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sabato 1 ottobre 2011

Cinque pezzi meno facili - Sliding Doors- L'isola magica - Epilogo Snowflake



Ibiza è esibizione, festa e musica che non finisce mai.
Martino adorava questo volto dell’isola ed approfittando del lavoro di Marcelo ci si immerse con tutto se stesso, scomparendo dalla vita alla luce del sole per i giorni a venire.

Ma Eivissa è anche tranquillità, terra, gallerie d’arte, crepuscolo, natura incontaminata, cene in riva al mare al chiaro di luna e Roberto e Mariciel apprezzavano molto di più questo aspetto dell’isola.

I lunghi e bianchi sentieri che attraversano gli aranceti e gli uliveti e che si perdono all’orizzonte fecero spesso da cornice alle loro lunghe passeggiate.

Un pomeriggio mentre camminavano lungo un sentiero nei pressi di San Jose, vennero attratti da una costruzione in perfetto stile ibizenco immersa negli ulivi secolari ed arricchita da una cupola in stile arabo.
Incuriositi, si avvicinarono scoprendo una scritta che veniva parzialmente nascosta da una lussureggiante Buganvillea del color della passione, “ Ahmara “.
Impiegarono qualche minuto prima di intuire che si trattasse di un Hammam.
Senza pensarci Mariciel prese per mano Roberto conducendolo verso l’interno.
Rimasero impressionati dai marmi e dai mosaici in perfetto stile esotico che rivestivano l’ingresso di quella meraviglia.
Mariciel decise che doveva fare questa nuova esperienza e rivolgendosi alla signora che troneggiava all’ingresso con la sua mole solenne, chiese:
“ Buenas dias, queria saber si en este hammam yo y mi amigo podemos entrar juntos y quanto vale para los dos”.
“ Claro que si, podeis entrar los dos juntos y vale 25 euro a persona.”
Con tono deciso Mariciel disse:
“ Muy bien, aqui lo tienes,” e le porse il denaro.

Così ebbe inizio il loro viaggio attraverso la depurazione del corpo e della mente.

Vennero fatti accomodare nella “ Camekan”, stanza dove venivano accolti i clienti prima e dopo l’hammam, qui consumarono una tazza di tè avvolti in un’atmosfera rilassante mentre soavi note musicali accompagnavano i loro pensieri.
Un esile creatura dall’aspetto diafano entrò porgendo loro un “ pestemal “ ( pezza di tessuto da drappeggiare intorno alla vita ) che legarono ai fianchi coprendo così le loro parti intime.
La stessa creatura li accompagnò nella stanza principale dell’Hammam, “ L’ Hararet. “

Si ritrovarono soli nel cuore pulsante dell’hararet avvolti da una nuvola di vapore che lasciava intravedere le pareti ricoperte da minuscole piastrelline blu, un blu scuro come il color del mare quando diventa profondo.
Il bianco soffitto era cosparso da milioni di gocce d’acqua che a volte staccandosi andavano a colpire inaspettatamente i loro corpi facendoli fremere per brevi istanti.

Il silenzio cullava le loro anime, i loro sensi pervasi dall’esalazioni profumate si mischiavano al rumoreggiare dell’acqua che scorreva a cascata nella vasca traboccante d’acqua ghiacciata.
Adagiata su di una bianca panca di marmo, Mariciel si lasciò trasportare da visioni che ormai sentiva appartenerle, godendo di quell’atmosfera unica.
La sua mente vagava sulle bianche spiagge di Eivissa lambite dal mare azzurro e cristallino.
Accompagnata dai rumori della natura poteva scorgere le bianche case schierate lungo il porto, sovrastate dalle antiche mura, testimonianza di antiche civiltà , laddove la Dea Tanit e il Dio Bes, a volte ancora si aggiravano, beffeggiandosi degli ignari turisti che puntualmente cadevano nella fitta trama dei loro perfidi giochi.

Roberto seduto poco più in la nella rotonda vasca dell’idromassaggio ammirava il corpo immobile di Mariciel, era uno splendore avvolta da quella stoffa che a malapena copriva la parte più intima del suo corpo.
La desiderava intensamente, le sue membra fremevano di fronte al suo corpo seminudo.

Come se avesse intuito i suoi desideri Mariciel raggiunse Roberto nella vasca a idromassaggio.
Sorrideva.
Roberto adorava quel sorriso, come adorava quel suo lungo collo da principessa che iniziò a baciare con ardore.
La passione li travolse e senza rendersene conto fecero l’amore avvolti dal gorgoglio delle bollicine d’acqua tiepida che accarezzavano i loro corpi rapiti dal piacere.
Rimasero abbracciati l’uno dentro l’altra per lungo tempo, finchè Mariciel staccandosi dal corpo immobile di Roberto si allontanò per tuffarsi nella vasca d’acqua ghiacciata.
Quando uscì si abbandonò nuovamente sul bianco marmo della panca lasciandosi cullare dalla pace che percepiva nella sua anima ma senza poter allontanare suo malgrado quella forte sensazione di dolore nell’aver potuto possedere il corpo di Roberto ma non il suo spirito più profondo.

Questa percezione accompagnò Mariciel nei giorni a venire.
Ella si rendeva conto che quella sensazione che si era fatta largo nella sua anima, repentinamente come un lampo nel cielo, non aveva un fondamento reale, ma in cuor suo sapeva di non essersi sbagliata, sapeva e sentiva Roberto lontano da lei, sapeva che i suoi pensieri più profondi non le appartenevano.

Ormai era giunto l’ultimo giorno della loro vacanza a Ibiza, l’indomani mattina avrebbero dovuto prendere il volo che li avrebbe riportati a Girona, e così Mariciel decise di portare Roberto ad ammirare l’ultimo tramonto ibizenco al Mirador di Es Vedrà.

Es Vedrà isolotto roccioso alto 380 metri circa, che si dice emani un’energia misteriosa.
Numerose leggende ruotano intorno a quest’isola, c’è chi dice che si tratti dei resti di Atlantide, chi ha segnalato avvistamenti di UFO e chi pensa sia uno dei triangoli di energia inspiegabili nel mondo insieme al triangolo delle Bermuda. In effetti gli strumenti delle barche dei pescatori e le loro bussole impazziscono in prossimità dell’isola, e gli aerei non sorvolano questa zona perché i radar vanno in tilt.

Arrivare a Es Savinar si rivelò un’impresa, un po’ per le indicazioni quasi nulle e un pò per quel sentiero in salita nel mezzo della natura che non ti permette di poterci arrivare in macchina.
Arrivarono provati, ma lo spettacolo che si propose a i loro occhi una volta giunti in cima li ripagò della faticosa salita.
Un’esplosione di colori sembravano essere stati pennellati nel cielo, la luce ormai tinta di rosso si posava su Es Vedra rendendo reali le sue sembianze di drago che sta per emergere dall’acqua.
Si sedettero, ed abbracciati ammirarono silenziosamente quella meraviglia della natura.

Mariciel volle credere che quella fosse realmente l’isola sacra di Tanit, Dea dell’amore e del piacere e volle anche credere che quella che vedeva di fronte a se, fosse l’isola delle sirene descritta da Omero nell'Odissea.

“ Eivissa è un’isola che ti ruba il cuore. La sua magia, i suoi colori e la sua natura portano in se la pace dello spirito. ”
Ora ne era certa, sapeva esattamente in cuor suo cosa voleva.

Mariciel guardò Roberto con occhi pieni di emozione e con un filo di voce gli disse: “ Mi deseo … è rimanere a vivere in quest’isola, domani non tornerò a Quadaques.
Rimani qui con me? Mi piacerebbe averti al mio fianco. “

Roberto rimase in silenzio.

Quel silenzio confermò le sensazioni avute da Mariciel giorni addietro nell’Hammam.

Roberto e Martino l’indomani partirono.

Mariciel, accompagnata dalla pace che albergava nel suo spirito, rimase su quell' isola magica aspettando il giungere di Gennaio per poter ammirare i bianchi fiori dei mandorli contrastare il rosso di quell’antica terra intrisa di mistero.

Cinque pezzi meno facili – Sliding Doors – L’isola magica – Epilogo MakaylaReed

Martino stava uscendo dalla sua camera, diretto alla cucina, quando la voce di Roberto lo colpì alle spalle.
- Credi sia possibile innamorarsi in meno di due settimane? – Martino si limitò ad alzare un sopracciglio e Roberto ebbe la sua risposta.
Proprio a lui lo chiedeva, a Martino, che se non correva dietro a due o tre gonnelle diverse alla sera non riusciva a chiudere occhio. Roberto gli fece cenno di lasciar perdere con una mano e Martino continuò a strascicare i piedi in direzione della cucina.
Roberto sospirò passandosi le mani sul volto. Che cosa stava succedendo? Da quando in qua lui si scioglieva così davanti al sorriso di una ragazza? E soprattutto, perché si stava complicando la vita, proprio quando si era ripromesso di non pensare a nulla in vacanza?
Gran belle domande, ma di risposte nemmeno una. Lasciò cadere la testa all’indietro, colpendo lo stipite della porta e continuando a ripetere quel gesto, sperando che le idee si svegliassero e che il suo cervello iniziasse a sputar fuori soluzioni e idee geniali. E invece niente.
Si sentì estremamente stupido quando Martino comparve di nuovo davanti a lui e lo guardò con un enorme punto di domanda sulla testa mentre prendeva a testate lo stipite, quindi smise e se ne andò a sua volta in cucina. Si riempì un bicchiere d’acqua, il più grande che trovò in cucina, ne bevve un sorso e decise che non era quello che voleva. Così aprì il frigorifero e trovò le birre dove sapeva che Marcelo le teneva e ne prese una ripetendosi “Ha detto di fare come fossimo a casa nostra, non faccio nulla di male”.
Come richiamato da qualche strana energia, Martino si materializzò in cucina esclamando:
- Ecco dove le teneva, l’infame! Oh, ho guardato dappertutto, mica le ho viste! –
- Magari dovresti aprire meglio gli occhi, o levarti quel ciuffo assurdo dalla fronte. –
Martino gli piantò un pugno su una spalla e si prese la birra di Roberto, con la scusa che lui sapeva dove trovarne altre. Roberto ne prese un’altra dal frigorifero, poi si sedette assieme a Martino nella cucina, facendo calare un silenzio innaturale.
Il silenzio durò qualche minuto, nessuno parlava, bevevano e basta. Poi Martino si decise a prendere un lungo sorso dalla bottiglia e spostò lo sguardo sull’amico.
- Senti un po’ … Ma Silvia? –
- Cazzo c’entra lei adesso, si può sapere? – abbaiò Roberto, colpito alla sprovvista dalle parole dell’amico. Martino alzò le sopracciglia e poi incrociò le braccia sul petto, aspettando il momento in cui l’amico avrebbe ceduto e cominciato a sfogarsi, raccontandogli tutto.
Roberto bevve a sua volta, poi cedette sotto lo sguardo dell’improvvisato psicologo.
- Non s’è fatta sentire, io non mi son fatto sentire. Fine della storia. –
- Wow. –
- Già, wow. – Roberto bevve di nuovo, cercando di affogare il fiume di parole che premeva sulla sua gola, spingeva per uscire dal suo petto.
- Beh dai, è figa ‘sta Mariciel, no? –
- Si è una bella ragazza. –
- Oh si, un gran pezzo di … -
- Marti, ti dispiacerebbe evitare di sbavare sulla mia ragazza? –
- Ah è la tua ragazza? – Touché. Roberto spostò lo sguardo altrove.
- Ma che ne so io, io non ci capisco più niente di ‘sta storia. E prima Silvia che mi incasina la vita, e poi io che voglio solo divertirmi, e poi questa che mi capita tra capo e collo e mi manda all’aria tutti i miei viaggi mentali su notti di sesso sfrenato, alcool e quant’altro … -
- Non sei noioso come pensavo allora! –
- TI DISPIACE lasciarmi parlare PER CINQUE MALEDETTISSIMI MINUTI? –
- Santo cielo, che isterico oh. – Roberto sbuffò e appena si fu accertato che Martino l’avrebbe lasciato parlare, riprese la parola.
- E invece no, mi sono lasciato ammaliare da quegli occhioni, da quel corpo così perfetto, da quel … Ma che ne so da cosa, da tutto. E ora me ne sto qui a farmi paranoie da ragazzina su cosa succederà una volta che saremo ripartiti. –
- Che vuoi che succeda? Torniamo in Italia, ci spariamo un anno di stress e poi l’anno prossimo torniamo e vediamo di evitare casini come questi. – Roberto annuì alle parole di Martino.
Calò di nuovo il silenzio, i due ragazzi bevevano immersi nei loro pensieri.
Silenzio che fu rotto dal rumore delle scarpe di Mariciel che entrava in cucina.
Rivolse ai due ragazzi uno dei suoi splendidi sorrisi e Roberto stavolta non lo guardò come il sorriso di un angelo dalla pelle abbronzata. Si concentrò semplicemente sul movimento delle labbra che si aprivano scoprendo i denti. Sui muscoli del volto che si contraevano.
Era solo un sorriso. Il sorriso di una bellissima ragazza spagnola, ma dopotutto era un sorriso, come era un sorriso quello di Silvia. O di qualsiasi altra ragazza.
Mariciel iniziò a preoccuparsi quando non vide un sorriso dipinto sul volto di Roberto. Il suo sorriso crollò lasciando il posto a un sorrisetto quasi imbarazzato, mentre gli occhi chiedevano cosa stesse succedendo.

Roberto scosse la testa, fingendo che fosse tutto a posto, che fosse stato solo un momento in cui era pensieroso.
.- Beh Roby, domani partiamo e io non ho intenzione di andarmene senza avere almeno un ricordo decente della Spagna. E con decente intendo senza sbirri che irrompono sul più bello.-
Salutò entrambi e uscì alla ricerca della sorella di Marcelo, Laura. Roberto tornò a fissare Mariciel, poi si alzò e le andò incontro.
Quando la raggiunse cominciò a baciarla, ma non sulle labbra, direttamente sul collo.
Desiderava tremendamente il suo corpo. Voleva solo svuotare la mente.
Strinse il corpo di lei al suo e alzandola di peso, la portò nella sua stanza da letto.
*
Sdraiati uno accanto all’altra, i due ragazzi non si parlavano. Mariciel abbracciava quasi per abitudine il petto di Roberto e lui, sempre per abitudine, accarezzava distrattamente i suoi capelli. Mariciel si mise a sedere, fissando le sue stesse mani che giocavano con un angolo del lenzuolo.
- Mañana tienes que regresar a Milano. – Roberto annuì senza guardarla.
- Y yo iré a Barcelona. – Annuì di nuovo.
- Yo te quiero, Roby … - Sussurrò la ragazza. Roberto si voltò a guardarla.
- Come puedes quierer una persona en dos semanas? – Gli occhi di Mariciel si riempirono di lacrime, si alzò di scatto dal letto e corse verso la porta.
- Donde vas? – chiese Roberto sorpreso da quella reazione inaspettata.
Mariciel si girò, il volto rigato di lacrime e con una mano già sulla porta gli gridò:
- Se dice querer! QUERER no quierer! Y no, yo no lo sé “como puedo”! – La sua voce si interruppe nell’esatto momento in cui la porta sbatté alle sue spalle. Roberto le corse dietro, maledicendosi e maledicendo le sue stupide domande. La fermò appena prima che potesse chiudersi nella sua stanza.
- Mariciel, aspetta … - lei si divincolò dalle sue braccia e lo guardò con gli occhi pieni di rabbia.
- Y yo qué soy por ti? Una aventura? Una muñeca? Qué? – Roberto voleva dirle qualcosa di sincero, ma nemmeno lui sapeva che cosa provava in quel momento.
- Tu me gustas … Entiendes? Tu eres muy bonita, muy … Simpatica. Ma yo no sé se te quiero.-
Lei annuì mentre le lacrime ricominciavano a scorrere sulle sue guance.
.- Yo no me acosto con los que no quiero. – disse infine lapidaria, con un sussurro, prima di chiudersi nella sua stanza. Roberto non era nemmeno sicuro di quello che gli aveva detto. Ma di sicuro non era qualcosa di carino.
***
Il giorno seguente in aeroporto davanti alla macchina, Roberto e Mariciel si parlavano a stento, mentre Martino e Laura si stavano “salutando” da dieci minuti buoni ormai.
Mariciel si voltò verso Roberto, guardandolo con l’ultimo briciolo di speranza che non accennava a morire. Sarebbe andato tutto bene se lei non avesse parlato. Sarebbe andato tutto bene se non le fossero scappate quelle semplici parole. E adesso invece quello che scappava era lui, Roberto.
Martino si decise a staccarsi da Laura e salire in macchina. Roberto guardò finalmente Mariciel negli occhi per qualche secondo, poi si avvicinò e la abbracciò. Mariciel lo strinse a sua volta con le braccia tremanti, non osando e non volendo stringere più del dovuto. Ma poi cedette e le sue braccia strinsero forte il collo di Roberto.
- Llamame, ok? Escribeme, de vez en cuando. – lo liberò dall’abbraccio guardandolo negli occhi. Desiderava solo che Roberto la stringesse, la baciasse e cancellasse tutti quegli orribili sentimenti che la laceravano dalla sera prima. Ma quel bacio sfiorò solo la sua guancia.
Roberto poi salì in macchina e partì. Poco dopo, passò il suo cellulare a Martino.
.- Fai una cosa, cancellami dalla rubrica “Mari Cadaqués.” –
.- Ma …-
.- Fallo e basta Marti. Cancella quel numero e basta. –
Martino obbedì, stranamente senza ulteriori proteste o domande, e Roberto fece partire il cd degli Who a tutto volume mentre entravano in autostrada.

Cinque pezzi meno facili – Sliding Doors – L’isola magica – Epilogo Il Pavone Bianco


Il sole era bollente e la spiaggia di Cala Oliveira sembrava averne assorbito tutto il calore. I piedi, scalzi, al contatto con quei minuscoli granellini infuocati imploravano pietà e Roberto avrebbe voluto fermare un attimo la sua corsa saltellante su quello che sembrava un braciere ardente e dare sollievo alle sue estremità appoggiandovi sopra una delle lattine ghiacciate, che per contrappasso gli stavano gelando il petto e lo stomaco. Vinse la tentazione di fermarsi e con allunghi un po’ goffi precipitò sul suo asciugamano. Buttò le lattine sopra lo zaino e guardò verso il mare, alla ricerca di Mariciel. Mentre i suoi occhi vagavano sulla riva, fu scosso da un rumore ed il suo sguardo si volse repentino intorno a sé, per capire cosa fosse, e solo in quel momento percepì la presenza della ingombrante sagoma di Martino alla sua destra.

Martino era steso supino. L’immagine dell’amico ricordò a Roberto l’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci. Le braccia erano tese leggermente verso l’alto e le gambe aperte. Tutto sommato Martino aveva un bel fisico. Roberto si trovò a pensare che, se fosse stato una donna, probabilmente sarebbe stato attratto da lui. Il petto glabro e abbronzato si sollevava e si ritraeva al ritmo del suo respiro. Il ventre era piatto e si appiattiva anch’esso ritmicamente con il suo respiro. Il costume era di un giallo brillante con fiori viola. Era portato un po’ sceso sui fianchi ed all’altezza della vita, appena sopra la fascia elastica, affioravano un paio di boxer RAMS, che richiamavano il viola del costume. Le gambe erano muscolose e tornite, ingrediente che molte donne avrebbero sicuramente apprezzato. Fu solo scorrendo all’insù un po’ svogliatamente il corpo dell’amico, alla ricerca del rumore che accompagnava le onde, rompendone il suono armonioso, che Roberto si accorse che ciò che indisponeva l’immagine nel suo insieme era sul viso dell’amico. Martino aveva la bocca aperta ed era proprio lì che il rumore nasceva. “Dio! Si è messo addirittura a russare...”.

Cinque pezzi meno facili – Sliding Doors – L'isola magica - Epilogo


LA SORPRESA

Già... ci siamo ricascate. E dunque adesso vi proponiamo tre finali!

Scegliete voi quello che preferite e... se siete insoddisfatti di tutti e tre, vi lanciamo una sfida....

Scrivete il vostro finale e fatecelo pervenire: potremmo pubblicarlo!

Il Pavone Bianco – MakaylaReed - Snowflake

venerdì 30 settembre 2011

Cinque pezzi meno facili - Sliding Doors - L'isola magica - Capitolo 10

Presto sarebbe arrivata l’alba e Roberto non era ancora riuscito a prendere sonno, il pensiero di Martino solo e disperato in gattabuia lo tormentava.
“ Forse sono stato troppo duro con lui, in fondo ha avuto solo la sfiga di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato, a parte la scazzottata, che fra parentesi non ha nemmeno iniziato lui, non mi sembravano esserci elementi sufficienti per poterlo tenere dentro”.
Le 6.30
“ Basta, devo agire velocemente, devo tirar fuori di galera Martino e chiamare immediatamente il padre per cercare di non farlo partire”.
0039 02 26414966
“Suona libero, beh certo, a quest’ ora chi mai potrebbe esserci al telefono‼”
“ Pronto!”, rispose una voce alquanto scocciata.
“ Dottor Mancini buongiorno, sono Roberto, scusi se la disturbo a quest’ora, ma volevo parlarle prima che prendesse l’aereo per Girona.
Senta, posso assicurarle che Martino è dentro senza nessun motivo reale e quindi credo non dovrebbero esserci grossi problemi a farlo uscire.Se a lei va bene, ho un amico avvocato qui a Cadaques molto in gamba, ( mentì spudoratamente ) che si potrebbe occupare della sua scarcerazione, se mi da l’ok mi attivo immediatamente e le eviterei così la scocciatura di questo lungo viaggio.”
Ci fu una pausa di silenzio.
“ Dottor Mancini è ancora lì? Mi sente?”
“ Si Roberto ti sento. Va bene, mi fido di te, ma ricordati che se le cose non dovessero andare per il verso giusto, non esitare a chiamarmi, sono pronto in qualsiasi momento a raggiungervi per darvi una mano. Questa volta sono convinto anche io che Martino in realtà non centri nulla. Tienimi informato, mi raccomando, puoi chiamarmi a qualsiasi ora.”
“Non dubiti,la terrò informato, grazie per la fiducia.
Buona giornata”“Buona giornata a te e in bocca al lupo a tutti e due. Ciao”
Roberto era allibito da quanto fosse andata liscia quella telefonata. Ora gli restava solo il problema di contattare un avvocato il più presto possibile.
“ Merda, ma dove vado a recuperarlo un avvocato?
Idea! Provo a chiedere a Mariciel se per caso ne conosce uno”.
La sorte volle che il vicino di casa di Mariciel fosse un ottimo avvocato e si rese disponibile a fare un favore alla sua adorabile vicina che tante volte si era prestata benevolmente ad accudire il suo gatto quando lui si assentava giornate intere per lavoro.
Come pensava Roberto, non c’erano gli estremi per trattenere Martino in carcere una volta passatagli la sbornia, e fu così che venne scarcerato nel giro di poche ore.
Roberto era ad attenderlo fuori dal carcere.
Martino inizialmente fu un pochino freddo nei suoi confronti, forse era ancora arrabbiato per essere stato giudicato ingiustamente e per essere stato abbandonato al suo destino nel momento del bisogno, ma la sua indole bonaria lo portò ad abbandonare nel giro di pochi secondi quella sua espressione risentita, per lasciar posto ad un gran sorriso.
“ Come sono felice di vederti Roby, grazie per avermi tolto dai guai e per avermi salvato dalle sgrinfie di mio padre, ti sono debitore”.
“ In realtà dovrai ringraziare Mariciel che conosceva un avvocato con i contro coglioni, che è riuscito a farti uscire alla velocità della luce e per di più senza pagare un euro! Senti a proposito, passiamo dall’hostal a prendere le nostre cose e poi andiamo da Mariciel che ci sta spettando.
Martino fece un cenno affermativo con la testa e di buon grado lo seguì.
Roberto rideva sotto i baffi, Martino non sospettava quello che i due ragazzi avevano in serbo per lui.
***
In breve si trovarono all’Hostal dove recuperarono le loro poche cose e dove Roberto pagò il conto all’insaputa di Martino.
Una mezz’ora dopo erano già su un taxi, ( Roberto aveva preferito lasciare al sicuro la sua macchina, in un parcheggio appena fuori Cadaques, ) che li portò sotto casa di Mariciel che li stava aspettando in strada.
In quel suo abito bianco che faceva risaltare la sua pelle abbronzata era bellissima.
Mariciel salì sul taxi con un gran sorriso e dopo aver salutato i ragazzi, bisbigliò qualche cosa nell’orecchio del conducente.
“ Ciao Mariciel, no se come darte las gracias para lo que has hecho para mi”.
Mariciel guardò Roberto con sguardo complice e sorridendo dolcemente rispose a Martino:” No te preoccupes, ha sido un placer “.
Martino le sorrise per poi aggiungere:
“Ok Ok ragazzi , ma si può sapere cosa state architettando? dove stiamo andando?”
“ No te preoccupes, en poco mas de una ora lo sabras”.
In effetti il viaggio non durò più di un’ora e mezza e con stupore, Martino si rese conto di trovarsi all’aeroporto di Girona.
“ Chi siamo venuti a prendere?” In quel preciso momento un dubbio si insinuò nei pensieri di Martino.
“No ragazzi! Non ditemelo! Siamo venuti a prendere mio padre, che incazzato nero ha deciso di riportarmi in Italia con lui? Ecco perché mi avete fatto fare i bagagli!”
Mariciel e Roberto ridendo sotto i baffi non ebbero il coraggio di contraddire Martino e continuarono a fargli credere che in effetti era realmente così.
“ Chicos, estais aqui un momentito que yo voi a ver de donde salirà tu padre”.
L’espressione di Martino si fece seria e sul suo viso calò un’ombra di tristezza”.
“ Muy bien, gate 23. Vamos”
Martino a passo lento li seguiva a distanza, non aveva nessuna fretta di arrivare alla meta.
Ad un certo punto dovendo passare il controllo passaporti, Martino iniziò a non capirci più nulla. “ Ma che cazzo sta succedendo, dove mi state portando? “
“ Fidati Marty, andiamo!”
Arrivarono finalmente al gate 23 e con lo sguardo inebetito Martino lesse la destinazione del volo.
IBIZA IBR2033
***
L’aereo di Iberia con destinazione Ibiza partì alle ore 19.00 in perfetto orario.
Atterrarono dopo circa mezz’ora.
Avendo solo il bagaglio a mano le procedure di sbarco furono veloci.
Uscendo dall’aeroporto una fresca brezza accarezzò i loro visi, Roberto fu impressionato dal forte profumo di pini che si poteva percepire nell’aria, ora capiva perché i Romani battezzarono Ibiza e Formentera con il nome di “ isole Pitiuses” , “ Isole dei pini”, se ne poteva percepire il profumo intenso, misto a quello della salsedine, e delle erbe aromatiche come il rosmarino, la menta e l’elicriso.
Roberto posò il suo sguardo al cielo, un cielo che pareva essere diverso dagli altri, più grande, più aperto più luminoso e dove un rapace volteggiando silenzioso gli diede il benvenuto.
Al suo fianco Mariciel, che pareva aver avuto le sue stesse vibrazioni, strinse forte la mano di Roberto.
Il tempo sembrava essersi fermato di fronte allo spettacolo di quella natura e l’insieme di tutto presagì la magia di quell’isola.
Martino un poco più avanti non accorgendosi di nulla li incitò a muoversi.
“ Forza ragazzi, Marcelo ci stà aspettando!.
Marcelo era il figlio di una coppia di amici dei genitori di Roberto,la mamma era italiana mentre il padre spagnolo, lui studiò in Italia e frequentò la stessa università di Roberto, poi però Marcelo decise di cambiare vita e di trasferirsi ad Ibiza dove ora lavorava come dj all’Amnesia.
Presero un taxi in direzione Santa Eulalia che si trova nella parte nord-est dell’isola.
Marcelo viveva a Roca Llisa, un’urbanizzazione privata costruita sulla costa che faceva da sfondo allo spettacolare golf di Ibiza.
Percorrendo l’isola un panorama mozzafiato si propose ai loro occhi.
L’isola era verdissima nonostante fosse piena estate, si potevano ammirare gli antichi ulivi, i campi di mandorli, i carrubi, i profumatissimi ginepri e gli immensi cactus che incorniciavano le vecchie fincas ( tipiche case ibizenche) rendendole spettacolari come lo erano i loro muri millenari in pietra che sorgevano dalla terra rossa.
Le enormi Buganvillee dai colori sgargianti, gli oleandri profumati e le macchie di color blu cielo delle campanule dell’Ipomea, facevano da cornice a quest’isola avvolta da un’energia magica.
Mariciel si trovò a pensare che a febbraio, quando i mandorli sono in fiore, l’isola doveva essere un vero spettacolo di colori e di luce.
Si lasciarono Jesus alle spalle e dopo pochi chilometri alla loro destra seguirono l’indicazione “ Golf Club de Ibiza”.
Ai lati della strada i bianchi oleandri profumavano il loro cammino. Proseguirono finchè non giunsero ad una sbarra dove una guardia li fermò.
Era l’ingresso di Roca Llisa.
“ Hola buenas dias, donde vais?”
“Nos està esperando el signor Lopez que vive en el Gran Barracuda, Bloque d, planta baja 1 y 2”.
La sbarra si alzò ed il taxi proseguì la sua corsa seguendo le indicazioni dategli dai ragazzi.
Il cammino che si aprì davanti a loro era spettacolare, subito dopo una curvatura sulla destra la strada pareva tuffarsi nel mare che a quell’ora con il tramonto era pennellato di rosso, arancio e giallo.
Giunti a destinazione mentre Martino pagava il taxista, Roberto y Mariciel si apprestavano a suonare alla porta, in quel mentre videro un bigliettino lasciato per loro sulla porta.
“ Scusate ragazzi, mi sono dovuto assentare, Roberto sa dove tengo le chiavi, fate come se foste a casa vostra, prendete pure possesso delle camere ( la mia potrete riconoscerla dalla confusione degli indumenti sparsi ovunque). Cercherò di tornare il più presto possibile.
Marcelo “.
Roberto sapeva che Marcelo a Milano era solito tenere una chiave di scorta nella pianta che aveva sul pianerottolo, quindi provò a cercare nel vaso di ortensie che si trovava proprio di fianco a lui.
“ Trovata, dai ragazzi entriamo!”.
L’appartamento era spettacolare, non poterono fare a meno di avviarsi immediatamente sulla terrazza dove una tavola apparecchiata per quattro e decine di candele accese li stava aspettando.
Il panorama era mozzafiato, un’infinita distesa di mare ancora rossastro per l’effetto del tramonto e l’isola di Formentera sullo sfondo rasserenò le loro anime.
“ Chicos yo estoy un poco cansada, si no ve importa quiero ir un poquito en mi quarto para descansar un poco”.
“Claro que si, nosotros anche vamos”
Così si distribuirono le camere, Mariciel si innamorò di quella con le pareti giallo tenue e le tende con le lune ricamate a mano, un dipinto dai colori aranciati troneggiava sulla parete proprio sopra il letto, pareva rappresentare un sogno, una nave attraccata al porto con un albero e una bambina sulla banchina che pareva sognare mondi lontani.
Mariciel si sentiva a suo agio in quella stanza e poi il candido bagno di marmo bianco annesso alla camera era la fine del mondo.
Mariciel si sdraiò sul letto, mille sensazioni le si accavallarono nella mente, estrasse dalla sua borsa il taccuino dove soleva appuntare i suoi pensieri ed iniziò a scrivere delle vibrazioni che quell’isola le aveva fatto provare nei confronti di Roberto.
“Mi anima se llena de fuertes emoziones, mientre mi cuerpo junto a mis pensamientos volano a te, alle tue parole ed alla tua carne che odora d’uomo.
Ti immagino al mio fianco, posso sentire il tuo respiro sul mio collo e le tue mani sfiorare lembi di pelle del mio corpo liscio e morbido come una pesca matura.
Improvvisa in me una voglia dannata di liberarmi dagli abiti e di poter fare altrettanto con i tuoi, ho voglia di sentire il tuo corpo caldo bramare il mio, intensamente, spasmodicamente.
Voglio percepire quanto mi desideri.
Ho bisogno di sentire quanto aneli al mio essere, ho voglia di sentirmi dire quanto ti piaccio.
Ho voglia di te, di sentirti mio, ho voglia di renderti schiavo del mio piacere. Voglio che quello che sono disposta a darti sia unico e irripetibile.
Voglio farti pensare e credere di non aver mai provato nulla di simile in vita tua e che mai più proverai emozioni di un’intensità tale.
Voglio essere per te come l’aria che respiri,
Indispensabile per vivere.
Voglio possedere i tuoi pensieri, il tuo respiro, la tua anima, voglio che siano legate a me per sempre, indelebilmente, come un marchio impresso a fuoco sulla pelle.
Voglio dimostrarti attraverso il mio corpo quanto mi sei entrato nell’anima.
Voglio trasformare il mio desiderio di te in puro istinto animale misto ad una dolcezza infinita.
Te quiero.
Rileggendo ciò che aveva scritto, Mariciel non poteva credere che quelle parole fossero state scritte proprio da lei.
Iniziò così a pensare che quello che si diceva di Ibiza fosse vero...
...Ibiza isla magica y misteriosa, de fuerte energia magnètica que provoca fenomenos inexplicables.

giovedì 29 settembre 2011

Cinque pezzi meno facili – Sliding Doors – L’isola magica – Capitolo 9

Roberto sospirò sdraiato sul letto nella stanza d’albergo.
Aveva abbandonato il suo amico così, poche ore prima, come se nemmeno lo conoscesse, come se non gli importasse di lui. Probabilmente quell’urlo gli era venuto così strozzato per colpa dell’alcol, per colpa della percezione alterata della realtà. Martino non capiva cosa era successo, era solo spaventato tutto qui. Ed era ora che si arrangiasse, no? Poteva benissimo prendersi le sue responsabilità, quel cretino. Si voltò su un fianco e lo sguardo gli cadde sulla valigia sfatta di Martino, sommersa di vestiti provati e ributtati sopra. Quella valigia era come lui. Un disastro. Ma bastava sistemare un paio di cose, ripiegare i vestiti e tutto sarebbe tornato perfetto. Peccato che Martino di sistemare le cose se ne sbatteva altamente.
Viveva nel suo felice mondo chimico e nessuno poteva fare o dire qualcosa a riguardo. Viveva il momento, se ne fregava delle conseguenze.
E puntualmente toccava a lui pensare alle conseguenze. Ma stavolta no, stavolta l’avrebbe lasciato solo, l’avrebbe lasciato al suo destino e soprattutto nelle mani di suo padre. Si girò nuovamente nel letto, sdraiandosi di nuovo sulla schiena e fissando il soffitto.
Doveva essere la loro vacanza. Doveva essere una vacanza senza problemi, senza preoccupazioni, senza tutto quello schifo che si sorbivano tutto l’anno.
Eppure era iniziata male e sembrava finire ancora peggio.
Non erano mai stati insieme e per quel poco che l’avevano fatto avevano litigato.
Che idea geniale avevano avuto.
E l’indomani doveva uscire con Mariciel. Di nuovo loro due, di nuovo soli.
Per quanto l’idea gli piacesse, Roberto non riusciva a smettere di pensare al padre di Martino. Sapeva già cosa sarebbe successo.
Suo padre sarebbe arrivato a grandi falcate, con lo sguardo che lanciava maledizioni e la sua fida valigetta da grande avvocato. Si sarebbe fermato davanti al figlio, senza aprire bocca e non appena Martino avesse osato dire una sillaba, gli avrebbe rifilato uno di quegli scapaccioni che fanno male solo a guardarli. Assisteva a quella scena da anni, eppure ancora lo terrorizzava.
Si augurava di non provocare mai l’ira di quell’uomo, neppure per sbaglio.
Pensò di nuovo a Mariciel, poi pensò a Silvia.
Il pensiero gli attraversò la mente come un fulmine, lasciandolo scosso nel profondo. Silvia l’aveva proprio rimossa dalla sua mente. Iniziò a chiedersi come stesse, cosa stesse facendo, cosa pensasse, se pensasse ancora a lui.
Prese il cellulare e controllò se ci fossero chiamate perse o messaggi non letti.
Nulla. Niente da fare. Lo spense e lo riaccese, nella vana speranza che la linea facesse arrivare qualcosa. Ma niente. Lanciò il telefono sul letto di Martino, abbastanza lontano perché non gli venisse voglia di alzarsi e prenderlo e magari scrivere a Silvia o fare qualche cavolata del genere. Sospirò di nuovo e si decise ad alzarsi dal letto, per andare a farsi un’altra doccia. Nel tragitto pensò di fermarsi e prendere il telefono, lo prese in mano e pochi secondi dopo lo ributtò tra i vestiti dell’amico. Niente Silvia. Basta Silvia.

*

Nemmeno Mariciel riusciva a dormire. Pensava a quell’italiano praticamente sconosciuto, che però le faceva battere il cuore come una ragazzina innamorata. Era successo tutto così in fretta quel giorno.
Nemmeno il tempo di ricordare il suo nome e già lo stava baciando, senza rimorsi. Sorrise guardando la bellissima notte fuori dalla finestra.
Poche ore e si sarebbe fatto giorno, poche ore e sarebbero stati di nuovo assieme. Voleva mostrargli un sacco di cose, fargli vedere centinaia di posti, voleva passare con lui più tempo che poteva a fare tutte le cose che amava.
Sentirlo parlare quel suo pessimo spagnolo e guardarlo mentre faceva quei gesti strani che sottolineavano le sue parole.
Le venne poi in mente quell’amico strano di Roberto, Martino. L’avevano lasciato tutto solo, conciato malissimo e con la promessa che suo padre sarebbe arrivato il giorno seguente, cosa che non doveva piacere molto a Martino, visto la disperazione con cui aveva cercato di richiamare l’attenzione di Roberto. Ma dopotutto si sa che a nessuno piace finire nei guai e vedersi arrivare i genitori a dover risolvere la situazione, no? Eppure vedere Roberto reagire così l’aveva lasciata un po’ perplessa, non se l’aspettava ecco.
Sospirò fermandosi a riflettere. Forse tutta quella storia stava correndo un po’ troppo. Forse, come sempre le succedeva, si lasciava incantare da belle parole e risate e si dimenticava che una persona non è fatta solo di quello. Che una persona può fingere le risate, può inventarsi le belle parole. Un’angoscia improvvisa le prese il petto. Cosa stava facendo?
Sospirò di nuovo, più volte, cercando di dissipare il blocco che opprimeva il suo petto. Sorrise a sé stessa. Sarebbe andato tutto bene. Sarebbe stata un’avventura, comunque fosse finita. Mancavano poche ore all’alba, e quella giornata l’avrebbe passata con Roberto. Sdraiata nel letto provò a mantenere il sorriso, ma si accorse di non riuscirci.

mercoledì 28 settembre 2011

Cinque pezzi meno facili – Sliding Doors – L’isola magica – Capitolo 8


I piatti si alternavano davanti ai suoi occhi e Roberto percepiva all’interno della sua bocca un gusto diverso rispetto alle solite cose che di solito trangugiava a casa. Ma non ci badava. I suoi occhi erano solo per quella ragazza che gli stava di fronte, che aveva un modo di gesticolare, di guardarlo, di mangiare, di ridere che lo attraeva. Sì, era soprattutto il sorriso che lo incantava. Una fila di denti bianchi avvolti da due labbra carnose rosa alle quali non aveva resistito.

Mariciel continuava a parlare mentre Roberto la guardava. Una voce che era musica gli giungeva alle orecchie. Cercava di capire, intuiva il senso del discorso. Lei gli spiegava i piatti, le tradizioni spagnole, ma a lui interessava solo lei, faceva cenno di sì con la testa, mentre con gli occhi seguiva il profilo del suo viso, le accarezzava con lo sguardo le orecchie, soffermandosi appena sui lobi, desiderando morderli, scendeva lungo il collo fino al punto in cui esso si congiungeva alle spalle e si immaginava come dovesse essere baciarla proprio lì, in quell’incavo che sembrava perfetto per la sua bocca. Poi scendeva sui profili del seno, ne indovinava le curve e appena sotto si fermava il suo percorso reale, proseguendo solo con l’immaginazione, perchè il tavolo gli toglieva la vista sul resto del corpo della ragazza.

Più di una volta Mariciel si fermò per chiedergli “Entiendes?”, certa che la sua mente fosse altrove rispetto alle sue parole. Ma non sembrava volersene a male.

martedì 27 settembre 2011

Cinque pezzi meno facili – Sliding Doors – L’isola magica – Capitolo 7

L’appartamento di Mariciel si trovava in uno di quegli stretti vicoli che tanto caratterizzano Cadaques.
Mariciel si apprestò a salire i gradini di marmo che l’avrebbero condotta all’ingresso del suo nido che si trovava all’ultimo piano di un’adorabile casa bianca con le persiane tinte di azzurro.
Entrando si liberò immediatamente dai sandali e dai pantaloncini di jeans che aveva dovuto indossare tutto il giorno, aprì il frigorifero, estrasse una Estrella ed andò a sorseggiarla sulla sua incantevole terrazza affacciata alla baia.
Quello era il luogo dove adorava passare la maggior parte del suo tempo, leggendo, scrivendo e dipingendo.
Appoggiati al pavimento all’interno dell’appartamento giacevano innumerevoli dipinti.
Tante le marine con le barche dei pescatori rovesciate sulle spiagge o della baia che si illumina dei toni caldi del tramonto o degli innumerevoli locali del porto con i tavolini all’esterno.
Alcuni di essi erano talmente reali, che quasi si potevano udire i suoni che li accompagnavano, dal vociare degli avventori seduti ai tavoli dei ristoranti alle onde del mare infrangersi sulla spiaggia, il tutto accompagnato da un sottofondo di gabbiani che stridono felici.
Non v ‘era dubbio che possedesse un vero talento.
Mariciel ripensava all’incontro di quella mattina ed un sorriso le si stampò sul viso.
Era contenta di aver conosciuto Roberto ma ancora non riusciva a capacitarsi di averlo baciato.
Si rese conto che da quando Roberto l’aveva lasciata davanti a casa non poteva fare a meno di pensare a lui e di come sarebbe andata la serata, rendendosi presto conto che quel ragazzo l’aveva attratta profondamente, anzi forse sarebbe stato più opportuno dire, anche se non ne comprendeva la ragione, che l’aveva proprio “ stregata “.
Nel frattempo Roberto raggiunse Martino all’Hostal dove alloggiavano.
Lo trovò seduto nella piccola hall dai colori improbabili mentre bevendosi un cerveza si divertiva a scrutare da capo a piede chiunque passasse sotto il suo sguardo, cercando di indovinare le loro vite ed i loro stati d’animo.
“ Hei Roby finalmente di ritorno! Com’è andata con la tua pittrice? Dai, siediti qui vicino a me, e raccontami tutti i particolari!”.
Roberto sprofondò nella grande poltrona di vimini abbellita da un morbido cuscino del color del mare, con un’espressione di gioia mista ad imbarazzo iniziò a raccontare: “ Che dirti? In realtà nulla di che!”.
Roberto cercava di dissimulare l’interesse per la ragazza.
“ Ascolta Roby, ma con chi credi di parlare? L’ho vista questa mattina quella tua espressione sognante mentre stavi per baciarla! Ed ora mi vieni a dire “ nulla di che?”.
In quel momento approfittando del passaggio di una cameriera, Martino ordinò altre due birre : “ Seoñorita por favor, puedo pedir dos cañas mas? Puedes apuntarlas a las camera 112?. Gracias. “
“ En seguida Señor”.
“ Hai ragione. L’ho incontrata casualmente questa mattina quando uscito da qui mi ero incamminato verso il museo di Dalì. Improvvisamente il mio sguardo è stato attratto da quell’esile figura dal lungo collo sottile, che sembrava nato per essere baciato, e da allora credo di non aver mai più potuto distaccare i miei occhi da lei.
Ero come ipnotizzato dalla sua bellezza e le mie labbra non hanno potuto fermarsi dinnanzi alla ragione, tanto da aver tentato di baciarla, anzi per meglio dire, l’ho proprio baciata. Sono ancora sorpreso del fatto che non mi abbia respinto malamente.
Per farla breve, ho passato il pomeriggio guardandola mentre dipingeva, poi l’ho accompagnata a casa e lei mi ha dato appuntamento per questa sera a cena.”
“ Wow, grande Roby!. Sono sicuro che ti starai facendo dei problemi per me, ma…tranquillo…io mi mangio un boccone veloce, riposo fino a mezzanotte e poi me ne vado a Lloret al St. Trop. Sai…non sei l’unico che si è dato da fare oggi, anche io credo di poter dire di aver fatto colpo su di una fantastica bionda, certo magari un po’ più in là con l’età rispetto alla tua pittrice, però ti assicuro che ha un fisico mozzafiato e poi sai cosa si dice delle donne di una certa età…”
“ No, cosa si dice…dimmelo tu. “
“ Gallina vecchia fa buon brodo, e poi mi ha proprio dato l’impressione di aver una voglia pazza di fare un po’ di sesso con qualcuno che la strapazzi.”
“ Se lo dici tu! Allora d’accordo, finiamoci la birretta e poi se non ti dispiace vado a farmi una doccia e a prepararmi per uscire.”
“ Estoy con tigo, hombre!. “
Finita la birra se ne andarono ambedue in camera a farsi una fantastica doccia rigeneratrice.
Senza che se ne rendessero conto si fecero le 21.30.
Roberto era pronto per uscire, si potrebbe dire che il suo abbigliamento fosse di un genere “ casual ricercato”, jeans, camicia bianca portata rigorosamente fuori dai pantaloni ed un paio di mocassini di Gucci che facevano la differenza.
Ormai mancava poco, aveva appuntamento alle 22 al ristorante El Baluard situato nel pieno centro di Cadaques , a pochi metri dal porto, in via Riba Nemesio Llorens 2, che è la strada che costeggia la baia.
Non ci avrebbe impiegato molto ad arrivarci ma decise di uscire un attimo prima per poter fare due passi che gli sarebbero serviti per alleviare la tensione.
Salutò Martino che tutto intento ad ammirare la sua figura nello specchio del bagno impiegò parecchio tempo prima di rispondere.
Roberto camminava lentamente quasi avesse paura di giungere a destinazione, quasi tentasse di rimandare il più possibile quell’ incontro.
Da una parte non ne vedeva l’ora ma dall’altra era estremamente preoccupato dalla sua poca dimestichezza con la lingua spagnola che lo avrebbe sicuramente portato a fare qualche figura meschina.
Quasi giunto alla meta la vide, lei lo stava aspettando dinanzi alla porta del ristorante, la luce soffusa di un candelabro posto all’ingresso rendeva la sua pelle color del miele, era bellissima con i capelli raccolti, lasciavano scorgere quel suo lungo collo da cigno che la rendeva regale a tal punto da farla sembrare una principessa, ed il suo abbigliamento semplice ma non casuale accentuava le forme del suo morbido corpo.
Era bellissima, tanto che i battiti cardiaci del suo cuore aumentarono e nel suo stomaco in subbuglio gli pareva di avere un nugolo di farfalle svolazzanti che si muovevano impazzite.
“Hola Mariciel, que tall?” disse Roberto dandole un bacio sulla guancia.
Contraccambiato dalla splendida creatura un istante dopo scomparvero all’interno del ristorante.
Il locale era molto semplice avvolto in quelle volte bianche che lo caratterizzavano, nello stesso tempo la luce soffusa delle candele disseminate per il locale, le porcellane bianche, i calici di cristallo e le gentili Buganvillee mischiate al velo da sposa, poste con estrema cura in piccoli vasetti adagiati su ogni tavolo, lo impreziosivano rendendolo estremamente raffinato.
Divino il loro tavolo posto al fianco della finestra con vista alla baia durante un tramonto mozzafiato.
Non erano ancora riusciti a scambiarsi una parola quando il cameriere si avvicinò al tavolo. Mariciel senza un’attimo di esitazione e senza consultare la carta iniziò ad ordinare:
“Estoy segura que no te molestarà que yo pida tambien por ti.
Entoncez enpezarìa con unas quantas entradas, seguramente un poco de allioli y aceitunas para picar y tambien un poco de anchoas.
Para seguir dos platos de esqueixada ( insalata di merluzzo crudo ) todo acompañado por dos copas de Cava.
Despues proseguirìa con una sarsuela para dos ( mix di pesce e crostacei insaporito da una speciale salsa a base di cipolle, sherry, pomodori e paprika) acompañada con una botellia de Pardas Aspriu Xaerl ano 2009 de Penedes.
Para terminar una crema catalana con dos copas de Caligo Essència siempre de Penedes.
Es todo, gracias.”
“ A usted senorita”.
Roberto guardò sbigottito quell’eterea figura seduta di fronte a lui rimanendo estasiato da quel suo piglio deciso.
Nessuna donna era mai riuscita a intrigarlo in quel modo.


Cinque pezzi meno facili – Sliding Doors – L’isola magica – Capitolo 6



[Il capitolo 6 è il Capitolo 4  (originale di Bart, seconda parte)]

 Il caldo esterno della strada rimbombava nelle orecchie di Martino, mentre si incamminava verso l'ingresso del Museo: i raggi del sole rimbalzavano sui muri candidi, e gli ferivano le pupille con i loro bagliori. La strada era pressoché deserta, e lui pensò di ripararsi un po' nel fresco delle sale espositive, ma quando giunse sulla soglia si avvide che non indossava null'altro oltre ai bermuda, ad un paio di logore infradito in cuoio, ed ad un cappello marrone con le tese che aveva già vissuto numerose altre estati vagabonde.
Così agghindato non l'avrebbero certo fatto entrare...
Rinunciò a malincuore a ficcarsi nell'antro ombroso del Museo, che prometteva di essere davvero fresco, e si guardò intorno: i due piccioncini erano già scomparsi, nemmeno più le carabattole della pittrice erano in vista. E la torrida solitudine di quella giornata lo stava abbracciando un po' troppo stretto per i suoi gusti.

lunedì 26 settembre 2011

Cinque pezzi meno facili – Sliding Doors – L’isola magica – Capitolo 5

Mariciel sorrise guardando Roberto spingere via senza alcuna gentilezza il suo amico dallo sguardo perso. Non capiva cosa si stessero dicendo, ma a giudicare dal tono e dal sorriso di Roberto di sicuro stavano scherzando tra di loro.
Poi lui tornò a guardarla, le disse che era un suo amico e subito dopo nei suoi occhi tornò quella strana luce che avevano acquistato pochi secondi prima di baciarla. Mariciel arrossì leggermente, colta da un improvviso imbarazzo.
Insomma, nemmeno lo conosceva e già si stavano baciando.
Roberto notò quel leggero imbarazzo che dipingeva un’espressione tenera e buffa sul volto della ragazza e si affrettò a guardare in basso, portandosi una mano alla nuca senza alcuna ragione particolare. Mariciel incrociò le braccia, guardando qualcosa, qualsiasi cosa, alla sua sinistra.
Rimasero così qualche secondo, pensando all’accaduto, pensando a quello che sarebbe potuto succedere. Poi si guardarono e dissero qualcosa insieme.
E insieme si invitarono a parlare per primo. E via, altro minuto di profondo imbarazzo. Mariciel alzò lo sguardo e decise di aspettare che parlasse lui. O che facesse qualcosa. Robertò tornò a fissarla negli occhi, poi a fissare le sue labbra. Poi scese ancora, ma pochi secondi dopo si disse che era scortese, così, con grande sforzo, tornò a guardarla negli occhi.
Mariciel sembrava invitarlo a dire qualcosa e così lui aprì bocca, ma non trovando nulla di meglio da dire le chiese:
- Quanti anni… Ehm, años credo… Quanti años tieni?- sapeva che si usava tener e non avere, ma la sua conoscenza si fermava li. Mariciel gli sorrise, si voltò verso le sue cose e cominciando a raccoglierle gli rispose.
- Veinte, y tu?-
- Veinte cuatro! – Mariciel si tratteneva dal sorridere ogni volta che Roberto cercava di parlare spagnolo. Era divertente vedere come si sforzasse di farsi capire, usando un italiano misto a spagnolo, il tutto condito da gesti ampi che arrivavano dove non arrivava la sua fantasia linguistica. E forse non era esattamente gentile parlare spagnolo apposta per vedere la faccia di lui contrarsi in una smorfia di semi disperazione che però non faceva crollare il suo sorriso. Ma era così carino … Arrivava sempre più gente, il rumore e il continuo via vai cominciavano a disturbare Mariciel, che decise di spostarsi in un posto più tranquillo, lontano dal Museo.
Fece un cenno con la testa a Roberto, dopo aver raccolto tutte le sue cose e si incamminò. Roberto le corse subito vicino, prese delicatamente la tela e la portò per lei.
Non si parlarono nel tragitto, rimasero in silenzio, ascoltando il brusio farsi sempre più lontano, finché non trovarono un angolo tranquillo, riparato dal sole. Mariciel appoggiò la sua roba a terra e riprese la tela dalle mani di Roberto, ringraziandolo.
- Por qué estas aquì? Para estudiar, trabajar, de vacaciones…? – gli chiese rimettendosi a sedere e mescolando del colore. Roberto sgranò gli occhi alle sue spalle, lasciandosi prendere dal panico per qualche secondo.
- Ehm… Vacanze, entiende? –
- Vacaciones, si. – annuì lei sorridendo.
- Y por qué nunca estas con tu amigo? Siempre lo dejas solo, pobrecito … -
- Mi amigo … Beve mucho! Ieri, ayer! No es … No es ok!- Mariciel non si trattenne più e scoppiò a ridere. Stava giocando con quel povero ragazzo, lo stava facendo ammattire eppure lui non cedeva, rimaneva li con lei a usare un terribile spagnolo pur di parlarle. Si voltò di nuovo verso di lui e gli sorrise.
- Yo tengo que terminar esto. - disse indicando il quadro.
- Puedes estar aqui, o dar un paseo, como quieras. – Lo fissò sempre sorridendo, poteva percepire il frenetico lavoro del suo cervello per cercare una traduzione plausibile a quello che aveva appena sentito. Lui le sorrise e si sedette accanto a lei. Mariciel gli sorrise, prese del colore e tornò a concentrarsi sulla tela.
- Pero yo no hablo. Yo pinto sin hablar. – Roberto annuì e dentro la sua testa sentì un coro di voci che intonavano l’alleluja. Per un po’ si sarebbe risparmiato delle epiche figuracce.
Mariciel cominciò a dipingere e Roberto vedeva la sua assoluta concentrazione riflettersi sul suo corpo. La schiena era tesa verso la tela, come se la ragazza fosse attirata da essa. Il pennello veniva mosso con gesti veloci e poi lentissimi, sicuri e precisi. Gli occhi non vedevano altro che il disegno, le sopracciglia disegnavano un’espressione assorta e pensierosa, mentre le labbra sembravano muoversi senza che lei se ne accorgesse, si schiudevano, si stringevano, venivano morse dai denti perfetti. Ogni tanto si fermava, tornava con la schiena dritta e osservava il quadro con la testa piegata di lato, cosa che faceva sorridere Roberto ogni volta.
Roberto non sapeva nemmeno che cosa stesse dipingendo, lui fissava solo lei.
Continuava a correre con lo sguardo di suoi occhi ai suoi piedi e poi dai piedi fino agli occhi e in più di un’occasione si soffermò ad immaginare cosa indossasse di solito, che tipo di scarpe preferisse, che sport praticasse, quali fossero i suoi libri preferiti. Il tutto osservandone il corpo.
Era fatto così, era convinto che l’aspetto fisico potesse rivelare tutte quelle caratteristiche di una persona.
Aveva fatto gli stessi ragionamenti anche con Silvia, ma non aveva azzeccato nulla di lei.
“Si, ma perché ora sto pensando a Silvia?” si chiese arrabbiandosi con sé stesso e scacciando via quel pensiero, rimpiazzandolo con la fantastica visione di Mariciel che si legava i capelli in una coda alta, lasciando ancora più scoperto il bellissimo collo.
Il pomeriggio finì insieme al quadro di Mariciel. Lei lo guardò un’ultima volta con la testa inclinata e poi si voltò verso Roberto.
- Te gusta? – Roberto finalmente guardò il quadro.
- Si, mucho! – disse annuendo convinto e il viso di lei si illuminò mentre un sorriso orgoglioso si apriva. Roberto la aiutò a sistemare le sue cose, poi quasi senza rendersene conto si incamminò con lei verso la sua abitazione, chiacchierando, più o meno, di Dalì e di arte in generale.
Quando arrivarono, Mariciel guardò Roberto mordendosi un labbro. Non le piaceva prendere l’iniziativa, ma sapeva che doveva farlo.
- Conozco un restaurante muy, muy bonito. Te gustarìa comer conmigo esta noche? – Roberto sorrise e annuì. Stranamente, aveva capito tutto.
Lei sorrise di rimando e gli spiegò dove si trovava il posto e di dettero appuntamento per le 22.00. Roberto pensò a Martino, che sarebbe rimasto solo anche quella sera. Poi si ricordò del fumo, dell’alcol e del vomito nella camera.
Beh, si sarebbe arrangiato per quella sera.

Cinque pezzi meno facili - Sliding Doors - L’isola magica


Premessa 

Cinque pezzi meno facili è l’ultimo pezzo dei Giochi a quattro pubblicato. Lo trovate a questo Link

Abbiamo voluto replicare l’esperienza dello Sliding Doors, come già fatto per Alice, perchè ci piaceva immaginare un finale diverso. Le nostre fantasie non sempre coincidono, ciascuno vive le storie in modo diverso e a volte le conclusioni di un autore “spiazzano” la trama che l’autore precedente o successivo aveva in mente. Da qui nasce l’idea di ripartire da un certo punto della storia ed immaginare uno svolgimento diverso.

Questo Sliding Doors è stato scritto da Il Pavone Bianco, MakaylaReed e Snowflake, partendo dai primi quattro capitoli originali (il capitolo di Bart in realtà è stato diviso in due per esigenze “tecniche”). I capitoli “originali” sono scritti in blu per evidenziare il corpo iniziale della storia. In nero sono presentati i capitoli dello Sliding Doors.

Ripassiamo velocemente la storia per chi non la ricordasse e...
Il racconto nuovo inizia alle 11:00. Ci ritroviamo qui... siate puntuali!!!

E per Sabato, Signori e Signore, vi aspetta una sorpresa!

Il Pavone Bianco


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