giovedì 13 gennaio 2011

La verdad nace en la sombra de la mentira - Cap. 6

La sparatoria, il dolore lancinante alla testa e non ultimo questa verità su Marcos…..cos’altro poteva capitare? Avevo solo voglia di scendere dalla giostra e farla finita con tutto questo: ne avevo abbastanza. Ma forse avevo assaporato troppo in fretta la libertà, la possibilità di rifarmi una vita altrove..troppo in fretta….o, forse, per la prima volta ero stata vicina alla fine, avevo sentito il respiro della morte…per la prima volta avevo avuto paura. Non riuscivo a pensare o meglio non smettevo di pensare a Marcos…..e a chiedermi il perché. Mi ero fidata, non poteva essere così, ci doveva essere un’altra spiegazione…dovevo trovarlo...dovevo chiedergli….dovevo sapere.

- Voglio tornare a casa mia – dissi con un tono tra rabbia e pianto
- Non sei nelle condizioni di andare da nessuna parte, almeno non oggi- rispose Denver e detto questo uscì dalla stanza lasciando Catalina nuovamente sola.

No, no, non potevo restare lì ad aspettare…..dovevo uscire, tornare a casa e dovevo farlo ora. I vestiti erano stati riposti sulla sedia accanto alla finestra, focalizzai la distanza che separava il letto dalla sedia…cinque, sei passi al massimo….che a me parevano kilometri…scesi dal letto cercando di raggiungere il più velocemente possibile quella maledetta sedia…ma ogni mio movimento era come rallentato, assonnato, pigro. Ad ogni movimento avvertivo pulsazioni alle tempie, una sensazione di vomito e dolori in varie parti del corpo…ma dovevo sbrigarmi…l’inferimera sarebbe potuta passare in qualsiasi momento, il Dottor Monteiro sarebbe potuto entrare in qualsiasi momento….dovevo sbrigarmi.

Raggiunsi la porta della camera…l’aprii lentamente e guardai nel corridoio….non c’era nessuno: era il momento. Percorsi il corridoio per una decina di metri, appoggiandomi al corrimano….fino ad una porta che dava sulle scale. Entrai e mi sedetti per qualche minuto sulle scale per riprendere le forze. Sentii un vociare provenire da qualche piano sopra: non potevo fermarmi. Giunsi, non so come, al piano terra e ancora guardinga riuscii a sgattaiolare sul retro….raggiunsi la via principale, ma non potevo arrivare a casa in quelle condizioni, non a piedi. Fermai una macchina, forse un taxi, non so…e pregai l’uomo che guidava di darmi un passaggio…..raggiunsi il mio palazzo, l’ascensore e, finalmente anche l’appartamento.

Aprii la porta, varcai la soglia e mi lasciai scivolare sulla poltrona di pelle, chiudendo gli occhi: ce l’avevo fatta. Rimasi qualche secondo al buio poi accesi la luce……l’appartamento era sottosopra: chiunque fosse entrato l’aveva fatto senza scassinare nulla, non aveva lasciato tracce ma…cercava qualcosa…non aveva preso oggetti di valore…cercava altro….ma cosa?? Trascinandomi con le ultime forze in corpo, entrai in camera da letto e vi trovai Marcos …..seduto sulla sedia, il capo appoggiato alla finestra proprio dietro di lui.

Appena mi vide entrare mi corse incontro ….-Catalina…-si avvicinò e mi strinse a sé
Non riuscii a ricambiare l’abbraccio e restai tra le sue braccia come un fiore reciso senza radici né emozioni…..poi la stanchezza prese il sopravvento e svenni ….Mi risvegliai dopo…non so nemmeno quanto….
- Catalina….come …come ti senti?- chiese Marcos – ti…ti hanno detto tutto vero? -
- non mi hanno detto niente- risposi con lo sguardo al pavimento…non riuscivo a gaurdarlo negli occhi, non ancora…
- Catalina, nel nostro lavoro….-continuò lui
- “nostro”? …….. bastardo, non c’è un “nostro” del cazzo….non conto niente per te…Denver mi ha detto del piano ….. dell’esplosivo….mi fidavo di te…..mi fidavo di te- la ferita stava iniziando nuovamente a farmi male
- …posso….- disse Marcos allungando la mano verso il mio viso
- no …non puoi….-
- ….spiegarti..-
- ora? Spiegare cosa?-

Marcos aprii lentamente la giacca e dalla tasca interna ne estrasse una foto spiegazzata ….. me la porse.

- non voglio sapere niente….per favore esci dalla mia stanza e anche dalla mia vita…..in qualche modo me la caverò e uscirò da questa storia…anche senza il tuo aiuto…..-
- non aveva nemmeno quindici anni quando … quando la stuprò la prima volta -iniziò Marcos
- non voglio sapere niente….-
- …era bella - continuò lui - …era la più bella ragazza del quartiere…..la teneva segregata in una stanza, al buio…..legata per le caviglie…e quando ne aveva voglia….quel maiale se la prendeva….era diventata una proprietà….non era altro che una “cosa” per lui, un quadro, una partita di droga valevano molto di più…..dopo qualche settimana era rimasta incinta….aveva avuto un figlio, un figlio che aveva partorito in quella stanza lurida, sporca….. il bambino…non lo aveva nemmeno visto in faccia, lui gliel’aveva strappato subito e l’aveva …venduto….ad una coppia sterile....gliel’avevano pagato anche bene a quel bastardo….ce lo siamo ripresi ….qualche anno dopo….è cresciuto con noi, con me. Non so come, una decina di anni dopo, quel cane l’ha trovato…...gli ha venduto la droga…e lo ha ucciso….-
- Hernan? È stato Hernan?? Marcos…che storia è questa???? ….come si chiama questa donna….dov’è ora?-
- dopo un po’ era diventata “vecchia” per lui….troppo vecchia…..non so che ne ha fatto…-
- come si chiama ….. la donna …come si chiama?-
- Sabrina Almodez…
- Almodez????? Il boss che controlla il più grosso traffico di armi e di droga….ho lavorato per lui…
- due anni fa……sì, lo so…- rispose Marcos
- tu …….come??? Lavoravi per lui???- temevo la risposta, ma dovevo capire…..
- no io…..pagavo io il tuo stipendio-

Nessun commento:

Posta un commento