Mi preparai nel più breve tempo possibile, ansiosa come non mai di cominciare questa avventura con l’uomo che amavo e che mi amava. In meno di cinque minuti ero riuscita a svegliarmi, prepararmi e a chiudere la porta di casa.
Aspettando Pietro sul marciapiede di fronte a casa mia, la mia mente vagava, percorrendo i più bizzarri dei sogni. Partendo dal meraviglioso volo che ci aspettava, passando dal lavoro che ci avrebbe atteso per poi finire alle notti che avremmo passato insieme…
Meno di dieci minuti dopo, Pietro arrivò a bordo del taxi
-Dai, sali, che ci attende un lungo tragitto- mi disse, accogliendomi con un sorriso. Io misi le valigie nel portabagagli, accanto alle sue, e mi accomodai nel posto rimasto libero
-Allora, sei pronta?- mi chiese prima di baciarmi
-Sì. Non potrei desiderare altro al mondo, ora, se non essere qui con te-
-Sono contento che tu l’abbia detto-
Il taxi percorse velocemente le strade del capoluogo lombardo, facilitato dall’orario. L’aeroporto di Malpensa apparve ai nostri occhi illuminato a giorno, pronto a portare i temerari viaggiatori della notte ovunque avessero scelto di recarsi.
Scesi dal taxi ci dirigemmo subito al check-in con Pietro che teneva in mano i nostri biglietti, acquistati con un mese di anticipo. Tutto quello che avrei potuto desiderare era a 17 ore di volo. Diciassette ore da passare, fianco a fianco, con l’uomo che amavo.
Il rumore delle ruote del trolley che mi ero portata, oltre ad una valigia in senso stretto, rimbombava in tutto l’aeroporto. Ci incamminammo verso il primo sportello aperto e Pietro mostrò i documenti alla commessa. Mentre aspettavamo la conferma dei posti, io e Pietro ci scambiammo un lungo sguardo. Intenso, penetrante, lo stesso che mi aveva fatto cadere tra le sue braccia la prima volta che l’avevo visto. Avvicinammo i nostri visi, pronti a scambiarci uno di quei baci alla “Addio romantico” che Hollywood tanto amava, quando il nostro momento di intimità venne interrotto dalla voce della commessa
-Chiedo scusa, signor De Luca…- Pietro sospirò e si voltò verso la commessa
-Dica-
-Sono desolata, signore, ma credo ci sia stato un errore. I suoi biglietti non sono validi-
-Come?- chiese arrabbiato. Non potevo crederci… In effetti fino a quel punto mi era sembrato tutto fin troppo bello.
-Può ricontrollare, per cortesia?-
Si sentì il classico rumore di tastiera battuta con leggerezza, ma la faccia della commessa sembrava sempre meno convinta, schermata dopo schermata
-Mi dispiace, signore, ma credo che dovrà rimanere qui-
-Ma che… Va bene. Non è possibile acquistare dei biglietti?-
-Sì signore, ma il volo per cui li ha presi è pieno. Il prossimo è tra quattro ore.-
-Che dici, Elena? Ce la fai ad aspettare ancora un po’ per coronare il nostro sogno?-
Qualunque cosa dicesse, era sempre abilissimo a convincere le persone: -Certo! Ho aspettato un mese prima di arrivare fin qui, qualche ora in più non sarà nulla!-
Pagò in contanti i nuovi biglietti e, una volta ringraziata la commessa, ci andammo a sedere al bar per poter rimanere un po’ svegli. Tra un caffè e l’altro parlammo a lungo, progettando il nostro futuro in una nazione così lontana. Lontana, ma in compagnia.
Facendo quel viaggio avrei abbandonato tutto ciò che avevo: le mie certezze, il mio lavoro… Eppure se ero con lui, avevo l’ impressione che tutto si sarebbe risolto per il meglio. Sapevo che lavorare in ambito di aiuti umanitari sarebbe stato difficile, ma per Pietro, questo ed altro.
Inoltre, lui aveva questo fuoco che gli bruciava dentro, questa quasi spasmodica voglia di aiutare gli altri, che gli permetteva di farsi seguire sempre da un nutrito numero di persone, tra le quali ero presente anche io.
Mentre stavamo parlando delle varie operazioni che avremmo dovuto compiere, sentii un uomo chiamare il nome di Pietro con un accento inglese.
-Mister De Luca?-
-Sì, sono io. Posso aiutarla?-
Mi girai anch’io, incuriosita. Di fronte a noi stava un uomo in cappotto scuro, con un distintivo in mano. Non avrà avuto più di cinquant’anni, a giudicare dai capelli. Ai suoi lati, due carabinieri.
-Aaron Miller, Interpol. La prego di seguirci-
-Interpol? Ma cosa…?- chiesi incredula: -Quest’uomo deve partire per un’importante missione umanitaria, non potete fermarlo!-
-Si rilassi, miss. Credo che lei non sappia chi ha accanto.-
-Ma che sta dicendo?- mi girai sconfortata verso Pietro, in cerca di risposte
-Mi dispiace Elena…- mi disse. Si alzò e si mise di spalle al poliziotto, incrociando le mani dietro la schiena.
-Mister De Luca, la dichiaro in arresto per truffa, falso e furto ai danni di più persone, in più paesi. Ogni cosa che dirà potrà essere usata contro di lei-
Seguii gli uomini, dimenticandomi le valigie al bar. Non avevano importanza: -Ma siete sicuri di ciò che state dicendo?-
-Miss, quest’uomo è ricercato in quattro nazioni per aver rubato soldi governativi e di privati cittadini, usando come mezzo il suo progetto di ospedali per i meno fortunati. Inoltre, è stato denunciato per aver lasciato più signore da sole con un figlio.-
Rimasi immobilizzata all’ultima parte della frase. Istintivamente, mi portai una mano al ventre e vidi Pietro essere portato in una saletta dell’aeroporto.
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