Era mattina presto. La camera era illuminata da una luce molto diffusa e lieve che penetrava attraverso le finestre leggermente aperte, libere dalle persiane che qualcuno aveva rimosso. Una leggera brezza passava attraverso quella sottile apertura, facendo ondeggiare le tende di seta color champagne.
Lara sonnecchiava nuda sul letto, la testa affondata nel cuscino, il lenzuolo che malamente copriva il suo corpo. Ogni alito di brezza smuoveva un piccolo ricciolo solleticandole il viso. Con un piccolo sbuffo dalle labbra lo rimetteva a posto e continuava a dormire. Udiva lo scroscio dell’acqua in bagno. Non sapeva da quanto tempo Dodi fosse lì, ma era più di mezz’ora che il letto era vuoto e il rumore dell’acqua accompagnava il suo lento risveglio. Ad un certo punto decise di controllare che tutto fosse a posto, un po’ preoccupata per la lunga assenza, vincendo la paura di disturbarlo. Prima lo chiamò, ma fu solo per scrupolo, perchè di certo l’acqua copriva ogni rumore dall’esterno. Poi si alzò e provò a bussare, ma nel momento stesso in cui appoggiò la mano sulla porta, questa si spalancò e rivelò una stanza perfettamente in ordine, ma deserta, con solo il vapore che offuscava lo specchio, disegnando delle lettere. Lesse il messaggio e inorridì.
Si lavò velocemente, tornò di corsa in stanza per vestirsi, infilò gli slip, il reggiseno, la camicetta, le calze, la gonna. Tornò in bagno per pettinarsi e recuperare le sue cianfrusaglie. Maledizione a quella sua abitudine di portarsi dietro migliaia di creme e cremine...! Buttò tutto nel beauty, lo appoggiò in valigia e, come al solito, ci si mise sopra in ginocchio per chiuderla. Poi infilò le scarpe, mentre i suoi piedi urlavano di camminare piano, afferrò la valigia e la trascinò verso l’ascensore. Scese e si fermò alla reception.
- Devo saldare il conto della camera ventiquattro.
- Già fatto signora. Suo marito ha già pagato e le ha lasciato questa.
- Mio marito cosa?
- Sì... ci ha detto di lasciarle questa lettera, nel caso non avesse visto il messaggio che le ha lasciato in camera.
- Ah... sì grazie, sì che l’ho visto... – rispose Lara.
Si spostò un po’ verso una zona salotto nei pressi della reception, appoggiò le valigie e si sedette. Prese la lettera e l’aprì con le mani tremanti.
C’era dentro un biglietto aereo per rientrare a casa. Tutto qui...
Dunque è davvero così... pensò... l’ha fatto davvero... Che stupida a cascarci... ma dovevo immaginarlo... il viaggio lontano... la bella atmosfera... ed io che pensavo che fosse l’uomo della mia vita! Eppure non riesco a crederci... perchè porca miseria, perchè?
Uscì dall’albergo e si diresse verso la stazione dei taxi.
- Aereoparque Newbery
Pioveva. Ma Lara non se ne accorgeva perchè le sue lacrime le impedivano di guardare dal naso al finestrino. Ogni tanto interrompeva solo per cercare un altro fazzoletto di carta nella borsa. Poi ricominciava. E la colonna sonora che accompagnava quel dolore che bruciava dentro era un tango, passionale come quello che la sera prima Dodi le aveva fatto ballare. La musica l’aveva rapita, si era lasciata trascinare e quasi intontire da quelle note e si era abbandonata alle sue braccia. Immagini dipinte di rosso le passavano davanti agli occhi. Rosso come il più tradizionale degli amori e delle passioni. Rivedeva il suo sorriso e d’improvviso le arrivava di nuovo dal cuore un’ondata di lacrime calde. Non capiva. Questo soprattutto la soffocava dentro: non capire perchè se ne fosse andato così, con quel messaggio così violento lasciato in uno specchio, senza nemmeno la forza ed il coraggio di pronunciare quella parola davanti a lei. Non si sentiva una puttana, no. Ed avrebbe voluto dirglielo in faccia e glielo avrebbe detto, se solo lui avesse avuto il coraggio di presentarsi davanti a lei.
Il taxi era arrivato all’aeroporto. Pagò, scese, si trascinò la valigia al check-in, mentre con gli occhi riconosceva i luoghi nei quali si era fermata con Dodi, quando erano arrivati in Argentina. Mentre si dirigeva verso il gate, si fermò davanti ad un negozio che riportava un’insegna “Mercado Artesanal” e poi entrò. Si soffermò parecchio davanti ad un banco pieno di pietre. Ne vide una in particolare che l’attirava e per almeno dieci minuti restò davanti al banco a fissare la pietra, indecisa se fosse il caso di concedersi un piccolo regalo per consolarsi un po’.
Aveva appena infilato la mano tra le pietre per sceglierne una, quando un’altra mano entrò nella stessa scatola e afferrò la sua. Girò la testa verso destra e si trovò davanti gli occhi di Dodi e rimase senza parole, finchè si udì pronunciare l’ultima frase al mondo che avrebbe voluto dire in quel momento:
- Che cazzo vuoi da me adesso?
- Allora, hai deciso di tornare a casa? Mi fa piacere...
- Perchè non avrei dovuto?
- Beh, dopo quello che è successo ieri sera...
- Dopo quello che è successo ieri sera? E me lo chiedi proprio tu che ti sei divertito in bagno a ingiuriarmi e te ne sei andato?
- Io cosa? Lara, ma stai scherzando? Sei tu che mi hai piantato in albergo scrivendomi “stronzo” sullo specchio del bagno e... e potevi risparmiarti di pagarmi la stanza, li ho i soldi, non faccio il mantenuto....
Lara non resistette. Non capiva e solo in quell’istante iniziò a realizzare che non ricordava cosa fosse accaduto la sera prima. Dopo il ballo c’era un vuoto e nonostante si sforzasse di trovare delle immagini non le aveva. Le girava la testa, ma in nessun angolo del cervello c’era un pezzo che le risultasse familiare... Sentì che l’energia stava scivolando via e dopo neanche un attimo e svenne tra le braccia di Dodi.
(continua)
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