Un giorno, quasi per caso, vide un uomo, un bambino ed un ragazzo seduti sulla panchina di fronte a sè ed ebbe un sussulto. Erano tutti e tre lì, apparsi all’improvviso, l’uomo del the, il bambino con la bicicletta ed il ragazzo del tram. La guardavano tutti e tre, con uno sguardo privo di espressione. Sembravano finti, come di cera, senz’anima, eppure lei sapeva che erano vivi. O che almeno un tempo remoto del suo passato lo erano stati.
Incuriosita, si avvicinò ad essi lentamente, guardandosi in giro per capire se anche la gente intorno a sé li vedeva o se erano frutto della sua immaginazione. Nessuno sembrava curarsi di ciò che faceva e così si sedette in un piccolo spazio sulla panchina, pescò un piccolo foglietto dalla sua borsa e ci disegnò su un cuore. Lo passò al ragazzo, questi si mosse come per magia e lo passò al bambino e questi ancora fu come si svegliasse apposta per passare il biglietto al signore del the. Le tornò il disegno, ma null’altro successe.
Il giorno dopo ritrovò quei tre che considerava suoi amici, seduti sulla stessa panchina di fronte alla quale era solita sedersi. Si sedette vicino a loro e disegnò su un pezzettino di carta una mano. Passò il disegno al ragazzo, che lo passò al bambino e questi al signore del the. Le tornò il disegno, ma null’altro successe. Il terzo giorno disegnò una bocca, tutti la guardarono ma null’altro successe.
Il quarto giorno disegnò una lacrima, il quinto un anello, il sesto un’ala, il settimo una gabbia, l’ottavo una piuma, il nono un libro pieno di parole. Tutti li guardarono, l’uno dopo l’altro, e null’altro successe.
Il decimo giorno Margherita non disegnò nulla. Era inutile. Nessuno la capiva.
Passò così il biglietto vuoto al ragazzo, che la guardò perplesso. Il bambino cadde dalla bicicletta e scoppiò a piangere e l’uomo gettò a terra una tazza da the sbucata all’improvviso dal nulla. Scapparono poi tutti insieme verso la stessa direzione e Margherita decise che stavolta non li avrebbe persi. Trovava la situazione abbastanza surreale, ma in fondo nella vita nulla le aveva tenuto più compagnia dei momenti trascorsi con quei tre strani figuri e così corse dietro ai loro passi. Giunse al limite di una casa piccola e bianca, con il tetto di tegole rosse, molto simile a quella che Margherita era solita disegnare quando era piccola.
La porta d’ingresso era aperta e così la scostò un po’, guardandosi in giro.
Dentro la casa c’era un piccolo atrio con tre porte. Una a sinistra, una al centro ed una a destra. Aprì la porta a sinistra e si ritrovò nella sala da pranzo di quando era piccola. Sulla tavola c’erano una teiera fumante e pasticcini appena sfornati. Le scappò un urlo di gioia e se ne stupì. Non aveva più udito nemmeno un sussurro dalle sue corde vocali da quando era piccola, perciò rimase stupefatta del tono della sua voce. Non la riconosceva come sua e quasi ne era spaventata ed ammirata insieme.
L’uomo del the entrò nella stanza e le disse:
- Benvenuta Margherita!
Margherita gli sorrise e gli chiese :
- Perchè sei scappato?
- Sono scappato dal tuo silenzio, perchè in esso c’era tanta solitudine.
Rimasero insieme a lungo. Margherita sorrideva e parlava senza stancarsi mai. Sembrava quasi volesse recuperare tutto il tempo perduto. Ad un certo punto l’uomo del the dovette fermarla e spingerla indietro nell’atrio della casa, dove c’erano le tre porte.
Margherita aprì la porta al centro e si ritrovò nel giardino che attraversava tornando da scuola. Non si stupì di vedere il suo piccolo amico scorazzare in bicicletta e stavolta non esitò a fermarlo e a chiedergli il suo nome. Parlarono a lungo, Margherita gli raccontò tutte le favole che le venivano in mente, finchè non gli chiese:
- Perchè sei scappato?
- Sono scappato dal tuo silenzio, perchè in esso c’era tanta tristezza
Una voce di mamma chiamò il ragazzino e Margherita lo lasciò andare.
Tornata di fronte alle tre porte, Margherita imboccò la porta di destra. Si trovò nel tram che la portava a lavorare, proprio di fronte al ragazzo, che si illuminò in un sorriso quando la vide. Lei lo prese per mano, scesero dal tram e andarono a rifugiarsi in un bar dove si sedettero e si raccontarono a lungo storie di vita ordinaria. All’improvviso gli chiese:
- Perchè sei scappato?
- Sono scappato dal tuo silenzio, perchè in esso c’era tanto egoismo
Margherita sentì un forte impulso di tornare indietro, chiuse gli occhi e si ritrovò come per magia nell’atrio della piccola casa bianca.
Era una storia straordinaria quella che aveva appena vissuto, ma nessuno le avrebbe creduto, se l’avesse raccontata. Così decise che avrebbe fatto bene a tacere, ancora una volta. Oramai era anziana e l’avrebbero presa per matta e rinchiusa in un ospizio per vecchi dove sarebbe morta di inedia, tristezza e solitudine. Peggio di quanto già il destino non le aveva riservato.
Stava per uscire dalla casa, quando la casa stessa iniziò a tremare e si sollevò da terra. Margherita ne fu spaventata a morte e non aveva nemmeno un appiglio al quale tenersi. Le pareti si agitavano, sbattendo il suo fragile corpo da una parte e dall’altra. All’improvviso la porta d’ingresso si spalancò e lei si trovò a scivolare in un vortice turbinoso, fino a che non sbattè a terra e chiuse gli occhi.
Non aveva ritenuto mai nessuno capace di comprendere quello che il suo cuore aveva da dire e così si era indurita al punto da cacciare tutti coloro che avevano provato ad amarla. Il suo cuore duro non aveva più parole, nè per sé, nè per gli altri. E lo aveva imparato troppo tardi.
Così sulla sua tomba non fu scritta nessuna parola.
Ogni volta che passo davanti al cimitero la vedo: è una piccola tomba bianca, con una lapide che nel suo silenzio racconta più di molte parole messe insieme.
- Ma questa non è una favola!
- E perchè?
- Perchè le favole hanno sempre un lieto fine e questa non ce l’ha... sembra la realtà...
- Forse lo è?
- Non mi piace! Uffa non mi piace... volevo una favola io... inventa un’altra fine...
- Va bene.. ma solo perchè ti chiami Margherita....
... All’improvviso la porta d’ingresso si spalancò e lei si trovò a scivolare in un vortice turbinoso, fino a che non sbattè a terra e chiuse gli occhi.
Quando si risvegliò, Margherita era nel suo letto.
Era tornata piccola, il volto della sua mamma era chino su di lei per darle il buongiorno.
Ma allora, aveva solo sognato?
Margherita non se lo chiese due volte: che fossero stati solo sogni o che fosse stata realtà, aveva imparato che gli altri erano importanti e non poteva escluderli dalla sua vita solo per evitare di soffrire. Sembrava che la vita avesse deciso di offrirle un’altra possibilità e Margherita pensava che sarebbe stato stupido sprecarla: almeno con le persone alle quali voleva bene avrebbe provato a parlare!
Così si levò sul letto, baciò la mamma e le sorrise:
- Buongiorno!!!!!!
Un vero peccato che la vita non offra davvero una seconda opportunità...
RispondiEliminaQuesto però significa che si devono sempre sfruttare quelle che si hanno: prima lo si capisce, meglio sarà.
Brava, bello bello.
Se la mia non fosse una trombonata, lo definirei didascalico.
Forse la vita è bella proprio perchè non ti offre una seconda opportunità (almeno nel 99% dei casi).
RispondiEliminaMi fa piacere tu abbia colto la morale... che come in tutte le favole è la cosa più importante...