Mariciel sorrise guardando Roberto spingere via senza alcuna gentilezza il suo amico dallo sguardo perso. Non capiva cosa si stessero dicendo, ma a giudicare dal tono e dal sorriso di Roberto di sicuro stavano scherzando tra di loro.
Poi lui tornò a guardarla, le disse che era un suo amico e subito dopo nei suoi occhi tornò quella strana luce che avevano acquistato pochi secondi prima di baciarla. Mariciel arrossì leggermente, colta da un improvviso imbarazzo.
Insomma, nemmeno lo conosceva e già si stavano baciando.
Roberto notò quel leggero imbarazzo che dipingeva un’espressione tenera e buffa sul volto della ragazza e si affrettò a guardare in basso, portandosi una mano alla nuca senza alcuna ragione particolare. Mariciel incrociò le braccia, guardando qualcosa, qualsiasi cosa, alla sua sinistra.
Rimasero così qualche secondo, pensando all’accaduto, pensando a quello che sarebbe potuto succedere. Poi si guardarono e dissero qualcosa insieme.
E insieme si invitarono a parlare per primo. E via, altro minuto di profondo imbarazzo. Mariciel alzò lo sguardo e decise di aspettare che parlasse lui. O che facesse qualcosa. Robertò tornò a fissarla negli occhi, poi a fissare le sue labbra. Poi scese ancora, ma pochi secondi dopo si disse che era scortese, così, con grande sforzo, tornò a guardarla negli occhi.
Mariciel sembrava invitarlo a dire qualcosa e così lui aprì bocca, ma non trovando nulla di meglio da dire le chiese:
- Quanti anni… Ehm, años credo… Quanti años tieni?- sapeva che si usava tener e non avere, ma la sua conoscenza si fermava li. Mariciel gli sorrise, si voltò verso le sue cose e cominciando a raccoglierle gli rispose.
- Veinte, y tu?-
- Veinte cuatro! – Mariciel si tratteneva dal sorridere ogni volta che Roberto cercava di parlare spagnolo. Era divertente vedere come si sforzasse di farsi capire, usando un italiano misto a spagnolo, il tutto condito da gesti ampi che arrivavano dove non arrivava la sua fantasia linguistica. E forse non era esattamente gentile parlare spagnolo apposta per vedere la faccia di lui contrarsi in una smorfia di semi disperazione che però non faceva crollare il suo sorriso. Ma era così carino … Arrivava sempre più gente, il rumore e il continuo via vai cominciavano a disturbare Mariciel, che decise di spostarsi in un posto più tranquillo, lontano dal Museo.
Fece un cenno con la testa a Roberto, dopo aver raccolto tutte le sue cose e si incamminò. Roberto le corse subito vicino, prese delicatamente la tela e la portò per lei.
Non si parlarono nel tragitto, rimasero in silenzio, ascoltando il brusio farsi sempre più lontano, finché non trovarono un angolo tranquillo, riparato dal sole. Mariciel appoggiò la sua roba a terra e riprese la tela dalle mani di Roberto, ringraziandolo.
- Por qué estas aquì? Para estudiar, trabajar, de vacaciones…? – gli chiese rimettendosi a sedere e mescolando del colore. Roberto sgranò gli occhi alle sue spalle, lasciandosi prendere dal panico per qualche secondo.
- Ehm… Vacanze, entiende? –
- Vacaciones, si. – annuì lei sorridendo.
- Y por qué nunca estas con tu amigo? Siempre lo dejas solo, pobrecito … -
- Mi amigo … Beve mucho! Ieri, ayer! No es … No es ok!- Mariciel non si trattenne più e scoppiò a ridere. Stava giocando con quel povero ragazzo, lo stava facendo ammattire eppure lui non cedeva, rimaneva li con lei a usare un terribile spagnolo pur di parlarle. Si voltò di nuovo verso di lui e gli sorrise.
- Yo tengo que terminar esto. - disse indicando il quadro.
- Puedes estar aqui, o dar un paseo, como quieras. – Lo fissò sempre sorridendo, poteva percepire il frenetico lavoro del suo cervello per cercare una traduzione plausibile a quello che aveva appena sentito. Lui le sorrise e si sedette accanto a lei. Mariciel gli sorrise, prese del colore e tornò a concentrarsi sulla tela.
- Pero yo no hablo. Yo pinto sin hablar. – Roberto annuì e dentro la sua testa sentì un coro di voci che intonavano l’alleluja. Per un po’ si sarebbe risparmiato delle epiche figuracce.
Mariciel cominciò a dipingere e Roberto vedeva la sua assoluta concentrazione riflettersi sul suo corpo. La schiena era tesa verso la tela, come se la ragazza fosse attirata da essa. Il pennello veniva mosso con gesti veloci e poi lentissimi, sicuri e precisi. Gli occhi non vedevano altro che il disegno, le sopracciglia disegnavano un’espressione assorta e pensierosa, mentre le labbra sembravano muoversi senza che lei se ne accorgesse, si schiudevano, si stringevano, venivano morse dai denti perfetti. Ogni tanto si fermava, tornava con la schiena dritta e osservava il quadro con la testa piegata di lato, cosa che faceva sorridere Roberto ogni volta.
Roberto non sapeva nemmeno che cosa stesse dipingendo, lui fissava solo lei.
Continuava a correre con lo sguardo di suoi occhi ai suoi piedi e poi dai piedi fino agli occhi e in più di un’occasione si soffermò ad immaginare cosa indossasse di solito, che tipo di scarpe preferisse, che sport praticasse, quali fossero i suoi libri preferiti. Il tutto osservandone il corpo.
Era fatto così, era convinto che l’aspetto fisico potesse rivelare tutte quelle caratteristiche di una persona.
Aveva fatto gli stessi ragionamenti anche con Silvia, ma non aveva azzeccato nulla di lei.
“Si, ma perché ora sto pensando a Silvia?” si chiese arrabbiandosi con sé stesso e scacciando via quel pensiero, rimpiazzandolo con la fantastica visione di Mariciel che si legava i capelli in una coda alta, lasciando ancora più scoperto il bellissimo collo.
Il pomeriggio finì insieme al quadro di Mariciel. Lei lo guardò un’ultima volta con la testa inclinata e poi si voltò verso Roberto.
- Te gusta? – Roberto finalmente guardò il quadro.
- Si, mucho! – disse annuendo convinto e il viso di lei si illuminò mentre un sorriso orgoglioso si apriva. Roberto la aiutò a sistemare le sue cose, poi quasi senza rendersene conto si incamminò con lei verso la sua abitazione, chiacchierando, più o meno, di Dalì e di arte in generale.
Quando arrivarono, Mariciel guardò Roberto mordendosi un labbro. Non le piaceva prendere l’iniziativa, ma sapeva che doveva farlo.
- Conozco un restaurante muy, muy bonito. Te gustarìa comer conmigo esta noche? – Roberto sorrise e annuì. Stranamente, aveva capito tutto.
Lei sorrise di rimando e gli spiegò dove si trovava il posto e di dettero appuntamento per le 22.00. Roberto pensò a Martino, che sarebbe rimasto solo anche quella sera. Poi si ricordò del fumo, dell’alcol e del vomito nella camera.
Beh, si sarebbe arrangiato per quella sera.
Un cappello pieno di ciliege, di Oriana Fallaci
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Avevo iniziato a leggere questo libro molti anni fa e non ero riuscita a
superare le prime dieci pagine. Adesso, forse complice un’età più avanzata
e un...
3 mesi fa
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