sabato 5 novembre 2011

Notte sui navigli - Capitolo 3


I quattro rimasero a chiacchierare e brindare per circa un’ora. Dopo il primo giro di champagne Ludovica sentiva che dentro le nasceva una strana voglia di giocare e scherzare. Non era abituata a bere. Già la birra aveva lavorato pesantemente al suo corpo ed alle sue emozioni. Ora lo champagne stava completando l’opera, regalandole una leggerezza inusuale per lei, abituata a restare sempre un po’ in disparte, ad osservare il mondo e commentarlo dentro di sé.

Dopo il terzo giro di champagne, Manuel propose di uscire a prendere una boccata d’aria, anche se in quella calda serata d’estate forse avrebbero potuto prendere un po’ d’aria solo nel locale, di quella fresca che buttava dai ventilatori sul soffitto sopra di loro.

-         Ottima idea! – lo appoggiò Ludovica. – E’ una vita che non faccio un giro sui Navigli! E poi dopo i seni di Madame de Pompadour ci meritiamo tutti di respirare un po’, no? – disse facendo l’occhiolino a Elettra.

Manuel la guardò con un sorriso tra rimprovero e complicità. Poi aspettò che le due donne si fossero avviate verso l’uscita, per scambiare qualche battuta con Stefano.

-         Se il sole si vede dal mattino, e se queste due scrivono come parlano, o addirittura meglio, siamo a cavallo... socio!
-         Manu, sinceramente la scenografia è l’ultima cosa alla quale sto pensando in questo momento... ma le hai viste?? Oh, scusa, dimenticavo... non hai occhi che per tua moglie!
-         Ma smettila. Ricorda la prima regola: mai confondere lavoro e sesso... chiaro?
-         Sì, capo. Obbedisco... mattina lavoro e sera sesso...

Manuel scoppiò a ridere e si avviò verso l’uscita.

Ludovica e Elettra stavano parlottando tra loro e smisero subito non appena i due uomini le raggiunsero.

-         Da che parte, chauffer? – chiese Ludovica a Manuel.
-         Mah, sarà mica un romano che deve fare strada a delle milanesi? – la rimbeccò Manuel.
-         Oh bada a come parli... sono terrona fino all’osso del collo – gli rispose Ludovica.

Manuel la prese sottobraccio con fare un po’ bonario e i due si incamminarono avanti verso il Naviglio, lasciando Stefano e Elettra appena indietro rispetto a loro:

-         Raccontami un po’ di te, come sei arrivata alla scrittura?

Ludovica sorrise. “Gioco in casa” pensò e iniziò a raccontarsi:

-         Narra la leggenda che la prima volta che mia madre fece l’ecografia... (ci sarà stata a quell’epoca l’ecografia?) le avevano detto che ero un bel maschietto con un pisellino di tutto riguardo. Poi quando nacqui tutti si stupirono. “E’ Femmina!” disse l’ostetrica. E subito dopo si svelò il mistero... avevo una penna in mano...
-         Bella questa! Originale se non altro...
-         La verità è che ho sempre scritto, da che ricordi... almeno dalle medie. Prima i diari: passavo ore a sfogliare giornali e raccogliere frasi che esprimessero i miei sentimenti. Le appiccicavo, coloravo, incorniciavo. Poi con la prima passione in terza media fu una cascata di parole. Irrefrenabile. Le parole hanno sostituito pian piano i ritagli di giornale. Non ho mai smesso, padre, lo confesso. E’ una tentazione troppo forte... scrivo perfino sul mio blackberry quando cammino per strada...

Manuel le lasciò una pausa. Un piccolo momento di silenzio nel quale lei potesse raggranellare i suoi pensieri. Mentre camminavano la guardava un po’ da “lontano” e le piaceva sempre di più quella donna che sembrava avere un mondo inesplorato dentro di sé. La curiosità verso di lei si accentuava ad ogni parola, ad ogni frase. Indipendentemente dalla storia della sceneggiatura, voleva conoscerla.

-         E come sei arrivata al blog?
-         Un amico. Ho scoperto il suo blog per caso e mi è venuta voglia di aprirne uno mio. Solo che è rimasto fermo per un mucchio di tempo, davvero tanto. Paradossalmente dopo aver scritto tanto, ma solo per me, non sapevo cosa scrivere ad un potenziale pubblico. Alla fine quell’amico ha proposto di aprire un blog con altri che avevano la passione di scrivere. Ripeto, io avevo scritto sempre per me stessa. Era sempre stato uno sfogo, non rileggevo (e a volte ancora adesso non rileggo) mai quello che scrivevo. Restava lì ad incorniciare gli anni che passavano. Insomma... ho accettato la sfida ed ho iniziato...
-         Li hai ancora?
-         I diari?
-         Sì.
-         Sì. Li ho ritrovati e rileggerli è stato come rivivere quei momenti. Una sensazione davvero strana, quella di scoprire rancori ed amori chiusi ancora lì dentro. Come aprire un barattolo dove hai messo dentro dei fiori ed essere pervaso dal loro profumo intenso. Alcuni sono dolciastri, altri ti penetrano nelle ossa e fanno ancora male, molto male... Non te lo aspetti... non me lo aspettavo, almeno...
-         E che scrivevi?
-         Solite cose da adolescenti. La Libertà, Libertà di fare quello che vuoi, di essere te stessa senza dover essere altri. E l’Amore, quello con la “A” maiuscola. L’Amore per sempre. L’Amore che vince su tutto. L’Amore che ti porta via. L’Amore che si dona e quello che si nega.
-         Qualcuno in particolare?
-         Beh, un ragazzino per un annetto circa. Poi un altro e per un periodo tutti e due...
-         Ah! Dilemma...E non hai trovato nulla di particolare? Qualcosa che non ricordavi?
-         Sì... una lettera con molti destinatari...
-         Cioè?
-         Volevo suicidarmi. Allora scrissi un pensiero per alcune persone alle quali volevo lasciare una frase.
-         Un motivo?
-         No... erano più che altro consigli...
-         Del tipo?
-         Del tipo... “impara a vivere di più le tue emozioni”, “impara ad accorgerti di più di quello che provano le persone invece che pensare a quello che fanno”... cose così, insomma. Nessuna accusa. Nessun motivo. O forse rinfacciavo loro ciò che non avevano dato a me...

Manuel pensò un attimo alla sua adolescenza. Ricordava i tumulti, le ribellioni, ma non quella sensazione di “volerla fare finire con la vita”, che pur molti suoi compagni avevano provato. Così la domanda si presentò spontanea sulle sue labbra?

-         E perchè volevi suicidarti?
-         Mi sentivo sola. Non mi sentivo al mio posto in nessun posto. Come il novantanove per cento degli adolescenti.

La frase lo colpì. Non si riteneva di essere nell’uno per cento. Tanti dei suoi amici erano come lui. Così decise di sdrammatizzare e passò oltre.

-         Ma non lo hai fatto, per fortuna.
-         No... per fortuna. Ricordo che dissi una frase, durante una litigata con mia madre, sulla possibilità che mi suicidassi e lei mi diede un ceffone così forte che quel pensiero schizzò via da me...
-         Parliamo di qualcosa di più allegro... Cosa scrivi?
-         Racconti. Storie...
-         Genere?
-         Adoro scrivere dei sentimenti, delle emozioni, immedesimarmi nelle persone: donne, uomini, ragazzi, bambini. Farli miei, sentirli dentro. L’unico limite è che non potrei mai scrivere una commedia. La cosa buffa è che odio le cose strappalacrime... per fortuna questo mi impedisce di andare oltre un certo limite. Insomma, quando mi viene il vomito... smetto... E poi adoro le cose truci...
-         Omicidi? Sangue?

Il pensiero di Manuel e di Ludovica si concentrarono sulla sceneggiatura. Si piacevano, su questo non c’era alcun dubbio. Ma ciò che stava creando un solidalizio forte tra di loro era la passione di entrambi per le storie. Per Ludovica era la storia da immaginare, pensare, creare. Per Manuel era la ricerca dei personaggi più adatti, la cura dei particolari che avrebbe reso quella storia scritta adattabile al racconto su un video. Ludovica sapeva che Manuel stava pensando a “quella storia”, così non perse l’occasione per tornare a parlare della proposta.

-         Sì... per questo la tua proposta mi piace, mi attira... mi piacerebbe scrivere qualcosa di truculento una volta... pensa che una volta in classe sognai di uccidere la prof. Avevo immagini di sangue davanti agli occhi... questo aspetto di me un po’ mi terrorizza... ho paura che possa venire fuori... prima o poi...
-         Senti... direi che ho da fare... è stato bello conoscerti...
-         Guarda che la cosa potrebbe tornare a tuo favore... la tua storia è nel genere che potrebbe far emergere la sanguinaria che è in me... ma adesso basta a parlare di me... Tu?
-         Seguo lo sviluppo e la preproduzione, insomma la fase di studio della sceneggiatura, il budgeting. Poi la ricerca di fondi e l’individuazione dei protagonisti, gli attori principali, gli sceneggiatori, i registi...
-         Interessante...
-         Sì. Bello... peccato che stia fuori casa spesso...
-         Sei sposato?

Manuel titubò un attimo nel rispondere. Poi qualcosa negli occhi di Ludovica gli suggerì di non mentirle. A che pro? Solo per portarsela a letto? No, si disse. Avrebbe trovato in altro modo la strada verso di lei.

-         Sì. La mia famiglia vive a Roma, tra l’altro. Io arrivo a Milano il lunedì mattina e torno a casa il venerdì sera...
-         Strano tu sia costretto a fare questa vita... credevo che il mondo dello spettacolo fosse altrettanto dotato di posti di lavoro a Roma...
-         Sì... ma parecchie produzioni si “pensano” qui a Milano...
-         Ah... e come ci sei arrivato?
-         Da piccolo volevo fare l’attore...
-         Scusa se mi permetto, ma mi sembra che tu abbia le physique du rôle...
-         Penso sia un sogno che hanno tutti i bambini...
-         Già... perfino io volevo fare l’attrice... e non mi dispiacerebbe, anche ora, una vita d’artista... sul palco. Solo che per carattere rifuggo le occasioni. Mi è rimasto solo il “vizio” di mettere una colonna sonora ai miei pensieri, soprattutto quelli da “tre metri sopra il cielo” o “profondi più dell’inferno”... Mi immagino di vedere un film con me protagonista.
-         Beh... più o meno è il motivo per il quale ho abbandonato l’idea di fare l’attore. Poi crescendo mi ha interessato sempre di più quello che c’era dietro la macchina da presa... così ho studiato al DAMS a Bologna e quando sono tornato a Roma un conoscente di mio padre mi ha chiamato.
-         E questa sceneggiatura? Mi racconti qualcosa?
-         “Qualcuno” non aveva detto prima... “niente lavoro”? – disse Manuel, scoppiando in una risata e puntando un dito direttamente sotto il suo mento e sollevandolo all’altezza della sua bocca.
-         Hai ragione – si morse le labbra Ludovica.

Quindi la donna si girò per cercare Elettra, un po’ scossa per la distanza tra lei e Manuel, incredibilmente ridotta da lui con quel banale gesto. Ed anche Manuel fece lo stesso, consapevole di essere andato appena oltre il limite che si era posto.

Ludovica realizzò solo allora che era stata talmente presa dalla conversazione con Manuel che si era quasi dimenticata di Elettra... Era sicura che Elettra non gliel’avrebbe perdonata.
Guardò intorno, ma non vide nè l’uno nè l’altra. Solo allora tornò con lo sguardo su Manuel e gli chiese:

-         Scusa, ma quei due dove sono finiti?

2 commenti:

  1. Molto interessante il personaggio di Ludovica.
    Mi piacciono le passioni intense che si possono intuire dentro di lei.
    :)

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  2. Non per niente è amica di Elettra...
    In realtà, tra le due, credo sia Elettra quella che sorprende di più! :)

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