sabato 19 novembre 2011

Il segreto di Peter Pan - Capitolo 3 - L'Isola-Che-Non-C'è


Capitolo 3 – L’Isola-Che-Non-C’è


Guardai in basso e subito lo stomaco mi volò in bocca. La mia camera era al quinto piano dell’albergo e sotto di me avevo... il vuoto.
-        Peter... – sussurrai.
-        Non aver paura... – disse e mi prese per mano, puntando l’altra verso il cielo. Mi ritrovai nel giro di qualche secondo ben sopra il palazzo dell’albergo, con una splendida vista sul quartiere di Bloomsbury.
-        Devo prima farti vedere una cosa... poi andiamo, ok?
-        Eh? – fu l’unica cosa che riuscii a dire, con gli occhi incollati al suolo, dove la città sembrava estendersi senza confini, piena di piccoli punti luminosi che scorrevano su lunghi viali illuminati.

Non era vero. Non poteva essere vero... Eppure era Londra, ed io ci stavo volando sopra.
-        Peter guarda! Il British Museum... quella cupola verdognola è il British Museum e là... guarda là, quella è l’università... l’ho vista sulla piantina mentre venivo a Londra... e quello deve essere Regent’s Park... l’Inner Circle... avevo pensato di andarci... Oh mio Dio, ma quanto alto stiamo volando?
-        Hai visto che bello? Non hai più paura, eh?
-        No... non credo... e quel parco?
-        Hyde Park...
-        Già... ma dove mi stai portando?
-        Volevo farti vedere una cosa...
-        Sì, ma cosa?
-        Sei curiosa eh? Siamo arrivati... – disse iniziando la discesa verso il prato.
-        Hyde Park? Volevi portarmi qui, Peter?
-        Più o meno...


Ci sospendemmo a qualche metro dal suolo. Eravamo incredibilmente piccoli ed il mondo mi sembrava enorme. Gli alberi intorno sembravano giganti buoni e il piccolo laghetto che si estendeva sotto di noi mi sembrava un oceano.
-        Dove siamo, Peter?
-        Siamo ai Giardini di Kensington. Volevo che tu sapessi dove ho passato la mia infanzia nel Mondo-Che-C’è...
-        Eh? Il mondo cosa?
-        Il Mondo-Che-C’è, sì, insomma... prima di andare all’Isola-Che-Non-C’è.
-        Tu... vuoi dire che tu hai avuto una infanzia “vera”? Non può essere... tu... tu sei un personaggio di Berrie... lui ti ha inventato... com’è possibile?
-        Sì. Vivevo qui... Ero molto piccolo... parlavo il linguaggio degli uccelli e delle fate... Mi chiamavano “L’uccellino bianco”. Ho un ricordo molto vago, però questo posto è l’unico posto reale dove posso rifugiarmi, quando sono triste.
-        Non ti capisco, Peter... sei l’emblema dell’allegria, della voglia di giocare, di divertirsi. L’eterno ragazzo... perchè sei triste?

Non mi rispose. Mi afferrò con una mano e con l’altra spruzzò in aria altra polvere dorata. Gli chiesi:
-        Ma questa è la...
-        Sì... polvere di fata... quella che ci permetterà di volare. Vieniiii.....

Ancora su in alto, stavolta verso Est, verso i giardini di Buckingham Palace, il Tamigi, con le sue acque brune e fredde, e infine Westminster e il Big Ben.

Era come se si fosse liberato qualcosa dentro di me. Come se tutta la pesantezza dell’essere adulto fosse rimasta nella camera d’albergo. Mi riempiva la gioia e l’allegria, mi sentivo Wendy che vola insieme a Peter Pan e come nel film che avevo visto tante volte, alla fine una spinta verso l’alto ci portò nel cielo stellato e ancora più su, fino a che sotto di me non vidi un’isola verde circondata da un mare azzurro, una baia con una barca dei pirati e iniziai a sentire cori ubriachi e voci urlanti di bambini.

« Seconda stella a destra:
questo è il cammino
e poi dritto
fino al mattino.
Non ti puoi sbagliare perché
quella è l'isola che non c'è »

Dall’alto potevo vedere fiumi e cascate, giardini e boschi immensi, pieni di piante ed alberi giganteschi. Il mare era una piatta distesa blu ed il sole illuminava questo paesaggio fiabesco. Fatevo ancora fatica a credere ai miei occhi, ma alla fine non m’importava se fosse realtà o sogno... in fondo, lo stavo vivendo comunque e tutto mi regalava una sensazione di felicità, che sembrava essere rimasta a lungo sopita in me.

-        Dimmi che non sto sognando, Peter... – gli dissi.
-        Certo che non stai sognando... nulla è sogno se non la realtà stessa. Solo che a volte non la vedi, non con gli occhi giusti...

Atterrammo in una piccolo prato all’interno di un bosco. Voci di bambini si sentivano tutt’intorno, ma era difficile dire da dove provenissero esattamente. Era come se fossero sparsi un po’ dappertutto. Era come se ne fossi circondata. L’erba fresca e rugiadosa faceva il solletico ai miei piedi. Gli uccellini svolazzavano appena sopra la mia testa.
-        Capisci come sia difficile scegliere di lasciare questo posto?
-        E’... bellissimo, hai ragione. Però...
-        Però... è difficile da spiegare davvero quello che c’è qui. Ti voglio mostrare qualcosa...

Ci inoltrammo nel bosco. Le voci dei bambini si facevano più vicine, o almeno così sembrava. Riuscivo a distinguere le parole, anche se mi risultava ancora difficile capire cosa stessero facendo – un gioco, immaginavo – e distinguere le voci di uno dalle voci dell’altro. Non so per quanto camminammo o sognai di camminare – perchè ancora oggi non so se quello che vissi allora è stato un sogno o un pezzo di realtà. Alla fine giungemmo in una piccola radura. Vidi su di un albero una capanna in legno, alla quale si arrivava per tramite di una scala, anch’essa in legno. All’esterno della capanna, due bambini di circa sette o otto anni stavano riparando il ballatoio. Avevano qualche palo e qualche liana con la quale legavano il palo al corrimano, sulla parte superiore, ed alle assi del pavimento, sulla parte inferiore. Sulla scala che portava alla capanna due bimbi di quattro o cinque anni giocavano con delle spade fatte di legno. 

Nella piccola radura appena fuori dal bosco nel quale ancora eravamo, tanti piccoli bimbi camuffati da pirati combattevano contro altri. Altri piccoli pulivano il bosco ed altri ancora raccoglievano erbe e fiori.

Mi girai verso Peter e fu solo allora che la vidi. Piccola, bionda, con i capelli raccolti in un grosso tuppo sulla testa, un vestitino verde, delle scarpe bianche luccicanti e due piccole ali che battevano ritmicamente dietro di lei per tenerla su.
-        Trilli...  – mi sorprese la mia stessa voce.

Peter si accorse della mia meraviglia.
-        Già... Trilli... la piccola impertinente fata dell’Isola-Che-Non-C’è...
-        Impertinente a chi? – si volse Trilli indispettita verso Peter Pan.
-        Tu, piccola impertinente fata... potrei ripeterlo all’infinito. Im-Per-Ti-Nen-Te!
-        Peter, stai attento perchè altrimenti...
-        Altrimenti cosa?

Fu come in un fumetto. Le sue gote si colorarono di rosso, appoggiò le mani sui fianchi, gli fece una linguaccia, si girò e prese il volo su da qualche parte verso il cielo.
-        Sempre a litigare voi due, eh? – risi verso Peter.
-        Lasciala perdere. E’ gelosa...
-        Gelosa? E di chi?
-        Di te...
-        Di me? No, non può essere... e perchè sarebbe gelosa?
-        E’ gelosa di qualunque donna mi stia accanto...
-        E’ innamorata di te, Peter...
-        Naaa, fa solo finta – disse e poi chiamò a raccolta tutti quei bimbetti che si aggiravano intorno alla capanna.

Essi si sedettero ubbidienti intorno a noi e solo allora, quando ebbero tutti fatto silenzio, Peter iniziò a parlare, ad alta voce, come un vero capo.
-        Bimbi Sperduti... vi presento... oh! – pensò come tra sé e sé – non ti ho chiesto come ti chiami... Come ti chiami?

Mi scappò una risata.
-        E’ importante? – gli chiesi.
-        Sì, certo che è importante... – mi rispose.
-        Va bene. Posso darti un nome di “fantasia”?
-        Bimbi Sperduti... possiamo accettare un nome di “fantasia”?
-        Sìììì – urlarono all’unisono i Bimbi Sperduti.
-        Allora, sono... Il Pavone Bianco.
-        Waw... allora Bimbi Sperduti. Il Pavone Bianco ci è venuto a trovare dal Mondo-Che-C’è. Non resterà qui molto, quindi dobbiamo approfittare di lei. E’ una scrittrice e ha promesso che quando torna nel suo mondo scriverà di noi...

Un urlo si alzò dal gruppo di faccine incantate all’ascolto di Peter. Io rimasi ferma, un po’ perplessa. Quando realizzai quello che Peter aveva appena detto interruppi quelle urla.
-        Fermi, fermi.... io non ho promesso nulla! Peter, ma...

Una vocina femminile dall’alto dell’albero appena sopra di me si sentì:
-        Peter, te l’avevo detto che non potevi fidarti... tutte uguali le donne! Ma no... tu sei un ingenuo! Non cambierai mai... Te l’avevo detto che non puoi fi...
-        Lo so che non hai promesso nulla... – la interruppe Peter, rivolgendosi poi a me. – Eppure lo prometterai vero?
-        Promettere cosa, esattamente Peter?
-        Che scriverai un’altra storia su di noi?
-        Io? Ma... non sono certo all’altezza di Barrie io...
-        Chi è Barrie? – chiese una vocina piccola piccola dal fondo del gruppo.
-        Lo scrittore che vi ha inventato... – risposi d’istinto.

Un mormorio leggero si diffuse come un’onda sulla truppa di pirati e avversari. “Cosa? Lo scrittore che ci ha inventato?” “Perchè, non siamo reali?” “Uno scrittore ci ha inventato?”.
-        Silenzio! – urlò Peter.
-        Silenzio! – urlò Trilli.
-        Silenzio! – urlarono i bambini tra di loro.
-        Parlo io! – urlò Peter.
-        Lasciatelo parlare! – urlò Trilli.
-        Lasciamolo parlare! – urlarono i bambini.
-        Dunque... – riprese Peter, voltandosi verso di me – Pavone Bianco, tu scriverai una storia su di noi.
-        No! – protestai.
-        No? Perchè... perchè no? – mi chiese Peter.
-        Perchè non sono all’altezza di scrivere una favola. Come Barrie intendo... – risposi.
-        Mah, vedremo... – sbuffò Peter. Mi volse imbronciato la schiena e riprese a parlare ai Bimbi Sperduti – Il Pavone Bianco, F-O-R-S-E, scriverà una storia su di noi. Sapete tutti come si parli mali di noi, nel Mondo-Che-C’è, vero?

Quasi tutti in coro risposero con un mesto “Già”, che rimbalzava come una eco di bocca in bocca.
-        Ebbene, Il Pavone Bianco – riprese Peter – ci farà risplendere nell’Universo delle Favole!
-        No, Peter, ma che stai dicendo? – gli chiesi.
-        Ti ho portata qui apposta. Tu scrivi, no?
-        Io... beh, sì... un po’...
-        Allora, scriverai di noi.
-        Non so... Peter... non aspettarti...
-        Non hai fiducia in te stessa? – mi interruppe - Vuoi dire che ho sbagliato a scegliere te?
-        Posso provarci... ma che... che storia?
-        Beh, una storia... puoi passare qui quanto tempo vuoi e poi torni nel Mondo-Che-C’è a scriverla...
-        Ma io ho famiglia... ho dei bambini... Non posso restare a...

Peter mi interruppe di nuovo:
-        Portali qui... anzi, anzi... li vado a prendere io!

Aveva già chiuso gli occhi per concentrarsi sul suo “pensiero felice” e stava prendendo un po’ di polvere di fata per alzarsi in volo quando lo fermai.
-        No, Peter, fermo.
-        Eh? – mi guardò stranito.
-        Non puoi... – cercai di spiegargli.
-        Non posso? E perchè mai? Questo è il loro mondo...
-        No, il loro mondo non è questo...
-        E’ qui che ti sbagli, Pavone Bianco.

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