Virginia Woolf
L'amore proibito - Incipit
Liliana si trova nel silenzio del suo appartamento, rotto solamente dal ticchettio degli innumerevoli orologi che sembrano volerle ricordare, secondo dopo secondo, l’inesorabile passare del tempo.
Un velo di malinconia traspare dai suoi occhi, percepisce con terrore i segnali del tempo trascorso sul suo corpo e quei profondi solchi sul suo viso segnano il passaggio dalla vita verso quell’ arrendevole dolce attesa della morte.
A tenerle compagnia sono i mille ricordi di una vita vissuta senza paura, affrontata con la grinta di una leonessa, sempre in prima fila, sempre sola, sempre disposta ad affrontare le sfide più impegnative, senza aver avuto, a memoria di donna, mai alcun rimpianto.
Però, pensandoci bene, in un momento della vita dove ormai non si dovrebbe più mentire a se stesse, forse Liliana si rende conto di aver bisogno di ammettere che probabilmente, un grande rimpianto che ancora oggi non riesce a perdonarsi, ce l’ha.
Ciò che resta del passato torna così a fluire nella memoria di Liliana, liberando dalle catene in cui sono rimasti intrappolati per lunghi anni, i ricordi legati a quell’anima pura, che ancora oggi poteva percepire intrecciata alla sua e che segnò per sempre la sua vita.
***
Nel 1942 Liliana era una ragazzina di sedici anni e viveva con la sua famiglia in una palazzina, appartenuta al nonno paterno, a Crescenzago, in Via Padova 223.
Liliana affrontava con muta rassegnazione quel dolore pungente, che percepiva nel profondo della sua anima, causato da una guerra che non le apparteneva, che non poteva e che non voleva capire.
Non era possibile per Liliana dare significato alla paura che doveva affrontare ogni qual volta il suono di quell’orrenda sirena, andava annunciando l’arrivo di quei dannati bombardieri, che minacciando l’azzurro cielo avrebbero oscurato con la loro ombra carica di morte la città, spazzato via case, scuole, interi quartieri e spezzato vite umane che avrebbero lasciato per sempre i loro sogni seppelliti nelle macerie.
Ancora è vivido nella sua memoria il ricordo di quel tardo pomeriggio di fine ottobre del ’42.
Centinaia di cuori indaffarati si aggiravano per la città, le strade brulicavano di vita, le anime di coloro che erano rimasti, erano bramose di normalità, i ragazzini erano tornati a giocar per strada con gli occhi luminosi di chi aveva dimenticato la paura, in fondo era ormai un anno che i temibili nemici alati avevano disertato i cieli milanesi.
Erano le 17.57 quando venne dato l’allarme.
La popolazione non prese sul serio quella sirena, pensando che come tante altre volte andava annunciando un attacco che non ci sarebbe stato.
I milanesi erano persuasi che la loro città non potesse essere attaccata dagli aerei nemici perché protetta dalle Alpi, così dicevano gli “ esperti “, e quindi senza paura continuarono ad occuparsi delle proprie faccende senza dare troppa importanza a quel segnale di pericolo.
Quel pomeriggio però la città ammutolì di colpo, Liliana poteva ancora ricordare lo sguardo attonito di coloro che si trovavano per strada quando si resero conto, dopo soli pochi minuti dall’allarme, che una temibile ombra nera aveva oscurato il cielo portando con sé il terrore della morte.
Liliana subito pensò di essere troppo lontana dal rifugio della sua abitazione, non ce l’avrebbe mai fatta a raggiungerlo, non sapeva dove andare, si sentiva perduta, impaurita e con lo sguardo perso nel vuoto rimase come paralizzata sul ciglio della strada.
All’improvviso si sentì afferrare per un braccio e venne trascinata via ritrovandosi a correre nel mezzo di quella fiumana di persone che disperate cercavano di rimanere aggrappate alla vita.
Senza sapere come, si ritrovò nel buio polveroso di un sotterraneo che puzzava di umido e di muffa, circondata da un’umanità che trasudava terrore e angoscia.
Liliana era raggomitolata su se stessa, con le mani strette sulle orecchie per non sentire il dolore dei bambini che piangevano disperati e con gli occhi serrati per non dover guardare la sofferenza che la circondava.
Lentamente aprì gli occhi, la prima cosa che percepì fu una tenue luce, che filtrando dalla bocca di lupo, tentava disperatamente di illuminare quei grandi occhi neri che la stavano fissando con curiosità.
Liliana non potrà mai dimenticare la profondità di quello sguardo.
Quella fu la prima volta che intrecciò i suoi occhi con quelli di Virginia.
Che bello rileggere qualcosa dal blog! Che emozione scorrere con gli occhi riga dopo riga, e sentir fluire la storia che pian piano si svolge attorno a me. Brava, Snow. Mi hai regalato una emozione, ed ancora una volta inizio a sentire il desiderio di leggere ancora, di leggere il nuovo capitolo!
RispondiEliminaLa prima cosa che ho pensato quando ho finito di leggerlo è stata:nooo,voglio andare avanti con la storia!!
RispondiEliminaLo stile di scrittura,a mio parere, "cattura" il lettore...giudizio più che positivo.
Laura
...sembra quasi di essere li insieme a Liliana..il respiro diventa affannoso...ti cattura all interno del racconto! complimenti
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