venerdì 28 ottobre 2011

Il Cigno Nero - Capitolo 5


Boston,  Agosto 2011

I lunghi capelli erano girati intorno ad una matita, avvolti su se stessi e fissati sulla nuca. La giacca era appoggiata alla sedia. Faceva caldo, nonostante l’aria condizionata. Lauren era seduta sulla poltrona, una gamba stesa sotto la scrivania ed una stretta al petto, con il piede che appoggiava sulla sedia. La mano destra giocava con il mouse, selezionando da vari menu a tendina le opzioni scelte per quel report. Aprì nuove finestre con nuovi grafici, cambiò schermo ed aprì il terminale con i dati di mercato. E giù altri grafici. Poi si acquietò un attimo e pensierosa guardò il soffitto. Frettolosamente cercò un numero sul blackberry, lo appoggiò sul tavolo e compose il numero sul telefono fisso. Squillava. Uno... due... tre... “Dài, rispondi” pensò tra sé...
-         Matthew Weber, chi parla?
-         Ciao Matthew sono Lauren.
-         Lauren! Sì. Ciao come stai?
-         Bene Matthew. Ti disturbo?
-         No, no. Stavo leggendo un noiosissimo report sul bilancio di una società.
-         Mm... ti capisco allora. Se posso allora...
-     Certo, dimmi. Qualcosa non va? Quando mi chiami c’è sempre qualcosa che non va...
-         Beh, nulla di certo. Ma quello che sto notando è questo... il dato di volatilità del mercato in alcuni momenti è stabile, mentre i portafogli registrano variazioni di volatilità significative rispetto al mercato, fino anche al tre per cento. Subito dopo noto che il mercato crolla. Idem al contrario, quando il mercato sale...
-         Mi sembra strano Lauren. Ma ne sei sicura?
-         Guarda, sto analizzando i report di quest’anno. Sto dando un’occhiata ai vari fondi. E’ davvero strano... a marzo il movimento è quasi impercettibile, ma la tendenza la puoi notare, se sai cosa stai cercando. Invece a giugno è marcata, appena prima del crollo e a metà luglio si verifica di nuovo. Se fai la stessa analisi appena prima che il mercato abbia un’impennata, sei nella stessa condizione.
-         Non stai guardando l’ambiente di sviluppo o la simulazione, vero?
-         Marc, ma per chi mi prendi? Conosco il vostro software a memoria. Sono anni che lo utilizzo e... “ve lo correggo”...
-         Hai ragione, scusa, ma non capisco... se hai un attimo mi collego al vostro ambiente e mi spieghi. Salva il report che stai guardando in modo particolare e poi dimmi come si chiama.
-         Mm... sto salvando... ecco... l’ho chiamato Lauren_Volatility.tbs... lo vedi?
-         Ancora un attimo, sto facendo login... ecco... sì, perfetto lo vedo... dunque dicevi a marzo, giugno e metà luglio, appena prima del crollo?
-         Sì, se apri poi il terminale Bloomson e guardi l’andamento del mercato e della volatilità vedrai che è come ti dico io... ma che dati buttate in pasto ai vostri modelli, Marc?
-         Lauren... non mi fare le solite domande...
-         No Matthew. Io qui ho il dubbio che il vostro software faccia acqua. Noi abbiamo il vostro software, e sai benissimo che abbiamo dei limiti molto stretti sulla volatilità, perchè li abbiamo configurati insieme. Su queste basi i nostri gestori valutano le loro posizioni e decidono quando vendere e quando acquistare, cosa vendere e cosa acquistare per tenersi nel budget di rischio. Ti rendi conto quanto è importante per noi che il modello sia corretto ed i dati che macina siano impeccabili?
-         Lauren... o mi dai un errore concreto o dimostrabile oppure io non posso lavorarci... non lavoro sulle sensazioni, non posso farlo. Dimostrami che sbaglio ed io ti correggo l’errore. Per questo sono pagato.
-         Non mi aspettavo questa risposta da te, Matthew. Non dopo tutto il lavoro fatto insieme per passare in produzione questa roba che abbiamo dovuto digerire...
-         Ah, dài, non torniamo sui discorsi che è meglio la roba fatta in casa...
-         E’ così. Noi la penseremo così finchè non ci direte come è fatto il vostro modello, come funziona la vostra matrice di varianza-covarianza e quali dati usate, quali opzioni scegliete.
-         Lauren, mi spiace. Questo non posso dirtelo.
-         C’è Evelyn, per favore?
-         Evelyn? Che c’entra Evelyn?
-         Passamela, per favore.
-         Va bene, aspetta. Ti passo la segretaria. Take care!
-         Ciao Matthew... quando vuoi venire a lavorare qui per tornare nella tua Boston chiamami eh...
-         Ci posso fare un pensiero quando molli quel borioso del tuo amministratore delegato...
-         Non è un borioso...
-         Eh sì... ciao Lauren, ti passo Evelyn.

Una musica di sottofondo annunciò a Lauren che Marc aveva trasferito la telefonata al numero della Segretaria Personale di Evelyn.
-         Segreteria di Direzione, The Black Swan, sono Helena, come posso aiutarla?
-         Salve. Mi aspettavo Jenny...
-         No Jenny è malata. Come posso aiutarla?
-         Salve Helena. Sono Lauren Legrange di J.F.Crombie. Ho bisogno di parlare con Mrs Porter, per favore. E’ abbastanza urgente.
-         Aveva un appuntamento telefonico con Mrs Porter, Mrs Legrange?
-         No. Ma le sto dicendo che è urgente. Siamo il primo cliente della vostra società e abbiamo un problema in produzione.
-         Va bene, attenda un attimo in linea e vedo se è disponibile.

La musica di sottofondo tornò ad allietare le orecchie di Lauren, ma incominciò ad innervosirla l’attesa. Dopo circa tre minuti, la voce squillante riprese il controllo.
-         Segreteria di Direzione, The Black Swan, sono Helena, come posso aiutarla?
-         Sono sempre Lauren Legrange di J.F.Crombie. Non so se lei stia giocando o cosa, ma io ho urgenza di parlare con Mrs Porter.
-         Mi scusi, Mrs Legrange, ma credevo di averle passato Mrs Porter. Un attimo ancora e verifico cosa è successo.

La musica di sottofondo stavolta non ingannò l’attesa. Per qualche caso fortuito, Mrs Helena non aveva schiacciato bene il tasto di attesa e la conversazione che ne seguì fu resa udibile, senza veli, a Lauren: « Non parlo con lei, Helena. Mi sembrava di averglielo detto. Le chieda cosa vuole... uffa! Ma quando torna Jenny?»

La voce squillante tornò all’apparecchio.
-         In questo momento Mrs Porter non può essere disturbata. Mi ha chiesto se può gentilmente lasciarmi detto di cosa ha bisogno, così appena possibile la richiama.
-         Mrs Helena, io ho bisogno di parlare subito con Mrs Porter. E’ ur-gen-te. Forse non mi sono spiegata. Credo di avere un problema grosso con il vostro software in produzione e devo capire cosa sta succedendo. Sembra che la volatilità sia impazzita. Le chiedo di insistere.
-         Un attimo, prego.

«Mrs Porter, Mrs Legrange insiste per parlarle. Hanno un problema di vo... volatilità, ecco, sì di volatilità. Cosa faccio, gliela passo?» «Dille di controllare la volatilità del suo amministratore delegato. In questo momento non voglio rogne, inventati una balla. Io esco, ciao.» «Bene, Mrs Porter, buona serata»

Lauren era infuriata. Non solo riteneva di avere ragione, ma l’atteggiamento di Evelyn era ingiustificabile. E quell’allusione a Gabriel la mandò su tutte le furie.
-         Mrs Legrange, Mrs Porter...
-         Ho sentito tutto, Mrs Helena. La ringrazio. Arrivederci.

Chiuse il telefono sbattendo la cornetta e si alzò di scatto, afferrando le stampe delle schermate che erano sparse sulla scrivania. Percorse il corridoio lungo fino agli ascensori, salì all’ultimo piano, superò la stanza di Sarah e si avviò dritta verso la porta dell’ufficio di Gabriel, l’aprì e si fermò.
-         Ciao Lauren. Che succede? Hai una faccia...
-         Evelyn...
-         Che è successo?

Lauren cercò di raccogliere in sé tutte le forze per bloccare la rabbia che le era montata dentro. 
-         Guarda qui.

Lasciò che Gabriel desse un’occhiata ai grafici ed ai numeri. Spiegò, non fosse già chiaro a Gabriel, tutti i dettagli tecnici che non le tornavano e sintetizzò la sua tesi:
-         Fa acqua da tutte le parti. Non capisco se sono i dati o il modello, so solo che fa acqua e che in qualche modo l’acqua ci si sta rovesciando addosso. Ho controllato tutti i movimenti di portafoglio, ho sentito i trader. Tutte le operazioni sono state effettuate perchè il budget di rischio era stato superato o perchè eravamo sotto. L’evidenza del superamento dei limiti è nata da qui – e puntò il dito su un grafico. – A marzo era quasi impercettibile, a giugno è stato più che evidente, a metà luglio è la conferma. Quando li mandiamo a casa?
-         Hai sentito Evelyn?
-         Certo... Prima ho fatto una chiacchierata con Matthew Weber, che mi chiede fatti, evidenze e cose certe. Poi mi sono fatta passare Evelyn ed ho fatto un lunghissimo colloquio con Mrs Helena, che sta sostituendo la sua segretaria. Evelyn si nega...
-         Magari non c’è davvero...
-         C’era. Quell’imbranata si è dimenticata di mettere il “mute”. Evelyn mi ha fatto dire di controllare la volatilità del “mio amministratore delegato” e non romperle le scatole. Questo era il sunto. Domattina ti scrivo un report. Poi ne farai quello che vuoi. Io li manderei via a calci nel sedere. Non mi cercare stasera, non ci sono.

E uscì senza consentirgli di replicare.

Gabriel rimase con lo sguardo inchiodato sulla porta.

Era incredibile come quella donna, Evelyn, entrasse nella sua vita ogni volta al momento giusto per rovinargliela. E ora, come non bastasse, minacciava anche il suo lavoro. Passi per i possibili errori sul software, a quelli ci avrebbe pensato l’indomani dopo aver letto il rapporto di Lauren. Ma la sua vita, no, non poteva permetterglielo. Aveva impiegato almeno due mesi a ricostruire il rapporto con Lauren, dopo la cena con Evelyn. La sua fiducia era stata minata. La sentiva più fredda, meno coinvolta e questo gli dava fastidio. E non era come quando lasci un letto sconosciuto e non ti importa se la donna che ci dorme dentro ti ignora quando te ne vai. Non era come lasciarsi alle spalle una storia con qualcuno che non ti interessa, pur avendoci passato una notte intera insieme.

Lauren era in qualche modo speciale. Non pensava di essere innamorato, o forse non lo voleva confessarlo a se stesso. Non capiva cosa provava, non voleva capirlo. Ma l’essere tenuto così a distanza da quella che considerava oramai un po’ la “sua” donna, dopo anni che era saltato da un letto ad un altro senza nemmeno chiedersi chi ci fosse dietro al corpo che aveva posseduto, beh, questo gli faceva male. Non gli rodeva, gli faceva proprio male dentro. 
E non era da lui.

Fece un gesto che non pensava mai potesse fare. Alzò il telefono e la chiamò:
-         Lauren, sono Gabriel.
-         Dimmi. Ho da fare, devo prepararti la relazione per domani.
-         Andiamo a casa, Lauren. Sono stanco, ho voglia di stare con te.
-         Ci vediamo domani, Gabriel.

Il telefono muto rimbombò il vuoto nelle orecchie. Si accese una sigaretta e spirò il fumo della prima boccata velocemente fuori, come se volesse spingere all’esterno tutta l’oppressione che sentiva nel petto. Riprovò ancora con la seconda boccata. Inutilmente. Così spense la sigaretta, prese la borsa e se andò via dall’ufficio.

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