giovedì 27 ottobre 2011

Il Cigno Nero - Capitolo 4

Boston, Maggio 2011

Una lacrima scese sul volto di Gabriel. Gli occhi gli bruciavano. Era troppo tempo che era seduto alla scrivania con gli occhi fissi sullo schermo del computer. Doveva staccare. Così si alzò e passeggiò per la sua stanza andando avanti e indietro, rimanendo talora fermo davanti alla finestra, con gli occhi fissi nel vuoto.

Non più che numeri occupavano la sua testa. Aveva studiato fin nei minimi dettagli il rapporto di Lauren sull’andamento dei loro portafogli e riletto più volte il commento degli analisti della Direzione Investimenti. Il trend era in crescita da marzo, questo era fuori di dubbio. Anche i portafogli si stavano comportando bene. 

Eppure c’era qualcosa che lo “disturbava”: l’andamento dei fondi restava ancora ben sotto la media della categoria e i mercati sembravano essere al top di un trend ascendente in modo stabile. Non era questo che aveva previsto: si era speso per una ripresa, ne era stato certo a lungo, ma ora qualche dubbio si insinuava nella sua testa. La “catastrofe” sembrava imminente e lui, come amministratore delegato, doveva fare qualcosa per garantire alla sua società di restare a galla, altrimenti sarebbe affondato con essa. In più, quella “catastrofe” avrebbe voluto dire la sua smentita e questo, davvero, non l’avrebbe potuto digerire.

I suoi pensieri fluttuavano liberi per la stanza quando il telefono squillò.

Gabriel si portò dall’altra parte della scrivania e alzò la cornetta.
-         The Black Swan, sede di Boston, in linea, Mr Pleinach. Accetta la chiamata?
-         Sì, Sarah. Me la passi...


Un piccolo presentimento gli fece formare un piccolo rospo in gola. Riusciva ad immaginare chi potesse essere, ma non ne era sicuro. No... non poteva essere lei...
-         Buonasera, Mr Pleinach?
-         Sì, chi parla? – disse Gabriel, fingendo di non riconoscere la voce di Evelyn.
-         Gabriel... caro! Sono Evelyn... Evelyn Porter...

Gabriel ingoiò il rospo. Dunque: era proprio lei, ma cosa voleva da lui? Non si era fatta viva per anni. Almeno non direttamente.
-         Ciao Evelyn. Come stai?
-         Benone... a proposito, complimenti! So che ora sei un Amministratore Delegato...
-         Anche tu, Evelyn... ma... come mai questa telefonata?
-         Sei sbrigativo... hai ragione. Non abbiamo tempo da perdere. Sono a Boston. Sei libero stasera?

Gabriel rimase spiazzato, ma allo stesso tempo lo incuriosiva quella donna. Non sapeva nè mentire, nè dire di no, così le rispose:
-         Evelyn... sono abbastanza sorpreso di sentirti dopo così tanto tempo, ma soprattutto sono sorpreso del tuo invito...
-         Tesoro... sono così presa in questo periodo... perdonami!
-         So che sei venuta a Boston altre volte, ma non mi hai mai chiamato...
-         Imperdonabile, lo ammetto... Ma allora, sei libero?
-         Diciamo che posso liberarmi... e lo faccio solo perchè sono curioso di sapere cosa vuoi da me... Dove ci vediamo?
-         Sapevo che avresti detto di sì... – lo sfidò Evelyn.
-         Ah sapevi che ti avrei detto di sì? – le replicò Gabriel. – Va bene... dove ci vediamo? Ora ho da fare devo andare...
-         Mm... ti va bene l’Espalier?
-         Sì. Prenoto io?
-         Grazie... io sono senza segretaria, mi faresti un favore... Ti aspetto lì alle nove.

Gabriel riattaccò senza nemmeno salutare. Che tipa! “Io sono senza segretaria”... Era insopportabile, ma se era ancora bella come tre anni prima, le si poteva perdonare tutto. Alzò il telefono e chiamò Sarah, chiedendole di prenotare per due a L’Espalier per le nove.

Adesso doveva soltanto dirlo a Lauren. Non era sicuro se dirle la verità o inventarsi una balla, ma certamente lavorare nella stessa società della sua compagna non era un vantaggio per lui. Gli dava quasi fastidio mentire a Lauren, ma dirle la verità voleva dire litigare, ne era sicuro. E poi, l’avrebbe fatta un po’ soffrire e questo non lo sopportava: non si riteneva degno del fatto che una donna potesse stare male per lui.

Iniziò a giustificarsi dicendosi che la storia con Lauren era iniziata da circa sei mesi, e quindi non poteva sentirsi vincolato a lei in nessun modo. Era stato chiaro: venendo fuori da un divorzio, l’ultima cosa che voleva era legarsi ad un’altra persona. Le aveva detto la verità: non era mai stato capace, dopo il matrimonio, di intrattenere relazioni più lunghe di una nottata con una donna, nemmeno quelle che lo interessavano un po’, perchè rifuggiva l’idea stessa di legarsi a qualcuno. Era convinto di non sapere più amare, forse di non aver mai saputo farlo. Meggie, sua moglie, o meglio, la sua ex-moglie, glielo aveva messo in testa al punto che se ne era convinto.

Lauren, da questo punto di vista, non faceva eccezioni, pur rappresentando oramai per lui un piccolo punto fermo. Però non lo convinceva il fatto di ricorrere a menzogne con lei. E poi perchè mentire? In fondo, molte altre volte era uscito a cene di lavoro, senza dover annunciare al mondo con chi usciva e dove andava. Lui e Lauren avevano scelto di non vivere insieme e quindi non sarebbe stata la prima volta che ciascuno passava la serata per i fatti propri. Contava il particolare che lui quella sera sarebbe uscito con Evelyn? E perchè mai Lauren avrebbe dovuto sentirsi gelosa di Evelyn?

Gabriel decise di non dare nessun tipo di dettaglio a Lauren. La chiamò, le annunciò che aveva un impegno di lavoro per quella sera e che quindi non sarebbe passato da lei per cena. Quando chiuse il telefono si sentì più viscido di un verme, e si riconcentrò sul suo lavoro per non pensarci. Quella sensazione gli dava fastidio, perchè gli dava la certezza che Lauren stava diventando davvero qualcosa di diverso per lui rispetto a quello che si era prefissato.

***

Alle nove in punto Gabriel stazionava davanti a l’Espalier, al numero 774 di Boylston Street. Adorava quel posto. Si diceva che fosse il primo ristorante di Boston ad aver importato la “haute cuisine”, con uno stile a metà tra il New England e la Francia. Scese dalla macchina, lasciò le chiavi al valet ed entrò nel locale. La luce particolarmente brillante quella sera gli fece voltare lo sguardo quasi istintivamente verso i lampadari, alcuni rotondi, altri a forma di stella, come se volesse fulminarli con gli occhi. Un cameriere in giacca e pantaloni grigio scuro e cravatta grigio chiaro lo accolse e si predispose ad accompagnarlo al tavolo, quando il proprietario del locale si accorse di lui e gli andò incontro.
-         Mr Pleinach. Quale onore, questa sera…
-         Salve Frank. Mi avete prenotato il solito posto, vero?
-         Certo. Nella biblioteca. Ho modificato un po’ la sala, vedrà. Non avevo molte prenotazioni e visto che lei veniva qui mi sono permesso di allargare un po’ lo spazio tra i tavoli. Magari avrà voglia di starsene un po’ tranquillo a chiacchierare...
-         Grazie Frank. Apprezzo la sua decisione. Aspetto Mrs Evelyn Porter di The Black Swan. La faccia pure accomodare quando arriva.
-         Certo Mr Pleinach. Avviso subito all’ingresso. Si accomodi. Le mando subito uno champagne “speciale” per ingannare l’attesa. Vedrà... ho fatto una piccola scoperta della quale sono orgoglioso... mi dirà poi cosa ne pensa...
-         D’accordo Frank – rise Gabriel, entrando nella sala biblioteca e dirigendosi al tavolo a lui riservato.

Dopo circa venti minuti arrivò Evelyn.
-         Scusami Gabriel. Ho avuto un contrattempo. Ho dovuto partecipare ad una noiosissima call con un cliente.
-         Tratti così tutti i tuoi clienti? Li fai aspettare?

Evelyn si guardò intorno, come per sottolineare la scelta del locale.
-         Non mi pare, Gabriel...

Un cameriere si avvicinò discretamente al loro tavolo ad un piccolo segno di Gabriel e prese le ordinazioni. Il  Wine Director si avvicinò al loro tavolo insieme ad un cameriere, che versò immediatamente a Evelyn lo stesso champagne che “frizzava” nel bicchiere di Gabriel e poi declinò le opzioni dei vini più consigliati per quella serata, sulla base del menu scelto da Gabriel. Poi si allontanò, lasciando i due in un imbarazzato silenzio.

Gabriel decise di giungere subito al dunque.
-         Perchè siamo qui, Evelyn?
-         Come corri... Gabriel... Avevo voglia di vederti... Non è lecito? Del resto, siamo in affari, no? E non solo... – aggiunse strizzandogli l’occhio.
-         Sai benissimo come la penso. La scelta del vostro software ci è imposta dalla vostra posizione di monopolio, ma non la condivido. Del resto non ho alternative al momento e non posso neanche forzare una scelta di sviluppo interno, pur avendo ben in mente tutte le caratteristiche del modello da sviluppare. Alla fine però una società del nostro calibro non può assolutamente esporsi verso la clientela: dobbiamo avere dati di rischio universalmente riconosciuti, cioè i vostri.
-         E’ un dato di fatto, siamo i migliori. Non ho mai capito i tuoi dubbi, Gabriel, sinceramente.
-         Mia cara, in questi anni vi abbiamo corretto la metodologia segnalandovi quelli che secondo noi erano errori del modello... forse non ricordi?
-         Ho presente, Gabriel... ma non era per convincerti che siamo i migliori che ti ho invitato a cena. Pensavo ad altro...
-         Sai che potendo vi manderei a casa nel giro di un anno. Per me, utilizzare un software avanzato di rischio fatto in casa darebbe alla nostra azienda un vantaggio competitivo notevole. Se sbagliate voi, sbagliate su tutti... questo lo sai?

Evelyn si sentì nuda davanti a Gabriel. Si chiese se avesse intuito qualcosa. Lui era capace di fiutare l’errore solo guardando per pochi secondi una tabella di dati. Le prove che avevano fatto utilizzando il prototipo in produzione sulla clientela reale, prove non autorizzate delle quali solo in pochi in The Black Swan erano a conoscenza, avevano provocato sul mercato degli effetti molto particolari ed era sicura che Gabriel avrebbe potuto accorgersene. Eppure gli ammontari in ballo non erano così significativi... Nel dubbio, decise di riportare quanto prima la conversazione sul personale.
-         Gabriel, so perfettamente come la pensi. Ma avresti bisogno di una software house che non hai. Gente in gamba a pensare e sviluppare.
-         Ho la gente che pensa. Mi manca quella che sviluppa e il placet della Capogruppo.
-         Beh, fino ad allora dovrai “sorbirti” noi... ma cambiamo argomento...
-         La vostra prova sarà il mercato. Secondo me nel giro di qualche mese il trend tornerà a decrescere. Vedremo come vi comporterete...

Evelyn sussultò impercettibilmente, percependo una sfida che non voleva accettare. Non con Gabriel. Quell’uomo l’aveva sempre attratta. Il suo saper essere così distante da lei, in ogni situazione tranne che quando erano a letto, l’attraeva profondamente. Voleva sfidarlo. Era uno dei pochi che non si era innamorato di lei. Uno dei pochi che l’aveva trattata per quello che era: una bella ed affascinante donna di quarant’anni da portarsi a letto e godere per alcune ore. Questo la faceva imbestialire e qualcosa in lei aveva  fatto partire la sfida assurda di farlo innamorare. Qualcosa che conosceva bene: la confessione di Lauren che lei e Gabriel stavano insieme.
-         Ascolta, non è per questo che ti ho invitato. Se vuoi parlare di lavoro, fissa un appuntamento con la mia segretaria. Domani riparto per New York ma tra un mese sarò di nuovo qui per vedere alcuni clienti. Vengo nel tuo ufficio e mi delucidi tutti i dubbi che hai sul nuovo modello...
-         Evelyn – la interruppe Gabriel – ne ho solo uno: non è trasparente. Il resto dei bug continueremo a segnalarteli, stai tranquilla. Ma voglio che rendiate pubblico il modello e la sorgente dei dati perchè siate controllabili. La vostra posizione di monopolio dovrebbe rendervi tranquilli sul fatto che pur dando disclosure nessuno vi possa spiazzare...
-         Gabriel ti prego...
-         Va bene. Ceniamo adesso. – le accordò Gabriel a malincuore.

La serata trascorse in tutta tranquillità. Evelyn raccontò a Gabriel la sua ascesa all’interno della società e Gabriel fece altrettanto. Parlarono delle responsabilità crescenti, dell’impossibilità di avere una vita privata decente e si confessarono le reciproche storie, quella di Gabriel con Lauren e quella di Evelyn con Dick.
Alla fine della cena, Evelyn insistette per pagare, con la scusa che avrebbe scaricato tutto sulla società, ma Gabriel fu ostinato più di lei e saldò personalmente il conto. Quando furono fuori, Evelyn lo sfidò:
-         E’ una bella serata. Che ne dici di andare a fare un giro sul fiume?

Gabriel accettò. Del resto una passeggiata non avrebbe cambiato i suoi scrupoli verso Lauren. E poi fino ad allora era riuscito a tenersi lontano da Evelyn come Lauren avrebbe voluto.

Si diressero lungo Exeter Street e Storrow Drive. Imboccarono il Dr Paul Dudley White Bike Path e si fermarono a chiacchierare sulla Charles River Esplanade.

Quella sera la luna si rifletteva magicamente sul fiume Charles River. Fu Evelyn che ad un certo punto prese l’iniziativa e mentre camminavano afferrò la mano di Gabriel e se la portò lungo i fianchi e all’altezza della vita, accostandosi a lui. Gabriel finse di ignorare un certo imbarazzo e sentì una vecchia eccitazione ripercorrergli il corpo, dal basso verso l’alto. La strinse sulla vita e la portò verso di sé e da lì a spingersela di fronte e baciarla il passo fu davvero breve. Rimasero fermi a baciarsi per lungo tempo. A Evelyn non sembrava vero quello che stava accadendo e Gabriel cercava di scacciare dalla sua mente il fantasma di Lauren, sola a casa che lo immaginava immobilizzato in un ristorante ad una noiosissima cena di lavoro.

Fu Evelyn a staccarsi per prima:
-         Sono al Mandarin. Vuoi passare da me?

Gabriel la baciò per esprimere il suo consenso e tornarono a piedi verso l’albergo, avvolti dalla luce argentea della luna e da una strana consapevolezza che quello che stava per succedere tra loro fosse inevitabile.

***

La porta si aprì senza che nessuno si annunciasse bussando e Lauren entrò. Si diresse verso di lui, assonnato, con una tazza di caffé bollente davanti a sé, pose entrambe le mani sulla scrivania. Poi alzò lo sguardo impassibile dal piano della scrivania ai suoi occhi: Gabriel percepì una strana tensione in lei e iniziò a sentirsi in colpa. Era sicuro che Lauren sapesse tutto. Come avesse fatto, non riusciva ad immaginare.

Lauren lo guardò negli occhi in modo diretto:
-         Come hai potuto?
-         Cosa?
-         Come hai potuto? Sai che non sopporto quella donna...
-         Di chi parli?
-         Lo sai benissimo... Evelyn, Evelyn Porter...
-         Che ha fatto Evelyn?
-         So tutto, Gabriel... ho parlato con Sarah al caffè stamattina. Mi ha detto che ieri hai prenotato a L’Espalier per due. Sempre ieri sera mi ha detto che Evelyn ha chiamato l’ufficio perchè non riusciva a rintracciarti e voleva solo avvisarti che sarebbe arrivata in ritardo. Ho solo fatto due più due.

Gabriel non disse nulla. Si alzò, chiuse la porta e prese tra le braccia Lauren, ma lei non ricambiò l’abbraccio, anzi, si discostò da lui quasi con ribrezzo e se ne uscì silenziosamente come era entrata, pronunciando le tre parole che non avrebbe mai voluto sentire pronunciare da lei:
-         Mi fai schifo!


Gabriel si sentì trafiggere il petto. Non l’aveva previsto. Non aveva previsto che Lauren sapesse, aveva cercato di calcolare l’imponderabile. I suoi modelli di rischio non funzionavano con Lauren e la cosa in qualche modo gli faceva male. Non voleva che Lauren fosse una storia importante. Dunque, dove aveva sbagliato, se si sentiva così?

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