Il 45 giri continuava a girare in quella che, ai più giovani, sembrava un pezzo da museo, da antiquariato. Per Andrea, invece, era un cimelio: una delle poche cose che ancora lo ancoravano alla vita, alla memoria.
Già, la memoria.
Una prerogativa degli uomini, quella di poter ricordare più facilmente le cose spiacevoli capitate nel corso dell’esistenza. Purtroppo per lui, i ricordi iniziavano a sbiadire. Certo, non era solo colpa sua: oltre alla sua vita, fatta di gioie e dolori, doveva sopportare anche quella dei suoi parenti. In particolare di suo nonno materno, al quale era sempre stato affezionato. Un uomo che, per lui, era un eroe nazionale.
…e ho trovato l’invasor…
Ogni volta che prendeva il vecchio disco nero e lo inseriva nel giradischi, sentiva come se il suo vecchio nonno fosse ancora lì, accanto a lui, che gli raccontava una di quelle storie che, come tutte le storie raccontate dagli anziani, sembrano essere mezze vere e mezze inventate, con particolari che cambiano ad ogni replica. Andrea, però, anche se aveva sentito tutte le possibili varianti di ogni avvenimento raccontato, non se ne curava, anzi: ad ogni rimembranza e ad ogni “Ti ho mai raccontato di quella volta che…” tendeva le orecchie, si sedeva per terra e stava ad ascoltare quelle favole piene di eroi, di onore e di tragedie. Una rivisitazione in chiave moderna dell’Odissea e dell’Iliade messe insieme.
...che mi sento di morir…
Purtroppo, però, lui non aveva nessuno a cui tramandare le storie, i valori e i rancori ereditati da suo nonno Piero.
Già, i rancori.
Perché non solo di amore vive l’uomo. D’altro canto, senza odio non ci sarebbe amore e viceversa. Ognuno è parte integrante dell’altro. Questo concetto lo aveva sempre affascinato così tanto che aveva cominciato a dipingere. Non soggetti strani come paesaggi o nature morte, ma un solo simbolo. Il simbolo del Tao. Quel simbolo metà bianco e metà nero, ma con al suo interno un piccolo pallino del colore opposto.
E se io muoio…
Il rancore più grande che aveva ereditato era per un uomo in particolare. Un uomo che, per sua sfortuna, era riuscito a perseguitarlo fino a quella casa di riposo.
Non direttamente, è chiaro, perché la persona tanto odiata da suo nonno era morta un anno prima di Piero, ma in qualche modo sentiva che la faccenda non era ancora risolta. E toccava a lui farla finita.
Già, farla finita.
Quante volte ci aveva pensato, quanto tempo perso a progettare un incontro, una vendetta, uno scontro… qualunque cosa per poter dare un po’ di sollievo alla sua anima che, grondante di odio, bramava la vendetta tanto agognata da suo nonno. Col passare del tempo, però, aveva capito che quel tipo di ossessione non portava mai a nulla di buono.
Seppellire, lassù in montagna…
Andrea lo sapeva: ormai il momento della resa dei conti era arrivato. Aspettava da anni questo momento, e quando aveva saputo che il discendente del macellaio d’Europa era a portata di mano, non aveva retto. Aveva iniziato ad inveire contro la persona che ereditava una delle pagine più sanguinose della storia italiana. Sperava che, allarmato da ciò che aveva sentito, il nipote di Graziani corresse da lui per cercare spiegazioni. E allora, cosa avrebbe fatto?
Avrebbe fatto ciò che avrebbe fatto suo nonno. Non rispondere con la violenza a questo genere di persone: di violenza ce ne è stata troppa.
Sarebbe bastato rispondere con l’ultima frase del componimento che ha reso celebre suo nonno: l’ultima frase della “lapide ad ignominia” del camerata Kesselring.
È questo il fiore del partigiano…
Oggi, il mio nome, non è più Andrea Cattaneo.
Oggi, sono Andrea Calamandrei
…morto per la libertà!
Il disco si ferma, ma io non mi muovo.
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