domenica 25 settembre 2011

Io credo alle fate! - Epilogo


Sabato 31 Dicembre 2010

Era Capodanno là fuori. Dal grande finestrone dell’ospedale si potevano vedere i fuochi che dai balconi si libravano alti nel cielo.
«        Adoro i fuochi, sai Milla? »

Milla cercò sua madre con lo sguardo.
«        Quando ero piccola, dai nonni, uscivamo sul balcone e il nonno suonava una campana enorme. Non so mica dove l’aveva presa, sai? Ci dava, per ciascun nipote, una stella filante. Ne avevamo tre a testa, non di più e se la sprecavamo! Beh, fattacci nostri... così diceva “fattacci vostri”. E c’erano un sacco di dolci, il panettone, il pandoro, gli struffoli e le cartellate... Non te le ho mai fatte, vero?, le cartellate? Quando esci di qui te le faccio... sì, lo so... ci vorrà tempo perchè tu riesca a mangiare di nuovo... ma io non mi stanco, piccola... io sono qui ad aspettarti... »

Lo sguardo la portò su nel cielo.
«        Guarda che bella notte. Fa freddissimo lì fuori sai? Quando sono venuta non riuscivo a guidare nemmeno con i guanti... eh sì che ne ho comprati un paio con la pelliccia dentro... sai che muoio di freddo... sempre... Qui invece si sta bene, non trovi? E c’è uno spettacolo mica male... poltrona in prima fila... Pensa che da qualche parte c’è la stella di Peter Pan... già! Sulla terra di Peter Pan ce ne sono a bizzeffe.. ne incontri uno ad ogni angolo... ma quello vero è lassù... ricordi? Come faceva la canzone? Ti ricordi che la cantavamo insieme...  “Seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino...”. Il problema sono le fate... quelle non esistono, invece... nemmeno sulle stelle... »

Lo sguardo tornò su Milla. Gli occhi erano stranamente presenti. Avevano qualcosa di strano, vivo in essi. E sotto il lenzuolo il mucchietto di ossa della mano scricchiolò. Si avvicinò a lei:
«        Cosa c’è piccola... Ti prego... qualunque cosa... dimmi... »

La voce uscì flebile. Era poco più di un soffio ed il sorriso era solo pelle raggrinzita intorno ad una fila di denti che stavano marcendo. Ma fu un soffio di vita ed il più bel sorriso che potesse venire da quell’esserino ridotto a pochi chili di calcio.
«        Mamma... io... credo... alle... fate! »

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