lunedì 2 maggio 2011

Le due parti dell'altalena - Cap. 5

Cap. 5


La storia si svolgeva come una pellicola nella testa della giovane donna: un film terribile e sconvolgente, che le teneva compagnia da sette lunghissimi anni.

I suoi occhi mi guardarono, e il sole di quel tramonto si insinuò nel mio cuore. Le finestre della mia anima erano rimaste serrate troppo a lungo, ed era forse l'ora di provare ad aprirle, anche solo per un minuto, anche solo per quegli occhi azzurri, puri e chiari.
- Ciao bella. Siediti qui, vicino a me: c'è un tramonto rosso come il sangue.
Ricordo ancora il suono ed i toni della sua giovane voce: era fresca, prometteva cose felici ed emozioni liete, ma soprattutto era invitante, tranquillizzante. La sentivo gorgogliare dentro le mie orecchie, scendere tiepida ed argentina fin nel mezzo del mio petto, ed accarezzare la mia anima ferita e ritrosa fino a scaldarla. Ho pensato che una voce simile avrebbe potuto guarirmi da quella malattia invisibile, da quel freddo glaciale che mi portavo dentro da ormai troppo tempo.
Non ho più ascoltato le sue parole: per un momento mi sono fidata, fidata di lui, dei suoi occhi azzurri che illuminavano il mio volto quando mi guardavano.
Mi sono seduta, ho raccolto la gonna rosa del mio vestito, ed ho guardato le mie gambe piegarsi sotto di essa e distendersi sul prato.
Il tramonto era sempre più rosso, proprio come quello di stasera, ed io per una volta mi sentivo una donna, una donna normale, senza paure e senza limiti, capace di stare con un ragazzo della mia età senza crisi di panico, o sensi di impotenza da mascherare dietro uno schermo impenetrabile di afasia ed apatia.
Ho ricordi frammentari: la luce rossa calda ci avvolgeva come in una bolla fuori dal tempo
Sento ancora la sua voce che mi scalda in mezzo al petto, le sue mani che mi rassicurano in un tenero abbraccio...
Ricordo il suo dito teso verso il cielo rosso, a descrivere qualche cosa, e subito dopo i suoi occhi azzurri, immacolati e tersi, nei quali si perdevano i miei, girarsi verso di me.
Ricordo le sue labbra, mentre parlano: scoprono a tratti i suoi denti bianchi, ed il suo sorriso non è venuto mai meno una volta.
Baciarlo è stato naturale: in quel momento ho capito che quando arriva il momento di baciare il tuo ragazzo, te lo senti chiaramente dentro. E' un impulso che non puoi fermare, è una travolgente urgenza, dovevo farlo, allora, subito.
E poi il mio vestito rosa, che lentamente scivolava a terra, lasciandomi nuda davanti a lui: mi sembrava la cosa più bella del mondo, la più normale di questa terra, e sempre senza dire una parola lo abbracciai stretto.

Negli occhi della Signorina Smith si formarono due lacrime, dense e salate, che non volevano ancora saperne di staccarsi e correre giù lungo le sue guancie.

E successe... Mi ricordo solo che successe: non ricordo altro. Il mantello rosso del sole stava scomparendo definitivamente oltre l'orizzonte, ma il mio sguardo era concentrato solo all'interno di quegli occhi blu...
- Kate... Kate...
Queste le sole parole della sua voce che ricordo distintamente, il resto è solo un suono dolcissimo...
Poi il rosso del tramonto d'improvviso si tramutò in ombra, scura e minacciosa. Non vidi come quell'essere sgorgò dalla terra, all'improvviso, senza che ce ne accorgessimo.
Ma anche lui urlò il mio nome:
- Kate!
Ed il suo fu un urlo agghiacciante, tremendo... Aveva in sé l'urgenza di una condanna e la furia della sua esecuzione.
Mi spaventai terribilmente, pensavo che mi avrebbe ucciso, aveva gli occhi neri come la notte, e lampeggianti d'odio. Il suo urlo frantumò il soave gorgoglio della voce del ragazzo, spezzandolo nel momento stesso in cui lacerò il suo collo. Ed in quel momento tutto il rosso del tramonto ritornò sulla terra, sotto di noi, sopra di noi, addosso a noi. Rimasi pietrificata, a guardare tutto quel rosso che sgorgava dal collo dell'unica persona che mi abbia mai capita, che mi abbia mai amata.
E fu allora, mentre vedevo la ferocia che in quegli occhi neri glaciali pian piano lasciava posto alla paura, mentre quell'essere assassino si lisciava nervosamente i baffi con un movimento involontario della mano, fu proprio allora che capii perchè nessuno mi avrebbe mai potuta comprendere: io sono bruttissima, così brutta che nemmeno ci credo quanto. E chi mi si avvicina non può che restare ucciso. E' colpa mia. E' solo colpa mia.
E mentre lui moriva a causa mia, mentre l'altro essere si dileguava dopo aver fatto quello che aveva fatto, io decisi che non avrei aperto mai più il mio cuore a nessuno.
Solo io, nel mio mondo, per il bene di tutti gli altri.
Solo io.
Solo io.

La porta della camera si aprì lentamente, e due figure entrarono silenziose nella penombra.
Il più giovane sorreggeva il più anziano, e si fermarono a qualche passo dalla Signorina Smith.
- Vedi? Ora è calma. - disse il giovane - E' tornata assolutamente calma...
L'uomo più anziano annuì debolmente, poi si afflosciò su una sedia contro la parete più lontana dalla donna. Era visibilmente provato dalle vicende della serata.
- Sai Stuart? Non pensavo che sarei mai riuscito a parlarne con nessuno di quella sera... Quella maledetta sera...
Stuart appoggiò una mano sulla spalla del suo responsabile, mentre teneva gli occhi fissi sulla giovane donna: sì, era proprio bella.
Poi d'un tratto si girò verso Garreth, e lo fissò con due occhi neri come la notte; poi, scuotendo il capo senza distogliere lo sguardo, disse quasi tra sè:
- E non credo nemmeno che, stasera, tutta la verità sia venuta a galla...
Garreth alzò la testa verso il giovane, e mentre nei suoi occhi tristi piano piano si diffondeva la paura, nervosamente si lisciò i baffi con un movimento involontario della mano.



(segue)

Nessun commento:

Posta un commento