I quattro rimasero a
chiacchierare e brindare per circa un’ora. Dopo il primo giro di champagne
Ludovica sentiva che dentro le nasceva una strana voglia di giocare e
scherzare. Non era abituata a bere. Già la birra aveva lavorato pesantemente al
suo corpo ed alle sue emozioni. Ora lo champagne stava completando l’opera,
regalandole una leggerezza inusuale per lei, abituata a restare sempre un po’
in disparte, ad osservare il mondo e commentarlo dentro di sé.
Dopo il terzo giro di champagne,
Manuel propose di uscire a prendere una boccata d’aria, anche se in quella
calda serata d’estate forse avrebbero potuto prendere un po’ d’aria solo nel
locale, di quella fresca che buttava dai ventilatori sul soffitto sopra di
loro.
-
Ottima idea! – lo appoggiò Ludovica. – E’ una
vita che non faccio un giro sui Navigli! E poi dopo i seni di Madame de
Pompadour ci meritiamo tutti di respirare un po’, no? – disse facendo
l’occhiolino a Elettra.
Manuel la guardò con un sorriso
tra rimprovero e complicità. Poi aspettò che le due donne si fossero avviate
verso l’uscita, per scambiare qualche battuta con Stefano.
-
Se il sole si vede dal mattino, e se queste due
scrivono come parlano, o addirittura meglio, siamo a cavallo... socio!
-
Manu, sinceramente la scenografia è l’ultima
cosa alla quale sto pensando in questo momento... ma le hai viste?? Oh, scusa,
dimenticavo... non hai occhi che per tua moglie!
-
Ma smettila. Ricorda la prima regola: mai
confondere lavoro e sesso... chiaro?
-
Sì, capo. Obbedisco... mattina lavoro e sera
sesso...
Manuel scoppiò a ridere e si
avviò verso l’uscita.
Ludovica e Elettra stavano
parlottando tra loro e smisero subito non appena i due uomini le raggiunsero.
-
Da che parte, chauffer? – chiese Ludovica a
Manuel.
-
Mah, sarà mica un romano che deve fare strada a
delle milanesi? – la rimbeccò Manuel.
-
Oh bada a come parli... sono terrona fino
all’osso del collo – gli rispose Ludovica.
Manuel la prese sottobraccio con
fare un po’ bonario e i due si incamminarono avanti verso il Naviglio,
lasciando Stefano e Elettra appena indietro rispetto a loro:
-
Raccontami un po’ di te, come sei arrivata alla
scrittura?
Ludovica sorrise. “Gioco in casa”
pensò e iniziò a raccontarsi:
-
Narra la leggenda che la prima volta che mia
madre fece l’ecografia... (ci sarà stata a quell’epoca l’ecografia?) le avevano
detto che ero un bel maschietto con un pisellino di tutto riguardo. Poi quando
nacqui tutti si stupirono. “E’ Femmina!” disse l’ostetrica. E subito dopo si
svelò il mistero... avevo una penna in mano...
-
Bella questa! Originale se non altro...
-
La verità è che ho sempre scritto, da che
ricordi... almeno dalle medie. Prima i diari: passavo ore a sfogliare giornali
e raccogliere frasi che esprimessero i miei sentimenti. Le appiccicavo,
coloravo, incorniciavo. Poi con la prima passione in terza media fu una cascata
di parole. Irrefrenabile. Le parole hanno sostituito pian piano i ritagli di
giornale. Non ho mai smesso, padre, lo confesso. E’ una tentazione troppo
forte... scrivo perfino sul mio blackberry quando cammino per strada...
Manuel le lasciò una pausa. Un
piccolo momento di silenzio nel quale lei potesse raggranellare i suoi
pensieri. Mentre camminavano la guardava un po’ da “lontano” e le piaceva
sempre di più quella donna che sembrava avere un mondo inesplorato dentro di
sé. La curiosità verso di lei si accentuava ad ogni parola, ad ogni frase.
Indipendentemente dalla storia della sceneggiatura, voleva conoscerla.
-
E come sei arrivata al blog?
-
Un amico. Ho scoperto il suo blog per caso e mi
è venuta voglia di aprirne uno mio. Solo che è rimasto fermo per un mucchio di
tempo, davvero tanto. Paradossalmente dopo aver scritto tanto, ma solo per me,
non sapevo cosa scrivere ad un potenziale pubblico. Alla fine quell’amico ha
proposto di aprire un blog con altri che avevano la passione di scrivere. Ripeto,
io avevo scritto sempre per me stessa. Era sempre stato uno sfogo, non
rileggevo (e a volte ancora adesso non rileggo) mai quello che scrivevo.
Restava lì ad incorniciare gli anni che passavano. Insomma... ho accettato la
sfida ed ho iniziato...
-
Li hai ancora?
-
I diari?
-
Sì.
-
Sì. Li ho ritrovati e rileggerli è stato come
rivivere quei momenti. Una sensazione davvero strana, quella di scoprire
rancori ed amori chiusi ancora lì dentro. Come aprire un barattolo dove hai
messo dentro dei fiori ed essere pervaso dal loro profumo intenso. Alcuni sono
dolciastri, altri ti penetrano nelle ossa e fanno ancora male, molto male... Non
te lo aspetti... non me lo aspettavo, almeno...
-
E che scrivevi?
-
Solite cose da adolescenti. La Libertà, Libertà
di fare quello che vuoi, di essere te stessa senza dover essere altri. E l’Amore,
quello con la “A” maiuscola. L’Amore per sempre. L’Amore che vince su tutto.
L’Amore che ti porta via. L’Amore che si dona e quello che si nega.
-
Qualcuno in particolare?
-
Beh, un ragazzino per un annetto circa. Poi un
altro e per un periodo tutti e due...
-
Ah! Dilemma...E non hai trovato nulla di
particolare? Qualcosa che non ricordavi?
-
Sì... una lettera con molti destinatari...
-
Cioè?
-
Volevo suicidarmi. Allora scrissi un pensiero
per alcune persone alle quali volevo lasciare una frase.
-
Un motivo?
-
No... erano più che altro consigli...
-
Del tipo?
-
Del tipo... “impara a vivere di più le tue
emozioni”, “impara ad accorgerti di più di quello che provano le persone invece
che pensare a quello che fanno”... cose così, insomma. Nessuna accusa. Nessun
motivo. O forse rinfacciavo loro ciò che non avevano dato a me...
Manuel pensò un attimo alla sua
adolescenza. Ricordava i tumulti, le ribellioni, ma non quella sensazione di
“volerla fare finire con la vita”, che pur molti suoi compagni avevano provato.
Così la domanda si presentò spontanea sulle sue labbra?
-
E perchè volevi suicidarti?
-
Mi sentivo sola. Non mi sentivo al mio posto in
nessun posto. Come il novantanove per cento degli adolescenti.
La frase lo colpì. Non si
riteneva di essere nell’uno per cento. Tanti dei suoi amici erano come lui.
Così decise di sdrammatizzare e passò oltre.
-
Ma non lo hai fatto, per fortuna.
-
No... per fortuna. Ricordo che dissi una frase,
durante una litigata con mia madre, sulla possibilità che mi suicidassi e lei
mi diede un ceffone così forte che quel pensiero schizzò via da me...
-
Parliamo di qualcosa di più allegro... Cosa
scrivi?
-
Racconti. Storie...
-
Genere?
-
Adoro scrivere dei sentimenti, delle emozioni,
immedesimarmi nelle persone: donne, uomini, ragazzi, bambini. Farli miei,
sentirli dentro. L’unico limite è che non potrei mai scrivere una commedia. La
cosa buffa è che odio le cose strappalacrime... per fortuna questo mi impedisce
di andare oltre un certo limite. Insomma, quando mi viene il vomito...
smetto... E poi adoro le cose truci...
-
Omicidi? Sangue?
Il pensiero di Manuel e di
Ludovica si concentrarono sulla sceneggiatura. Si piacevano, su questo non
c’era alcun dubbio. Ma ciò che stava creando un solidalizio forte tra di loro
era la passione di entrambi per le storie. Per Ludovica era la storia da
immaginare, pensare, creare. Per Manuel era la ricerca dei personaggi più
adatti, la cura dei particolari che avrebbe reso quella storia scritta
adattabile al racconto su un video. Ludovica sapeva che Manuel stava pensando a
“quella storia”, così non perse l’occasione per tornare a parlare della
proposta.
-
Sì... per questo la tua proposta mi piace, mi
attira... mi piacerebbe scrivere qualcosa di truculento una volta... pensa che
una volta in classe sognai di uccidere la prof. Avevo immagini di sangue
davanti agli occhi... questo aspetto di me un po’ mi terrorizza... ho paura che
possa venire fuori... prima o poi...
-
Senti... direi che ho da fare... è stato bello
conoscerti...
-
Guarda che la cosa potrebbe tornare a tuo
favore... la tua storia è nel genere che potrebbe far emergere la sanguinaria
che è in me... ma adesso basta a parlare di me... Tu?
-
Seguo lo sviluppo e la preproduzione, insomma la
fase di studio della sceneggiatura, il budgeting. Poi la ricerca di fondi e
l’individuazione dei protagonisti, gli attori principali, gli sceneggiatori, i
registi...
-
Interessante...
-
Sì. Bello... peccato che stia fuori casa
spesso...
-
Sei sposato?
Manuel titubò un attimo nel
rispondere. Poi qualcosa negli occhi di Ludovica gli suggerì di non mentirle. A
che pro? Solo per portarsela a letto? No, si disse. Avrebbe trovato in altro
modo la strada verso di lei.
-
Sì. La mia famiglia vive a Roma, tra l’altro. Io
arrivo a Milano il lunedì mattina e torno a casa il venerdì sera...
-
Strano tu sia costretto a fare questa vita...
credevo che il mondo dello spettacolo fosse altrettanto dotato di posti di
lavoro a Roma...
-
Sì... ma parecchie produzioni si “pensano” qui a
Milano...
-
Ah... e come ci sei arrivato?
-
Da piccolo volevo fare l’attore...
-
Scusa se mi permetto, ma mi sembra che tu abbia le
physique du rôle...
-
Penso sia un sogno che hanno tutti i bambini...
-
Già... perfino io volevo fare l’attrice... e non
mi dispiacerebbe, anche ora, una vita d’artista... sul palco. Solo che per
carattere rifuggo le occasioni. Mi è rimasto solo il “vizio” di mettere una
colonna sonora ai miei pensieri, soprattutto quelli da “tre metri sopra il
cielo” o “profondi più dell’inferno”... Mi immagino di vedere un film con me
protagonista.
-
Beh... più o meno è il motivo per il quale ho
abbandonato l’idea di fare l’attore. Poi crescendo mi ha interessato sempre di
più quello che c’era dietro la macchina da presa... così ho studiato al DAMS a
Bologna e quando sono tornato a Roma un conoscente di mio padre mi ha chiamato.
-
E questa sceneggiatura? Mi racconti qualcosa?
-
“Qualcuno” non aveva detto prima... “niente
lavoro”? – disse Manuel, scoppiando in una risata e puntando un dito
direttamente sotto il suo mento e sollevandolo all’altezza della sua bocca.
-
Hai ragione – si morse le labbra Ludovica.
Quindi la donna si girò per
cercare Elettra, un po’ scossa per la distanza tra lei e Manuel, incredibilmente
ridotta da lui con quel banale gesto. Ed anche Manuel fece lo stesso,
consapevole di essere andato appena oltre il limite che si era posto.
Ludovica realizzò solo allora che
era stata talmente presa dalla conversazione con Manuel che si era quasi dimenticata
di Elettra... Era sicura che Elettra non gliel’avrebbe perdonata.
Guardò intorno, ma non vide nè
l’uno nè l’altra. Solo allora tornò con lo sguardo su Manuel e gli chiese:
-
Scusa, ma quei due dove sono finiti?
Molto interessante il personaggio di Ludovica.
RispondiEliminaMi piacciono le passioni intense che si possono intuire dentro di lei.
:)
Non per niente è amica di Elettra...
RispondiEliminaIn realtà, tra le due, credo sia Elettra quella che sorprende di più! :)