Pietro non poteva crederci, era furibondo, ma come osavano dire tutte queste menzogne su di lui, ma di cosa stavano parlando?
Per un momento l’istinto era stato quello di gridare la sua innocenza e forse anche quello di mettere le mani addosso al tale dell’Interpool, ma non aveva significato opporsi a quegli uomini in mezzo a un atrio dell’aeroporto, con mille potenziali testimoni intorno.
La cosa migliore era stata congedare Elena, non coinvolgerla in quel guaio, e attendere il momento giusto per reagire.
La cosa migliore era stata congedare Elena, non coinvolgerla in quel guaio, e attendere il momento giusto per reagire.
Una volta giunti nella saletta dell’aeroporto i due carabinieri si accomiatarono e poco dopo giunsero altri due tizi, - Signor Miller siamo De Andrea e Mancini- disse uno dei due mostrando il tesserino dell’Interpool, - credo ci stesse aspettando, come preventivato prendiamo noi in custodia il Signor De Luca, abbiamo l’incarico di portarlo in una sede segreta per poterlo interrogare, un elicottero ci attende per il trasferimento, ma lei ne e’ già al corrente vero? -
Il Signor Miller annuì silenzioso.
Pietro era fuori di se:- State scherzando? Ma chi cazzo siete?
Io non vengo da nessuna parte se prima non mi date una spiegazione-.
- Signor De Luca, non e’ nella posizione di poter chiedere nulla, ci segua senza fare storie o non farà altro che aggravare la sua situazione-.
I due tizi dell’Interpool lo presero forzosamente per un braccio e in gran fretta si allontanarono sparendo dal campo visivo del signor Miller.
Un elicottero li stava aspettando, salirono, chiusero il portellone e volarono via nel rossore dell’alba milanese.
Pietro guardava con occhi attoniti i suoi carcerieri, ancora non riusciva a capacitarsi dell’accaduto, era furibondo, i suoi battiti cardiaci erano come impazziti, la rabbia gli stava montando, si poteva percepire dal rossore del suo viso e dall’espressione rabbiosa che aveva stampata sul volto: - Ma di cosa stava parlando il vostro collega prima? Truffa, falso e furto ai danni di più persone, ma voi state scherzando! Ma sapete chi sono io? E cosa faccio nella vita? No evidentemente non ne avete la minima idea, anche perche’ se no non sarei su un elicottero a parlare con due stronzi come voi che mi stanno portando non so dove e a fare chissà cosa! Cazzo, fatemi chiamare immediatamente il mio avvocato, e’ un mio diritto, e non statemi così addosso che mi levate l’aria, tanto dove volete che vada, siamo su un elicottero!-.
I due si guardarono per un istante negli occhi e dopo poco Mancini si decise a parlare: - Per prima cosa cerchi di stare calmo e di moderare i termini, secondo, il signor Miller non e’ un nostro collega, in realtà siamo due agenti dei servizi segreti, siamo noi ad aver inventato le accuse a suo carico per poterla convincere a far parte di una missione atta a riportare in Italia un grosso criminale internazionale che in questo momento si trova in gravi condizioni in una località vicino a Kabul. In seguito ad un’esplosione in un attentato terroristico e’ rimasto gravemente ferito e lei e’ l’unico ad essere in grado di poterlo salvare, perche’ purtroppo tutti i chirurghi,dopo gli ultimi attentati avvenuti a Kabul, sono voluti rientrare in patria.
Non si faccia altre domande, si fidi, verrà ricompensato adeguatamente, alcune forti sovvenzioni sono pronte per essere investite nel suo progetto in Perù, basta che lei ci segua e non faccia nessun’altra domanda, inoltre se collaborerà con noi lasceremo cadere tutte le false accuse che abbiamo volutamente costruito su di lei. Se accetta la portiamo immediatamente in un aeroporto privato dove l’attende un aereo che la porterà a Kabul, una volta arrivati, avrà un paio d’ore a sua disposizione e poi verrà trasferito in una località segreta. Dovrà operare la persona, accertarsi per alcuni giorni che tutto sia andato bene e poi finalmente potrà tornare in Perù dimenticando questa sporca faccenda, con la fedina penale pulita e con un bel gruzzolo da investire nel suo progetto.
Pietro rimase a bocca aperta, era allibito, mai avrebbe pensato di potersi trovare in una simile situazione.
Pietro senza neanche pensare un momento, disse: - Ma ve lo potete scordare! Riportatemi immediatamente all’aeroporto da dove siamo venuti, io parto per il Perù, non ne discutiamo neanche!
- Signor De Luca ci rifletta un momento, quando mai le capiterà un'altra occasione così, in fondo non deve far altro che quello che e’ abituato a fare, salvare vite umane, solo che in questo caso ne avrebbe un grosso tornaconto economico che le risolverebbe parecchi problemi, in fondo le chiediamo solo un paio di giorni della sua vita!.
Pietro si fermò per un momento a pensare, in fondo cosa aveva da perdere?
E poi quel denaro gli faceva comodo!.
- Accetto, ma solo a condizione che oltre a quello che mi avete già promesso, dovrete assicurarmi di dare un’ulteriore somma in denaro al gruppo di Emergency, che ha base a Kabul, diciamo…un milione di euro?
I due agenti si parlarono fitto nell’orecchio per lunghi momenti…
- Diciamo cinquecento mila euro e chiudiamo la faccenda? -
- Affare fatto- disse Pietro.
Dopo lunghe ore di volo Pietro atterrò a Kabul.
Come previsto ebbe a disposizione un paio d’ore prima di essere trasferito.
Sapeva esattamente cosa avrebbe fatto di quel tempo a sua disposizione, sarebbe andato alla Chai-Khune ( casa del te’) dove tanto aveva amato passare il suo tempo pensando ad Irene.
Per Irene la vita a Roma scorreva nella quotidianità.
Mi trovavo nel mio piccolo appartamento di Roma.
Mentre preparavo la colazione i miei pensieri volavano alla ricerca del viso di Pietro, delle sue labbra, delle sue parole che così tante volte mi avevano aiutato ad uscire dall’inquietudine che mi pervadeva.
Non riuscivo a credere che potesse essere così diverso da come ero sicura che fosse, non potevo credere che avesse potuto essere così codardo, così vigliacco da aver abbandonato la sua famiglia, la sua bambina appena nata.
Alice seduta vicino a me nel tavolo della cucina, disegnava,
mondi fantastici l’accompagnavano e le tenevano compagnia nel silenzio di quella stanza.
Era felice.
Un profondo turbamento pervase la mia anima rendendo il mio corpo schiavo di emozioni rimaste per lunghi anni seppellite sotto la polvere dell’oblio.
Guardai l’orologio – E’ tardissimo!!! Alice andiamo o faremo tardi a scuola - - Si mamma vengo! –
Accompagnai Alice a scuola per poi ritrovarmi nuovamente sola con i miei pensieri.
Il cielo azzurro improvvisamente venne coperto da bianche nuvole accarezzate da un vento sottile che le trascinava verso mondi lontani.
Decisi di concedermi un paio d’ore in un luogo dove fin da giovane amavo rifugiarmi a riflettere e a scavare nell’anima alla ricerca del mio io più profondo, sicuramente un luogo inusuale per molti, ma io seduta su quella panchina, sotto una quercia secolare, all’interno del cimitero, mi sentivo libera di mettere a nudo i miei pensieri.
Circondata dal silenzio rotto solo dal cinguettio dei passeri indaffarati a inseguire la vita,
inspiegabilmente mi assopii.
L’aereo atterra all’aereoporto di Kabul, il più povero che si possa immaginare, dopo aver espletato le lunghe procedure d’ingresso mi ritrovo in quelle strade tanto familiari, affollate di pick-up dell’ONU e delle ONG, intasate dagli innumerevoli taxi gialli e dall’aria irrespirabile a causa del forte inquinamento.
Prendo un taxi, passo attraverso il bazar, cuore di questa meravigliosa città, le piramidi di frutta, i rossi pomodori, i cetrioli e i melograni esposti in grosse ceste, incantano i miei occhi mentre un raggio di sole gioca con i colori delle stoffe.
Antichi pastori con le loro greggi sostano sul piazzale facendo abbeverare i loro animali.
Quante volte ho rivisto nei miei sogni queste immagini, quante volte ho rivissuto il mio amore per Pietro attraverso di esse.
Appena mi allontano da Kabul la distruzione e’ totale, nulla e’ stato risparmiato.
All’interno del taxi mi libero un momento dal foulard che avvolge i miei capelli, un gruppo di donne ferme sul ciglio della strada mi osservano ed invidiano per un momento i miei capelli liberi di essere accarezzati dall’aria che penetra dal finestrino abbassato,
mentre con le loro mani trattengono i loro azzurri burka che veleggiano al vento, gli regalo un sorriso.
Ora so esattamente dove sto andando.
Sono davanti alla Chai- Khune dove tanto amava Pietro raccogliere i suoi pensieri.
Sulla porta due vecchi stanno giocando a “ takhte “, antico gioco di dadi.
Posso percepire la tua presenza, sento vive dentro di me le tue parole, sono parole d’amore, si, di un amore che nonostante tutto non si e’ cancellato con il tempo e l’essere nuovamente in questi luoghi l’ha riportato in vita.
Sento la tua voce sussurrarmi dolci parole, sento le tue mani percorrere il mio corpo bramose di una nuova intimità, sento il rimpianto di un uomo che per non far soffrire, ha sopportato in silenzio la pena più grande, quella di non poter più vedere la donna amata.
Ti sento.
Alzo gli occhi verso il cielo azzurro coperto da bianche nuvole arrivate da mondi lontani,
posso vedere due aquiloni dai colori pastello volteggiare nel cielo fino a lambire le nuvole, si inseguono, si sfiorano, sembrano proporre un antico rituale d’amore.
Un boato
un bagliore improvviso illumina il cielo
gli aquiloni sembrano perdere il controllo, i loro fili si avvolgono come in un disperato ultimo abbraccio, per poi sparire per sempre oltre l’orizzonte.
L’azzurro cielo viene coperto da grandi nuvole nere cariche di pioggia e
impalpabili gocce d’acqua simili a lacrime bagnano il mio triste viso.
Le fresche gocce mi destarono dal sopore in qui mi trovavo,
una stilla d’acqua si posò sulle mie labbra e mi stupii del suo sapore salmastro.
Un’inquietudine mai provata si impossessò del mio corpo, ancora non riuscivo a capire ciò che mi stava accadendo.
Camminando lentamente, senza fretta, nonostante continuasse a piovere, mi avvicinai a casa, mi infilai nel portone salii le scale che mi separavano dal mio piccolo appartamento, vi entrai, mi spogliai e feci una doccia bollente.
Avvolta in una calda coperta mi raggomitolai sul divano stringendo nella mano il cuore d’ambra che evocava la nostalgia di te.
Accesi il televisore.
Il telegiornale
Un’edizione straordinaria
- Muore in Afganistan il noto chirurgo di guerra Pietro De Luca, in seguito all’esplosione di un IED che ha investito il mezzo su cui viaggiava in una zona nei pressi di Kabul…….-
Solo in quel momento capii.
A Kabul ho ritrovato ciò che pensavo perduto
ho ritrovato la tua antica espressione degli occhi
ho trovato momenti di verità e d’amore.
Un sogno non si distrugge
rimane per sempre scolpito nel cuore di chi sa ascoltare.
Nessun commento:
Posta un commento