giovedì 5 aprile 2012

Il dono di Iemanjà - Capitolo 4

Didi rimase turbata da quella rivelazione. Come un lampo, che illumina le tenebre della notte, le parole di Viola riproposero alla sua mente l’immagine di quell’uomo filtrata dai suoi ricordi di bambina. Rimembrava un bell’uomo, non riusciva a visualizzare il suo volto, ma poteva ricordare perfettamente le sue mani, mani grandi, mani forti, mani che in molte occasioni le avevano accarezzato il capo con l’affetto di un padre che coccola la sua bambina nei momenti di difficoltà.

Per un istante il ricordo di quella mano che sfiorava i suoi capelli le fece percepire un brivido lungo la schiena.

Poteva rammentare quante volte aveva desiderato che il papà di Viola potesse essere anche il suo e quante volte aveva provato invidia per la fortuna che Viola aveva avuto a nascere in quella famiglia, molto simile a quella che lei aveva sempre desiderato e che purtroppo invece non era riuscita a meritarsi.

Per un momento provò rabbia nei confronti di Viola, non riusciva a comprendere la ragione per cui fosse giunta ad un gesto tanto estremo. Forse avrebbe dovuto chiederglielo, ma si rendeva conto che probabilmente in quel momento non avrebbe ottenuto risposta alcuna, considerando lo sforzo estremo che già Viola aveva compiuto nel raccontarle chi fosse la persona che aveva ucciso.

Con la saggezza che da sempre la caratterizzava Didi disse: “ non ti preoccupare Viola, sicuramente avrai un valido motivo per aver compiuto un gesto così estremo. Tranquilla, quando ti sentirai di riparlarne io sarò al tuo fianco ad ascoltare. “

Viola continuava a singhiozzare mentre ripeteva parole senza senso “ perdonami… è stata anche colpa mia… perdonami…”

Didi non capiva cosa significassero le parole che l’amica farfugliava, comprendeva solamente che doveva a tutti i costi far tornare a splendere il sorriso su quel volto distrutto dal dolore. Cercò di tranquillizzarla, ma resasi conto di non riuscire a lenire la disperazione di Viola con le parole, pensò che forse facendola tornare a ridere avrebbe potuto allontanarla da quei suoi bui pensieri. Fu così che come un lampo, adocchiato un ragazzone passeggiare per l’Avenida, Didi con la sua minigonna bianca svolazzante, che evidenziava quelle sue bellissime gambe rifinite con eleganza ed armoniosità dalla natura, si diresse verso di lui. Lo superò pattinando con disinvoltura e fermandosi improvvisamente a pochi passi davanti a lui, si chinò con nonchalance a raccogliere qualcosa di immaginato, lasciandogli vedere in tutta la sua bellezza quell’incredibile rotondità, tanto perfetta da sembrare lavorata al tornio, coperta solo da un esile pizzo che ben poco lasciava all’immaginazione. Dopo quella visione, a giudicare dall’espressione fissata sul suo viso, il ragazzo probabilmente capì cosa intendesse dire Oscar Wilde quando affermava che un fondoschiena ben fatto è l’unico legame tra Arte e Natura.

Viola che seguiva la scena da lontano non potè fare a meno di sorridere per l’audacia e l’impertinenza del gesto compiuto da Didi e infine scoppiò a ridere nel vedere l’espressione sbalordita sul volto di quel ragazzone che si impressionò a tal punto da inciampare nei suoi stessi piedi e cadere con un gran tonfo a terra. Viola raggiunse Didi e ridendo a più non posso la prese per mano per scappare via, regalando i loro volti sorridenti al vento che accarezzando i loro pensieri li rese per alcuni istanti più sereni.

Didi era felice per quell’attimo di gioia che aveva saputo donare a Viola e non voleva che il buio ricomparisse su quel volto provato dagli eventi. Didi sapeva che se si fossero fermate a Rio per il Capodanno, i fantasmi del passato sarebbero tornati a divorare le loro anime, e non poteva permetterlo.

L’ anima di Didi era sempre pronta a farsi carico dei pesi altrui cercando di alleviarli, dimenticando a volte di possedere lei stessa un’anima da dover salvaguardare. Conosceva fin troppo bene i carichi che le opprimevano corpo e spirito, a volte in maniera talmente forte da toglierle il respiro e forse pensava che spostando la sua attenzione verso i dolori altrui, avrebbe potuto seppellire nel fondo della sua memoria tutto ciò che le faceva male e che la faceva dannatamente soffrire.

Didi prese per mano Viola e le disse: “ Vieni, torniamo in albergo a fare le valige! Si parte!” – “ Ma come? Dove vuoi andare? Non dovevamo passare il Capodanno con i tuoi? “ – “ Ma chissenefrega dei miei! Me ne fotto altamente di loro, in fondo l’unica cosa che gli interessa di me sono i soldi e poi odio quando si impicciano della vita che conduco a Milano e quei loro sorrisini ironici quando parlano alle mie spalle! Per una volta nella nostra vita pensiamo a noi stesse, i soldi non ci mancano! Spendiamoli! La vita è una sola e non ci sarà data la possibilità di viverne un’altra. “

Viola titubante la seguì, in fondo al suo cuore sapeva che Didi aveva ragione e volle seguirla in questa sua follia: pur non sapendo esattamente cosa avesse in mente, si fidava ciecamente di lei. Appena tornate in albergo, mentre Viola metteva le poche cose che aveva nella sua ventiquattro ore, Didi si mise al computer dell’albergo per cercare un volo Low Cost che le avrebbe portate a destinazione. “ Bingo‼! Che culo, proprio due posti sul volo delle 19.11 diretto a Fortaleza! E’ fatta!”.

Ora non le restava che prenotare un albergo per la notte e poi avvisare Gianluca, di mandare una jeep a prenderle all’hotel Americas l’indomani mattina.

Didi aveva conosciuto Gianluca in un viaggio fatto in Brasile anni addietro. Nonostante si fossero visti solo un paio di volte nella loro vita, Gianluca era una di quelle persone che rimangono nel cuore e che difficilmente puoi dimenticare. Gianluca era sposato con una ragazza brasiliana, Lizge. Il ricordo che Didi aveva di lei, era quello di un' esile creatura che profumava di pane appena sfornato e che soleva nascondere la sua nobile anima dietro ad un grande paio di occhiali scuri.

Didi organizzò tutto senza lasciare nulla al caso, per il momento avrebbe tenuto nascosta la destinazione finale a Viola perchè voleva fosse una sorpresa.

Poco dopo aver preparato le valige, Didi chiamò un taxi e si diressero in aeroporto.

Giunte a Fortaleza mangiarono un boccone velocemente e si ritirarono nelle rispettive camere. Didi cercò di non aprire i bagagli, a differenza di Viola si portava appresso due grosse valige leopardate. Per non creare confusione estrasse piano piano una maglietta e se ne andò a dormire solo con quella addosso. Appena toccò il letto Didi schiantò in un sonno profondo.

Dalla finestra aperta della stanza si avverte lo scroscio dell’acqua che si infrange sull’asfalto. Dorme, ma il suo sonno è agitato. Improvvisamente un lampo illumina la camera, svegliandosi intuisce una presenza al suo fianco, cerca di mettere a fuoco quell’immagine ma rimane sfocata e mentre disperatamente prova ad allontanare la sensazione di quella mano, che alzando il candido lenzuolo bianco di lino finirà in mezzo alle sue cosce, un altro lampo illumina quella stanza senza tempo lasciando impresso nella sua memoria il ricordo di una croce.

Didi si svegliò di soprassalto, la fioca luce dell'abat-jour non fu sufficiente ad allontanare i fantasmi del passato e a quella croce che vide illuminarsi in sogno, non sapeva dare un significato. Quello che era certo è che nel vederla un’ansia tremenda le serrò il cuore ed ebbe la netta percezione di aver già provato quell’agghiacciante sensazione. Didi passò il resto della notte a rigirarsi nel letto con impressa nella mente quella croce che non riusciva a dimenticare.

Didi e Viola si ritrovarono in tarda mattinata nella hall dell’albergo e mentre aspettavano l’arrivo di Tiago, che con la sua jeep le avrebbe condotte alla meta designata, sorseggiarono un tè accompagnato da dei deliziosi biscottini. Didi, come del resto anche Viola, non aveva voglia di affrontare argomenti seri e così le ragazze passarono il tempo a spettegolare su tutti coloro che passavano a tiro.

Viola non stava più nella pelle, la curiosità la stava consumando, ma Didi sembrava irremovibile nella sua decisione nel non dire nulla, se non giunte a destinazione.

Il momento della partenza presto arrivò. Tiago sbuffò non poco quando dovette caricare le enormi valigie di Didi sulla jeep e non potè fare a meno di pensare a cosa le sarebbero servite tutte quelle cose nel posto dove stavano andando.

Il viaggio sarebbe stato lungo e poco confortevole, tra sterrati e strade che anche se asfaltate sarebbero sicuramente state piene di grandi buche formatesi dalle abbondanti piogge. Così le ragazze non avendo alcuna fretta di arrivare, si fermarono spesso a fare delle soste ristoratrici, godendosi le specialità locali. Didi andava pazza per la feijoada, che è un piatto a base di riso e fagioli neri a cui i locali aggiungono carne di maiale e di manzo, mentre Viola, che adorava il pesce, non perse l’occasione per strafogarsi di caranguejo e di gamberetti. Naturalmente il tutto accompagnato da farina di manioca, patate fritte e dalla “ bionda “ carioca, a cui Didi per nulla al mondo avrebbe rinunciato, la Skol, una birra leggera, servita ghiacciata e dal sapore inconfondibile.

Verso l’ora del tramonto si lasciarono alle spalle l’ultimo paese con le strade in terra battuta, Jijoca, per avventurarsi in quella che viene considerata una delle spiagge più belle del mondo.

Fu così che il paradiso si aprì ai loro occhi. Stavano percorrendo una spiaggia dalla finissima sabbia bianca, alla loro destra l’Oceano si era colorato delle tinte aranciate del tramonto mentre a sinistra grandi dune di sabbia erano popolate da cavalli selvaggi e docili asini che mestamente si apprestavano a rientrare in paese dopo una giornata passata a girovagare senza meta. All’ improvviso un gruppo di mangrovie attirò l’attenzione di Viola, che identificò la sua anima con quel groviglio di radici impenetrabili che la natura aveva voluto far sopravvivere anche nelle condizioni più avverse. Per un momento Viola si sentì vicina alla pace interiore che da tempo andava cercando. Dopo chilometri di spiaggia bianca entrarono in paese. Ad attenderle un antico villaggio di pescatori dove la sabbia faceva da padrona, perché in quel paradiso vigeva il divieto di asfaltare le strade. Mentre il buio stava scendendo accompagnato dal silenzio, rotto solo dal rumore dei generatori che iniziavano il loro lavoro notturno, Didi rammentò che non esisteva illuminazione pubblica in quel luogo e fu in quel momento che ricordò di aver visto in quel paese i cieli stellati più belli della sua vita, proprio perché non contaminati dalla luce. Didi raccontò a Viola che si trovavano sulla punta di una lunga penisola ed era una delle poche località della costa brasiliana dove era possibile vedere sia l’alba che il tramonto.

Arrivarono dinnanzi ad un cancello dal quale si poteva scorgere all'interno una deliziosa struttura bianca, immersa nelle lussureggianti piante e nei coloratissimi fiori. Un cartello indicava il nome di quel piccolo gioiello, " Pousada Papaya ". All'ingresso ad aspettarle c'erano i sorrisi di Gianluca e Lizge che nelle loro sgargianti hawaianas diedero loro il benvenuto porgendogli una fresca caipirinha.

Quello dove erano approdate doveva essere il paradiso.

Ed era proprio così, quell’ultimo Eden rimasto in terra prendeva il nome di Jericoacoara detta Jeri.

Fu in quel luogo di indicibile bellezza, che Didi decise di passare l’inizio di quel nuovo anno insieme a Viola.

3 commenti:

  1. non c'è che dire, come ho già avuto modo di dire a Snow il suo modo di scrivere appassiona, suscita curiosità, ma allo stesso tempo fa anche RESPIRARE...bello, leggendo sognavo ad occhi aperti quei posti descritti.
    La storia, in generale, a tratti è molto forte, ma riesce sempre a non risultare troppo opprimente.
    inoltre, sia Snow, che The White Peacock, curano molto l'aspetto psicologico delle protagoniste, riuscendo a descrivere in maniera particolareggiata le loro personalità...ammirevole tenendo conto che tutto ciò deve essere fatto rispettando la lunghezza di un racconto!

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  2. Snow, mi pare di esser lì, sulla spiaggia più bella del Sudamerica!
    Bello, bello...

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  3. Ho riletto un po' i quattro capitoli. Vediamo: una coppia di donne che si conoscono da ragazze, fin tanto da essere quasi come sorelle. Malgrado la madre italiana sia una assistente sociale, si ritrovano a fare il mestiere più vecchio del mondo, quasi spalla a spalla. Non ne sono felici, tanto che Viola addirittura massacra un cliente, che poi è il padre. Didi non lo riconosce nel cadavere, benche ricordi le mani dell'uomo che la accarezzavano mentre lei desiderava che lui fosse davvero anche suo padre. Quindi scappano in Brasile, per poi finire nel posto più bello del Sud America. Ma cosa può succedere adesso? PAZZE! Bellissimo!

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