Detta la parola magica, mi sentii come risucchiato da una forza invisibile mentre intorno a me tutto si faceva buio. Tentai di gridare ma ero talmente spaventato che non riuscii ad emettere alcun suono. Davanti a me vidi un bagliore, una luce che sembrava stessi raggiungendo a velocità inimmaginabile. Con tutto me stesso sperai di non schiantarmi contro quello che doveva essere il terreno e pregai che in qualunque luogo (o in qualsiasi tempo) stessi andando, non ci fossero pericoli.
Mano a mano che mi avvicinavo a quella luce vidi che in quel bagliore era presente l’epoca in cui stavo andando e non mi piaceva affatto: vidi enormi castelli e battaglie colossali. Sembrava una delle epoche con più pericoli… meno male che volevo un po’ di pace, almeno per il mio primo viaggio!
Continuai ad andare verso quel bagliore finchè la luce si fece fortissima e dovetti chiudere gli occhi per non accecarmi. Quando li riaprii, ero disteso in un prato e sentivo solo in lontananza il fragore della battaglia.
Mi misi a sedere, cercando di capire dove mi trovassi, ma non vedevo punti di riferimento che conoscevo. Prima di ogni altra cosa, cercai l’orologio: per fortuna era caduto accanto a me, così non fu difficile trovarlo. Una volta che mi fui assicurato che tutto fosse a posto, mi alzai e iniziai camminare verso ciò che sembrava un villaggio poco distante, in direzione opposta a quella che sembrava una battaglia.
Mentre mi avvicinavo, vedevo che le case erano di un epoca alla quale non appartenevo: erano di gente povera, ma lo stile era diverso rispetto alle case che avevo visto finora. Alte fino a quattro piani, di legno e con tante finestre su ogni lato. Sembrava fossero anche molto pericolanti, e facilmente infiammabili.
Camminai per le vie della città, stupito per ciò che vedevo ogni volta che giravo un angolo, ma ad un certo punto mi resi conto che avevo fame, dato che non avevo fatto colazione quella mattina, preso com’ero dall’eccitazione.
Mi ricordai di aver visto quello che sembrava un negozio in quella città, così tornai sui miei passi, seguendo le strade che avevo appena percorso finchè non lo trovai. Era una piccola costruzione, in mezzo a due case uguali. Sembrava abbastanza vecchia a giudicare dal colore dei muri che, a differenza delle case che la circondavano, erano di mattoni.
Aprendo la porta, sentii un campanello che annunciava al proprietario che un cliente aveva varcato la soglia del suo negozio. Guardando dentro, vidi che, nonostante le dimensioni ridotte, quel negozio aveva una scelta piuttosto ampia di prodotti, a partire da quelle che sembravano verdure fino a vari tipi di carne, passando per delle pagnotte che sembravano appena uscite dal forno, a giudicare dall’odore.
Proprio quelle pagnotte attirarono la mia attenzione, così ne presi una e andai verso il bancone dove era esposta la carne.
-C’è nessuno?- chiesi a voce piuttosto alta e un signore mi rispose da quella che doveva essere la stanza col forno -Solo un momento!-. Dopo qualche secondo, un signore sulla quarantina, con addosso una camicia bianca con un taschino e un grembiule che copriva un paio di pantaloni un po’ vecchi, sbucò dall’altra stanza, pulendosi le mani con una pezza piuttosto sporca: -Allora, cosa vuoi ragazzo?- mi chiese con un sorriso che, mi possa cadere il cielo in testa, io pensai di aver già visto
-Io… io vorrei comprare questa- dissi un po’ intimorito
-Quella? Va bene. Fanno cinque…- lasciò la frase a metà, vedendo una strana luce provenire dalla mia tasca -un momento… e quello cos’è?-
Guardai verso la tasca e notai che l’orologio aveva ricominciato a emanare strane luci, come se fosse impazzito. Noncurante dello sguardo incredulo dello sconosciuto, lo tirai fuori dalla tasca e vidi che i raggi di luce convergevano in un punto: il petto dell’uomo che stava di fronte a me. -Non è possibile…- disse con voce flebile il fornaio e, senza staccare gli occhi dall’orologio, mise una mano nel taschino della sua camicia e tirò fuori un oggetto. Quando vidi meglio che cos’era, non potei far altro che emettere un gemito di sorpresa.
Quando il signore aprì la mano, rivelò un orologio uguale a quello che avevo appena tirato fuori dalla tasca, solo che era leggermente più pulito, sembrava quasi nuovo.
Deglutendo un paio di volte prima di parlare, il fornaio mi chiese con voce tremante: -Come ti chiami, figliolo?-
-Sebastian, signore…- risposi ancora incredulo
-Non è possibile…-
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