lunedì 1 novembre 2010

Il Barista - La lettera (Parte 2)

(parte 2)

Tolgo dal ripiano più alto una bottiglia di sambuca, la Molinari. E' un po' impolverata, nessuno me la chiede mai, ma velocemente la spolvero e la poso sul bancone: sono un barista professionista.
Poi prendo un bicchierino, uno da sambuca, bassino e stretto, e mi metto a lucidarlo. Anche questi li uso davvero poco.
Intanto osservo il mio locale.
Manlio continua a tubare fiero, ha ormai gonfiato tutte le penne del petto, e ride gaio, rosso in viso. Giurerei che la sua mano già conosca non solo il filato delle calze di Simona, ma anche il tipo di molletta che monta il suo reggicalze.

Ma anche la colombella Simona mi pare garrula: gli occhi perfettamente truccati ormai luccicano felici ed impazienti, ed i lunghi capelli biondi che le ricadono sulle spalle saranno già stati spostati un migliaio di volte dalla sua mano, per lasciare libero un collo sensuale che ormai tende voluttuosa.
Tra poco si baceranno, poi si alzeranno. Lui pagherà e se ne andranno.
Potrei scrivere un manuale su queste coppie: ormai so tutto.

Guardo invece - un po' preoccupato - l'altro uomo: è molto che non mi capita un 'tipo da sambuca'.
Eppoi non l'ho ancora battezzato: direi che per lui Andrea potrebbe andare bene.
E' lì seduto nel suo divanetto panna, ma si trova a mille miglia da qui: adesso ha tirato fuori da tasca un cartoccino. Sembra una lettera piegata in due, una busta rosa: l'apre, estrae un foglio, lo legge.
Sì, il problema è quella busta rosa. Io sono un barista deduttivo.
Metto il bicchiere con la sambuca su di un vassoio, e glielo porto. Lo appoggio sul tavolo, e sbircio il documento che sta leggendo. E' scritto a mano, con una grafia che da quassù sembra elegante, ma il foglio è talmente gualcito da farmi sospettare che lui debba averlo letto già parecchie volte: riesco a sbirciare la data, da qui non la leggo bene ma forse è quella di ieri.
Andrea mi ringrazia per la sambuca con un semplice cenno del capo, poi riprende a studiare il foglio spiegazzato.
Io allora torno alla mia attività preferita. Che non è lucidare tazze e bicchieri, ma osservare non visto i miei avventori.

I due tubatori si stanno alzando: Manlio è talmente rosso in viso che temo proprio non riesca a raggiungere intatto il motel. Ma il rossore potrebbe essere un effetto collaterale della pastiglietta. Simona invece sembra non essere infastidita dalla possibile pastiglietta: per lei evidentemente conta il risultato, la sostanza.
Manlio si avvicina e mi porge una banconota da cinquanta, ed io lo guardo con disprezzo e delusione: ma come, uno come te, che non si è portato dietro nemmeno uno spicciato per il conto?
Lui abbozza un sorriso imbarazzato:
- Mi scusi... non ho spicciati...
- Non si preoccupi – gli rispondo – Anche io non ho moneta in cassa, ma risolviamo. Facciamo così: le faccio pagare un caffè e un the cinquanta euro giusti giusti, così non c'è problema per il resto..
Mi guarda con uno sguardo sbigottito: la mia verve umoristica sbaraglia gli astanti...
- Scherzo, tranquillo! Ho da cambiare, anche se mi porta via tutta la moneta....
- Mi spiace...
- Non si preoccupi.
- Grazie e buona giornata!
- A voi, signori.
E mentre chino deferente il capo, li guardo uscire svelti e furtivi, mano nella mano, il cuore pieno di mille attese. Per la cronaca, se ne vanno entrambi con l'auto di Manlio, una grossa mercedes non proprio recente ma nera e lucidissima.

Restiamo soli: io e Andrea.
E' lui a chiamarmi con un gesto: vuole un'altra sambuca.
Ok, ho deciso che gli porto tutta la bottiglia, tanto è mezza vuota, e poi prima l'ho persino spolverata: così con lui faccio bella figura.Una legge del marketing del buon barista: regola numero uno: "Far felice il cliente, spendendo il meno possibile; lui non lo sa e così poi torna."
Arrivo al tavolo, e lo vedo che toglie stizzito dalla tasca il cellulare: evidentemente sta vibrando, perchè io non sento nulla, ma lui ne è infastidito, tanto da rifiutare la chiamata.
Lo appoggia sul tavolo, con aria infinitamente stanca, e mi guarda indossando un sorriso pietoso.
"Adesso mi chiede di sedermi un po' con lui, visto che non c'è nessuno" penso.
- Per favore – mi dice – non vorrebbe sedersi qui un secondo com me? Tanto... in questo momento... non c'è nessun altro...
Ci penso su un po', poi mi siedo.
- Grazie mille! Sapesse: ho proprio bisogno di un parere...
"..da uomo" completo dentro di me la frase.
- ... sì, insomma, un parere da uomo....
"Ecco." e mentre mi schernisco gli sorrido:
- Non so se sarò al'altezza, sa...
E invece brucio dalla voglia di sapere, di leggere, di curiosare....
Arriva un'altra telefonata, e Andrea la rifiuta nuovamente. Poi allontana leggermente il telefonino un po' in là sul tavolo, e mi dice:
- Ecco, guardi. Ieri sera ho trovato questa nella mia cassetta della posta...
Mi porge il foglio gualcito: io allora guardo il foglio, poi guardo lui, riguardo il foglio. Poi lo poso sul tavolino e alzandomi me ne torno al mio bancone:
- Mi scusi, ma...
Lui mi sta guardando stupito, non capisce... Io invece frugo un secondo vicino alla cassa, poi torno da lui:
- ...purtroppo senza occhiali non riesco più a leggere i caratteri così piccoli...
Ed ecco così spiegato perchè i miei cartoncini per le ordinazioni sono stampati con caratteri tanto grossi: per permettermi di leggere da solo la scelta di quei bontemponi che risparmiano il fiato, e si limitano ad ordinare indicando la voce del menù con il dito!
Noi baristi ne sappiamo una più di Tremonti (che non è il diavolo, ma anche lui teme pochi rivali....)
Mi risiedo: ora che sono tornato al tavolo Andrea sembra sollevato.
Prendo il foglio, inforco gli occhiali e leggo:

"So che non avrei dovuto scriverti queste righe, ma è l'unica cosa che so fare.
Abbiamo detto basta, non si può continuare ancora a vedersi.
Ma senza di te il mio cuore sta subendo enormi mareggiate: violenti sentimenti contrastanti si schiantano crudeli contro le sue pareti e non so se riuscirò a sopravviverne.
Abbiamo scelto la cosa giusta, la mente ce lo impone.
Ma non so ordinare al mio cuore di battere normalmente, non posso chiedere a lui di dimenticarti, di far finta che noi non siamo mai stati. Ed anche le mie labbra fremono di desiderio per un altro bacio ancora, un ultimo tenero dolce bacio, ancora una volta insieme con te.
Oggi ancora non riesco a non pensare a te, alle tue mani, alle tue carezze.
Il mio cuore in questi giorni era come un aquilone, sospinto nell'aria da venti primaverili, mentre tu lo guidavi con la tua mano: d'un tratto su di lui è arrivato un tifone, e lo sta strapazzando vigoroso a destra e a manca, senza dergli requie. Io temo che lui non potrà resistere a lungo, povero cuore sanguinante, anche perchè adesso non ci sei più tu con la tua mano cara a reggerne il filo ed a curarne il movimento.
Scusami allora se non riesco a farmene una ragione: il tempo mi aiuterà, forse CI aiuterà a dimenticarCI. Addio, mio cuore impossibile.
Anche se vorrei dirti: arrivederci a presto."

Alzo lo sguardo su Andrea e con aria da barista che sa già tutto gli domando:
- Era una bella donna?
Mi guarda basito:
- Chi?
Gli sorrido, condiscendente:
- Ma come chi? La donna che le ha scritto questa lettera!
- Ma non lo so: questa lettera non è indirizzata a me...
Mi sollevo gli occhiali sulla fronte, e mi appoggio con il gomito al tavolo:
- Ma allora cosa è?
Adesso è lui che si sporge verso di me, appoggia le mani aperte sul tavolo, quasi a reggersi, e poi mi guarda con occhi spalancati e tristi dicendo:
- Ma è proprio questo! Non capisco cosa è!
- Beh, è una lettera che parla di un dolore per un rapporto che è finito...
- Appunto! Ma io sono felicemente sposato! Io non ho amanti...
- Ah...
Solo adesso colgo l'enormità della faccenda che mi si sta spalancando dinanzi... Fingo un sorriso sicuro, poi aggiungo:
- Ma sulla busta non ha guardato? Non c'era un destinatario, un mittente, qualcosa?
Mi passa la busta rosa: la guardo e noto che è tutta rosa, solo rosa, troppo rosa.
Andrea continua:
- So a cosa sta pensando: ho subito domandato a mio figlio se ne sapeva qualcosa lui, di una lettera così...
- Giusto: una fidanzata lasciata! Potrebbe essere... - aggiungo sollevato, pensando di aver trovato una via d'uscita dal vicolo cieco in cui mi sono ficcato.
- No. - risponde Andrea scuotendo la testa, le labbra strette e tese - mio figlio ha 12 anni. Non è possibile, non è credibile...
Lo guardo negli occhi, ed un po' mi fa pena. Inoltre adesso so esattamente perchè mi ha ordinato una sambuca. Lui finisce il secondo bicchierino, poi se ne versa un terzo: mi guarda, e mi chiede se ne voglio uno anch'io. Sono sorpreso, ma riesco comunque a cogliere la sottile ironia di lui che mi offre da bere con la mia bottiglia di sambuca...
Cerco di darmi un tono da barista esperto, ma dentro di me inorridisco mentre mi accorgo della frase che la mia bocca sta pronunciando a mia insaputa:
- Eh, ma allora... Voglio dire: chi altro...?
Mentre la risposta mi affiora da sola sulla labbra, mi masticherei la lingua!
- Appunto: resta... mia moglie. - mi disse Andrea con un'aria mesta e sconfitta.- Però non ci credo, non può essere vero!
Lo guardo con una faccia inespressiva, lascio che adesso sia lui a parlare. Infatti continua:
- ...Proprio l'altro ieri sera abbiamo passato l'intera serata insieme, come ai vecchi tempi... Voglio dire, sembrava che tutto andasse benissimo tra noi... Anche dopo cena, quando il ragazzo si è addormentato...
- E quindi...?
- E quindi sono distrutto! Se davvero lei riesce a fingere così bene, mi viene da pensare ogni cosa!
Non so più nemmeno cosa rispondergli, sono senza parole: leggo nel suo volto una disperazione sorda, che le mie parole potrebbero solo incrementare.
Lui intanto parla a ruota libera, come se fosse da solo nel locale:
- Io la amo, l'ho sempre amata, ed ora non riesco a crederci che lei sia coinvolta in una storia simile,  così coinvolgente, mentre io non me ne sono nemmeno mai accorto...
Sono in profonda difficoltà: non mi è mai capitato di non trovare nemmeno una parola. Andrea ha gli occhi quasi lucidi. Non mi si metterà mica a piangere qui, eh? Maledetta la sambuca!
Tra di noi è sceso un silenzio di piombo: io maledico anche il momento in cui mi sono seduto al tavolo, in cui mi sono ficcato in questo guaio da cui non risco più a districarmi.. Cose gli posso dire? Cosa posso fare? Quasi quasi mi bevo un sorso di sambuca anch'io, direttamente dalla bottiglia...
Andrea ha lo sguardo perso nel vuoto, gli occhi dilatati guardano il niente, e la sua mano riempie il suo (quarto) bicchiere. (Noi baristi dobbiamo stare attenti anche ai numeri, altrimenti...)
Io invece lancio sguardi languidi alle tazzine ed ai bicchieri posati sul bancone: quanto vorrei essere adesso là con loro, con il mio strofinaccio a lucidarli, lasciando vagare il mio sguardo curioso su quest'uomo da un posto sufficientemente lontano...
Lui sorseggia la sua sambuca, ogni tanto scuote la testa, e gli occhi sembrano mari enormi, colmi di liquide salate lacrime represse a stento. Mi faccio forza, dico qualcosa:
- Magari non è così: ha una busta rosa, potrebbe essere stata scritta da una donna...
Andrea rientra un attimo in sè: mi guarda in faccia, poi annuisce senza troppa convinzione. Ed aggiunge:
- Beh, se ci pensa bene sarebbe pure peggio, no?
- Ah, già... - mormoro arrossendo un po'.
Lo guardo (ora taccio prima di peggiorare ulteriormente le cose), lui tiene il foglio tra le dita tremanti, e lo osserva muto...
Restiamo così un tempo infinito, dilatato, silente.
Poi il telefono di Andrea si illumina, vibra e riprende a lampeggiare di nuovo: lui allunga una mano, e cerca di legger il numero del chiamante; resta un attimo pensieroso, poi mormora tra sè:
- Ancora?
- Chi è? - mi scappa di chiedergli...
Lui mi risponde, per nulla infastidito dalla mia domanda:
- E' Gianni, il mio vicino di casa. E' la terza volta che chiama... Non sarà mica successo qualcosa?
- Beh, risponda e lo saprà... - commento finalmente con l'unica cosa saggia che mi sia venuta alle labbra in tutto il pomeriggio.
- Pronto?... Sì, ciao Gianni: che succede?
Parla con un filo di voce, ed il suo viso è stanco di mille preoccupazioni mentre ascolta l'altro che gli parla a sua volta. Ma d'un tratto i suoi occhi si accendono di una nuova luce:
- ... Come? Sì, l'ho guardata ieri... sì, sì, certo... -
Il suo viso si sta trasformando: riprende pian piano colore, ed anche la voce si fa più decisa, più presente, più viva...
- ... Sì, una busta rosa... Ah, ma è per te? ... Eh sì, avranno sbagliato... -
Adesso la sua schiena si sta raddrizzando, la mano libera velocemente sta ripiegando il foglio letto e riletto troppe volte nelle ultime ore, e gli occhi mi guardano insistenti, pieni di sollievo.
- ... Beh, Gianni, sì l'ho aperta ... mi spiace, non c'era scritto nulla sulla busta, e... no, beh, però te la porto subito... sì, oggi casualmente sono a casa dal lavoro, e posso passare ... -
Il suo viso è ora quello di un bambino che pensava di essersi smarrito, ma che finalmente ha ritrovato la sua mamma: è felice, è lieto, si è alzato ed ha rimesso la busta rosa in tasca.
- ... No, tranquillo, tra tre minuti sono lì e te la consegno. Sì.. a dopo. -
Chiude la conversazione, mi guarda con una luce accecante negli occhi, e mi dice:
- Un errore! E' stato tutto un errore! Non era per mia moglie, capisce? Solo un errore!
D'un tratto mi abbraccia, e poi corre via, fuori dal mio locale, a restituire al legittimo proprietario quella missiva che per alcune ore aveva distrutto la sua vita.
Lo guardo uscire, e solo dopo che vedo l'auto allontanarsi realizzo che non mi ha pagato le (quattro) consumazioni. Impreco silenzioso, ma in fondo non mi importa molto...

Raccolgo bottiglia e bicchiere dal tavolo del separè panna, e mi dirigo al bancone, scuotendo la testa.
"Mai più! Mai più!" ripeto dentro di me come un mantra, ripensando al guaio in cui mi ero cacciato.
E mentre salgo il gradino del bancone, un nuovo cliente entra nel locale. E' solo, e viene diretto al bancone.
- Un caffè... - mi comanda - Ed una sambuca, in bicchiere a parte!
Io lo guardo negli occhi, lascio scivolare furtivamente la bottiglia nel secchio della spazzatura, e con deferente aria professionale gli rispondo:
- Mi spiace, signore: sambuca non ne teniamo. Posso darle altro, signore?
Io sono un barista, curioso dell'umanità. Ma non sono fesso. Non un'altra volta...


1 commento:

  1. Nessuno sa portare i lettori in giro distanti dall'obiettivo come te... Bello!

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