Dedico questo racconto alle mie colleghe, a tutti coloro che lavorano con passione e dedizione insieme a bambini e ragazzi ed in particolar modo agli educatori che si occupano dei minori nelle comunità.
Era una limpida mattinata di Dicembre
dal suo appartamento Sara poteva godere di uno spettacolo unico,
il cielo appena rosato dal sole nascente faceva da sfondo ai monti innevati sfumati d’arancio.
Come ogni giorno si apprestava ad attraversare l’ancora dormiente Milano.
Quella mattina una luce insolita, quasi giallognola illuminava gli assonnati palazzi di via Savona,
trascorse un po’ di tempo prima che Sara si rendesse conto che erano le luminarie natalizie a creare quell’atmosfera ovattata e surreale.
- E’ quasi Natale, che tristezza!- pensò.
Sara guidò lentamente fino ad arrivare nelle campagne dell’interland.
Ad un certo punto lasciò la strada principale per imboccare un vialetto sterrato.
Lasciandosi alle spalle la città percorse qualche chilometro circondata esclusivamente da campi impreziositi da perle di brina, finche' non giunse ad una vecchia cascina.
Il vecchio portone ad arco che segnava l’ingresso nel cortile, era aperto, ormai erano anni che chiedevano fosse aggiustato ma nessuno ancora si era degnato di dare una risposta.
Sara parcheggiò non lontano dall’ingresso,
scese dalla sua auto e come a volerla salutare, un gallo mattiniero le diede il suo benvenuto , quello fu l’unico suono che spezzò il silenzio dal quale era circondata.
Si fermò un attimo come se percepisse qualche cosa di diverso dal solito, si guardò intorno ma non c’era nessuno e niente sembrava mutato rispetto ai giorni precedenti.
Ebbe la sensazione di essere osservata, con lo sguardo attraversò il cortile, alzò istintivamente gli occhi che si posarono sulla finestra del primo piano e si accorse che la tenda di una delle camere da letto dei ragazzi era leggermente aperta e un paio di grandi occhi scuri la stavano fissando attraverso il vetro.
Istintivamente accolse quello sguardo con un largo sorriso e fece un cenno di saluto con la mano.
Sara si diresse verso l’ingresso, salì la rampa di scale che la separava dal primo piano e raggiunse il suo collega, Federico, che le stava preparando un caffe’ molto forte, proprio come piaceva a lei.
Federico non era un educatore professionista, prestava volontariato durante la notte nella comunità dove lavorava Sara, mentre durante il giorno faceva il giornalista.
Fin da giovane aveva avuto una forte attrazione per il sociale, difatti aveva lavorato nella comunità “Exodus” di Don Mazzi per il recupero dei tossicodipendenti e più recentemente aveva voluto provare a far parte dei City Angels, girando per Milano di notte con la loro unità mobile per distribuire bevande calde, cibo, vestiti, coperte, sacchi a pelo per i senzatetto e per dare un po’ di conforto ed aiuto agli emarginati.
Da qualche anno era approdato nella comunità ” La Casa del Vento” dove Sara lavorava già da parecchio tempo.
- Ciao Fede, abbiamo un nuovo arrivato? - - Si, l’hanno portato i servizi sociali in piena notte dopo l’ennesimo maltrattamento. Si chiama Daniel, ha solamente tre anni, e’ spaventato a morte e….
Su dai bevi il caffe’, poi ti racconto.-
Sara si sedette al lungo tavolo posto centralmente nella grande sala che entro breve avrebbe accolto i ragazzi a fare la prima colazione, le pareti che la circondavano erano tappezzate dalle fotografie dei bambini che vivevano in quella cascina come a voler riprodurre il calore di un luogo fatto di relazioni, come per far sentire i bambini a casa, anche se la loro era lontana.
Sara soffermò il suo sguardo sui loro sorrisi sui loro giochi sui loro occhi ….ma era proprio negli occhi di quei bambini che trasparivano le loro storie drammatiche.
Pareva affranta, triste, sembrava quasi temesse di ascoltare il racconto di Federico sul nuovo bambino arrivato.
Nonostante i lunghi anni trascorsi in comunità, Sara non si era ancora abituata alle cattiverie che alcuni di questi bambini avevano dovuto subire e spesso dai loro stessi genitori.
Esseri indifesi, senza colpa alcuna che si ritrovavano a dover affrontare delle realtà crudeli, assurde al di sopra di ogni immaginazione e che li avrebbe segnati per tutta la vita.
Il viso di Sara si intristì ulteriormente pensando che presto sarebbe stato Natale.
- Che cosa racconterò a questi bambini sul Natale?
Che e’ la festa della venuta al mondo del Salvatore?
Che e’ una festa di gioia, di fratellanza, di bontà?
Che e’ una festa da passare con la famiglia?
Che arriverà Babbo Natale con la sua slitta a portare i doni ai bambini buoni?
Qualsiasi parola parrebbe stonare di fronte alle loro tragedie -.
Federico si sedette vicino a lei, percependo il suo umore nero l’abbracciò teneramente e le disse:
-Ti conosco troppo bene ormai, posso leggere i tuoi pensieri, non devi preoccuparti così, l’unica cosa importante e’ che tu sia qui con loro, non hai bisogno di parole non hai bisogno di dare spiegazioni, per loro e’ importante il tuo affetto, la tua presenza, il sapere di potersi fidare di te e la consapevolezza che non li abbandonerai-
Stranamente le parole di Federico non riuscirono a sollevarle il morale anzi forse contribuirono ad aggravare il suo senso di impotenza, di inadeguatezza davanti alla triste realtà, davanti alla consapevolezza che in qualsiasi caso chi di loro non sarebbe stato adottato o chi di loro non sarebbe rientrato nella propria famiglia sarebbe stato destinato, al raggiungimento dei cinque anni di età, ad andarsene, a cambiare comunità a lasciare quella che e’ stata la loro famiglia per diversi anni, a cambiare gli educatori che sono stati per loro come mamme e papà e avrebbero dovuto confrontarsi nuovamente con la solitudine e con l’incertezza del domani.
Un fardello troppo pesante per bambini così piccoli.
Sara si rivolse a Federico:
- Dai raccontami, sono pronta, cosa e’ successo a Daniel?-
- Daniel e’ figlio di due giovani tossicodipendenti, già da tempo erano stati segnalati ai servizi sociali per maltrattamenti, erano seguiti da una psicologa e per un certo periodo di tempo parevano essersi messi sulla buona strada.
Ma questa notte evidentemente hanno ceduto al richiamo dell’eroina lasciando il bambino da solo in casa per uscire a comprarsi una dose, al loro ritorno Daniel piangeva terrorizzato, non riuscendo a calmarlo e non potendo più sopportare le sue urla hanno pensato bene di tranquillizzarlo cominciando a spegnergli mozziconi di sigaretta su tutto il corpo e come se non bastasse prendendolo a calci e pugni.
Meno male che le grida del bambino hanno insospettito alcuni vicini che hanno chiamato la polizia che successivamente ha avvisato gli assistenti sociali e dopo una sosta in ospedale per accertare le sue condizioni l’hanno accompagnato qui da noi reputandola la cosa più giusta.
Ora lui e’ lassù nella sua cameretta davanti alla finestra che osserva fuori, e’ terrorizzato non vuole farsi avvicinare da nessuno, c’e’ Anna insieme a lui-.
I bambini cominciarono a scendere per far la colazione.
I primi ad arrivare furono Stefano e Lorenzo, i due fratellini con mamma e papà in carcere,poi scese Cristina, la ricciolina contesa dai genitori tra Medio Oriente e Italia seguita dalla biondina Carla, figlia maltrattata dai genitori tossicodipendenti ed infine Albert il morettino “ non accompagnato sul territorio” trovato a chiedere l’elemosina per strada.
Una cosa sola li accomunava, l’espressione dolente di quei loro sguardi da bambini che troppo han visto sparire in un baleno.
- Forza ragazzi, manca una sola settimana a Natale, finiamo la colazione e cominciamo a darci da fare!
Siamo un po’ indietro con i preparativi!
Dobbiamo ancora finire di addobbare l’albero!-.
- Fede stai tu con i bambini per favore vado un momento su a vedere come sta Daniel-
- Vai pure non preoccuparti.-
Daniel non aveva voluto mangiare niente, l’unica cosa che voleva fare era guardar fuori dalla finestra.
Lo assecondarono per lunghi giorni ma Sara cominciava ad essere preoccupata da questa sua totale chiusura, l’unica cosa che erano riusciti ad ottenere era che mangiasse un pochino, giusto il necessario per sopravvivere.
Era la mattina di Natale quando Sara salì nella cameretta di Daniel e trovandolo come sempre affacciato alla finestra, decise di mettersi al suo fianco scrutando l’orizzonte insieme a lui.
Stettero così per molte ore, in silenzio.
Ad un tratto a Sara venne in mente una vecchia canzone di Guccini “ il vecchio e il bambino” e iniziò a raccontarla come se fosse una favola.
“ Immagina questo coperto di grano
Immagina i frutti e immagina i fiori
E pensa alle voci e pensa ai colori
E in questa pianura, fin dove si perde,
crescevano gli alberi e tutto era verde,
cadeva la pioggia, segnavano i soli il ritmo dell’uomo e delle stagioni…..”
Daniel la guardò, lo sguardo era triste.
Ma gli occhi guardavano cose mai viste,
e poi disse a Sara con voce sognante
“ mi piacciono le fiabe, raccontane altre! “
Sara gli sorrise dolcemente,
gli occhi le si inumidirono e con il cuore colmo di lacrime continuò a raccontare…..
…….C’era una volta in un paese lontano…….. .
Molto bello, commovente.
RispondiEliminaE stranamente ognuno di noi in questo racconto riesce a ritrovarcisi, almeno in una piccola parte: chi da un lato e chi dall'altro, ma per me ci ritroviamo un po' tutti...
Buon Natale!
mi sono commossa a leggere il tuo racconto!!!bravissima!
RispondiEliminabello mi è piaciuto
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