Boston, Agosto 2011
I lunghi capelli erano girati
intorno ad una matita, avvolti su se stessi e fissati sulla nuca. La giacca era
appoggiata alla sedia. Faceva caldo, nonostante l’aria condizionata. Lauren era
seduta sulla poltrona, una gamba stesa sotto la scrivania ed una stretta al
petto, con il piede che appoggiava sulla sedia. La mano destra giocava con il
mouse, selezionando da vari menu a tendina le opzioni scelte per quel report.
Aprì nuove finestre con nuovi grafici, cambiò schermo ed aprì il terminale con
i dati di mercato. E giù altri grafici. Poi si acquietò un attimo e pensierosa
guardò il soffitto. Frettolosamente cercò un numero sul blackberry, lo appoggiò
sul tavolo e compose il numero sul telefono fisso. Squillava. Uno... due...
tre... “Dài, rispondi” pensò tra sé...
-
Matthew Weber, chi parla?
-
Ciao Matthew sono Lauren.
-
Lauren! Sì. Ciao come stai?
-
Bene Matthew. Ti disturbo?
-
No, no. Stavo leggendo un noiosissimo report sul
bilancio di una società.
-
Mm... ti capisco allora. Se posso allora...
-
Beh, nulla di certo. Ma quello che sto notando è
questo... il dato di volatilità del mercato in alcuni momenti è stabile, mentre
i portafogli registrano variazioni di volatilità significative rispetto al
mercato, fino anche al tre per cento. Subito dopo noto che il mercato crolla.
Idem al contrario, quando il mercato sale...
-
Mi sembra strano Lauren. Ma ne sei sicura?
-
Guarda, sto analizzando i report di quest’anno.
Sto dando un’occhiata ai vari fondi. E’ davvero strano... a marzo il movimento
è quasi impercettibile, ma la tendenza la puoi notare, se sai cosa stai
cercando. Invece a giugno è marcata, appena prima del crollo e a metà luglio si
verifica di nuovo. Se fai la stessa analisi appena prima che il mercato abbia
un’impennata, sei nella stessa condizione.
-
Non stai guardando l’ambiente di sviluppo o la
simulazione, vero?
-
Marc, ma per chi mi prendi? Conosco il vostro
software a memoria. Sono anni che lo utilizzo e... “ve lo correggo”...
-
Hai ragione, scusa, ma non capisco... se hai un
attimo mi collego al vostro ambiente e mi spieghi. Salva il report che stai
guardando in modo particolare e poi dimmi come si chiama.
-
Mm... sto salvando... ecco... l’ho chiamato
Lauren_Volatility.tbs... lo vedi?
-
Ancora un attimo, sto facendo login... ecco... sì, perfetto lo vedo...
dunque dicevi a marzo, giugno e metà luglio, appena prima del crollo?
-
Sì, se apri poi il terminale Bloomson e guardi
l’andamento del mercato e della volatilità vedrai che è come ti dico io... ma
che dati buttate in pasto ai vostri modelli, Marc?
-
Lauren... non mi fare le solite domande...
-
No Matthew. Io qui ho il dubbio che il vostro
software faccia acqua. Noi abbiamo il vostro software, e sai benissimo che
abbiamo dei limiti molto stretti sulla volatilità, perchè li abbiamo
configurati insieme. Su queste basi i nostri gestori valutano le loro posizioni
e decidono quando vendere e quando acquistare, cosa vendere e cosa acquistare
per tenersi nel budget di rischio. Ti rendi conto quanto è importante per noi
che il modello sia corretto ed i dati che macina siano impeccabili?
-
Lauren... o mi dai un errore concreto o
dimostrabile oppure io non posso lavorarci... non lavoro sulle sensazioni, non
posso farlo. Dimostrami che sbaglio ed io ti correggo l’errore. Per questo sono
pagato.
-
Non mi aspettavo questa risposta da te, Matthew.
Non dopo tutto il lavoro fatto insieme per passare in produzione questa roba
che abbiamo dovuto digerire...
-
Ah, dài, non torniamo sui discorsi che è meglio
la roba fatta in casa...
-
E’ così. Noi la penseremo così finchè non ci
direte come è fatto il vostro modello, come funziona la vostra matrice di
varianza-covarianza e quali dati usate, quali opzioni scegliete.
-
Lauren, mi spiace. Questo non posso dirtelo.
-
C’è Evelyn, per favore?
-
Evelyn? Che c’entra Evelyn?
-
Passamela, per favore.
-
Va bene, aspetta. Ti passo la segretaria. Take care!
-
Ciao Matthew... quando vuoi venire a lavorare
qui per tornare nella tua Boston chiamami eh...
-
Ci posso fare un pensiero quando molli quel
borioso del tuo amministratore delegato...
-
Non è un borioso...
-
Eh sì... ciao Lauren, ti passo Evelyn.
Una musica di sottofondo annunciò
a Lauren che Marc aveva trasferito la telefonata al numero della Segretaria Personale
di Evelyn.
-
Segreteria di Direzione, The Black Swan, sono
Helena, come posso aiutarla?
-
Salve. Mi aspettavo Jenny...
-
No Jenny è malata. Come posso aiutarla?
-
Salve Helena. Sono Lauren Legrange di
J.F.Crombie. Ho bisogno di parlare con Mrs Porter, per favore. E’ abbastanza
urgente.
-
Aveva un appuntamento telefonico con Mrs Porter,
Mrs Legrange?
-
No. Ma le sto dicendo che è urgente. Siamo il
primo cliente della vostra società e abbiamo un problema in produzione.
-
Va bene, attenda un attimo in linea e vedo se è
disponibile.
La musica di sottofondo tornò ad
allietare le orecchie di Lauren, ma incominciò ad innervosirla l’attesa. Dopo
circa tre minuti, la voce squillante riprese il controllo.
-
Segreteria di Direzione, The Black Swan, sono Helena, come posso aiutarla?
-
Sono sempre Lauren Legrange di J.F.Crombie. Non
so se lei stia giocando o cosa, ma io ho urgenza di parlare con Mrs Porter.
-
Mi scusi, Mrs Legrange, ma credevo di averle
passato Mrs Porter. Un attimo ancora e verifico cosa è successo.
La musica di sottofondo stavolta
non ingannò l’attesa. Per qualche caso fortuito, Mrs Helena non aveva
schiacciato bene il tasto di attesa e la conversazione che ne seguì fu resa
udibile, senza veli, a Lauren: « Non parlo con lei, Helena. Mi sembrava di
averglielo detto. Le chieda cosa vuole... uffa! Ma quando torna Jenny?»
La voce squillante tornò
all’apparecchio.
-
In questo momento Mrs Porter non può essere
disturbata. Mi ha chiesto se può gentilmente lasciarmi detto di cosa ha
bisogno, così appena possibile la richiama.
-
Mrs Helena, io ho bisogno di parlare subito con Mrs
Porter. E’ ur-gen-te. Forse non mi sono spiegata. Credo di avere un problema
grosso con il vostro software in produzione e devo capire cosa sta succedendo.
Sembra che la volatilità sia impazzita. Le chiedo di insistere.
-
Un attimo, prego.
«Mrs Porter, Mrs Legrange insiste
per parlarle. Hanno un problema di vo... volatilità, ecco, sì di volatilità.
Cosa faccio, gliela passo?» «Dille di controllare la volatilità del suo
amministratore delegato. In questo momento non voglio rogne, inventati una
balla. Io esco, ciao.» «Bene, Mrs Porter, buona serata»
Lauren era infuriata. Non solo
riteneva di avere ragione, ma l’atteggiamento di Evelyn era ingiustificabile. E
quell’allusione a Gabriel la mandò su tutte le furie.
-
Mrs Legrange, Mrs Porter...
-
Ho sentito tutto, Mrs Helena. La ringrazio.
Arrivederci.
Chiuse il telefono sbattendo la
cornetta e si alzò di scatto, afferrando le stampe delle schermate che erano
sparse sulla scrivania. Percorse il corridoio lungo fino agli ascensori, salì
all’ultimo piano, superò la stanza di Sarah e si avviò dritta verso la porta
dell’ufficio di Gabriel, l’aprì e si fermò.
-
Ciao Lauren. Che succede? Hai una faccia...
-
Evelyn...
-
Che è successo?
Lauren cercò di raccogliere in sé
tutte le forze per bloccare la rabbia che le era montata dentro.
-
Guarda qui.
Lasciò che Gabriel desse
un’occhiata ai grafici ed ai numeri. Spiegò, non fosse già chiaro a Gabriel,
tutti i dettagli tecnici che non le tornavano e sintetizzò la sua tesi:
-
Fa acqua da tutte le parti. Non capisco se sono
i dati o il modello, so solo che fa acqua e che in qualche modo l’acqua ci si
sta rovesciando addosso. Ho controllato tutti i movimenti di portafoglio, ho
sentito i trader. Tutte le operazioni sono state effettuate perchè il budget di
rischio era stato superato o perchè eravamo sotto. L’evidenza del superamento
dei limiti è nata da qui – e puntò il dito su un grafico. – A marzo era quasi
impercettibile, a giugno è stato più che evidente, a metà luglio è la conferma.
Quando li mandiamo a casa?
-
Hai sentito Evelyn?
-
Certo... Prima ho fatto una chiacchierata con Matthew
Weber, che mi chiede fatti, evidenze e cose certe. Poi mi sono fatta passare
Evelyn ed ho fatto un lunghissimo colloquio con Mrs Helena, che sta sostituendo
la sua segretaria. Evelyn si nega...
-
Magari non c’è davvero...
-
C’era. Quell’imbranata si è dimenticata di
mettere il “mute”. Evelyn mi ha fatto dire di controllare la volatilità del
“mio amministratore delegato” e non romperle le scatole. Questo era il sunto.
Domattina ti scrivo un report. Poi ne farai quello che vuoi. Io li manderei via
a calci nel sedere. Non mi cercare stasera, non ci sono.
E uscì senza consentirgli di
replicare.
Gabriel rimase con lo sguardo
inchiodato sulla porta.
Era incredibile come quella
donna, Evelyn, entrasse nella sua vita ogni volta al momento giusto per
rovinargliela. E ora, come non bastasse, minacciava anche il suo lavoro. Passi
per i possibili errori sul software, a quelli ci avrebbe pensato l’indomani
dopo aver letto il rapporto di Lauren. Ma la sua vita, no, non poteva
permetterglielo. Aveva impiegato almeno due mesi a ricostruire il rapporto con
Lauren, dopo la cena con Evelyn. La sua fiducia era stata minata. La sentiva
più fredda, meno coinvolta e questo gli dava fastidio. E non era come quando
lasci un letto sconosciuto e non ti importa se la donna che ci dorme dentro ti
ignora quando te ne vai. Non era come lasciarsi alle spalle una storia con
qualcuno che non ti interessa, pur avendoci passato una notte intera insieme.
Lauren era in qualche modo
speciale. Non pensava di essere innamorato, o forse non lo voleva confessarlo a
se stesso. Non capiva cosa provava, non voleva capirlo. Ma l’essere tenuto così
a distanza da quella che considerava oramai un po’ la “sua” donna, dopo anni
che era saltato da un letto ad un altro senza nemmeno chiedersi chi ci fosse
dietro al corpo che aveva posseduto, beh, questo gli faceva male. Non gli
rodeva, gli faceva proprio male dentro.
E non era da lui.
Fece un gesto che non pensava mai
potesse fare. Alzò il telefono e la chiamò:
-
Lauren, sono Gabriel.
-
Dimmi. Ho da fare, devo prepararti la relazione
per domani.
-
Andiamo a casa, Lauren. Sono stanco, ho voglia
di stare con te.
-
Ci vediamo domani, Gabriel.
Il telefono muto rimbombò il
vuoto nelle orecchie. Si accese una sigaretta e spirò il fumo della prima
boccata velocemente fuori, come se volesse spingere all’esterno tutta
l’oppressione che sentiva nel petto. Riprovò ancora con la seconda boccata.
Inutilmente. Così spense la sigaretta, prese la borsa e se andò via
dall’ufficio.
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