giovedì 28 ottobre 2010

Alice - Capitolo 5

Il locale risuonò degli applausi del pubblico mentre il conduttore riprendeva il microfono: -Un grazie a Kara, uno dei nostri ospiti fissi! Bene. Ora vorrei riprovare l'esperimento di settimana scorsa, dove uno di voi salirà qua sul palco! Qualcuno se la sente?-. Una voce dalle fie centrali disse con chiarezza: -Lei!-. Una ragazza si alzò in piedi e il faro la inquadrò mentre si avvicinava al palco: -Bene! allora, sei pronta?- chiese il conduttore
-A dirla tutta io non volevo venire qua al'inizio, mi ha convinto quel ragazzo dal nome impronunciabile...-
-Un saluto anche a lui! Ora sta a te. Il palco è tutto tuo. Un bell'applauso a...-

MakaylaReed


Il treno procedeva con il suo passo tranquillo e scandito dal rumore delle rotaie.
Tenendo gli occhi fissi sul paesaggio che scorreva velocemente, Alice pensava e ripensava al gesto che stava per compiere. L’uccellino aveva spiccato il volo. Ora doveva solo continuare a sbattere le ali.
Ripose il mangiacassette nello zainetto e portò i piedi sul sedile, abbracciandosi le gambe e appoggiando il mento sulle ginocchia.
Nessuno le aveva insegnato a volare. Le avevano insegnato a sopravvivere nel nido, o meglio, aveva imparato a farlo. Si sentiva come se fino a quel momento avesse vissuto la sua vita da spettatrice esterna, osservando ciò che accadeva, lasciando che le cose ruotassero attorno a lei, aspettando ansiosa il colpo di scena che l’avrebbe trasformata da personaggio secondario a eroina. Non aveva impiegato molto tempo prima di accorgersi che se voleva quel colpo di scena, doveva crearselo. E allora via le trecce, quelle sono da bambina. Non facevano altro che ripeterle che quelle trecce che le pendevano sulle spalle la rendevano graziosa, una bellissima bambina. Ora lei voleva sentirsi dire che era una grande ragazza, una grande donna. Sì, una donna. Quel genere di donna che nel suo immaginario era forte, matura, saggia, capace di prendersi cura di sé stessa, oltre che degli altri. Quel genere di donna che sua madre non era mai stata.
Alice sospirò al pensiero della madre. Ora chi sarebbe stato sveglio a vegliare su di lei, quando i suoi passi sul balcone sembravano infiniti? Chi avrebbe amato silenziosamente quella creatura indifesa che non l’aveva mai amata, non per pigrizia, ma per dolore?
Si, Alice lo sapeva perfettamente. Sapeva che quella donna che chiamava mamma non riusciva a darle tutto l’amore di cui aveva bisogno solo perché anche lei, anche mamma Gabri, aveva un estremo bisogno di affetto.
Strinse le unghie nel palmo della mano, trattenendo le lacrime.
Lei le voleva bene, l’amava davvero. Ad ogni festa della donna le faceva trovare un pensierino, un fiore o un biglietto, che puntualmente venivano ignorati.
“Forse non le ho dimostrato abbastanza quanto tenessi a lei…” questo pensiero cominciò a farsi largo nella mente di Alice, aumentandole il ritmo del cuore.
Già, il pensiero della mamma aveva risvegliato qualcosa dentro di lei, qualcosa che era sparito da qualche tempo. La comprensione.
Alice non si sforzava più di comprendere, non voleva più scusare chi non l’amava come si dovrebbe amare un figlio. No, non poteva tollerare di essere solo un peso. Una responsabilità si, ma un peso no, non era quel genere di figlia che si può definire così. Non poteva, e soprattutto non voleva, scusare due persone che si accapigliavano dalla mattina alla sera per qualsiasi cosa, tirando in mezzo anche lei.
Ma improvvisamente lo stava facendo di nuovo. Stava comprendendo sua mamma. Stava scusando i suoi comportamenti, stava dando un senso a quel turbine di pensieri confusi che negli ultimi anni le avevano annebbiato il cuore, oltre che alla testa.
Si è vero, lei si era sempre sforzata inutilmente per la mamma, ma non era mai andata a fondo nella faccenda. Si era fermata al primo strato, aveva pensato che comportarsi come una figlia modello, le avrebbe portato una famiglia modello, quando invece avrebbe dovuto saper guardare oltre l’illusione dell’allegra famiglia. Il suo nido, il suo piccolo mondo all’interno delle mura domestiche era parecchio disastrato. Eppure anno dopo anno, passo dopo passo erano ancora tutti insieme.
I pensieri correvano veloci nella mente di Alice, che adesso sedeva rigida fissando un punto indefinito davanti a sé. Il suo battito cardiaco era accelerato improvvisamente, le sue certezze stavano pian piano sfumando in dubbi e paure.
“Le ragazze grandi hanno paura?” si chiese mentalmente, iniziando a mordicchiare l’unghia del pollice.

1 commento:

  1. Ullallà, che bella presentazione!
    Bene, MakaylaReed, benvenuta ufficialmente tra noi!
    E con che bell'esordio....

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