-Carta d'imbarco e passaporto, prego-
Smisi di scrivere con il cellulare e alzai lo sguardo.
La mia visuale si riempì dello sguardo della ragazza del check-in che continuava a gonfiare e sgonfiare il chewingum in bocca con un movimento annoiato e continuo.
Doveva avere circa sui ventidue anni,portava I capelli scuri sciolti in mezzo ai quali spiccava una ciocca ribelle colorata di verde .Sulla targhetta che portava attaccata ad una spilla sulla maglietta c'era scritto “Giulia S.”.
In quel momento..Giulia alzò le sopracciglia fissandomi impaziente.
Ma non era colpa mia se la mia mente non poteva fare a meno di osservare,dedurre ed indagare.
Ovviamente ero conscia del fatto che dietro di me c'erano almeno una sessantina di persone in attesa di fare il check-in per le Hawaii; più precisamente per Pearl Harbor.
Anche per me era un viaggio importante: una nuova indagine mi aspettava, anche se non sapevo ancora bene di cosa si trattava; ma in fondo quello era il mio mestiere,il mestiere di Roxen.
-Certo...-dissi risvegliandomi dai miei pensieri-...Subito-.
E fu così che iniziai ad ispezionare la mia borsa in cerca del passaporto e della carta d'imbarco.
Quindi mi ritrovai in una aeroporto gigante, pieno di negozi con insegne luccicanti (negozi che per altro, trovi solo in aeroporto),ma soprattutto un via vai di gente infinito.
Gente che andava, veniva, litigava, beveva, mangiava, parlava...in poche parole,un incubo.
Il fatto di dover perlustrare la mia borsa, poi, non mi andava proprio a genio; perchè la mia è una Luis Vuitton enorme.
Allora la mia mano incominciò a frugare nel tentativo di trovare I due piccoli oggetti, ma il risultato fu ben diverso.
Trovai un rossetto rosso abbastanza nuovo della Kiko, una ventina di scontrini di negozi e bar differenti tutti stropicciati, il mio cellulare Black Berry che avevo lasciato ricadere nella borsa poco prima, un mini kit di pronto soccorso (per le evenienze, non si sa mai), una scatolina di mentine per l'alito alla menta, una crema idratante per le mani all'aloe vera...
Ma cosa più importante l'agenda:essa è praticamente il mio mondo, senza di lei sarei persa del tutto.
Tengo dentro di tutto: post-it,foglietti, numeri di telefono, impegni, numeri di negozi, fatture, carta d'imbarco...carta d'imbarco??!!Sii, fuori uno!
Ma restava ancora da trovare il passaporto con quell'orribile foto all'interno.
In effetti la storia di quella foto è piuttosto strana...
“Era un martedì pomeriggio, e stavo vagando senza metro lungo Corso Buenos Aires a Milano.
Ma la mia meta non era certo quella, dovevo andare ben oltre per affrontare un colloquio di lavoro per ricevere il mio prossimo incarico.
Mentre mi guardavo intorno osservando le altre persone, il mio sguardo si posò su una di quelle macchinette per fare le foto; e solo lì mi ricordai che dovevo farla per il passaporto avendo perso quello vecchio.
Così, senza pensarci due volte, entrai nella cabina e mi sedetti sullo sgabello, era orribilmente sporco e l'odore che riempiva quel posto di certo non era migliore.
Tirai fuori dal portafogli un po' di monetine per pagare e incominciai a leggere le istruzioni scritte sotto lo schermino per capire bene come procedere.
Una volta riuscita l'impresa prima dello scatto mi diedi un'aggiustatina veloce ai capelli e al trucco, ma il destino volle che non appena stava per scattare la tenda si scostò e una persona mi finì addosso, quindi si può immaginare la mia faccia.
Ma il bello è che quella persona era un uomo che, ad essere sinceri, non era mica male.”
E da qui si capisce no? Siamo finiti a bere un caffé al bar e a furia di chiaccherare direi che forse tra di noi potrebbe esserci una remota speranza.
Ci fu però una cosa quel giorno a farmi paura: mentre l'uomo mi finiva addosso,quando voltai la testa verso di lui, notai grazie alla tendina spostata un uomo molto più in là che ci fissava.
Era di un pallore allarmante e portava scarpe e pantaloni neri, come il giaccone lungo e I suoi capelli; portava un paio di occhiali da sole scurissimi e ci fissava con le mani dritte sui fianchi con un'espressione seria. E fu lì che mi vennero I brividi, specialmente quando gli passò davanti un gruppetto di ragazzi di corsa e una volta spariti dalla mia visuale l'uomo non c'era più.
Ma tornando alla borsa..ecco appunto il fogliettino con su il suo numero, si chiama Luca.
Continuai inutilmente le ricerche del passaporto per un altro minuto pieno, quando capii la situazione. Avevo perso ancora il passaporto.
-Mi scusi-dissi rivolgendomi verso la ragazza del check-in-mi dispiace dirle che non trovo più il passaporto, però ho una carta di identità, va bene comunque?-
-Mi dispiace-concluse la ragazza- Ma senza passaporto lei non può andare da nessuna parte-
-Ma..per favore. Mi scusi tanto per l'inconveniente, ma io devo assolutamente prendere quell'aereo per le Hawaii-
-Niente da fare signora deve fare per forza il passaporto nuovo, comunque se vuole al secondo piano c'è la polizia. Quindi magari vorrà denunciare la perdita dell'oggetto-
Senza rispondere mi feci largo tra la folla e finii in uno spiazzo libero,presi il cellulare che avevo messo nella tasca apposita per non dovermi mettere a ricercarlo e andai sulla rubrica.
A distrarmi prima di chiamare il numero del mio capo fu la presenza di una persona distante circa 50 metri da me.
Era vestito tutto di nero come I suoi capelli e portava degli occhiali da sole molto scuri, che incorniciavano un viso pallidissimo.
Mi bloccai all'istante.
La figura era ferma e mi fissava. Ebbi paura. Non sapevo che fare.
E prima che potessi decidere un ghigno si disegnò sulla bocca di “quell'uomo.
A distrarmi fu la voce della ragazza del check-in che mi chiamava. E appena mi voltai verso la figura nera I brividi ricominciarono.
Davanti a me, circa a 50 metri di distanza, non c'era nessuno.
Un cappello pieno di ciliege, di Oriana Fallaci
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Avevo iniziato a leggere questo libro molti anni fa e non ero riuscita a
superare le prime dieci pagine. Adesso, forse complice un’età più avanzata
e un...
3 mesi fa
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