Mentre il treno proseguiva la sua corsa Alice non poteva fare a meno di guardare il ragazzo davanti a lei. La musica accompagnava delicatamente i suoi pensieri che si incastravano tra i capelli neri e ricci, scendevano giù per quegli occhi castani, risalivano e sfioravano la pelle abbronzata del ragazzo. Lui dall’altra parte sembrava ignorarla. Alice si domandava quanti anni avesse e si rispondeva che sicuramente ne aveva più di venti e ad uno così “grande” mai sarebbe venuto in mente di guardare una piccola come lei. Eppure era bello... e lei non riusciva a distogliere lo sguardo da lui. Sembrava un angelo, un angelo nero.
Così ad un tratto non riuscì a frenarsi e fece cadere il mangiacassette per terra.
Aveva visto giusto. Lui si porse verso terra per raccoglierlo e altrettanto fece lei. Le loro mani si sfiorarono ad un passo dal mangiacassette e lei disse:
- Scusa. Che imbranata!- Ma no... può capitare.. il viaggio è lungo, ci si appisola...
- Ah sì?
- E’ la prima volta che viaggi?
- Beh... no – mentì Alice spudoratamente – però è la prima volta che faccio un viaggio così lungo... fino a Napoli intendo...
- Da dove vieni? Milano?
- Sì
- E che vai a fare a Napoli?
- Io? Eh... un viaggio premio...
- Premio? E cosa hai fatto per meritartelo?
- Pattinaggio... sì.. ecco ho vinto una gara di pattinaggio?
- A rotelle?
- Ma no – rise Alice di gusto, come fosse scontata la risposta – sul ghiaccio, no? Non ce lo avete voi a Napoli il pattinaggio sul ghiaccio?
- Allora, uno: chi ti fa pensare che io sia di Napoli? Due: a Napoli il sole il ghiaccio lo scioglie...
- Scusa, non volevo offenderti - peggiorò la situazione Alice
- Offendermi? E perchè? Essere napoletani è un’offesa?
- No, non volevo dire questo... – e pensò tra sè – sto sbagliando tutto!!!!!
- Cosa volevi dire?
- Io mi chiamo Alice.
- Ah... allora ci sei arrivata?
- A cosa?
- A presentarti, no? Avrai mica fatto tutto il casino con il mangiacassette solo per chiedermi se a Napoli ci sta il palazzo del ghiaccio? – e scoppiò a ridere
Alice rise di gusto. Era viola dalla vergogna ma l’essere stata colta in flagrante e essere stata accusata in modo così divertente l’aveva messa di buon umore e le aveva fatto dimenticare il motivo per il quale si trovava su quel treno.
- E tu come ti chiami?
- Angelo. E sono di Napoli- Allora ho indovinato!
- Però non mi hai detto perchè stai andando a Napoli...
- Massì, dai che te l’ho detto. Un premio...
- E giri da sola? Quanti anni hai? Non sembra tu ne abbia molti più di sedici...
- Diciotto... compiuti un mese fa – mentì spudoratamente
- Però... e dove dormi?
- Oh ecco... non lo so... volevo girare un po’ la città e fermarmi in un albergo che mi piacesse... sai, per telefono prendi di quelle fregature quando prenoti...
- Beh, mia zia ha un alberghetto.. niente di che, non ti aspettare una reggia, però è comodo ed ha una bellissima camera con vista sul Golfo... che ne pensi?
- Eh... quanto costerebbe?
- Non lo so... ma a dire il vero potrei presentarti come una mia amica e chiederle di ospitarti.. così con i soldi che avanzi dall’albergo puoi comprarti qualche souvenir...
- Tipo?
- Tipo Napoli sotto la neve... ce n’è di bellissimi...
Alice rideva. Non ricordava più da quanto tempo non aveva il sorriso stampato sulla faccia. Alla fine le cose sembravano andare meglio del previsto. Continuò così a giocare con le bugie, quelle “bianche”, come le chiamava lei, quelle che facevano bene e non le sfiorò nemmeno il pensiero che in realtà si stava prendendo gioco di quel ragazzo senza il minimo scrupolo.
- Cosa vuoi fare adesso? Subito in albergo oppure...
- Ma, sicuro che non hai altro da fare ?– gli chiese Alice un po’ tesa, quasi si rendesse conto che prima o poi la verità sarebbe emersa scomoda per dividerli
- Mi vuoi cacciare?
- No no, per carità... beh.. io vorrei vedere il mare.. si può? – chiese
- No – rispose secco Angelo e Alice quasi ci restò male – perchè ha da fare .. sai com’è, un’onda oggi, un’onda domani... ma sì, sciocchina, certo che si può...
Si allontanarono così dalla Stazione verso il metro e scesero in Corso Vittorio Emanuele. Mentre camminava per quelle strade, Alice era entusiasta e non riusciva a togliere gli occhi dal cielo, che colorava il soffitto di quella giornata con un azzurro spettacolare, che a Milano vedeva raramente, soltanto quando il vento forte spazzava lo smog e si potevano contornare i confini dell’Italia grazie alle Alpi che sbucavano imponenti sullo sfondo.
Percorsero un po’ di strade e arrivarono al Castello dell’Ovo. Quello che vide lo affascinò. Era come se Napoli fosse la città che aveva sempre sognato di vedere, il simbolo della libertà, dell’istinto, della pura emozione, della possibilità di rincorrere i propri sogni e soprattutto la città dell’amore. C’era un alone intorno a tutto ciò che vedeva che le sapeva di buono e si fermò un attimo a gustarsi la sua Napoli, conquistata dopo tante ore di viaggio, con gli occhi che correvano di onda in onda, appoggiandosi di tanto in tanto a riposarsi su una delle pietre bianche poste in acqua ad arginare il mare.
Sentì una scossa e realizzò che. Angelo le aveva appoggiato le mani sulle spalle.
Unì le sue mani, intrecciando le dita a quelle del ragazzo.
Poteva sentire il calore delle sue mani e la sua presenza alle spalle la rendeva serena.
Sentiva di potersi fidare di lui e per una volta nella vita avrebbe vissuto la sua avventura, senza dover pensare o fare nient’altro che quello che il suo cuore desiderava.
Si girò e baciò le labbra carnose che l’accolsero calde in un tenero ed umido abbraccio.
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