giovedì 16 giugno 2011

Roxen - Cap. 4

Capitolo 4

- Voglio quel numero di telefono, adesso!
Il suo viso pallido, incorniciato da quei capelli neri portati un po' lunghi, e soprattutto i suoi occhi neri come l'abisso, beh... mi intimidivano.
Diciamo che il casting di questo ipotetico film è stato un po' quello che è stato (a parte ovviamente la protagonista principale – io – che è bellissima e sexxissima), ma in questo caso il nostro finto-medico aveva le physique du role: insomma, era proprio inquietante.
Mentre mi guardava ancor più da vicino, pensai che in effetti con gli occhiali nerissimi prima, e con gli occhi nerissimi contornati da grandi sopracciglia nerissime adesso... beh, non fosse molto diverso, ecco.
E poi pensai immediatamente dopo a quanto fossi “fuori:” questo era lì vicino a me, avrebbe potuto uccidermi se appena lo avesse voluto, dovrei aver avuto una paura fottuta, ed io stavo lì a pensare ai suoi occhiali...
Un balcone al mio confronto è un dilettante al debutto.
- Fino a che non mi dirai dove hai nascosto quel numero, non ti darò pace!
Mi venne ancor più vicino, ed potei così apprezzare la sua carnagione diafana, ed il suo alito...
Ok, lo so, ci sono anche dei bambini che leggono, non parlo dell'alito.
Pensai ”Quasi quasi il bigliettino con il cellulare glielo consegno subito, giusto per levarmelo dai piedi. Ma possibile che negli altri telefilm americani il dottore è sempre un gran pezzo d'uomo, e noi qui abbiamo 'sto qui?”
Piano piano elaborai una strategia: ora chiuderò piano gli occhi, come se a poco a poco perdessi conoscenza.... poi penserò un po' a come venirne fuori.
Silenzio...
Eh eh... se l'è bevuta!... Tsè! Mata-Hari, a me, mi fa un baffo!....
Dunque: facciamo mente locale. Dove ho visto l'ultima volta quel bigliettino maledetto con il numero di Luca? Boh? Eppure l'ho visto di recente.
Tasca dei jeans? Naah!
Frigorifero sotto il magnete di Praga? Naaah!
Specchio del bagno? No, non mi pare...
Scarpiera? Naah...
Agenda? Potrebbe essere lì! Anzi, sì, l'ho visto proprio stamattina, era lì, mentre cercavo il passaporto l'ho visto...
Un profumo non proprio allettante mi trapanò le narici: lui si era avvicinato di nuovo.
- Dì, bambina! Pensavi di fregarmi? Non sono mica nato ieri, veh!
Mi stava urlando nell'orecchio; o almeno, mi parlava da così vicino che sembrava stesse urlando. Strinsi istintivamente le palpebre, evitando di aprire gli occhi.
Ecco forse Mata-Hari non faceva questi errori...
E infatti:
- Guarda che le donne svenute non strizzano le palpebre, sai... Dove è quel biglietto? Dimmelo subito!
Seeh: ma se non posso parlare! Come faccio a “dirtelo subito”? (Anche il copy ha ideato dei colloqui fantastici, eh? Un genio!)
- Mgmmm Gnmmm...
Vabbè, non riesco a parlare. Speriamo non si metta a frugarmi in borsa....
- Senti, bellina! – Ma come si permette? 'Bellina'? A me!? - Apri gli occhietti e mostrami dove è il numero di cellulare che sto cercando! Altrimenti io....
Ommioddio: qui ci vorrebbe...
Click!
Rumore di porta che si apre...
- Permesso... Bu.. Buongiorno dottore... Disturbo?....
Oh, buon vecchio Stefano! Meno male! Aprii gli occhi riconoscente!
L'uomo pallido con i capelli lunghi e neri ebbe un moto di disappunto sul viso, che però colsi solo io, poi si alzò dalla sedia su cui era seduto:
- No,no. Prego. Entri pure.
- Grazie, io non volevo disturbare, e...
- Nessun problema. Lei è un parente, o un conoscente intimo della signorina?
- Si. Sono Stefano Botta, e sono il suo diretto superiore all'ufficio...
Il finto-medico pallido annuì con fare comprensivo, poi aggiunse:
- Venga pure: visite brevi, mi raccomando. Si segga pure qui, dove ero seduto io prima. Io comunque mi sposto un attimo lì a fianco, a controllare gli strumenti di sorveglianza dei parametri vitali...
- Oh, grazie. Troppo gentile...
Stefano, Stefano! E' il cielo che ti manda... Adesso devo solo trovare un modo per farti capire che lui, il finto-medico, in realtà è….
- Ciao, Roxen. Come ti senti?
E come vuoi che mi senta?! Mi hai appena buttato fuori dalla squadra, ho vomitato tutto quello che avevo mangiato da natale scorso fino ai giorni nostri, in più hanno già tentato di uccidermi un paio di volte, quindi come starò?...
- Ti vedo in forma, Roxen!
Eh?! In forma?! Ma.. Ma...
- Ma cosa ti è successo? Dimmi...?
Probabilmente Stefano notò il mio sguardo stupito, perchè poi si voltò verso l'uomo pallido, e gli disse:
- Ma, Dottore, cosa...?
L'umo rispose con un po' di condiscendenza:
- Vede, in questo momento la signorina è sotto l'influsso di alcuni farmaci, e non riesce ad articolare nessun suono...
- Oh, quindi... non riesce a parlare!
- Ecco, detto in parole un po' più povere, è esattamente così.
- Ah! Ecco....
Intuitivo, lo Stefano! Ecco perchè l'avevano messo a capo della struttura...
Tornò a guardarmi, con aria afflitta. Oddio, me ne stavo accorgendo solo ora: il capo doveva avere un tic, perchè il suo sguardo non riusciva a restare a lungo sul mio volto: ogni tre secondi scivolava lungo il collo, fino a insinuarsi nello scollo del camicione verde che mi avevano messo in ospedale. Utili, questi camicioni incrociati e abbottonati davanti: in caso di necessità, con un solo movimento il rianimatore può liberarti il torace e praticarti – chessò – una respirazione bocca a bocca, un massaggio... polmonare, insomma, ecco....cose così.
Chissà perchè invece l'occhio esperto del mio capo sembra nutrire altre speranze, altre immaginazioni.... Non ero proprio tranquilla, con quel suo sguardo addosso....
- Allora, Roxen... - si ridestò - Cosa ti è successo?...
Iniziai a fargli segnali con gli occhi, fissandolo intensamente e indicandogli ripetutamente prima il finto-medico poi la valigia con la roba dell'ufficio che scorgevo
nell'armadio socchiuso. Stefano d'un tratto mi guardò con più attenzione, quasi sembrasse capire cosa gli stavo dicendo. O per lo meno, quello che stavo cercando di dirgli. Poi...
Poi lasciò scivolare gli occhi ancora nella scollatura...
E vabbèhhh... La prossima volta i messaggi importanti te li scrivo lì, ok? Un po' su un po' giù, a seguire l'onda... Così li vedi: è il primo posto dove controlli!
Stefano dovette cogliere un senso di delusione da parte mia, perchè distolse lo sguardo, poi osservò di soppiatto il medico, poi mi si avvicinò e mi disse:
- Sai, Roxy? Posso chiamarti Roxy, vero?
Ma se non posso rispondere! No! No no no no! Mi fa schifo Roxy! Sembra il nome di un bar!!!
- Beh, Roxy: la tua missione, sai, era importante. Stiamo cercando un tipo, piuttosto belloccio, che si chiama Slazic. Luka Slazic. Era lui che avresti dovuto contattare, pedinare, agganciare...
Luka?! Luka... Luca? Quel Luca-Luka che ho incontrato nella macchinetta per le fototessera, e che mi ha lasciato quel numero di cellulare che dovei avere nell'agenda, e che interessa anche all'uomo pallido?
Alt, stop! Sceneggiatore, questa è forte davvero! Ma dai... Ma chi ci crede!...
Però Stefano non si avvide dell'assurdità della situazione, e continuò:
- Guarda, ho qui una foto. Te lo mostro, giusto per farti vedere...
Giusto per farmi capire come sono sfigata ad aver perso questa missione, eh? Cioè, la motivazione verso i sottoposti nel nostro ufficio è una cosa sacra ed inviolabile, eh?
La foto non la guardai molto, tanto lo conoscevo già: era lo stesso tipo che al caffè mi fece pensare che tra noi ci sarebbe potuta essere una remota speranza...
Il capo ricominciò:
- Dicono che sia un terrorista internazionale, ma io... -
Poi si guardò in giro, come se la stanza fosse piena di fantasmi pronti ad ascoltare le sue parole, ignorando completamente che invece l'unica persona presente, quello sullo sfondo e un po' cadaverico, era proprio quello che non avrebbe dovuto sapere proprio un bel nulla...
Finalmente, dopo aver dato l'ennesima sbirciatina fisiologica nel mio decolletè, continuò:
- … ma io ho capito che lui fa il doppio gioco! Eh, già! E' dei nostri...
Oh, bella. Ma se lui non ha nemmeno un decolletè decente, come hai fatto a capirlo, capo?
- Non so perchè, ma lo intuisco... Intuito professionale! Non dirlo a nessuno, eh? Mi raccomando...
Lo fissai esterrefatta. Tra l'altro sarei lievemente impossibilitata a parlare... Lui sorrise soddisfatto, poi abbassò inevitabilmente lo sguardo: una sbirciata ogni tre respiri, dev'essere vitale per lui. Io invece buttai gli occhi al cielo! Se fossi pagata 50 centesimi per ogni occhiata che il mio seno attira, sarei già da tempo milionaria...
Ricominciai disperatamente a fargli segnali con gli occhi, indicandogli ripetutamente prima il finto-medico poi la valigia nell'armadio. Dovevo fargli capire che avevo bisogno di lui, che ero in pericolo di vita, che il mio potenziale assassino era in quella stessa stanza...
- Mmmhh!... Mmmhh!...
Stefano mi guardò incuriosito, poi colse finalmente il mio sguardo che indicava il medico pallido, poi tornò su di me, fece una capatina rapida nella scollatura, poi mi guardò di nuovo negli occhi, ed annuì, compìto.
- Ho capito, Roxy... Va bene!
Poi si alzò, e si rivolse verso il dottore: io lo guardai orgogliosa. Ero riuscita a fargli capire qualcosa, e lui – al di là dell'immagine superficiale che dava, sicuramente solo esteriore – aveva colto il problema, e stava per intervenire ed arrestare il mio aguzzino...
Stefano si rivolse al dottore e disse:
- Dottore, non disturbo oltre la sua paziente. Mi raccomando, abbia cura di lei!
Avevo gli occhi sbarrati.
Lui poi si rivolse a me, e continuò:
- Ciao Roxy! Rimettiti presto. Che magari poi, quando ti sarai rimessa... - lo sguardo scivolò ancora una volta proprio lì, arguisco per salutarle - … magari usciamo a cena. Insieme io e te, eh? Ciao, ciao....
E uscì.
Tutto mi era perfettamente chiaro: Stefano era un imbecille, un deficiente matricolato e patentato.
Ed io ero particolarmente fregata...
Girai esausta lo sguardo verso il finto-medico pallido, con la precisa sensazione che questi sarebbero potuti essere gli ultimi attimi della mia vita...
Ed io non potevo nemmeno urlare!!!
Ma con mio sommo sbalordimento, l'uomo pallido con i capelli neri lunghi e gli occhi neri e le sopracciglia nere nere era... scomparso. 

(segue)

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