Epilogo – Ritorno al Mondo-Che-C’è
Non so quanto tempo trascorsi all’Isola-Che-Non-C’è, ma ad un certo punto, nonostante i Bimbi Sperduti fossero dei dolcissimi bambini come quelli “reali” e nonostante Peter fosse pieno di attenzioni verso di me, dentro di me iniziai a sentire una profonda nostalgia per il mondo reale.
Così una mattina mi avvicinai a Peter, dopo che aveva aiutato un Bimbo Sperduto che si era fatto male, e gli chiesi di parlargli.
-        Voglio tornare indietro, Peter.
-        Di già? – mi guardò lui un po’ deluso.
-        Sì...
-        Ti mancano i tuoi bambini?
-        Sì. Ma non è solo questo...
-        E cos’altro?
-        Vedi, tutto questo non è... non è “reale”. Mi manca... beh, mi manca la realtà.
-        La realtà?
-        Sì. Mi manca svegliarmi tutti i giorni sapendo che non è detto che le cose vadano sempre per il verso giusto. Mi mancano le sfide con me stessa, per dimostrare che sono capace di affrontare le difficoltà. Mi mancano le mie piccole cose di tutti  i giorni, la gente che si affanna, la gente che ride, la gente che piange...
-        La gente che piange... ti manca? – mi guardava sempre più perplesso Peter.
-        Sì, Peter. C’è anche tristezza nel mondo e questo non si può ignorare giocando sempre.
-        E’ vero... – mi disse e abbassò lo sguardo – Scriverai quella storia per noi?
-        Non lo so. Peter, portami a casa, ti prego...
Non disse nulla. Si alzò, stretto nel suo piccolo scamiciato verde prato e nei suoi fuseau verde bottiglia, saltellò un po’ sui suoi stivaletti beige da folletto e alla fine estrasse dal suo cappello un po’ di polvere di fata e la sparse tutta intorno a noi.
Ci librammo alti nel cielo. In un attimo fummo sopra Londra e in un secondo davanti al vetro della mia camera all’hotel Kingsley, Bloomsbury. Il viaggio era durato molto meno che quello dell’andata. Oltrepassammo il vetro come una magia e di colpo fummo entrambi a grandezza naturale, nella stanza dell’albergo dal quale eravamo partiti.
-        Grazie, Peter. – gli dissi.
-        C’è una cosa che non ti ho detto sulla storia. Puoi ascoltarmi ancora un attimo?
-        Certo...
Ci sedemmo sul letto. Aveva un viso dolcissimo, uno di quei visi dei quali ci si innamora, uno di quegli sguardi nei quali puoi perderti per sempre. I suoi occhi esprimevano tristezza, un sentimento profondo, insolito per come ero abituata a pensare al Peter Pan dei miei sogni.
-        Vorrei che tu scrivessi qualcosa di particolare.
-        Cosa?
-        E’ da quando mi hanno creato che sento sempre parlare male di me...
-        Peter, no! Cosa te lo fa pensare? Sei l’idolo dei bambini, l’eterno bambino che c’è in ogni adulto, quello che tutti almeno una volta hanno desiderato incontrare o essere...
-        E’ proprio questo, Pavone Bianco.
-        Proprio... questo? – gli dissi senza capire cosa voleva dirmi.
Guardavo i suoi occhi sperduti. Desideravo aiutarlo ma non sapevo come.
-        E’ proprio l’essere sempre associato ad un modello negativo, quello del Ragazzo-Che-Non-Vuole-Crescere, che mi fa male... Io ogni tanto volo nel Mondo-Che-C’è. Dove vedo qualcuno che soffre per amore io mi intrufolo e spio. Sono curioso. Io che non ho mai voluto vedere fino in fondo cosa è l’amore, a volte ho voglia di capirlo e lasciarmi travolgere, ma mi fa paura. Sento tante persone che parlano di uomini irresponsabili. Li definiscono “eterni Peter Pan”. Beh, io non sono così...
-        Scusa Peter, non capisco. Tu sei quello che vuole restare all’Isola-Che-Non-C’è perchè non vuole prendersi responsabilità e vuole rifuggire la realtà...
-        Anche tu sei così...
-        Anche io sono come? – gli dissi piuttosto alterata. – Spiegami allora, perchè capisca.
-        Io ho solo voluto mantenere la responsabilità di mostrare agli occhi di un bambino che crescendo non deve perdere la sua gioia di scoprire le cose, di sorridere alle novità. Io voglio solo insegnare loro a non avere paura delle cose nuove, a buttarcisi dentro e provarle, anche se a volte ci si può fare male. Io voglio che sappiano difendere le loro idee con la forza e l’entusiasmo di un bambino, ma rispettando le regole del gioco. Io voglio che non perdano la fantasia. Io voglio che siano Uomini che non dimenticano di vivere il mondo con gli occhi dei Bambini. Sono sempre stato travisato. Mi hanno sempre messo al bando dal mondo degli adulti, ma mi sento più adulto di molti di loro: io ho scelto di restare all’Isola-Che-Non-C’è perchè nessuno possa mai smettere di credere che c’è la possibilità di un sogno, che bisogna avere sogni e crederci davvero.
-        Peter... credo tu sia più adulto di molti Peter Pan che ci sono in giro...
-        E’ vero. Io continuo a provarci, ma sono stufo di essere frainteso. Voglio che il mondo sappia che il “vero” Peter Pan non è un irresponsabile. E’ solo un ragazzo che ha voglia che gli adulti sappiano mantenere in sé quella parte di innocenza, di gioco, di sorriso e di sorpresa che c’è in un bambino... senza però che questo significhi lasciare da parte le proprie responsabilità. Io la mia... me la sono presa...
-        E’ per questo che vuoi che io scriva?
-        Sì... vorrei che tu potessi scrivere di questo, di come sia necessario crescere non lasciandosi sopraffare dalla tristezza, mantenendo sempre l’entusiasmo, la gioia, la voglia di amare, di essere sé stessi, semplici, spontanei e grandi... come lo sono i Bambini.
-        Non hai mai desiderato tornare al Mondo-Che-C’è?
-        Ho desiderato l’Amore. Ho desiderato di viverlo nel profondo. Ho desiderato lasciarmi trascinare da esso verso limiti altrimenti irraggiungibili. Ma so che non posso farlo. Non qui...
-        E Trilli?
-        Trilli mi ama, lo so. Ma non posso lasciarmi andare...
-        Scriverò, Peter. Scriverò di questa avventura e spero che essa passi di bocca in bocca perchè...
Mi baciò. All’improvviso. Si avvicinò, accostò le sue rosse labbra alle mie.
Chiusi gli occhi e quando li riaprii mi ritrovai sul letto, da sola. Mi guardai intorno, corsi alla finestra, ma non c’era più. Non poteva essere sparito così... Forse non c’era mai stato... Forse avevo solo sognato...
Mi alzai e passando davanti allo specchio mi fermai un attimo a guardarmi il viso. Portai istintivamente le mani alla bocca e mi chiesi se fosse stato vero.
Mi infilai sotto il piumone, spensi la luce e chiusi gli occhi. Iniziai a rivedere una per una le immagini di quella fantastica avventura, pensando a come avrei potuto raccontarla, senza chiedermi più se fosse stata un sogno o realtà. Mi addormentai presto, ma non sognai Peter Pan.
Giurerei quasi di essermi svegliata più volte quella notte per un fastidioso battito di ali vicino al mio orecchio. Quando mi svegliai, guardai il mio cuscino e sorrisi: era pieno di piccola polvere dorata.
Eh sì... Trilli era proprio gelosa di me!
Brava!
RispondiEliminaPeter sarà entusiasta del lavoro fatto!
Eh si, mi piace pensare che tutto ciò sia accaduto realmente...
:)
Oh... ma è accaduto realmente... dubiti?
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