martedì 13 settembre 2011

Cinque pezzi meno facili - Cap. 6

Liliana ballava, si sentiva libera come non si era mai sentita. Ballava e basta, ballava e non pensava ad altro. Ballava vicino a quel ragazzo così giovane, così carino, che le aveva offerto da bere e poi trascinata a ballare. Di solito si vergognava, accennava qualche mossa, ma niente di esagerato. Insomma, all’alba dei suoi 37 anni non poteva mica mettersi in ridicolo. Eppure quella sera aveva completamente dimenticato di essere una 37enne. Si sentiva ancora giovane, bella, desiderata e proprio per questo giocava con quel ragazzo, lo stuzzicava, si lasciava avvicinare e poi lo scostava con un sorriso.
Martino stava a quel gioco, era talmente preso da non sentire il bisogno di drink o di altro, era stregato dal suo sorriso, era ubriaco del suo profumo dolce ed esotico.
Aveva quasi quarant’anni, ok, ma lo attraeva come fosse una ragazzina.
La guardava ballare, stretta in un abito bianco aderente che metteva in risalto il suo fisico da atleta. Faceva ciclismo, nuoto ed era abbronzata per le ore passate a fare free climbing. Era stata sposata per pochi mesi, poi aveva beccato il marito impegnato con una ragazza di nemmeno vent’anni sul divano appena comprato e aveva spedito fuori casa lui, lei e il divano. Si era buttata sullo sport, cosa che l’ex marito aveva sempre disprezzato poiché “una ragazza non deve essere muscolosa, deve avere forme femminili”. E proprio quelle forme troppo femminili Liliana le aveva ripudiate. Ora il suo corpo era sensuale, bello da vedere, ma privo di quelle curve morbide che voleva il suo ex.
E tutte queste cose le aveva raccontate nel tempo di una sigaretta a Martino, prima del drink e prima dei balli.
Martino era stregato, la desiderava fortemente. Desiderava averla talmente vicino da attaccarsi il suo profumo addosso. Si fece più vicino, stringendola dai fianchi e stranamente non trovò resistenza, né venne allontanato col solito sorriso. Anzi, venne guidato da lei che ora muoveva i fianchi sinuosamente e a Martino ricordò un serpente. Bella e probabilmente letale. Ebbe un brivido e un sorriso sghembo e malizioso si dipinse sulla sua faccia, pensando a come la serata prospettasse un finale degno di nota. Le braccia di lei si attorcigliarono attorno al suo collo, Martino la guardò sorridendo, poi la sua attenzione si posò su due figure fin troppo note.
Una dalla pelle scura, con il volto incorniciato da fittissimi ricci neri e il corpo da favola stretto in un abito dorato.
L’altra dalla pelle chiara, i capelli lisci e biondo scuro, con un abito meno appariscente verde.
Giselle e Silvia.
Rispettivamente ex avventura di una notte, scaricata poco gentilmente con un sms la mattina dopo, ed ex fidanzata del migliore amico.
A proposito. Dove diamine era finito Roberto? Erano arrivati insieme e poi si erano persi subito di vista.
- Ehi, tutto a posto? – chiese Liliana, riportando l’attenzione di Martino sulle sue labbra lucide.
Martino annuì distrattamente, poi si allontanò con Liliana, la fece aspettare un momento e sparì digitando freneticamente il numero di cellulare dell’amico scomparso. Che ovviamente non si degnava di rispondere.
- Accidenti a te, dove sei? Rispondi. Dai, rispondi. – Martino dialogava con il telefono che continuava a squillare a vuoto, quando sentì qualcosa di molto freddo e molto bagnato colargli dalla testa alla schiena.
- Ma tu guarda chi c’è qui. Ti ricordi di me o devo citarti il tuo sms?- la voce arrabbiata era la stessa che aveva sentito la sera dopo quel sms a Giselle. Quella che l’aveva insultato tutta la notte sotto casa.
Si girò lentamente, chiuse la telefonata e sorrise alle due figure che lo guardavano in cagnesco.
- Ma che fortuna! Proprio le due bellissime ragazze che NON cercavo stasera.
Che ci fate qui tutte sole? Mamma lo sa che siete in giro a quest’ora? – Silvia si limitò a sbuffare, mentre Giselle fece per saltargli al collo, inviperita e non ancora guarita da quella profonda ferita nell’orgoglio. Silvia la calmò e la portò via e Martino sapeva che cercava disperatamente Roberto. Fece un verso scettico, poi mandò un messaggio all’amico, informandolo dell’incontro e avvisandolo della forte probabilità di essere irreperibile nelle prossime ore.
Tornò da Liliana, che stava chiacchierando con la sua amica “infradito”. Gli chiese con gli occhi il perché di quelle chiazze di bagnato che aveva addosso e Martino fece segno di lasciar perdere. “Infradito” li guardò per un momento, rivolse un sorriso furbo a Liliana poi si allontanò di nuovo, lasciandoli di nuovo soli e liberi di continuare il loro gioco di seduzione.

Silvia si ritrovò a piangere nei bagni. Si era allontanata con un sorriso da Giselle e aveva lasciato scorrere le lacrime nell’esatto momento in cui le aveva voltato le spalle. Perché Roberto non era con Martino? Erano partiti insieme, eppure c’era solo lui. Forse Roberto non voleva uscire. Forse stava troppo male per lei per andare a caccia di bellezze straniere o turiste in vena di follie.
Si, era per forza così. Altrimenti non l’avrebbe mai chiamata.
- Ma che sto dicendo? – si chiese Silvia sentendo quelle debolissime speranze sbriciolarsi dentro di lei. Era ovvio che non poteva essere così, era ovvio che erano stupide illusioni di una ragazza cresciuta tra le bugie delle favole.
Un paio di ragazze entrate nel bagno la guardarono un momento, poi ricominciarono a parlare e ridere tra loro. Silvia si asciugò gli occhi, levando le strisciate di trucco colato. Si sciacquò il viso e guardò il suo riflesso nello specchio; era giovane, carina e intelligente e si stava lasciando andare per un idiota. Tirò il volto in un sorriso, ma la smorfia che ne venne fuori era oscena e questo la fece stranamente ridere. Rise e poi si guardò allo specchio. Quello era il sorriso che le serviva. Diede solo una passata di mascara agli occhi, poi uscì dal bagno e si diresse verso Giselle che ballava con dei ragazzi.
- Ehi, Silvia! Ti devo presentare due ragazzi! Carlos e Jorge! Chicos, mi amiga!-
Fece le presentazioni indicando l’amica ai ragazzi, senza preoccuparsi troppo del suo spagnolo. Silvia sorrise a entrambi e si mise più vicina a Jorge per ballare, cercando di chiudere la mente, svuotarla e non pensare a nulla di serio.
Ballava Silvia, ballava Liliana, ballava Giselle, ballava “infradito” e insieme a loro ballavano Jorge, Martino, Carlos. Le donne diventavano serpenti sinuosi e probabilmente letali, erano farfalle che si posavano per un momento per farsi ammirare e poi volavano via, lontane. Era una fusione di sensualità, di bellezze naturali, di pensieri leggeri come la brezza che soffiava sulla spiaggia di notte.
La stessa brezza che muoveva i capelli di Roberto e di Mariciel, vicini e silenziosi, a osservare il cielo.
Passavano le ore e i due non sembravano sentire la stanchezza. Stavano semplicemente vicini ad ascoltare la brezza, le onde, i loro respiri. Non avevano nulla da dirsi, o forse non volevano dire nulla. Chissà cosa passava loro per la testa. Chissà a cosa, a chi pensavano. Chissà se avevano pensieri.
Il cielo iniziava a cambiare, a schiarirsi. Il cielo si apriva e colorava le nuvole, dipingeva di oro tutto quello che il sole incontrava e prometteva una giornata calda e bellissima. Mariciel si voltò verso Roberto con un sorriso, sfiorò delicatamente le sue labbra con un bacio, poi si alzò e senza parlare camminò verso la città. Roberto non fece nulla né per fermarla, né chiese dove stesse andando. Sapeva che l’avrebbe ritrovata nello stesso posto, alla stessa ora.
Guardò l’ora sul suo cellulare e vide la chiamata di Martino. Poi vide il messaggio e il cielo non gli sembrò più così luminoso. Il cielo ora era fastidiosamente bello. Non doveva essere bello mentre Silvia rovinava tutto.

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