Martino stava uscendo dalla sua camera, diretto alla cucina, quando la voce di Roberto lo colpì alle spalle.
- Credi sia possibile innamorarsi in meno di due settimane? – Martino si limitò ad alzare un sopracciglio e Roberto ebbe la sua risposta.
Proprio a lui lo chiedeva, a Martino, che se non correva dietro a due o tre gonnelle diverse alla sera non riusciva a chiudere occhio. Roberto gli fece cenno di lasciar perdere con una mano e Martino continuò a strascicare i piedi in direzione della cucina.
Roberto sospirò passandosi le mani sul volto. Che cosa stava succedendo? Da quando in qua lui si scioglieva così davanti al sorriso di una ragazza? E soprattutto, perché si stava complicando la vita, proprio quando si era ripromesso di non pensare a nulla in vacanza?
Gran belle domande, ma di risposte nemmeno una. Lasciò cadere la testa all’indietro, colpendo lo stipite della porta e continuando a ripetere quel gesto, sperando che le idee si svegliassero e che il suo cervello iniziasse a sputar fuori soluzioni e idee geniali. E invece niente.
Si sentì estremamente stupido quando Martino comparve di nuovo davanti a lui e lo guardò con un enorme punto di domanda sulla testa mentre prendeva a testate lo stipite, quindi smise e se ne andò a sua volta in cucina. Si riempì un bicchiere d’acqua, il più grande che trovò in cucina, ne bevve un sorso e decise che non era quello che voleva. Così aprì il frigorifero e trovò le birre dove sapeva che Marcelo le teneva e ne prese una ripetendosi “Ha detto di fare come fossimo a casa nostra, non faccio nulla di male”.
Come richiamato da qualche strana energia, Martino si materializzò in cucina esclamando:
- Ecco dove le teneva, l’infame! Oh, ho guardato dappertutto, mica le ho viste! –
- Magari dovresti aprire meglio gli occhi, o levarti quel ciuffo assurdo dalla fronte. –
Martino gli piantò un pugno su una spalla e si prese la birra di Roberto, con la scusa che lui sapeva dove trovarne altre. Roberto ne prese un’altra dal frigorifero, poi si sedette assieme a Martino nella cucina, facendo calare un silenzio innaturale.
Il silenzio durò qualche minuto, nessuno parlava, bevevano e basta. Poi Martino si decise a prendere un lungo sorso dalla bottiglia e spostò lo sguardo sull’amico.
- Senti un po’ … Ma Silvia? –
- Cazzo c’entra lei adesso, si può sapere? – abbaiò Roberto, colpito alla sprovvista dalle parole dell’amico. Martino alzò le sopracciglia e poi incrociò le braccia sul petto, aspettando il momento in cui l’amico avrebbe ceduto e cominciato a sfogarsi, raccontandogli tutto.
Roberto bevve a sua volta, poi cedette sotto lo sguardo dell’improvvisato psicologo.
- Non s’è fatta sentire, io non mi son fatto sentire. Fine della storia. –
- Wow. –
- Già, wow. – Roberto bevve di nuovo, cercando di affogare il fiume di parole che premeva sulla sua gola, spingeva per uscire dal suo petto.
- Beh dai, è figa ‘sta Mariciel, no? –
- Si è una bella ragazza. –
- Oh si, un gran pezzo di … -
- Marti, ti dispiacerebbe evitare di sbavare sulla mia ragazza? –
- Ah è la tua ragazza? – Touché. Roberto spostò lo sguardo altrove.
- Ma che ne so io, io non ci capisco più niente di ‘sta storia. E prima Silvia che mi incasina la vita, e poi io che voglio solo divertirmi, e poi questa che mi capita tra capo e collo e mi manda all’aria tutti i miei viaggi mentali su notti di sesso sfrenato, alcool e quant’altro … -
- Non sei noioso come pensavo allora! –
- TI DISPIACE lasciarmi parlare PER CINQUE MALEDETTISSIMI MINUTI? –
- Santo cielo, che isterico oh. – Roberto sbuffò e appena si fu accertato che Martino l’avrebbe lasciato parlare, riprese la parola.
- E invece no, mi sono lasciato ammaliare da quegli occhioni, da quel corpo così perfetto, da quel … Ma che ne so da cosa, da tutto. E ora me ne sto qui a farmi paranoie da ragazzina su cosa succederà una volta che saremo ripartiti. –
- Che vuoi che succeda? Torniamo in Italia, ci spariamo un anno di stress e poi l’anno prossimo torniamo e vediamo di evitare casini come questi. – Roberto annuì alle parole di Martino.
Calò di nuovo il silenzio, i due ragazzi bevevano immersi nei loro pensieri.
Silenzio che fu rotto dal rumore delle scarpe di Mariciel che entrava in cucina.
Rivolse ai due ragazzi uno dei suoi splendidi sorrisi e Roberto stavolta non lo guardò come il sorriso di un angelo dalla pelle abbronzata. Si concentrò semplicemente sul movimento delle labbra che si aprivano scoprendo i denti. Sui muscoli del volto che si contraevano.
Era solo un sorriso. Il sorriso di una bellissima ragazza spagnola, ma dopotutto era un sorriso, come era un sorriso quello di Silvia. O di qualsiasi altra ragazza.
Mariciel iniziò a preoccuparsi quando non vide un sorriso dipinto sul volto di Roberto. Il suo sorriso crollò lasciando il posto a un sorrisetto quasi imbarazzato, mentre gli occhi chiedevano cosa stesse succedendo.
Roberto scosse la testa, fingendo che fosse tutto a posto, che fosse stato solo un momento in cui era pensieroso.
.- Beh Roby, domani partiamo e io non ho intenzione di andarmene senza avere almeno un ricordo decente della Spagna. E con decente intendo senza sbirri che irrompono sul più bello.-
Salutò entrambi e uscì alla ricerca della sorella di Marcelo, Laura. Roberto tornò a fissare Mariciel, poi si alzò e le andò incontro.
Quando la raggiunse cominciò a baciarla, ma non sulle labbra, direttamente sul collo.
Desiderava tremendamente il suo corpo. Voleva solo svuotare la mente.
Strinse il corpo di lei al suo e alzandola di peso, la portò nella sua stanza da letto.
*
Sdraiati uno accanto all’altra, i due ragazzi non si parlavano. Mariciel abbracciava quasi per abitudine il petto di Roberto e lui, sempre per abitudine, accarezzava distrattamente i suoi capelli. Mariciel si mise a sedere, fissando le sue stesse mani che giocavano con un angolo del lenzuolo.
- Mañana tienes que regresar a Milano. – Roberto annuì senza guardarla.
- Y yo iré a Barcelona. – Annuì di nuovo.
- Yo te quiero, Roby … - Sussurrò la ragazza. Roberto si voltò a guardarla.
- Come puedes quierer una persona en dos semanas? – Gli occhi di Mariciel si riempirono di lacrime, si alzò di scatto dal letto e corse verso la porta.
- Donde vas? – chiese Roberto sorpreso da quella reazione inaspettata.
Mariciel si girò, il volto rigato di lacrime e con una mano già sulla porta gli gridò:
- Se dice querer! QUERER no quierer! Y no, yo no lo sé “como puedo”! – La sua voce si interruppe nell’esatto momento in cui la porta sbatté alle sue spalle. Roberto le corse dietro, maledicendosi e maledicendo le sue stupide domande. La fermò appena prima che potesse chiudersi nella sua stanza.
- Mariciel, aspetta … - lei si divincolò dalle sue braccia e lo guardò con gli occhi pieni di rabbia.
- Y yo qué soy por ti? Una aventura? Una muñeca? Qué? – Roberto voleva dirle qualcosa di sincero, ma nemmeno lui sapeva che cosa provava in quel momento.
- Tu me gustas … Entiendes? Tu eres muy bonita, muy … Simpatica. Ma yo no sé se te quiero.-
Lei annuì mentre le lacrime ricominciavano a scorrere sulle sue guance.
.- Yo no me acosto con los que no quiero. – disse infine lapidaria, con un sussurro, prima di chiudersi nella sua stanza. Roberto non era nemmeno sicuro di quello che gli aveva detto. Ma di sicuro non era qualcosa di carino.
***
Il giorno seguente in aeroporto davanti alla macchina, Roberto e Mariciel si parlavano a stento, mentre Martino e Laura si stavano “salutando” da dieci minuti buoni ormai.
Mariciel si voltò verso Roberto, guardandolo con l’ultimo briciolo di speranza che non accennava a morire. Sarebbe andato tutto bene se lei non avesse parlato. Sarebbe andato tutto bene se non le fossero scappate quelle semplici parole. E adesso invece quello che scappava era lui, Roberto.
Martino si decise a staccarsi da Laura e salire in macchina. Roberto guardò finalmente Mariciel negli occhi per qualche secondo, poi si avvicinò e la abbracciò. Mariciel lo strinse a sua volta con le braccia tremanti, non osando e non volendo stringere più del dovuto. Ma poi cedette e le sue braccia strinsero forte il collo di Roberto.
- Llamame, ok? Escribeme, de vez en cuando. – lo liberò dall’abbraccio guardandolo negli occhi. Desiderava solo che Roberto la stringesse, la baciasse e cancellasse tutti quegli orribili sentimenti che la laceravano dalla sera prima. Ma quel bacio sfiorò solo la sua guancia.
Roberto poi salì in macchina e partì. Poco dopo, passò il suo cellulare a Martino.
.- Fai una cosa, cancellami dalla rubrica “Mari Cadaqués.” –
.- Ma …-
.- Fallo e basta Marti. Cancella quel numero e basta. –
Martino obbedì, stranamente senza ulteriori proteste o domande, e Roberto fece partire il cd degli Who a tutto volume mentre entravano in autostrada.
Un cappello pieno di ciliege, di Oriana Fallaci
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Avevo iniziato a leggere questo libro molti anni fa e non ero riuscita a
superare le prime dieci pagine. Adesso, forse complice un’età più avanzata
e un...
3 mesi fa
@MakaylaReed: qualcuno aveva detto "Ci posso provare, ma non garantisco che sarà un gran capitolone" ... odio dire "te lo avevo detto"... è splendido, pur nella sua tristezza...
RispondiEliminaSono curiosa: ...l'ultima Mariciel come resterà?
Tra qualche ora scoprirete che...
RispondiElimina:)