tela, ma non quello che ha racchiuso per anni…
Ora il ricordo è tornato al suo posto, nel mio cuore, ma privo di dolore, senza risentimento, senza rimorso…..pieno solo di emozione e di amore, quell’amore che lo ha fatto nascere.
Avevo solo bisogno di ricordarmelo!!
L’ultimo sorso di the…l’ultimo sorso di te.

sabato 5 marzo 2011

Thè alle cinque - Festa della donna

Oggi gioco d’anticipo, ma solo perché mi piacerebbe che la data dell’otto di marzo non fosse la solita ricorrenza banale.
La premessa la faccio con una poesia che ho scritto diversi anni fa e che spesso rileggo. Quest’anno la condivido.

8 marzo 1989 – festa della donna (???)
Oggi ogni ( ! ?) uomo corre ad acquistare una mimosa per la sua donna.
E Lei, sorridente, ringrazia di quel rispetto che per un giorno si compera.
Per un giorno si dimentica.
Già perché il domani non cambia: seguita a dire sì, piange e prega mentre qualcuno le strappa i vestiti da dosso, sopporta mentre qualcuno “apprezza” il suo modo di “essere donna”.....e si domanda se, per caso, non sarebbe stato meglio nascere uomo.
E tutti gli anni ….sempre la solita scena: schiere di donne ben vestite e truccate escono con le amiche per una pizza, un film, teatro, qualche gruppo azzarda una presenza in qualche locale di “burlesque” (adesso fa moda!), oppure in locali trendy, dove conoscere gente e annegare in qualche drink….festeggiando….una ricorrenza che ha tutto fuorchè il lieto evento da festeggiare.
Quando rispondo all’invito –no, grazie, ma proprio no-
Mi guardano allibite – quindi non vieni a festeggiare?-
-ma festeggiare cosa?-
-ma come? Ma la festa della donna!!!-
Ma proprio non ci riesco.
-ma si tratta solo di una sera-
No, è proprio questo il discorso, che non si tratta solo di una sera.
Ci sono donne che hanno lottato per migliorare le condizioni di lavoro, e il diritto al voto (le suffragette), e le pari opportunità...e ce ne sono molte altre che quotidianamente lottano contro le violenze domestiche, per non parlare di quelle fisiche (due parole sull’infibulazione?)

Ma sì, è meglio ridurre il tutto ad una serata da passare piacevolmente con le amiche a parlare di….altro…è decisamente più facile.

Nessun invito per me, grazie, non festeggio.

Il the oggi è stato un po’ “freddo”: chiedo venia.

venerdì 4 marzo 2011

Corrispondenze - Cap. 4

Cap. 4
-non ne vuoi parlare eh?- chiese Elen ad Alexander - beh…ti capisco ma, credimi, puoi fidarti di me….so tenere un segreto-
- scusa ma di quale segreto parli?-
- no è solo che ti ho osservato per tutto il giorno,  da quando siamo salite, e,non so, forse è solo una mia impressione, ma quando scrivi su quel quadernetto…è come se prendesse forma e corpo un’altra persona…come se stessi vivendo delle emozioni che non sono proprio le tue-
Alexander si stava chiedendo se non fosse il caso di iniziare a fingere una stanchezza che non aveva…che ne so, sbadigliare …. in modo da evitare la conversazione….ma poi era proprio quello che desiderava? In fondo Elen stava solo cercando di fare un po’ di conversazione….all’una di notte…nel vagone letto di un treno diretto in Austria….
- no…scusa…lascia stare…notte-
Elen riconobbe la più breve conversazione di tutta la sua vita….con velocità felina si rimise sotto le coperte, alzandole fino a nasconderci dentro il viso e si maledisse: cavolo…penserà che ci volevo provare…
Che fosse stato scortese Alexander se lo riconobbe…ma che cosa avrebbe pensato lei di tutta questa storia? Lo avrebbe etichettato come tutte le altre : lo sfigato con la passione per la scrittura….poteva davvero fidarsi di lei? Avrebbe saputo davvero custodire il suo segreto?
 -Elen- bisbigliò Alexander per non disturbare il sonno di Deborah
Elen rispose un sottilissimo -siiii- da sotto la coltre delle coperte
- scusa…non vorrei averti dato l’impressione di essere maleducato…ma….-
Conversazione in arrivo, pensò subito lei…uscendo pian piano dal suo rifugio di cotone e lana come un cucciolo che esce dalla cuccia bramoso di latte ma timoroso….i capelli un po’ scompigliati le nascondevano parte del viso e lei se li sistemò alla meglio che poteva, facendosi una coda bassa con un elastico di spugna, color arcobaleno, che teneva al polso.
Appena i loro sguardi si incrociarono, entrambi abbozzarono un sorriso e lui….sentì che si poteva fidare.
Alexander fece cenno di poter condividere la sua parte di letto e lei, col suo pigiama blu scuro, vi si  appallottolò senza alcun indugio.
- dicevi??-
Accidenti, pensò Alexander, questa vuole proprio conversare…
- ci sono storie che mi coinvolgono, mi catturano, mi portano altrove…e quando scrivo non capisco mai dove finisco io e dove iniziano loro, i personaggi…e spesso le loro paure sono anche le mie e le mie diventano le loro…e questo…..ti sembro….-
-non finisci tu e non iniziano loro….loro sono parte di te, prendono vita da te, e nascendo da te….loro sono le tue paure, le tue gioie, i tuoi dolori…..insomma loro sono te e tu sei in loro…mi sembri…normale…..ma ora sei ad un punto morto, dicevi, giusto?-
- sì, sento che qualcosa mi sfugge-
- beh..dovrei conoscere la storia per poterti suggerire qualcosa-
- no, non….-
- non sei ancora pronto a condividerla, è ancora troppo tua. Sai capita anche a me….
- scrivi…-
- no no….non ne sono assolutamente capace e, giuro, ti invidio infinitamente per questo….no, io ….dipingo..o almeno cerco…ma quando butto la tempera sulla tela….è come se ci mettessi una parte della mia anima…una parte di quella tempera sono io…poi il pennello traccia, racconta, finisce, è la mia mano che traccia,dipinge, disegna…una parte di me che continua fuori da me. Sai è curioso ma tutti i quadri che ho dipinto…non …non ne ho mai regalato, venduto, donato nessuno-
-beh forse ci sei affezionata-
-no….è che quei quadri sono me e io sono in loro…e staccarmene sarebbe come vivere senza un braccio o una gamba o un occhio….insomma tutto quello che ho dipinto fino ad ora  è tutto quello che non sono riuscita a dire con le parole…che mi spaventa dire con le parole…..-
- ti spaventano i tuoi quadri?-
- beh…no, non tutti…qualcuno…senti lo so che è l’una di notte e che non mi conosci nemmeno, ma ti sei fidato di me e io voglio fidarmi di te….ti va di…..di vedere il mio ultimo bozzetto…così …tanto per vedere che cosa dipingo …senza nessun impegno…puoi anche dirmi che non ti piace…-
- sì, volentieri- risposi per cortesia…non ero un grande appassionato di pittura, in realtà ne capivo ben poco, ma mi spiaceva davvero essere scortese e dirglielo proprio in piena faccia…alla fine si trattava solo di un bozzetto, giusto?
Elen con l’eleganza e la leggerezza di un gatto cercò, senza fare alcun rumore, nel suo borsone e ne tirò fuori una cartelletta verde oliva…..
- l’ho disegnato qualche notte fa..sì…beh…mi piace dipingere anche di notte…sai com’è…noi “artisti da quattro soldi”…..che ne pensi?-
Alexander prese il bozzetto e rimase immobile…deglutì diverse volte, guardò Elen, incapace di proferire parola. Il bozzetto ritraeva il volto di una bambina di, all’incirca, otto anni: era lei….su quel foglio il suo viso…il viso di Emma.



(segue)

sabato 26 febbraio 2011

Thè alle cinque - le cose cambiano

-eh ma, cara, le cose cambiano….-
Mamma mia, quante volte me la sono sentita dire questa frase: sono le solite frasi pre-confezionate che non devi alterare di nulla e che puoi utilizzare per tutto.
Sì, dal tempo, al lavoro, le amicizie ….perfino per le delusioni d’amore…..sono come creta: le plasmi e le adatti, punto, finito.
Domenica pomeriggio, in un bar di Bellano incontro la mia migliore amica, sì l’unica eletta a custode dei miei segreti.
Lei, Miriam, arriva all’appuntamento con jeans, scarponcini da montagna, pile verde, sciarpa bianca, una borsa enorme, dal contenuto imperscrutabile, e la sua marea di capelli lunghi, rossi, fluenti…..
Lei è così: semplice, trasparente…dannatamente bella nel suo aspetto naturale.
Oggi mi sembra più stanca del solito: forse il lavoro, forse i pensieri…o forse semplicemente è stanca per altri duecentomila motivi.
Ci troviamo nel solito parcheggio della stazione. Scendiamo dalle rispettive macchine, ci avviciniamo ed esordiamo con un : come va? tutto bene? Sono contenta di vederti.
Sì, beh…non abitiamo proprio a due passi, ma questo, paradossalmente, ci avvicina molto più di qualsiasi altra cosa…viviamo in due realtà diverse tra loro, ma condividendole ci arricchiscono…che cos’altro possiamo desiderare????
Sì, sono contenta di vederla e di parlarle: due ore solo per chiacchiere!!
Così l’una prende sotto braccio l’altra e andiamo verso il centro.
La giornata non è delle migliori: il cielo è grigio, il lago è nascosto da nuvole basse e la temperatura …beh, è la temperatura media della stagione…che fare?
Sì perché di solito facciamo “la peripatetica”, ad un più basso livello, in riva al lago, ma oggi fa troppo freddo. Optiamo per un bar, l’unico peraltro aperto….per un anonimo bar.
La porta cigola un po’ mentre ci accomodiamo all’interno. Le pareti sono viola (anche se di diverse tonalità di viola!!), alcuni tavoli neri, minimalisti, sono accerchiati da sedie bianche impersonali. Alle pareti, viola, sono appesi quadri di cattivo gusto, o almeno non sono del mio di gusto.
Decidiamo per un tavolino vicino all’entrata di una piccola sala giochi.
Una ragazza con i capelli nero corvini, raccolti in una coda bassa, arriva al tavolo in un batter d’ali e ci chiede l’ordinazione.
- un caffè macchiato caldo, per me, grazie-
- e un decaffeinato macchiato freddo…… o caldo, come vuole, per me, grazie-
-grazie a voi – risponde e voltandoci le spalle trotterella fino al banco consegnando, ad un’altra spilungona dai capelli rossi, mossi e selvaggi, il foglietto.
Racconto a Miriam le ultime novità….degli ultimi mesi: beh, non riusciamo a vederci molto spesso per il discorso della lontananza, ma, grazie agli aggeggi tecnologici, ci sentiamo, more or less, tutti i giorni.
E lei ascolta, e ascolta e ascolta….poi dice : cara, le cose cambiano.
Ma com’è che detta da lei, questa frase, ha tutt’altro suono? Tutt’altro ritmo? Ha semplicemente tutt’altro da dirmi?????
Lei è stramaledettamente bella: la sua bellezza fisica è compensata ed elevata dalla sua consistenza interiore, dalla sua purezza, semplicità, trasparenza. Lei non lo sa, non ne è ancora pienamente consapevole….se lo fosse almeno la metà…ma che dico…...un decimo …..
Le cose cambiano, le persone cambiano….
Le persone non cambiano, imparano a fingere….recitano....e, magari, cambiano parte, battuta, taglio di capelli, abbigliamento, ma non cambiano dentro.
Ma oggi ho il dente avvelenato, non vale…..oggi…ho una delusione in più…sì, nel cuore.
E lo sappiamo bene che questa tipologia di “delusioni” è la più difficile da smaltire, da digerire, da dimenticare…
Ma lei, Miriam, continua nella sua tesi e sostiene che…le cose cambiano e cambiano anche le persone.
Le cose cambiano, le persone cambiano
Le persone non cambiano….la natura vera, quella che ognuno di noi tiene ben nascosta nella parte più oscura, quella radice che distingue noi da tutti gli altri, quella caratteristica, quella peculiarità che ognuno di noi ha e che fa di noi un essere unico…ebbene quella parte non cambia.
-Le cose cambiano, le persone cambiano-
-no, lo stronzo è e sarà sempre uno stronzo, a prescindere!!-
Ecco, anche oggi mi sono lasciata andare a quest’espressione che, una volta pronunciata, detesto…..
Lei, Miriam, non si scompone mai: mai una parola fuori posto, una frase fuori luogo, un’espressione …diciamo così…”colorita”….lei è precisa.
Le cose cambiano, le persone cambiano….
-beh…se le cose non cambiano e le persone non cambiano allora cambia tu….cazzo!!!-
Ma l’ha pronunciata davvero quella parola????
Ho sentito bene???
Noooooooooooo, non lei….lei non è….da…quelle parole, espressioni come queste sono più le mie…io…io sì, ma lei…lei DE CI SA MENTE……N O.
Le cose cambiano, le persone cambiano……..
-diciamo che oggi abbiamo bevuto il caffè insieme…ed era anche buono. Ma se chiedessi alla ragazza un altro caffè, e magari le chiedessi di metterlo in questa tazzina, di servirmelo nello stesso modo, di appoggiarlo sul tavolo nella stessa posizione….beh…berrei un altro caffè-

Uhm….curioso!!

Le cose cambiano, le persone cambiano………….così come un caffè?
È sufficiente cambiare la tazza, per cambiare il gusto?
Basta una diversa concentrazione della miscela…..a rende il caffè…”diverso”?
E’ il contenuto di noi che negli anni cambia? È la concentrazione delle miscele delle varie esperienze che ci riempie in modo più corposo? Oppure ci svuota e ci prosciuga delle emozioni, come la tazza che resta vuota dopo aver dato gusto al palato?
Una cosa è certa: il caffè mi rende nervosa!!!
Lo stronzo il caffè del bar non lo beve….preferisce quello “americano”….e ogni volta che è capitato di offrirglielo, insieme al caffè ho bevuto il suo monologo sul perché preferisca quello lungo al ristretto…..tutte le volte!!!!Cavolo….è un caffè, non la ghigliottina….

-come queste pareti-continua Miriam mentre la mia testa, nel frattempo, ha fatto un volo pindarico intorno al mondo e ritorno.
-secondo te, di che colore sono?-
-Viola direi-
-sì, però qui c’è una venatura di un viola più chiaro, là il viola è più scuro….anche uno stesso colore ha tonalità molto differenti-
Forse dovrei leggere tra le righe…o meglio tra le tonalità…..
-ognuno di noi è racchiuso tra una tonalità e l’altra, ma può decidere anche di spostarsi e di essere ora più marcato, ora solo accennato-
- quindi si cambia a seconda della situazione?-
-beh….sì ma anche no. A volte dobbiamo comportarci in un certo modo anche se la nostra natura non è quella, altre volte abbiamo la possibilità di essere realmente ciò che siamo…..ora…torniamo allo stronzo di turno…lo vedi in un ambito lavorativo. Ammesso che sia una persona molto infantile, o che lo sia stata, in un ambito lavorativo tutto puoi ma non metterti a giocare a carte…o no?-
Questa frase sulla tonalità ….. mi sa che la devo meditare ancora più di quella del caffè…..
Quindi ognuno di noi è in base al contesto in cui si trova?
Le cose cambiano e, di conseguenza, cambiano anche le persone oppure quando cambiano le persone cambiano anche le cose? Le cose sono strettamente collegate tra loro: se le une cambiano, le altre cambiano.
Una cosa è certa: il mio umore sta cambiando e io non mi sono alzata dalla sedia nelle ultime due ore, non ho cambiato posizione, non ho cambiato vestito….ma mi sento diversa.
Quindi sono cambiata? Per il caffè, per il viola, oppure per Miriam?
Sono più serena e, fiduciosa, spero che questo scambio possa aver fatto bene anche a lei.
Uno sguardo oltre la vetrata del bar: si è fatto buio.
“forse perché della fatal quiete su sei l’immago a me sì cara vieni o sera”
Ci rivestiamo, paghiamo alla rossa tutta boccoli…e ci addentriamo nell’oscurità.
Ci prendiamo saldamente sotto braccio e raggiungiamo le macchine.
Ci annulliamo in un abbraccio, per un istante, ci auguriamo una bella settimana e poi ci salutiamo.
Mentre accendo il motore, Miriam scivola via come un fulmine……mi manca già, ma so che la sentirò presto….
Per oggi niente thè, spiacente, ma le cose cambiano, le persone cambiano e, a volte, per una volta, anche i gusti!
Buona serata.

sabato 19 febbraio 2011

Thè alle cinque - amore

Qualcuno sa dirmi dove sia finito l’amore e il romanticismo?
La settimana, ormai trascorsa, si è aperta con un lunedì davvero particolare: ebbene sì, era San Valentino……
La ricorrenza è inesistente per tutti i single convinti, diventa un giorno infausto per tutti gli innamorati non corrisposti, una vera e propria tragedia per la maggior parte delle coppie che si sentono, in qualche modo, obbligati a qualcosa da qualcuno.
Ma esiste ancora qualcuno che trova carino fare un regalo, un pensiero, un biglietto a tema, non riducendo il tutto alla solita frase: è una festa commerciale.

Elisabetta chiama alle sei di lunedì, disperata -senti ho bisogno di un grosso favore: la ragazza mi ha chiamato stamattina dicendo che ha la febbre e che non riesce nemmeno a stare in piedi….e tu sai che giorno è oggi…avrei bisogno di una mano in negozio-
-non ti preoccupare, il tempo di organizzarmi ed arrivo- rispondo.
Elisabetta ha un negozio di fiori.
Tutti gli anni, in queste occasioni, mi racconta scene nel negozio che io fatico a credere come vere… beh, se non altro, oggi ne avrò l’opportunità.
Dopo una buona colazione in compagnia di Elisabetta, inizio a pulire fiori e piante, cambiare nastri e carte, proporre biglietti e fare bouquet.
Le prime quattro ore passano veloci, ma mi lasciano basita: uomini, mariti, fidanzati, compagni, amanti entrano spavaldi in negozio chiedendo mazzi, bouquet, piante per la “lei” di turno, non conoscendone nemmeno i gusti.
Alla domanda: ma, scusi, non glielo ha mai chiesto?
Ti guardano come se si fossero persi in un labirinto…e non fossero nemmeno tanto convinti di voler trovare la porta d’uscita. Rispondono, sintetizzando: ah…..ma perché? è importante??
-Le metto le rose rosse?-
-ma sì, ci metta quello che vuole, tanto…-
Più passo le ore in quel via vai di finzione comperata e più mi sento malinconica e triste.
Ma la frase che va per la maggiore è – faccia lei-
Qualcuno, alle varie domande, nemmeno ti risponde perché, al telefono, sta chiedendo un preventivo via mail alla segretaria che, a quanto pare, fatica a trovarlo….
A volte ti sorride ed annuisce…e tu lo ricambi con un punto interrogativo lampeggiante in viso: ti ha dato l’ok per un bouquet che non è nemmeno il suo!!!! Già non vede oltre il suo io….perchè nel frattempo si è spostato verso la porta di uscita: ha la macchina in doppia fila..e, di sicuro, starà pensando che hai due mani e che potresti anche muoverle molto più velocemente perché lui…lui ha parecchia fretta!!!
-senta…non ha qualcosa di meno caro? In fondo le voglio bene, ma ancora non la amo, sì, insomma, non devo mica chiederle di sposarmi…-
Il lui che sto servendo non merita nemmeno una risposta, ma un pensiero a riguardo ce l’ho comunque: anche l’amore ha un costo, vale una certa cifra a seconda del livello a cui appartiene?
-no, no, il biglietto no, glielo dico a voce che le voglio bene-
-ne sia almeno convinto…-sussurro china sul bouquet
-scusi, ha detto qualcosa?- risponde l’oratore e io mi domando come glielo dirà che l’ama,
-no…è che stavo pensando ad un’altra cosa…ecco fatto sono venti euro-

Arrivano le diciannove in un baleno. Elisabetta si accinge a chiudere il negozio quando…
entra un uomo sulla quarantina, brizzolato, abbronzato, fisico asciutto…insomma un uomo che, senza ombra di dubbio ed oggettivamente, è definito un bell’uomo.
Elisabetta mi guarda e mi dice: servilo tu, ne resterai sorpresa.
Tra la curiosità e la rassegnazione….
-buona sera….ha bisogno?
- sì, la ringrazio, potrebbe farmi un bouquet?
- ma certo…per la…
- per il mio amore…. Dunque vorrei delle gerbere arancioni…..le posso scegliere io?
- ma…sì – rispondo titubante – certo –
Il belloccio estrae una ad una le gerbere dal vaso, guardandole una per una, sorridendogli…
Curioso.
Le depone con una grazia infinita sul banco
Curioso.
-poi vorrei dei tulipani gialli…
- vanno bene questi?
- le spiace se li scelgo io?
- no, naturalmente, no-
L’uomo si avvicina al vaso dei tulipani e….questa volta tocca delicatamente i petali di ciascun, li sceglie e li mette sul banco.
Poi chiede la carta di riso, la raffia di un certo colore da abbinare alla carta, al colore dei fiori….
Osserva attentamente come compongo il bouquet, e china il capo ora da una parte, ora dall’altra quasi a volersi accertare che da qualsiasi angolazione lo si osservi, dia lo stesso risultato.
Finita la preparazione chiedo se vuole abbinare un biglietto.
Il tizio annuisce estraendo dall’interno della tasca del cappotto, una busta dello stesso colore delle gerbere.
Non posso non esprimermi: sua moglie….è proprio fortunata…oggi ho visto scene allucinanti di persone che mi hanno fatto scegliere fiori a caso, composizioni di facile finitura, cose veloci, insomma…lei, invece, è stato attento ad ogni particolare, ad ogni colore…
-sì, a lei piacciono così-
L’uomo si avvicina alla cassa e paga.
Lo guardo sempre più stupita mentre ripone il resto accuratamente nel portafoglio.
Saluta abbozzando un sorriso triste e malinconico, raggiunge la porta…poi torna verso il banco e mi guarda dritta negli occhi.
-non è mai facile capire chi è fuori da noi-
-mi scusi ma temo di non capire-
-arrivederci-
Esce dal negozio lasciandomi allibita e senza parole.
Elisabetta arriva in quel momento dalla cella frigorifera: allora….com’è?
-ha scelto accuratamente i fiori, la carta, lo spago, tra tutti quelli che ho visto oggi, mi è sembrato il più normale….-
-Già –risponde lei – ma la serata non è ancora finita –
Non chiedo, non faccio altre domande…sono esausta.
Faccio ritorno al parcheggio: una gerbera gialla mi aspetta perfettamente confezionata sul parabrezza, legata con uno spago al tergicristallo, con un biglietto – non è facile ma nemmeno impossibile-
Già dopo una giornata spesa a pensare che tutto è scontato, dovuto, obbligato…..una dose di romanticismo, quello che non è ancora tramontato….
A proposito……io adoro le gerbere gialle: sono i miei fiori preferiti!

venerdì 18 febbraio 2011

Brillantina - Cap. 5

Feci passare alcuni minuti restando immobile, non trovando la forza per spostarmi, la voglia di farlo, pensando a chissà poi cosa….o forse semplicemente sperando che il fantasma scegliesse, almeno oggi, di essere clemente, fingesse di non conoscermi, non mi urtasse …. insomma mi lasciasse proprio in quello stato tra larva e coma nel quale, da qualche ora, mi trovavo così a mio agio.
La campanella era suonata già da un po’….i ragazzini erano entrati tutti quanti nelle loro rispettive aule, i professori avevano già iniziato le loro performance culturali, il cancello era già stato chiuso e con molta probabilità avevo anche una bella multa infilata nel tergicristalli per divieto di sosta, però, forse, avevo anche scampato il pericolo “Danny”.
Ma le farfalle erano ancora lì, sfavillanti come non mai, silenziose e fastidiose…..e lo sentivo, dietro le spalle, sentivo il suo respiro, il suo sguardo.
Una cosa era certa: non potevo restare…quindi, positiva e vedrai che quando ti giri……
Eccolo lì…..in tutto il suo splendore, lo sguardo penetrante, quel sorriso accattivante….
:- Buon giorno, cara, dormito bene? –
Se non gli avessi risposto avrebbe avuto la conferma che la maleducazione di Nicolò era proprio data dalla madre, altrettanto maleducata…
:- Buon giorno professor De Crescenzo :-
Ma perché un uomo in tuta da ginnastica è affascinante e una donna è sciatta???
:- no, direi che non hai dormito bene….anzi che non hai dormito affatto….mi hai pensato vero? Beh, in fondo, come darti torto? Sono affascinante e seducente come allora….eh…sì “certi amori fanno giri immensi e poi ritornano”….:-
Non sapevo se fosse il tono ad infastidirmi così tanto, la sua sfrontata sicurezza, il mio senso di totale inadeguatezza, la stanchezza oppure…..oppure la santa verità.
Risolsi tutto con un :- come ti pare:- certa di chiudere e di potermi rintanare nel mio bozzolo ancora per qualche secolo.
Il “fantasma”, negli anni, aveva sviluppato una certa strategia di seduzione.....no, un’altra bugia, era sempre stato così….non era diverso da come me lo ricordavo al liceo, non era cambiato, era solo diventato adulto.
Ma perché alcuni adulti non invecchiano? Perché continuano ad avere lo stesso fascino di un tempo? E soprattutto perché non me ne andavo?
:- bene bene, siamo tornati al “tu”, tra un po’ penso che sarà anche un sì:-
:- sì …….cosa?:-
:- ti va di andare a prendere un caffè?:-
:- no, direi che non è una buona idea….:-
:- beh…facciamo così, potresti convincermi di quanto tuo figlio sia bravo abbastanza da evitargli la sospensione….:-
Ma che diavolo pensava di fare ora?
:- non credo che…..
Ma Leonardo non mi fece finire la frase
:- pensi che sia uno stronzo, non è così?...voglio solo parlare….parlare con te di…te, di noi…insomma dammi una possibilità:-
E finalmente era sceso da quel suo piedistallo di cartapesta e si era unito a noi comuni mortali. Mi faceva quasi….pena, ora, aveva l’aria di chi è in cerca di un qualche tipo di perdono per qualche pasticcio combinato.
Ma potevo fidarmi di lui? Ancora? Era una situazione davvero rischiosa e compromettente e poi non riguardava più solo me o lui….
:- quindi? Caffè?:-

sabato 12 febbraio 2011

Thè alle cinque - Passato e perdono

Passato e perdono

Dopo diversi anni, ventiquattro per la precisione, mi trovo a dover organizzare una reunion con i vecchi compagni di classe delle superiori.
Trovati su facebook, almeno qualcuno, inizia la forsennata ricerca di tutti gli altri. Così passi in rassegna vecchie agende impolverate, riposte con cura in un cartone in cantina con scritto solo “maturità”….e inizi a chiamare numeri che, nel frattempo, sono stati consegnati ad altri utenti…speri, mentre componi il numero di qualche cellulare, che il tuo compagno, il classico Rossi Carlo, giusto per la privacy, abbia mantenuto il numero. Dopo una serie interminabile di squilli risponde: sì…chi parla?:
E allora inizi a fargli tutto il discorso che ti eri preparata per ricordargli di te e dei vostri compagni di classe…e scopri, con rammarico, che a lui non frega assolutamente niente di ritrovarsi dopo tutti quegli anni, oltre al fatto che non si ricorda nemmeno di te.
Dopo qualche telefonata con questo esito, inizio a chiedermi non il perché mi sia sobbarcata un onere così “gravoso”, ma perché ad un certo punto della vita….hai bisogno del passato.
Sì, insomma, quando invecchi…ne hai una sorta di necessità: sapere che l’hai avuto, che l’hai vissuto…oppure si tratta solamente di poter rispolverare i ricordi per accarezzare o strapazzare un po’ il cuore?
Qualcuno mi risponde che “Rivivere il passato vuol dire riavere ciò che ha avuto…..e questo non lo vuole”.
Qualcun altro “dai sì, vengo volentieri…però se non c’è Rossi Matilde….a proposito lo sai che ci eravamo lasciati in malo modo?”
Per non parlare dei “no, guarda, ho avuto dei problemi e sono ingrassata…non me la sento proprio, scusa”
Verdi e Grigioni si erano sposati qualche anno dopo la maturità, ma ora sono separati…quindi o invito l’una o invito l’altro.
Più che una reunion mi sembra un guerra strategica nella speranza del risultato: meno morti possibili!!!
Scrivo, sconsolata a Salva: il mio amico-compagno di banco con cui abbiamo condiviso delusioni d’amore, principalmente, e verifiche da quattro e cinque!!
Mi risponde:- senti…pochi ma buoni….chi non viene…..beh, non viene. Non pensarci su troppo, viviamo ugualmente:
Non è che la frase mi rincuori più di tanto, ma è una sana verità.
Ma è l’ultimo rifiuto a farmi riflettere davvero “no, guarda se c’è quella stronza della Rachele io ….no, non l’ho ancora perdonata per avermi soffiato il ragazzo…..e poi quel cinquanta nemmeno meritato…beh, conoscendo il tipo si sarà fatta il membro interno!!!”
La tristezza, una profonda tristezza nell’animo, invade tutto il corpo: MA SONO PASSATI VENTIQUATTRO ANNI, cavolo, c’è ancora tutto questo risentimento?
Si passa oltre, giusto? Ad un certo punto della vita….perdoni e vai avanti, dimentichi e sotterri, fai un miliardo di altre cose e ti realizzi, vivi la vita e lasci il resto dove deve stare: nel ricordo, nel passato, in una scatola ben chiusa in cantina.
Non considerando il fatto che Rachele si è sposata non l’ex ragazzo di Vittoria….e dopo alcuni anni si sono separati perché lei ha scoperto che lui era gay. Ha convissuto per diversi anni con un ragazzo portoricano che le ha dato una figlia e che poi è morto in un incidente stradale. La figlia, di quattordici anni, è morta per un overdose giusto l’anno scorso e lei, Rachele è anoressica. Ora pesa 24 kg, è in una clinica da cui non uscirà più perché ha deciso di morire!!!
Come facciamo a portarci dentro tutto questo rancore e risentimento? Come possiamo farlo sapendo che la vita può aver cambiato le carte di tutti ed averci portato addirittura in un’altra consapevolezza della vita stessa?
Come possiamo non passare oltre? Non perdonare?
Io e Rachele siamo rimaste amiche anche dopo la maturità….e sentire Vittoria parlare in questo modo, conoscendo soprattutto la vita di Rachele, ora…..raffredda l’entusiasmo iniziale e, soprattutto….mi ferma.
Ho avuto qualche nota negativa anch’io: non sono stati anni sereni e tranquilli….sono stati difficili e duri. Non ti senti una donna ma capisci che non sei più una ragazzina, ti piacciono persone irraggiungibili e qualcuno ti prende anche in giro….
Studi come una pazza e nella verifica definitiva ti accorgi che la tua compagna di banco copia mentre tu cerchi di ricordarti quella cazzo di formula chimica che, proprio oggi, ti serve ma che, proprio oggi, non ti ricordi….Amiche, compagne di classe che ti invitavano alle feste solo per avere la “cicciona” da mostrare al gruppo delle nuove conquiste….e deriderti.
Il belloccio che, per una scommessa, si è messo con te…e ti ha presa in giro facendoti sentire una “merda” per anni, annientando la tua autostima e facendo di te una persona insicura.
Io ho bisogno di ricordarmi queste cose, per ricordarmi come sono ora e il percorso che ho fatto per diventarlo….così come ho bisogno che qualcuno di loro possa ricordarmi anche le cose belle, le feste, le confidenze, le AMICIZIE VERE, tutto quel periodo che, col tempo, mi sono lasciata alle spalle….
Forse ho semplicemente perdonato.
Perdonato chi non ha visto altro che i miei kili di troppo e non è andato oltre scoprendo quello che c’era, chi ha copiato per cinque lunghissimi anni, mentre altre persone si facevano il mazzo per raggiungere, magari, lo stesso risultato….
Sono andata oltre, ho vissuto altro…..resta in me, tutto questo passato che ora torna a galla, ce l’ho dentro, ma sono andata avanti…arrivando, alla fine, a perdonare anche me.
Un tentativo lo voglio fare ugualmente, però.
:- Vittoria, perdonami, vorrei parlarti di Rachele, hai un momento?:-
Lei ascolta, per una serie interminabile di minuti, ascolta, ammutolita, la verità…….e io penso che, magari, si ricrede sulla persona che pensava di conoscere…..e che c’è l’happy end.
Termino il racconto e lei, serafica, esclama:- vedi come vanno a finire gli sfigati? Le sta bene, sono proprio contenta:-
L’ho salutata e ho riattaccato.
Forse avrei dovuto cancellare il suo numero di telefono dall’agenda…e,in un primo momento, non l’ho nego….ci ho pensato. Ma poi ho deciso che….perdonare può essere anche …umano.
Il giorno dopo la telefonata di Vittoria, sono andata a trovare Rachele: purtroppo nella notte…una crisi, complicazioni, il cuore non ha retto.
Non so perché ma ho pensato che, forse, il perdono di Vittoria…l’avrebbe salvata…..oppure, semplicemente, Rachele è andata …oltre.
Oggi un thè un po’ triste….ma è la vita.

sabato 5 febbraio 2011

Thè alle cinque - Utere temporibus

Utere temporibus

Ho sempre pensato che ci potesse sempre esser il tempo: il tempo per i rimpianti, per i rimorsi, un tempo per dimenticare e uno per ricordare, quello giusto, quello sbagliato…del resto non ti sei sentito dire qualche volta – dai tempo al tempo?-
E così mi sono sempre detta che se una cosa non l’avessi fatta…in tempo….l’avrei fatta ….col tempo.
Così, dopo diversi anni, ho pensato di rimettermi a studiare: sì, iniziare nuovamente l’università.
Già perché quando era il “tempo per l’università” non avevo la testa, volevo viaggiare ed ero stanca di stare sempre sui libri. Avevo trovato un lavoro e, all’inizio, avevo anche provato a fare entrambe le cose:università la mattina e lavoro il pomeriggio.
E per un periodo, un po’ meno lungo, provai anche a lavorare la mattina, lavorare il pomeriggio e studiare la sera, di notte e nel week end. E alla fine decisi che, in quel momento, avevo solo voglia di vedere il mondo, di uscire con le amiche…..e che avrei studiato …dopo.
Così viaggiai molto, lavorai tanto. Quel pensiero dello studio, però, non mi abbandonava mai: c’era sempre un momento, nella settimana, nel mese, nel quale mi dicevo…è ora….adesso è quel “dopo”.
Poi arrivò Lorenzo, mio marito, è ripartii un’altra avventura….e poi Carlo….e con lui è sempre un’avventura!!
Da qualche tempo, però, questa voglia di rimettermi in gioco, il desiderio di riprendere in mano alcuni testi…mi è tornata, ed è più “forte”.
Così ho chiesto ad un’amica un parere in proposito e mi ha risposto: c’è un tempo per ogni cosa, ma soprattutto ogni cosa ha il suo tempo…rimettersi a studiare a quarant’anni è davvero difficile, e poi, guarda, non è che ti serva proprio per il lavoro…..pensa che un mio collega si è rimesso a studiare dopo dieci anni e adesso la moglie lo sta lasciando:-
All’inizio il consiglio mi è scivolato addosso, ma poi…l’ho ripreso e filtrato.
Si può acquistare un saxofono quando non sai nemmeno cosa sia uno spartito oppure una barca a ottant’anni senza nemmeno la patente nautica…perché per tutto questo c’è mastercard…ma per rimettermi a studiare no!!!
Non mi è concesso, allora, il tempo per recuperare qualcosa che può essere solo un mio desiderio personale? Un mio accrescimento culturale che esula dalla semplice lettura di un semplice libro qualsiasi? Non posso quindi riparare ad un errore che, col tempo, ho capito essere una mancanza?....Meglio crogiolarsi nel…potevo, dovevo, volevo, continuare a pronunciare i ma, i se….senza concludere nulla?
La risposta è stata:- ma non è “normale” a quarant’anni….
Già…c’è un tempo per ogni cosa e ogni cosa a suo tempo….a quarant’anni hai la villetta, il cane, il suv, la TV al plasma, un paio di figli, un marito che è “arrivato”…..ma non puoi decidere di tornare indietro e di colmare qualcosa…semplicemente per il tuo maledetto orgoglio o la tua insaziabile voglia di sapere….perchè non è …”normale”.
E se io non fossi….”normale”? …… urgeva un altro consiglio.
:- cosaaaa? vuoi riprendere a studiare?????:- nooo, non una risposta con queste premesse….. mi preparavo già per un’altra ramanzina sul cosa fosse tempo di fare, nel mio tempo attuale, quando….
:- ma lo sai che ci stavo pensando anch’io? Per la seconda laurea, voglio dire, non che mi serva per il lavoro, ma dato che la prima l’ho presa per trovarlo, la seconda vorrei provare a prenderla per il solo gusto personale di rimettermi sui libri….beh, possiamo iscriverci insieme….che dici?:-
Dico che a volte è il caso di fare un secondo tentativo, una seconda telefonata, magari, e non fermarsi mai, né davanti a qualcuno che non ti comprende, forse perché nemmeno ti conosce, né davanti a qualcosa che ti spaventa perché…c’è sempre una seconda possibilità, c’è sempre una situazione che può cambiare.
C’è sempre un tempo….per tutto.
Ci rileggiamo, se vi va, sabato prossimo sempre alla stessa ora: io il tempo per un thè con voi, lo trovo.