La porta si richiuse e il buio calò. L’unica luce entrava dalle fessure formate dalle travi che coprivano la finestra. Appena i miei occhi si abituarono all’oscurità, distinsi un corpo sul pavimento. Cautamente mi avvicinai. Il corpo non si muoveva. Mi avvicinai ulteriormente, appoggiai una mano sulla spalla dell’uomo steso a terra e il suo urlo mi fece cadere a terra. L’uomo si alzò improvvisamente e si girò nella mia direzione. Era bendato, il volto era pieno di lividi e deformato dalle tumefazioni, i suoi abiti sporchi di sangue e bagnati.
Hernan De la Roca. Come è conciato? Cosa sta succedendo?
-Hernan?- chiesi con la voce tremante. Lui si voltò nella mia direzione, allungando le braccia verso di me.
Perché non si toglie la benda? Mi domandai guardandolo brancolare e rantolare come una bestia ferita.
-Non mi avete torturato abbastanza? Non siete soddisfatti? Eh? Rispondete, maledizione!- gridava con voce roca, fendendo lo spazio davanti a sé con le braccia.
-Sono Catalina…- lui smise di muoversi e si immobilizzò.
-La prego mi aiuti. Non so dove mi trovo. Hanno le armi. Hanno preso la droga. È tagliata male, è difettosa. È letale… Oh, Sabrina…- le sue parole confuse si trasformarono in pianto e cadde sulle ginocchia, battendo i pugni sul pavimento.
Non trovavo il collegamento. Marcos aveva spodestato De la Roca? Avevano trovato la coca tagliata male? E perché mai l’aveva bendato e rinchiuso qui? E perché non si levava quella benda?
-Hernan, cosa sta succedendo?- lui rantolò qualche parola che non compresi, stringendosi il volto tra le mani, poi inspirò a fondo e alzò il volto verso di me. Fu allora che lo vidi. Si era levato la benda e i suoi occhi… i suoi occhi non c’erano più. Il mio stomaco si contrasse in un conato, che riuscii a controllare per miracolo e appena smisi di respirare a scatti mi rivolsi di nuovo a lui.
-Chi le ha fatto questo, Hernan?-
-Mio figlio… E quegli altri… Doveva essere un piano perfetto. Avremmo venduto la coca in Italia e sarebbe stato tutto più facile. C’era quella ragazza, quella nuova. Non c’erano rischi.- Non sapeva che quella ragazza era in quella stanza con lui.
-Chi è suo figlio Hernan?-
-Marcos. Si chiama Marcos.- il mio cuore cessò di battere. O almeno così mi sembrò. Marcos, il figlio di De la Roca.
-Conosceva Sabrina Almodez?-
-Oh, Sabrina. La povera Sabrina. Sedotta e abbandonata. Diede un figlio a Marcos, ma Marcos dubitava di essere i padre effettivo, era convinto che Sabrina lo tradisse. Così vendette il bambino e uccise Sabrina. Diceva che era marcia come suo padre. Vuole uccidere Almodez! Vuole eliminare l’unica persona che può testimoniare contro di lui.-
-Anche lei può testimoniare!- le mie parole gli suscitarono una risata nervosa.
-Noi non usciremo mai da questa stanza, signorina.- le sue parole mi fecero sudare freddo. Annaspai come un pesce fuor d’acqua per un momento, rimettendo a posto i pezzi di quel puzzle folle e contorto.
-Perché hanno scelto quella ragazza? Quella nuova?-
-Era il collegamento più facile, la via più breve per arrivare ad Almodez.-
-Una pedina…-
-Si, era solo una pedina. L’ho voluta nella mia spedizione per salvarla. Volevo mandarla in Italia ed evitare che finisse nel piano perverso di Marcos.-
Hernan De la Roca voleva salvarmi. Marcos voleva usarmi per arrivare ad Almodez e quando aveva saputo delle intenzioni di suo padre, aveva deciso di imbottirmi di esplosivo, per eliminarmi definitivamente nel caso fossi sopravvissuta alla sparatoria. Era folle. Ma aveva senso adesso.
-Dobbiamo andarcene di qui Hernan. Ora.-
-E’ inutile, chica. Ci ammazzeranno. Ti tortureranno come hanno fatto con me, poi ti sgozzeranno come un maiale. E lo stesso toccherà a me.- deglutii e mi avvicinai a lui.
-Io sono Catalina Guilmar. Lei mi conosce come Eva, ma il mio nome è Catalina Guilmar. E il mio compito, ora, è quello di portarla via di qua, vivo.- la sua bocca si aprì in una espressione sorpresa, poi le sue mani strinsero le mie.
-Sei salva.-
-Si, signore.-
-Ho pregato tanto perché ti salvassi.-
-Lei crede, Hernan?-
-Dio è qualcosa di più forte persino delle pistole e della droga. Gli uomini possono ritenere sbagliato che io venda droghe e uccida persone. Ma io devo rendere conto solo a Dio, non agli uomini.- annuii alle sue parole. Finché aveva la fede, credeva in qualcosa. E se credeva ancora in qualcosa nonostante tutto quello che era successo voleva dire che credeva di potersi salvare. E riponeva tutta la sua fiducia in me.
L’avevo conosciuto con l’intento di distruggerlo e ora dovevo salvare quell’uomo che era rimasto vittima del suo gioco.
Mi avvicinai alla finestra e guardai attraverso le fessure. Dava su un enorme campo, in lontananza si vedeva una strada trafficata e rumorosa. Poi guardai attraverso la serratura della porta. C’era solo un uomo, di spalle, che guardava la televisione, il resto della stanza era vuoto. Mi voltai verso Hernan.
-Ha armi?- lui si tastò le tasche, poi passò alla gamba e trovò quello che cercava. Un coltello a serramanico, abbastanza lungo da farmi paura. Lo impugnai e gli raccomandai di tacere. Usando il coltello e le conoscenze acquisite da Marcos riuscii ad aprire la serratura. Coprii lo scatto battendo sulla porta e urlando:
-Aprite, per favore, lasciatemi andare!- sentii l’energumeno avvicinarsi e appena la sua mano batté un colpo sulla porta intimandomi il silenzio, la spalancai e gli saltai addosso, conficcando il coltello nella sua gola. Cadde a terra rantolando, con gli occhi strabuzzati. Presi la sua pistola, caduta a terra e lo finii con un colpo in testa. Rimase immobile, con gli occhi spalancati, mentre un silenzio innaturale cadeva nella stanza e una pozza di sangue di allargava sotto la sua testa. Non avevo molto tempo. Recuperai Hernan e lo guidai il più velocemente possibile giù dalle scale, stringendo la pistola con la sinistra, mentre Hernan si sorreggeva al mio braccio rotto. Scendemmo in strada e ci dirigemmo verso il campo, iniziando ad attraversarlo insieme, sorreggendoci a vicenda su gambe doloranti e malferme. Eravamo quasi a metà, iniziavo già a distinguere le insegne del motel che si trovava all’ingresso della zona sud della città, quando la voce di Marcos mi arrivò alle orecchie. Mi voltai di scatto e lo vidi correre verso di me insieme agli altri due che mi avevano portato nell’edificio, tutti e tre brandendo le pistole e puntandole contro di noi.
-Stia a terra!- spinsi a terra Hernan e mi chinai per evitare i colpi.
-Vogliono me, lasci che mi prendano!-
-No, io la porto fuori da questa storia vivo!- risposi sparando tre colpi nella loro direzione e colpendone due. Diego al petto e Andreas al braccio destro. Si accasciarono entrambi a terra e rimase solo la figura di Marcos a correre verso di me. Il suo volto era contratto in un sorriso folle, mentre sparava colpi nella mia direzione. Un proiettile mi colpì al braccio rotto e mi lasciai cadere a terra, immobilizzandomi. Marcos rallentò la corsa, iniziando a muovere passi veloci e pesanti nella mia direzione.
-Fine della corsa, Cat. Pensavi di scappare così facilmente? No… Dio, voi donne, quanto siete stu…- non finì mai quella frase.
Il mio proiettile lo colpì in fronte, congelandogli sul volto un’espressione quasi stupita. Rimase immobile un secondo poi il suo corpo ormai senza vita cadde a terra, con gli occhi vuoti che fissavano il cielo stellato di quella notte maledetta. Mi cadde la pistola dalle mani tremanti e mi inginocchiai davanti a lui, fissandolo.
Era finita. Ero salva.
-Siamo salvi, Hernan.- sussurrai.
-Siamo salvi!- esclamai sorridendo, ma quando mi voltai verso Hernan vidi il suo corpo giacere immobile, solo il suo petto si muoveva leggermente. Mi avvicinai urlando il suo nome e strinsi la sua mano.
-Mi hai salvato chica.- sussurrò. Aveva un foro nel petto, un proiettile l’aveva colpito. Stringeva tra le mani il cellulare dell’uomo che avevo ucciso nell’edificio.
-Stanno arrivando i soccorsi.- sussurrò chiudendo gli occhi.
-Hai salvato me, e altre vite chica. Grazie.- il suo petto fu scosso da dei colpi di tosse, poi rimase immobile.
Mentre le lacrime scorrevano sul mio volto sentii avvicinarsi le sirene delle ambulanze e della polizia. Singhiozzavo aggrappata al corpo di quell’uomo, quando una mano mi si posò sulla spalla.
-Catalina, è finita. È tutto finito ora.-
Un cappello pieno di ciliege, di Oriana Fallaci
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Avevo iniziato a leggere questo libro molti anni fa e non ero riuscita a
superare le prime dieci pagine. Adesso, forse complice un’età più avanzata
e un...
5 settimane fa
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