venerdì 10 giugno 2011

MARCELLA - cap. 3

3.

Marcella si sente sollevare, è intorpidita e fa fatica ad aprire gli occhi come se avesse dormito per due giorni. Lacrime e resti di mascara hanno incollato le palpebre, sente dolore ma soprattutto ha sentito le braccia, dietro le spalle e sotto le ginocchia, e adesso ha la testa incassata contro un torace morbido.
Alza lo sguardo e non c’è suo padre ma vede Maurizio.
Maurizio non ricambia lo sguardo. Maurizio ha gli occhi stretti e le labbra contratte mentre la porta in camera. Maurizio sente che si è svegliata perché Marcella cerca di muoversi ma lui serra le braccia.
“I bambini li andiamo a prendere domani”, dice senza guardarla. Entrano in stanza e la adagia sul letto. Lei lo guarda, annuisce. Maurizio si ritrae, la fissa dall’alto e anche lui è senza espressione, come Luca.
Marcella si sente ripugnante. Marcella è ripugnante. Marcella si vergogna perché Maurizio è lì che la guarda senza dire niente, e si sente piccola e inutile e sporca – voleva sentirsi sporca ma non così.
Maurizio ha gli occhi rossi, ha pianto e deve aver bevuto. Lo ha sentito nel suo odore, mentre la portava lì.
Si rannicchia e gli volta le spalle.
“Mi dispiace”, dice Marcella.
“Anche a me”. Sente che Maurizio la sta fissando – come non sentiva lo sguardo di Luca in strada mentre aspettava il taxi.
Non lo vuole guardare in quel momento, non riesce a guardarlo. Si concentra sul cuscino di fianco a lei, sulla federa verde, sui motivi floreali agli angoli, e poi il suo sguardo scivola sul comodino, sul libro di racconti aperto con gli occhiali di Maurizio a far da segnalibro.
“Vuoi che me ne vada?”
“No”, sussurra Marcella. Chiude gli occhi. “Non voglio che tu vada via. Tu vuoi che io me ne vada?”
“No. Manu e Nico hanno ancora bisogno di una madre”, risponde. “Non devi andartene, se non vuoi. Io non lo voglio”
Silenzio.
“Da quanto lo sai?”
“Da abbastanza”, risponde Maurizio. Sente il suo peso sul materasso mentre si siede accanto a lei. Percepisce la sua tensione. “Non mi importa”.
Marcella si irrigidisce, come se avesse ricevuto uno schiaffo. “Perché?”
Una pausa. Che duri un minuto o mezz’ora, Marcella non è in grado di dirlo.
“Perché lui non ti fa stare bene. Forse nemmeno io, ma di sicuro lui no. E non fa stare bene nemmeno noi”.
No, Luca non la fa stare bene. Luca è un cancro, Luca è un’infezione che si è sviluppata nella sua famiglia e che lei ha veicolato, come quei topi che diffondevano la peste in un vecchio film che aveva visto tanti, tanti anni prima con Maurizio, sul divano, ancora fidanzati.
Marcella sa che Maurizio ha ragione. Luca la possiede come un oggetto, la controlla, ne può disporre – ma non l’ha mai fatta stare bene, se non in quei momenti in cui le permette di vivere un ruolo diverso da quelli che si è abituata a vivere negli anni. Ma è solo un altro ruolo. Marcella è stufa di avere ruoli. Marcella non vuole più essere un personaggio. Marcella vuole essere solo Marcella. Non più puttana, non più traditrice, non più bugiarda. Solo Marcella. Indipendente dalla sua dipendenza da Luca.
Luca che non è niente, a parte un corpo, a parte carne, a parte sangue, nient’altro che questo. Né Marcella è qualcos’altro per lui: un burattino dal corpo voluttuoso, di carne, di sangue, attaccata ai suoi fili.
Forse è solo perché Maurizio non le ha mai chiesto di essere nient’altro che lei è scappata, come tante altre volte in vita sua. Da Luca, che le aveva fatto indossare l’ennesima maschera. Perché Marcella, fino a quel momento, non aveva avuto il coraggio di guardare davvero il suo volto. Quel volto a volte rabbioso e intenso che la spaventava e la ripugnava e la colpevolizzava dalla superficie lucida dello specchio nel bagno di un attico in centro a Milano.
“Posso stare per un po’ da mia madre, o in albergo, finché non capisci cosa…”
“No”, lo interrompe Marcella. “Resta. Resta qui con me”.
Marcella è abituata ad implorare, non ne prova vergogna. Vuole soltanto cancellare gli ultimi mesi, vuole riemergere dal suo fango come dopo un nuovo battesimo. Vuole abbracciare Maurizio, anche se sa che adesso non può permetterselo, che lui forse non glielo permetterebbe. Vuole Manu, e vuole Nico. E rivuole anche se stessa, quella se stessa che credeva di aver trovato consegnandosi a un altro uomo. Ma quella non era Marcella, non è mai stata Marcella: ora capisce che era solo quello che Luca voleva che lei credesse, per poterla manipolare meglio.
Maurizio espira, la sua tensione si allenta impercettibilmente. “Va bene”.
Marcella vorrebbe dire non succederà più, non lo farò più, come quando era una bambina e giustificava le sue marachelle davanti allo sguardo corrucciato dei suoi genitori. Non riesce a dirlo adesso. Non è in grado di promettere niente a se stessa, o a Maurizio. Nemmeno che ci proverà con tutte le sue forze, perché Marcella sa di non essere forte. Ma sa anche che non vuole nient’altro, adesso.
Può solo allungare il braccio a tentoni, sfiorare la schiena ancora tesa di Maurizio e sentire con sollievo che non si ritrae. Per un istante, non si sente più ripugnante. Si sente quasi felice – una felicità così fragile ed effimera che potrebbe bastare un soffio a mandarla in frantumi, e probabilmente per sempre. Ma non importa adesso.
Non adesso che sente il corpo di Maurizio caldo sotto la sua mano fredda e intorpidita.
Rimangono così per tanto tempo, senza parlare, senza muoversi, finché Marcella di nuovo non scivola nel sonno. Prima di addormentarsi, può immaginare ancora una luce che viene spenta, una porta che viene lasciata socchiusa.
E’ a casa.

4 commenti:

  1. Gran bel pezzo, coinvolgente! Mi piacerebbe essere una donna e poter sentire queste cose, confrontandole con le tue descrizioni... Ho la netta sensazione che non devono essere molto diverse dal 'vivo'...

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  2. Molto interessante,strana questa immedesimazione nel pensiero di una donna da parte di un uomo.
    Hai colto cose che pensavo fossero prerogativa di un punto di vista femminile, voglio dire, sei riuscito a calarti come uomo in un'intimità femminile molto particolare e in una maniera così corrispondente alla realtà, così vera che in alcuni momenti ho avuto i brividi.

    Bello mi è piaciuto
    Benvenuto Gomez!

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  3. Il coinvolgimento di una donna in una storia è sempre totale, prende il cuore e tutti i sensi, soprattutto quelli "di colpa" quando è attratta da qualcuno che non è il suo compagno "ufficiale", quando ha una famiglia, dei bimbi (magari piccoli) che trascura inevitabilmente quando si lascia andare ai suoi sentimenti. Hai reso bene il profondo dolore, la rabbia, i rimorsi, la paura di andare via, la paura di restare e la paura di tornare tra gli affetti primari, il mondo che ti crolla addosso all'improvviso, il terrore della scoperta di aver fatto male a qualcuno, l'indifferenza che ti coglie ad un certo punto e il desiderio di annullare tutto intorno, il non saper dire di no quando il cuore comanda, il voler negare ad ogni
    costo la fine di un amore, il desiderio di trovare un modo per conciliare ciò che sei dentro e ciò che si aspettano che tu sia, la
    perdita di stima verso te stessa e l'inizio di una nuova speranza.

    Non conosco il tuo segreto: forse sei un bravo psicologo o forse sei un bravo amico confessore (perchè non ti ci vedo proprio nella categoria del "bastardo" che c'è dall'altra parte).

    Meriti quattro le stelle: una per foglia...

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