sabato 24 settembre 2011

Io credo alle fate! - Capitolo 4


Giovedì 21 Ottobre 2010

«        Milla, mi senti? »

Milla aprì gli occhi con fatica e cercò di spostare il collo, ma sua madre le fece cenno di non farlo. Quella flebo infilata direttamente nella vena sul collo aveva bisogno che Milla stesse ferma, o quanto meno non si muovesse più di tanto. Anche quello aveva dovuto subire la sua piccola... era a riuscita a svuotarsi persino le vene pur di dimagrire!

Non riconosceva più il viso di sua figlia. Gli occhi erano infossati in un blu che sapeva di morte. Gli zigomi erano prepotentemente sporgenti sul suo viso, ne indurivano le fattezze e ne inasprivano lo sguardo, che era sempre sembrato sorridente. Eppure lei non aveva capito quando quel sorriso si era spento... Il mento spuntava alla base del viso come una vetta di roccia, aspra e essenziale nei suoi lineamenti.
Il collo era un groviglio di vene e nervi che si infilava nelle spalle cave. Le ossa spuntavano dal camicione bianco che Milla doveva indossare. Si intuivano i muscoli sfatti e il profilo sottile sotto la pelle. Il lenzuolo stendeva un velo sul resto. Milla non aveva mai voluto guardare sotto quel lenzuolo. Quando c’erano le infermiere, lei usciva. Non voleva avere pietà di sua figlia. Non voleva avere pietà di se stessa. E i sensi di colpa le stavano già scuoiando ogni centimetro di pelle.


«        Milla, tesoro mio... come ti senti? »

Milla non parlava. Non ne aveva la forza. Nonostante l’alimentazione forzata, il suo corpo era incapace di reagire. Nè gli occhi riuscivano a trasmettere altro che una totale apatia.
Dov’era la sua voglia di vita?
Dov’era il suo entusiasmo ed il suo sorriso?
Cominciò a piangere. Appoggiò la testa sul lenzuolo, intuendo la mano di Milla lì sotto, da qualche parte, piccolo mucchio di ossa e tendini messi insieme ancora per miracolo. I suoi singhiozzi rimbombavano nel silenzio della camera. C’era solo Milla, anche se la sua presenza si limitava ad essere fisica.          Non sapeva nemmeno quanto Milla potesse capire di ciò che le accadeva intorno. C’era in lei una resistenza spaventosa verso la vita e non ne capiva il motivo. Le cose in fondo non andavano così male: era una bella ragazza, era dimagrita, aveva anche un fidanzato! ...quel Billo al quale aveva fatto il filo per un mucchio di tempo... la ricordava radiosa...

«        Dove sei, piccolina? Dove ti stai rifugiando? »

Milla la guardava con occhi assenti.

«        E’ colpa mia? Vero? »

Milla forse era altrove o forse no... i suoi occhi erano diretti verso gli occhi della madre, ma nessun pensiero li illuminava o li intristiva. Non era nemmeno sicura che la sentisse.
«        Alla fine lo capirò... ma tu non devi morire Milla... Non puoi morire perchè io capisca. Ho sbagliato... mi dicono così... “deve” essere così... Mio Dio, cosa ho fatto? Cosa ti ho fatto? Mi hai mai sentito vomitare? Ti ho forse mai detto che dovevi dimagrire? Dimmi... ti prego, dimmi... dove ho sbagliato? Cristo! Io non lo capisco... Io non volevo...  ma è un gioco nel quale ci sono anche io. No, non è giusto che sia tu  a perdere... »

Milla sollevò appena le dita della mano. I singhiozzi si fecero più forti.
«        Non so cosa devo fare, a questo punto. Non ti ho insegnato nulla.. ti ho sempre ripetuto che la forza di un uomo non sta nel suo fisico, ma devo essermi comportata in modo diverso, perchè tu percepissi dentro di te che non era così... No? Ti prego... fammi un cenno... Vuoi punirmi, allora? Ricordi che ti dicevo che in fondo se mangi e vomiti, è solo che c’è qualche altro problema... la fame non è fame... c’è qualche vuoto che vuoi riempire, ma non si riempie mai... e butti giù quello che trovi, non ti interessa cosa sia, perchè non ti interessa il gusto! Anzi... più è stomachevole meglio è... ti aiuta a vomitare dopo... perchè il dopo arriva... quando il tuo fisico dice basta ancora prima della tua mente, arriva il punto in cui tutto ciò che è dentro di te fuoriesce. Ed è la libidine... lì senti che hai il potere sul tuo corpo, ti senti onnipotente, senti dentro di te la forza che altrove non hai, senti di poter vincere il mondo. Quando in realtà... mi sto accorgendo che è il mondo che ha preso te. E’ il mondo che ti ha tolto fiducia... ed io ho fatto le sue veci... Mio Dio, piccola mia... dobbiamo trovare la forza per uscirne... Ti  prego. Reagisci. Fatti alimentare. Non cedere. Giuro... giuro sull’amore che ti voglio che ci facciamo aiutare. Non voglio essere perfetta, se non ho te. Non voglio avere il controllo su niente, se non ci sei tu qui con me. Mandiamo il mondo a ‘fanculo se sarà necessario. Ci riprendiamo tutto: io mi riprendo la mia adolescenza e la mia vita. Tu ti riprendi la tua... l’hai appena iniziata. Ti prego... »

Milla chiuse gli occhi. Era stanca. Troppo stanca anche di ascoltare sua madre che si piangeva addosso.

Martedì 23 Novembre 2010

«        Ciao Milla. Sono qui. »

Milla voltò gli occhi verso sua madre. Oramai era diventato un gesto quasi meccanico. La sua voce era l’unico stimolo al quale ancora reagiva. Glielo aveva detto il primario proprio quella mattina. “Continui a parlarle” le aveva detto. E lei lo faceva.

Oramai non sapeva più di cosa parlarle. Le aveva raccontato la sua vita, la sua adolescenza difficile, la voglia di rivalersi sul mondo intero, soprattutto quello maschile, che per anni l’aveva ignorata. Le aveva raccontato di come le era piaciuto essere “apprezzata” dagli uomini, di come si fosse per anni lasciata andare, perchè sentiva che qualcosa che non aveva avuto da ragazza, in fondo le era “dovuto”. Le aveva raccontato i suoi errori. Era un po’ come essere davanti al confessionale. Dietro la grata non c’è un prete: ci sei tu, c’è la tua coscienza. Così dietro gli occhi di Milla, c’era la coscienza sporca di una madre debole e insicura, che si raccontava implorando il perdono.

«        Io credo di averne “azzeccate” solo tre, nella vita... te e le tue sorelle. Sono le uniche cose che della mia vita io non rinnego. Non vi voglio perfette. Già lo siete. Siete perfette con i vostri pregi ed i vostri difetti. A me non importa cosa diventerete. A me non importa se farete soldi o andrete in giro per il mondo. A me importa che siate felici, dentro, come io non sono mai stata. Milla, non puoi essere felice su questo letto. Sei diventata uno scheletro buono solo per la facoltà di Medicina. Sei ossa da vivisezionare. Io non volevo ridurti così... »

Domenica 19 Dicembre 2010

«        Perchè mi ha fatto chiamare dottore? E’ successo qualcosa a Milla? »
«        Milla sta reagendo, Signora. Ci vorrà ancora molto, molto tempo. E’ estremamente debilitata. La sua mente l’ha spinta oltre lo sforzo fisico di non mangiare. Era arrivata al punto da non assimilare più nulla. Eppure da un mese e mezzo circa le cose sono cambiate... »
«        Mio Dio... mi dica che non è una bugia... »
«        Le avevo accennato che avevo capito che a Milla faceva bene la sua presenza. Le avevo chiesto di continuare a parlarle. Sono passato ogni giorno. Ho visto che lei ha trascorso qui quasi tutto il suo tempo... »
«        Beh, non tutto... ho altre due figlie... »
«        Quello che ha fatto lei è straordinario. Quello che sta facendo per sua figlia è straordinario. Io non so – e non voglio saperlo, non ora almeno – quello che lei dice  a sua figlia. Ma sua figlia ha scelto di reagire e le assicuro che i benefici che stiamo vedendo non dipendono dalla terapia farmacologica. Lei sta curando la mente di sua figlia. Vada avanti, non si stanchi. Ci vorrà molto, molto tempo ancora, eppure lei sta aiutando sua figlia più delle medicine e di noi tutti. »

Nessun commento:

Posta un commento