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mercoledì 22 giugno 2011

Roxen- Epilogo

– Pronto? Javier sei tu? Ma dove sei?..pronto?-
Doveva essere caduta la linea, forse, perchè alla mia voce rispondeva solo il suono continuo e marcato della cornetta a conversazione finita.
Dannazione! Questa proprio non ci voleva!..ma che cosa voleva dire con quel: non c'è più tempo?
E poi...Javier? Perchè diamine mi avrebbe dovuto telefonare proprio lui? Lui, che, secondo quel che sapevo, sarebbe dovuto essere con Stefano.
Ok, ricapitolando : tante idee e pure confuse!! Strepitoso!
L'unica cosa di cui ero certa è che dovevo andarmene da quell'ospedale...e in fretta, anche.
Soffermandoci un attimo sulla considerazione che avevo già fatto, ribadisco che amo il cinema e per questo dico che, se in questo momento ci fosse un regista ad organizzare il continuamento delle mie azioni , credo che sarebbe J.J.Abrams in “Mission Impossible:II”.
Raccattai velocemente le mie cose dopo essermi tolta i dannati tubicini che mi tenevano attaccata a quel sacchetto contenente chissà quale sostanza. Troppe cose, pensai.Devo decidermi a sitemare un po' in questa borsa.
E fu così che me ne uscii da quella stanzatta del cavolo. Con una borsa e un bel po' di fifa.
Naturalmente calcolai che non mi avrebbero mai fatto uscire dall'ospedale in queste condizioni, si capiva che ero una paziente; mi serviva un camuffamento.
Percorsi così velocemente i corridoi, cercando di dare il meno possibile nell'occhio. Certo che una verniciata a sto' posto no? I muri avevano colori così deprimenti e sbiaditi, che sembravano urlare . Per favore datemi una botta di vernicie!!
Ma, bando all'arredamento casa, il caso volle che in quel momento all'angolo del corridoio spuntò una donna in camice sui trentacinque, altina e con un registro di non so che in mano.
E va bene, sono questi i momenti in cui bisogna prendere delle decisioni, quindi ora o mai più!! Ora!
Non appena l'infermiera mi passò di fianco l'afferrai per un braccio e glielo piegai dietro la schiena in modo che mi dasse le spalle e lì, con la mano libera, le appoggiai sulla bocca e sul naso un asciugamano che avevo trovato in bagno e tenni premuto finchè non sentii il suo peso cadere tra le mie braccia.
OK, lo ammetto, era la prima volta che “ narcotizzavo” qualcuno ( per modo di dire) e ammetto che in quel momento stavo quasi per dare di stomaco oltre al fatto che ero nel panico più totale.
Io , Roxen Burlington, ero in mezzo ad un corridoio di un edificio pubblico, con il 98% di probabilità che quelcuno mi vedesse, ma soprattutto con il corpo di una donna che giaceva tra le mie braccia. E ammetto che l'unica cosa che riuscii a pensare fu : Merda!!!
Per mia fortuna, dopo circa 30 secondi di esame di coscienza riuscii a focalizzare meglio il posto in cui mi trovavo e addocchiai una stanzetta che faceva proprio al caso mio.
Mi avvicinai furtivamente verso la camera e piano piano aprii la porta. All'interno era vuoto e buio.
Non ci pensai due volte. Presi il corpo e lo appoggiai sul pavimento all'internodella stanza, dopodichè tolsi alla donna il camice che indossava e lo appoggiai sopra i miei vestiti abbottonandomi bene fino a che i vestiti che indossavo sotto si vedessero il meno possibile.
Poi richiusi velocemente la porta e sgattaiolai velocemente verso la prima uscita che vidi.
Spinsi il portone a spinta e mi gettai all'aria di città che mi attendeva fuori.
Si!! Missione compiuta!!
Corsi in fretta e furia verso la strada e quasi non fui investita da una taxi..si! Un taxi! Ecco cosa mi serviva!
-Oh! Signora! E faccia attenzione!-mi urlò il taxista.
-Scusi, scusi ma mi servirebbe un passaggio-dissi mentre mi dirigevo verso gli sportelli posteriori dell'auto.
Il viaggio non durò molto e la persona molto sgarbata che siedeva davanti a me si rivelò essere invece un ottimo appassionato di musica di.. come dire.. d'altri tempi.
Infatti il nostro tragitto fu accompagnato da Edvard Grieg con “Il Mattino”. Che, ammetto, era stupenda come musica.
Tempo conque minuti ed ero sotto il portico di casa mia.
Attesi qualche secondo a scendere, mentre l'ansia e la paura si impossessavano sempre di più di me.
Presi un bel respiro, pagai e scesi.
In qusto momento la colonna sonora della mia vita era accompagnata dagli Hurts con “Sunday”.
Aspettai mentre il buio della notte arrivava sempre più incombente.
Dopo un po' però un sospetto incomnciò a prendere parte della mia mente: Javier aveva detto “ a casa tua”, quindi tecnicamente dovevo salire in casa.
In fondo l'avevo sempre saputo, ma ignorato per la troppa paura.
Con coraggio mi fiondai verso il mio pianerottolo facendo gli scalini a due a due.
Una volta arrivata mi bloccai, la porta era aperta e da dentro arrivava solo una flebile luce.
Deglutii.
Spinsi la porta cercando di non fare rumore ed entrai.
Camminai lentamente verso il salotto, quando sentii un rumore.
Mi voltai di scatto.
Stefano.
Stefano era in piedi di fronte a me con una pistola in mano puntata verso il mio viso.
Poco più distante vidi il corpo di Javier a terra, inerte e ricoperto di sangue.
Piccoli fremiti incominciarono a percorrermi la schiena mentre una solitaria lacrima mi rigava il volto.
-Ciao, Roxen- sogghignò Stefano.
Non risposi.
-Umm.. come siamo sgarbati.. adesso non si salutano nenache più i datori di lavoro?-continuò.
Era buio nella stanza il suo corpo era illuminato dalla piccola lampada poco più distante da lui.
Guardai Javier e non potei fare a meno di chiedere :
-Perchè?-
-Perchè? Oh, bè..il perchè è piuttosto semplice. Lui ti amava. E questo era un ostacolo.Ma adesso potrò portare a termine il mio piano...-
Caricò la pistola.
-...senza inconvenienti-
-Ultime parole?-disse.
-Vorrei solo sapere perchè-
-Bè vedi, Roxen, in tutti i tuoi anni di lavoro hai saputo davvero tante cose. Troppe cose. Quindi sei da eliminare. Mi spiego? E comunque tu e quel Luka non sareste mai potuti stare insieme, sai.. lui aveva altri progetti per te.. progetti che non posso dire. D'altronde però c'era anche qualcuno che cercava di sbarazzarsi di lui. Vedi.. è come una grande catena, un po' a effetto domino. Tutti volevano qualcosa da te Roxy cara...ma adesso, tu morirai-disse- Non saprai mai il perchè di tutte queste azioni, quindi.. bye bye Roxen.-
E premette il grilletto.


Driiiiiiiiiiiiinnnnn.
La sevglia.Odio la sveglia. Di solito. Ma non oggi.
Oggi no perchè mi ha fatto risvegliare da uno di quegli incubi strafabtasiosi che non stanno né in cielo né in terra.
Stanotte ho sognato di morire, di finire in un ospedale, di avere un capo porco, di piacere ad un amico...
Troppe cose da digerire il giorno della partenza per le Hawaii. Infatti oggi partirò per le Hawaii per una nuova indagine.. non vedo l'ora!!
Se dovesse succedere qualcosa credo che impazzirei.
A farmi svegliare ancora di più è la canzone che hanno messo alla radio che ho appena accesso, è una di quelle che ascoltano i giovani d'oggi: si chiama “Hey baby” di Pitbull ft. T-Pain.
La cosa negativa è che il sogno mi frulla ancora in testa. Ma è ridicolo! Io non ho frequentato nessuno negli ultimi tempi!
Sono proprio fusa.
Tanto per essere sicura di avere tutto il necessario per partire però , incomincio a controllare nella mia borsa e.. questa che roba sarebbe??
Tiro fuori una bustina arancione mai vista prima. La apro. Dentro c'è un ciondolo a forma di.. mondo??
Che diamine sarebbe?
Ma non è finita. C'è anche un bigliettino. C'è scritto:”è molto più di quel che tu credi...” Poi c'è anche una citazione :
”Sai quel luogo?Quello tra il sonno e la veglia,
in cui ricordi ancora cosa stavi sognando.
Quello è il posto dove ti aspetterò e ti amerò
per sempre.
James Matthew Barrie, Peter Pan”


Il tutto è firmato da : Javier.
Succede tutto molto in fretta: prendo la rubrica e compongo il suo numero.
Aspetto. Aspetto. E poi una voce.
-Pronto, Roxen?-
-Javier? Ciao, senti volevo solo dirti che... dobbiamo parlare-

lunedì 13 giugno 2011

Roxen- Incipit

-Carta d'imbarco e passaporto, prego-
Smisi di scrivere con il cellulare e alzai lo sguardo.
La mia visuale si riempì dello sguardo della ragazza del check-in che continuava a gonfiare e sgonfiare il chewingum in bocca con un movimento annoiato e continuo.
Doveva avere circa sui ventidue anni,portava I capelli scuri sciolti in mezzo ai quali spiccava una ciocca ribelle colorata di verde .Sulla targhetta che portava attaccata ad una spilla sulla maglietta c'era scritto “Giulia S.”.
In quel momento..Giulia alzò le sopracciglia fissandomi impaziente.
Ma non era colpa mia se la mia mente non poteva fare a meno di osservare,dedurre ed indagare.
Ovviamente ero conscia del fatto che dietro di me c'erano almeno una sessantina di persone in attesa di fare il check-in per le Hawaii; più precisamente per Pearl Harbor.
Anche per me era un viaggio importante: una nuova indagine mi aspettava, anche se non sapevo ancora bene di cosa si trattava; ma in fondo quello era il mio mestiere,il mestiere di Roxen.
-Certo...-dissi risvegliandomi dai miei pensieri-...Subito-.
E fu così che iniziai ad ispezionare la mia borsa in cerca del passaporto e della carta d'imbarco.
Quindi mi ritrovai in una aeroporto gigante, pieno di negozi con insegne luccicanti (negozi che per altro, trovi solo in aeroporto),ma soprattutto un via vai di gente infinito.
Gente che andava, veniva, litigava, beveva, mangiava, parlava...in poche parole,un incubo.
Il fatto di dover perlustrare la mia borsa, poi, non mi andava proprio a genio; perchè la mia è una Luis Vuitton enorme.
Allora la mia mano incominciò a frugare nel tentativo di trovare I due piccoli oggetti, ma il risultato fu ben diverso.
Trovai un rossetto rosso abbastanza nuovo della Kiko, una ventina di scontrini di negozi e bar differenti tutti stropicciati, il mio cellulare Black Berry che avevo lasciato ricadere nella borsa poco prima, un mini kit di pronto soccorso (per le evenienze, non si sa mai), una scatolina di mentine per l'alito alla menta, una crema idratante per le mani all'aloe vera...
Ma cosa più importante l'agenda:essa è praticamente il mio mondo, senza di lei sarei persa del tutto.
Tengo dentro di tutto: post-it,foglietti, numeri di telefono, impegni, numeri di negozi, fatture, carta d'imbarco...carta d'imbarco??!!Sii, fuori uno!
Ma restava ancora da trovare il passaporto con quell'orribile foto all'interno.
In effetti la storia di quella foto è piuttosto strana...
“Era un martedì pomeriggio, e stavo vagando senza metro lungo Corso Buenos Aires a Milano.
Ma la mia meta non era certo quella, dovevo andare ben oltre per affrontare un colloquio di lavoro per ricevere il mio prossimo incarico.
Mentre mi guardavo intorno osservando le altre persone, il mio sguardo si posò su una di quelle macchinette per fare le foto; e solo lì mi ricordai che dovevo farla per il passaporto avendo perso quello vecchio.
Così, senza pensarci due volte, entrai nella cabina e mi sedetti sullo sgabello, era orribilmente sporco e l'odore che riempiva quel posto di certo non era migliore.
Tirai fuori dal portafogli un po' di monetine per pagare e incominciai a leggere le istruzioni scritte sotto lo schermino per capire bene come procedere.
Una volta riuscita l'impresa prima dello scatto mi diedi un'aggiustatina veloce ai capelli e al trucco, ma il destino volle che non appena stava per scattare la tenda si scostò e una persona mi finì addosso, quindi si può immaginare la mia faccia.
Ma il bello è che quella persona era un uomo che, ad essere sinceri, non era mica male.”
E da qui si capisce no? Siamo finiti a bere un caffé al bar e a furia di chiaccherare direi che forse tra di noi potrebbe esserci una remota speranza.
Ci fu però una cosa quel giorno a farmi paura: mentre l'uomo mi finiva addosso,quando voltai la testa verso di lui, notai grazie alla tendina spostata un uomo molto più in là che ci fissava.
Era di un pallore allarmante e portava scarpe e pantaloni neri, come il giaccone lungo e I suoi capelli; portava un paio di occhiali da sole scurissimi e ci fissava con le mani dritte sui fianchi con un'espressione seria. E fu lì che mi vennero I brividi, specialmente quando gli passò davanti un gruppetto di ragazzi di corsa e una volta spariti dalla mia visuale l'uomo non c'era più.
Ma tornando alla borsa..ecco appunto il fogliettino con su il suo numero, si chiama Luca.
Continuai inutilmente le ricerche del passaporto per un altro minuto pieno, quando capii la situazione. Avevo perso ancora il passaporto.
-Mi scusi-dissi rivolgendomi verso la ragazza del check-in-mi dispiace dirle che non trovo più il passaporto, però ho una carta di identità, va bene comunque?-
-Mi dispiace-concluse la ragazza- Ma senza passaporto lei non può andare da nessuna parte-
-Ma..per favore. Mi scusi tanto per l'inconveniente, ma io devo assolutamente prendere quell'aereo per le Hawaii-
-Niente da fare signora deve fare per forza il passaporto nuovo, comunque se vuole al secondo piano c'è la polizia. Quindi magari vorrà denunciare la perdita dell'oggetto-
Senza rispondere mi feci largo tra la folla e finii in uno spiazzo libero,presi il cellulare che avevo messo nella tasca apposita per non dovermi mettere a ricercarlo e andai sulla rubrica.
A distrarmi prima di chiamare il numero del mio capo fu la presenza di una persona distante circa 50 metri da me.
Era vestito tutto di nero come I suoi capelli e portava degli occhiali da sole molto scuri, che incorniciavano un viso pallidissimo.
Mi bloccai all'istante.
La figura era ferma e mi fissava. Ebbi paura. Non sapevo che fare.
E prima che potessi decidere un ghigno si disegnò sulla bocca di “quell'uomo.
A distrarmi fu la voce della ragazza del check-in che mi chiamava. E appena mi voltai verso la figura nera I brividi ricominciarono.
Davanti a me, circa a 50 metri di distanza, non c'era nessuno.

martedì 31 maggio 2011

L'appuntamento. Cap.7

Già, la verità. Una parola, troppe emozioni. Una parola, troppi segreti.
Perchè in fondo la verità è un po' come il cibo:può essere cruda, come può essere amara o dolce.
Nonostante ciò, la verità è sempre qualcosa che ferisce perchè dietro ogni verità c'è un briciolo di segretezza e bugia.
Quante volte si chiede agli amici di dire la verità? E quante volte, inconsapevolmente, ci sentiamo raccontare bugie anzichè verità? Quanti misteri ci sono, celati dietro un briciolo di verità?
La verità può cambiare anche a dispetto delle persone prese in questione, e spesso, coloro che non si dicono la verità sono quelle legate da un legame più forte e solido degli altri.
Di solito la verità è quella più difficile da dire in un rapporto di coppia, come in un rapporto tra migliori amici.
Ed è proprio questo che a volte scioglie questi legami: la verità.
Molte persone sostengono che sia meglio una grande e cruda verità che una piccola bugia.
Ma spesso, anche e soprattutto quelle persone che lo credevano, sono le prime a pentirsi di aver detto la verità e rovinato un legame.
Proprio come quelle che vogliono sapere la verità ad ogni costo, anche a costo di una delusione e poi alla fine si rendono conto di essre stati proprio loro a deludere se stessi.
E questo è proprio il caso di Ascanio ed Ennio.
Una volta legati da una forte amicizia che era stata sciolta proprio a causa di un'altra e di una cruda verità.
Tutto era iniziato vent'anni prima o giù di lì.
Tutto era iniziato con l'arrivo di Sabrina.
Prima del suo arrivo Ascanio ed Ennio erano amici inseparabili, com'era comune alla loro età.
Dividere loro era come dividere una mela in due parti, senza la rispettiva metà, l'altro era incompleto.
E a loro sembrava bastare.Certo avevano il loro bel gruppetto di amici con il quale uscivano, ridevano e passavano i loro migliori anni.
Ma tutto cambiò con l'arrivo di Sabrina.
Lei era la ragazza nuova, ma bastò un anno neanche che era già considerata una di lì, inoltre durante quell'anno era riuscita d attirare l'attenzione anche di una persona.
Si chiamava Manlio ed era subito stato innamorato di Sabrina, dal primo momento che l'aveva vista.
All'inizio si credeva una cotta come un'altra, ma poi lui incominciò a prenderla più seriamente, specialmente quando Sabrina incominciò a manifestare il suo interesse verso Ascanio.
Manlio non aveva mai capito cosa lei trovasse in lui, erano praticamente l'uno l'opposto dell'altra.
Ma è anche vero che gli opposti si attraggono. E così fu.
Tra di loro scattò la scintilla, scintilla che portò però, oltre che un legame d'amore, anche alla distruzione di un legame di amicizia.
Infatti Ascanio dopo aver conosciuto e incominciato a frequentare Sabrina non era più lo stesso.
Era cambiato. Per lei. Per amore.
Ormai loro due passavano la m,aggior parte delle ore del giorno insieme e Ascanio di conseguenza non si vedeva praticamente più con Ennio.
Inoltre quest'ultimo non sapeva niente del rapporto dei due, benchè fosse un tipo molto sveglio; non ne sapeva niente, o meglio, in tutta franchezza, quel che sapeva teneva segreto.
Ma, per quanto una persona possa essere dura di carattere, non può imporsi di non soffrire.
E infatti Ennio confessò, confessò ad Ascanio tutti i suoi dubbi e le sue preoccupazioni alle queli Ascanio rispose con una semplice domanda:-Preferisci una piccola bugia o una cruda verità?-
E quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Una domanda. Nessuna risposta. Ma mille parole.

mercoledì 30 marzo 2011

Le bianche nuvole di Kabul - Cap.4

Non sapevo più cosa pensare, quella donna..la bambina..Pietro..tutto si offuscava nella mia mente. Ma mai avrei potuto dimenticarlo, con quei capelli rossicci e ribelli che gli cadevano sul volto, quegli occhi scuri carichi di dolore per le sofferenze che dovevamo guardare ogni giorno, che come gli dicevo sempre, stonavano con il colore vivace e acceso dei suoi capelli. Ma quello era il passato, il presente era solo una verità che non voleva andarsene, una verità troppo ovvia per non poterci credere...avevo davvero trovato un collegamento con lui?Una qualsiasi speranza che mi portasse a sapere come stava, se era felice, ma soprattutto se non mi aveva dimenticata. Ma se quella donna era davvero sua moglie perchè non mi aveva domandato come facessi a conoscerlo?Perchè non aveva insistito sul perchè la seguissi quando ha visto la foto? No.Troppe domande.Devo calmarmi e ragionare. E quale posto è meglio per prendersi una pausa se non un bar?Mgari uno di quelli dive fanno un caffé buonissimo che ti rallegra un'intera giornata? Per mia fortuna vivevo a Roma da una vita e di cafè così ne conoscevo a migliaia, ma uno era il mio preferito:il Royal Café,e già il nome dice tutto. Percorsi velocemente il marciapiede opposto a quello del cafè, poi(da vera romana) senza aspettare il verde attraversai la strada correndo, anche se ammetto che sono sempre stata una che rispetta le regole. Ma avevo bisogno di risposte.E ne avevo bisogno adesso. Spinsi velocemente la porta girevole e mi ritrovai in un locale piuttosto affollato,ma molto chick. Gli interni erano d'orati con rifiniture in marmo bianco e c'erano dei quadri di pittori impressionisti come Renoir, Monet, Degas, ma il migliore per me era il più grande in fondo al locale. Era una riproduzione del Viandante sul Mare di Nebbia, di Caspar David Friedrich. Dopodichè mi spostai verso il bancone e incominciai a seguire il notiziario trasmesso sulla piccola tv ai bordi della cassa. -Buongiorno signora-la voce che mi sorprese apparteneva d un cameriere. Era alto circa 1,80 m, sui ventisette, capelli castano chiari con qualche spruzzatina di dorato, colore che riprendeva perfettamente l'ocra chiaro degli occhi. -Buongiorno- -Sta aspettando qualcuno o desidera ordinare?- -Sono da sola, grazie.E credo proprio che prenderò..un caffè macchiato!- -Benissimo, arriva subito- E mentre aspettavo il mio buonsissimo caffé macchiato mi concentrai sul giornale poggiato sul tavolino di fronte a me.Era di oggi. Gli articoli non mi interessavano molto, specialmente quelli di cronaca nera, invece ce n'era uno che attirò la mia attenzione; soprattutto quando mi accorsi che la stessa notizia la stavano dando sul notiziario. <<...impressionante struttura quella che risiede ancora oggi in Perù e che grazie al contributo di più di 50.000.000 di persone si espanderà e sarà in grado di aiutare ancora più feriti. Ad inaugurare la struttura prossima all'espansione sarà uno dei maggiori esponenti di questa organizzazione...>> E in quel momento apparì sullo schermo, non era cambiato, forse gli anni erano stati più clementi con lui perchè lo rividi lì come lo vedevo una volta. Pietro.

lunedì 7 marzo 2011

Corrispondenze-Cap.5

Rimase lì così,fermo,con gli occhi spalancati a fissare quel foglio senza riuscire a dire niente.
"Com'è possibile?"
Era lei,non poteva essere nessun altro.
L'aveva disegnata perfettamente uguale a come Alexander l'aveva immaginata e descritta sul suo quadernetto,con quei tratti dolci e delicati,ed uno sguardo pieno di dolore ma allo stesso tempo infantile,normale per una bambina.
Avrebbe voluto poter dire qualcosa,qualsiasi cosa;ma in quel momento nessuna frase che pensasse gli sembrava adatta.
-Allora,ti piace?-chiese speranzosa la ragazza.
-Io...io..non-
-Si bè,ammetto che non è uno dei lavori migliori che abbia mai fatto,ma quando ho iniziato a disegnare mi è arrivata una tale enrgia che le mie dita hanno continuato come se non fossi io a comandarle e...ed è venuto fuori questo.Ecco tutto.-
-Emma..-
-Come hai detto scusa?-
Alexander sembrò cadere dalle nuvole e tornare alla realtà,era buoi fuori,lui era lì a guardare un miracolo e l'unica cosa che gli venne in mente da dire fu:
-Niente niente,scusa ma adesso mi è venuto sonno,buona notte-
Si raggomitolò nella coperta e si distese sul letto,mentre Elen si alzò di scatto per frgli posto.
E mentre guardav quel ragazzo scioccata e delusa,strinse a se il suo disegno,lo poggiò vicino al letto e si distese anche lei coprendosi il viso con la coperta trattenendo le lacrime.
Intanto Alexander non dormiva.Pensava.Si domandava come avesse potuto succeder una cosa simile.
Inoltre,sarà stato perchè era ancora scioccato o altro ma era di nuovo bloccato sulla storia.
Provò a chiudere gli occhi e a concentrarsi.Niente.
"Uffi!"
Provò e riprovò più volte a farsi venire un'idea,un'ispirazione,ma non succedeva niente.
Intanto,mentre ripensava a quel disegno e a quella ragazza che l'aveva tanto sorpreso,gli occhi gli si chiusero piano impercettibilmente e l'oscurità della notte lo cullò in un sonno profondo.

Il risveglio invece,fu molto meno tranquillo: i raggi del sole lo accecarono di primo mattino e con molta sorpresa trovò una delle due ragazze già sveglia.
-Buongiorno-disse Deborah,guardandolo con quello sguardo glaciale.
-Buongiorno-rispose lui,poi si guardò intorno-Dov'è Elen?-
-è andata a fare colazione alla cabina-ristorante,ma mi è sembrata molto giù di morale-
Alexander ringraziò velocemente e si diresse verso la cabina-ristorante.
Lei era lì.Con i capelli ancora arruffati e lo sguardo che vagava fuori dal finestrino perdendosi nella bellezza del paesaggio.Le si avvicinò.
-Ciao Elen-
Lei voltò velocemente la testa-Ah,sei tu-
-Senti mi dispiace per stanotte-
Diversamente dal solito,quel giorno Alexander era particolarmente loquace,e lo era perchè aveva avuto un'idea speciale...
La ragazza fece spallucce e lui senza pensarci due volte le prese la mano e disse:
-Vieni,torniamo in cabina,ti voglio"presentare"una persona-
-E chi è?-
Lui si voltò a guardarla e le sorise.
-Emma-

lunedì 21 febbraio 2011

Brillantina - Cap 6

Ed ora vi presento una nuova penna: DINA. Dina è giovanissima, ma nonostante questo il suo scritto ha già un piglio molto personale. Ve lo lascio godere qui di seguito: da parte mia un grande 'Benvenuta' nel nostro gruppo!
Bart
 
Capitolo 6

“Dannazione, stavolta l'ho fatta davvero grossa...” pensò Nicolò in un primo momento durante l'ora di storia, una delle più pesanti(soprattutto se si parla di rivoluzione Russa)”Ma non sono riuscito a contenermi, ok? Quel.. quel tipo mi ha fatto davvero infuriare!! Chissà poi perchè ce l'ha tanto con me, voglio dire...non è la prima volta che un professore mi fa saltare i nervi; ma lui mi tratta sempre come se fossi una nullità!! Inoltre lo sanno tutti che sono bravo a giocare a calcio, che razza di presuntuoso!”.
La mente di Nicolò ormai era persa  nei pensieri come se stesse parlando ad un'altra persona, ignaro della spiegazione di storia e tantomeno di cosa stesse succedendo tra sua madre e il prof. De Crescenzo in quegli istanti.
“Per non parlare di mia madre poi! L'unica volta che prendo una nota della quale sono, quasi, dispiaciuto; lei cosa fa? Torna dal colloquio con il professore con un'espressione inebetita sul volto senza degnarsi di dare la benchè minima spiegazione!!” pensò con un misto di frustrazione e indignazione ”Vorrei tanto sapere cosa le ha detto quel cafone di un professore!! Che si permette pure di dirmi che non mi convoca perchè sono veneziano, mentre è evidente che sotto sotto c'è qualcosa! E poi mi sono stufato di fare il bambino ubbidiente ogni volta che qualcuno mi provoca, di continuare a testa bassa come faccio solo con mia madre!!”.
I suoi pensieri furono poco dopo interrotti da una frase della professoressa, una sola, fatidica, frase che spaventa chiunque quando la sente; così terribile che persino la sola pronuncia suona agghiacciante:-Interrogazione a sorpresa!!-
Quelli sono i momenti in cui tutto il trafficare degli alunni si ferma in un unico, collettivo, senso di angoscia.
Tutte le persone che stavano giocando con gli areoplanini, che si sbianchettavano le unghie, che contavano gli uccellini fuori dalla finestra...tutto si fermò.
I movimenti diventarono un solo sfogliare verso le pagine del capitolo precedente per leggerle o rileggerle, oppure nel fingere di allacciarsi le scarpe o frugare nella cartella alla ricerca della biro immaginaria nella speranza di non sentirsi chiamato alla lavagna.
-Vediamo un po' chi posso interrogare...- quell'attesa così agghiacciante, peggio di quando devi aspettare ad “Amici” quale delle due squadre è in vantaggio.
Perchè ci sono vari modi per scegliere chi interrogare: aprire a caso le pagine di un libro e il numero che viene fuori è interrogato, oppure portarsi un dado a 30 facce, o sfogliarsi svariate volte il registro di classe, o guardare tutte quelle facce impaurite e scegliere quale condannare.
-Nicolò!-
“Ma questa è crudeltà, allora!!”
Si alzò piano, quel ragazzo quindicenne ,alla ricerca del suono della campanella, che spesso, è l'unica realtà a cui aggrapparsi.
A grandi passi però, raggiunse la cattedra in attesa della domanda decisiva.
-Il professore De Crescenzo ti voleva vedere- concluse la professoressa.
-Che...che cosa, scusi?-
-Ho detto che il professore di educazione fisica ti stava cercando prima, quindi vai pure in palestra a parlargli, sei esonerato dall'interrogazione...per questa volta-
Ancora sotto shock per la notizia, Nicolò aprì la porta e si diresse come una mummia verso la palestra.
Vi trovò però un bidello.
-Scusi, sa dove posso trovare il professore De Crescenzo?-
-Mi dispiace, è uscito-

(segue)