D'un tratto Elisa si scosse:
"Ma, appunto: i tuoi familiari non saranno in pena? Dici che non ti staranno cercando? Magari hanno avvisato la polizia, e così verranno a liberarci..."
Fred era ancora seduto per terra, le gambe stese divaricate e la schiena appoggiata alla parete: scosse la testa, poi appoggiò le mani al pavimento e voltò il capo verso il soffitto.
"No, Eli. Sono stato uno stupido..."
"Non capisco Fred." disse la donna, alzandosi dalla poltroncina ed andando verso di lui.
Fred guardò la donna in piedi davanti a lui: poteva scorgere l'orlo inferiore della gonna, e le gambe che scomparivano snelle sotto la stoffa grigia piè-de-poule. In quel momento lo sguardo si arrampicò veloce lungo il ginocchio e la parte di coscia che i suoi occhi riuscivano a scorgere, ed mentre un'immagine erotica si creava nel suo cervello, un nodo gli salì in gola. Poi si scosse, accantonò ogni pensiero lussurioso, e un vago senso di vergogna si diffuse in lui.
"Non si preoccupano perchè io stesso li ho chiamati, poche ore fa, avvertendoli che non sarei tornato a casa..."
Elisa lo osservava impassibile, ritta dinanzi a lui.
"...Ho detto loro che mi sarei trattenuto fuori questo week-end, perchè il grande Boss era arrivato prima dall'America e voleva iniziare il meeting subito..."
Elisa non capiva e lo ascoltava scuotendo lentamente la testa; poi si accucciò di fronte a Fred, e disse:
"Ma perchè gli hai raccontato questo? Non capisco, cosa volevi fare?"
"Eli, ma è chiaro..." disse Fred arrossendo.
"Me lo spieghi?"
"Volevo avere una scusa pronta, per passare il week-end con te..." sussurrò l'uomo.
"Con me?!?" esclamò la donna, spalancando gli occhi e rizzandosi in piedi.
"Sì." ammise Fred, con un filo di voce.
"Ma se neanche sapevi se io fossi stata d'accordo!" disse Elisa, con occhi furibondi.
"...mi spiace..." mormorò l'uomo.
"Quindi per te la mia volontà nemmeno contava. Tu lo volevi fare, ed io avrei dovuto ubbidire. Eh, è così? Io sarei un corpo, un pezzo di carne, eh? Ed i miei, di sentimenti? Stronzo! Maiale!" urlò la donna.
Fred, se avesse potuto, si sarebbe sprofondato nel pavimento.
La donna si diresse verso la porta, e spense la luce.
"Dopo quello che mi hai appena detto, dopo aver capito cosa pensi davvero di me, non sopporto nemmeno di vederti, Fred Flinstone!"
"Hai ragione, Eli. Scusa..." mormorò ancora Fred
"E stai zitto, maiale! Che nemmeno voglio più sentirti!"
Fred aveva capito quanto era stato superficiale, sciocco, insensibile. Pensò a sua moglie, ai suoi figli, a cosa era lui; e pensò anche a Elisa.
E sentì una lacrima rigargli il viso.
L'orologio della sala riunioni segnava le 23.
Elisa aveva riflettuto a lungo sullo sgarbo che Fred le aveva fatto.
E riflettendo la sua ira col tempo si era pian piano dissolta, lasciando spazio ad un pensare più calmo e razionale.
Dopo tutto era vero, lavoravano insieme da quasi 14 anni. Ed ancora era vero, era il più lungo tempo che lei avesse trascorso con un altro essere umano, se si escludeva sua madre. Ed ancora, era vero che anche lei sentiva una specie di rispetto, di affetto per Fred. Forse l'abitudine, la frequentazione...
Ma perchè si era così tanto adirata con lui? In fondo cosa aveva fatto di male? Lui sperava di averla, almeno per una notte...
E questo la pungeva sul vivo.
Perchè anche lei aveva a lungo sperato che lui si accorgesse di lei... Inutilmente...
Bosoni era sposato, innamorato di sua moglie, dei suoi figli, della sua vita...
Che poteva significare per un uomo così una stupida segretaria?
E giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, si era messa il cuore in pace. Aveva dimenticato l'Alfredo, e ricordava solo il Dottor Bosoni.
O almeno così credeva lei.
Elisa si alzò dalla poltroncina in cui era seduta, e rimase ad osservare per un lungo momento Fred, che sembrava perso nei suoi rimorsi mentre seduto sul pavimento guardava fisso fuori dalla finestra le macchine sfrecciare sull'autostrada.
"Fred?" lo chiamò.
L'uomo si voltò verso di lei, con aria interrogativa.
"Scusa per le cose che ti ho detto prima. Ero irritata, indispettita. Ma non le penso davvero."
Fred era basito, e la guardava attonito.
"Oddio, penso che tu sia un maiale. E che potevi anche ipotizzare il fatto che anch'io potessi avere un mio punto di vista sull'argomento..."
Fred aveva abbassato il capo, con il mento che gli toccava il petto.
"Però sono stata troppo dura con te. Scusami."
"Non c'è nessun problema." disse Fred " Avevi.. hai ragione, non ho pensato a te come ad una donna, con sentimenti e anima, ma come un corpo da possedere, come un bene da accaparrare."
Elisa si tolse le scarpe Chanel, ed a piedi nudi, con i soli collant, si avvicinò a Fred, e si sedette per terra al suo fianco, abbracciando le gambe piegate.
Poi, guardando anche lei fuori dalla finestra con un sorriso amaro, continuò:
"Sai, Fred, anche io mi sono chiesta spesso come sarebbero andate le cose tra noi se tu non fossi stato già sposato, se non fossi stato così innamorato di tua moglie..."
L'uomo la ascoltava immobile, e silenzioso.
"A volte ho fantasticato di noi, di me e di te, sai?" Elisa sorrideva "Arrivavi una mattina di primavera, guardavi fuori dalla finestra, e mi dicevi 'Elisa! Annulla tutti i miei appuntamenti di oggi, e preparati: andiamo al mare!'"
Fred girò il capo per guardare il profilo della donna.
"Ed allora scendevamo insieme, e io dicevo 'Alfredo, ma non ho il costume.' e tu mi rispondevi 'A che serve il costume, Elisa?!' ed io mi sentivo sciocca e insieme eccitata da quella promessa di trasgressione..."
Fred appoggiò la mano sul ginocchio di lei, teneramente, senza altri sottintesi.
Ed Elisa mise le sue due mani sopra quella di Fred, poi reclinò di lato il capo fino ad appoggiarsi alla spalla di lui; quindi continuò:
"E la macchina non era la tua, ma sempre un bel coupè rosso, con la capote chiara reclinata. Tu guidavi tranquillo, ed io appoggiavo il mio capo sulla tua spalla, così come sto facendo ora. Ed ero la donna più felice al mondo..."
"E ti portavo al mare?"
"Sì: era quasi sempre una spiaggia vuota, senza ombrelloni, un po' riparata dagli scogli."
"E poi?"
"E poi facevamo il bagno.." rispose titubante Elisa
"Nudi?" chiese Fred.
Elise accennò un consenso con il capo.
"E dopo il bagno, noi..?" chiese Fred.
"No." disse Elisa.
"No?" replicò un Fred deluso.
"Non dopo il bagno. Durante il bagno..."
Fred sorrise, e cinse con l'altro braccio le spalle della donna. Poi disse:
"Ah, meno male..."
"E non una volta sola, ma diverse volte, appassionatamente..." sussurrò la donna, arrossendo.
"Ah, però" bisbigliò Fred "Interessante: qualche volta bisognerà provare!..."
Elisa alzò il capo dalla spalla dell'uomo e lo guardò sardonica, poi gli diede uno schiaffetto svogliato e leggero sulla guancia, dicendo: "Vedi che sei un maiale?"
Ma stavolta lo disse sorridendo.
Fred si alzò lentamente in piedi, poi rivolgendosi a Elisa con un debole sorriso disse:
"Ah, io sarei il maiale? Ma di chi era il sogno, eh? Mio o tuo? E allora, signorina perbenina?!?"
Elisa rise per la prima volta quella sera.
Fred le tese la mano, e l'aiutò ad alzarsi.
"Vieni, beviamo un goccio d'acqua."
"Che strana serata! Non avrei mai detto che sarei riuscita a dirti quelle cose che ti ho detto, sai?"
Fred versò l'acqua per entrambi, poi porgendo il bicchiere a Elisa disse:
"Nemmeno io avrei mai sospettato questi tuoi pensieri. Sei sempre stata così distaccata, professionale. Sembravi atarassica, senza passioni..."
"Ehi, basta parolacce!" rise Elisa.
"Ok! Ok! E adesso?" chiese con un briciolo di speranza Fred.
"Calmo, Fred. Il fatto che noi abbiamo dei desideri non cambia il fatto che tu sia già impegnato."
"Perciò?"
"Perciò abbiamo un problema: dobbiamo uscire da qui. Facciamoci venire qualche idea..."
"Sì, ma quale...?"
Era da qualche minuto che stavano osservando in silenzio, fianco a fianco, fuori dalla finestra, il traffico sull'autostrada sottostante.
Automobili, automezzi pesanti, motociclette, ambulanze, mezzi dei pompieri... sembravano tante automobiline di un gioco da bambini.
Ad un tratto Fred alzò il capo, spalancò gli occhi ed alzò le sopracciglia:
"Mi è venuta un'idea! Vieni."
Prese un mazzo di fogli di carta e li appallottolò fino a farne una rudimentale torcia.
Poi spinse il tavolo della riunione fino a sotto il sensore antincendio, montò sul piano del tavolo ed afferrò il fascio di fogli, prese dalla tasca il suo accendino e diede fuoco alla carta.
Elisa comprese il suo piano, e gli chiese:
"Cosa posso fare?"
"Accendi le luci, poi appoggia le cartelline colorate scure sulle finestre che danno sull'autostrada, e forma con esse la parola HELP. Fai le lettere più grandi che riesci, che siano ben visibili da fuori!"
"Certo, ho capito. E le compongo al contrario, da destra verso sinistra, così da fuori si vedranno correttamente!"
Elisa accese le luci, e corse a fare quello che avevano concordato; Fred invece mise la torcia accesa sotto il sensore ed aspettò qualche secondo; in breve l'allarme antincendio riecheggiò in tutto il palazzo, facendo partire una chiamata automatica al 115.
I pompieri sarebbero arrivati da lì a poco, ed avrebbero visto la scritta d'aiuto illuminata: erano salvi.
Fred e Elisa si abbracciarono, con tenerezza, da vecchi amici che si sono spiegati dopo un litigio.
Nulla tra loro sarebbe stato più come prima.
Ma dopo quella sera tutto sarebbe stato esattamente come era giusto che fosse.
"Ma, appunto: i tuoi familiari non saranno in pena? Dici che non ti staranno cercando? Magari hanno avvisato la polizia, e così verranno a liberarci..."
Fred era ancora seduto per terra, le gambe stese divaricate e la schiena appoggiata alla parete: scosse la testa, poi appoggiò le mani al pavimento e voltò il capo verso il soffitto.
"No, Eli. Sono stato uno stupido..."
"Non capisco Fred." disse la donna, alzandosi dalla poltroncina ed andando verso di lui.
Fred guardò la donna in piedi davanti a lui: poteva scorgere l'orlo inferiore della gonna, e le gambe che scomparivano snelle sotto la stoffa grigia piè-de-poule. In quel momento lo sguardo si arrampicò veloce lungo il ginocchio e la parte di coscia che i suoi occhi riuscivano a scorgere, ed mentre un'immagine erotica si creava nel suo cervello, un nodo gli salì in gola. Poi si scosse, accantonò ogni pensiero lussurioso, e un vago senso di vergogna si diffuse in lui.
"Non si preoccupano perchè io stesso li ho chiamati, poche ore fa, avvertendoli che non sarei tornato a casa..."
Elisa lo osservava impassibile, ritta dinanzi a lui.
"...Ho detto loro che mi sarei trattenuto fuori questo week-end, perchè il grande Boss era arrivato prima dall'America e voleva iniziare il meeting subito..."
Elisa non capiva e lo ascoltava scuotendo lentamente la testa; poi si accucciò di fronte a Fred, e disse:
"Ma perchè gli hai raccontato questo? Non capisco, cosa volevi fare?"
"Eli, ma è chiaro..." disse Fred arrossendo.
"Me lo spieghi?"
"Volevo avere una scusa pronta, per passare il week-end con te..." sussurrò l'uomo.
"Con me?!?" esclamò la donna, spalancando gli occhi e rizzandosi in piedi.
"Sì." ammise Fred, con un filo di voce.
"Ma se neanche sapevi se io fossi stata d'accordo!" disse Elisa, con occhi furibondi.
"...mi spiace..." mormorò l'uomo.
"Quindi per te la mia volontà nemmeno contava. Tu lo volevi fare, ed io avrei dovuto ubbidire. Eh, è così? Io sarei un corpo, un pezzo di carne, eh? Ed i miei, di sentimenti? Stronzo! Maiale!" urlò la donna.
Fred, se avesse potuto, si sarebbe sprofondato nel pavimento.
La donna si diresse verso la porta, e spense la luce.
"Dopo quello che mi hai appena detto, dopo aver capito cosa pensi davvero di me, non sopporto nemmeno di vederti, Fred Flinstone!"
"Hai ragione, Eli. Scusa..." mormorò ancora Fred
"E stai zitto, maiale! Che nemmeno voglio più sentirti!"
Fred aveva capito quanto era stato superficiale, sciocco, insensibile. Pensò a sua moglie, ai suoi figli, a cosa era lui; e pensò anche a Elisa.
E sentì una lacrima rigargli il viso.
L'orologio della sala riunioni segnava le 23.
Elisa aveva riflettuto a lungo sullo sgarbo che Fred le aveva fatto.
E riflettendo la sua ira col tempo si era pian piano dissolta, lasciando spazio ad un pensare più calmo e razionale.
Dopo tutto era vero, lavoravano insieme da quasi 14 anni. Ed ancora era vero, era il più lungo tempo che lei avesse trascorso con un altro essere umano, se si escludeva sua madre. Ed ancora, era vero che anche lei sentiva una specie di rispetto, di affetto per Fred. Forse l'abitudine, la frequentazione...
Ma perchè si era così tanto adirata con lui? In fondo cosa aveva fatto di male? Lui sperava di averla, almeno per una notte...
E questo la pungeva sul vivo.
Perchè anche lei aveva a lungo sperato che lui si accorgesse di lei... Inutilmente...
Bosoni era sposato, innamorato di sua moglie, dei suoi figli, della sua vita...
Che poteva significare per un uomo così una stupida segretaria?
E giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, si era messa il cuore in pace. Aveva dimenticato l'Alfredo, e ricordava solo il Dottor Bosoni.
O almeno così credeva lei.
Elisa si alzò dalla poltroncina in cui era seduta, e rimase ad osservare per un lungo momento Fred, che sembrava perso nei suoi rimorsi mentre seduto sul pavimento guardava fisso fuori dalla finestra le macchine sfrecciare sull'autostrada.
"Fred?" lo chiamò.
L'uomo si voltò verso di lei, con aria interrogativa.
"Scusa per le cose che ti ho detto prima. Ero irritata, indispettita. Ma non le penso davvero."
Fred era basito, e la guardava attonito.
"Oddio, penso che tu sia un maiale. E che potevi anche ipotizzare il fatto che anch'io potessi avere un mio punto di vista sull'argomento..."
Fred aveva abbassato il capo, con il mento che gli toccava il petto.
"Però sono stata troppo dura con te. Scusami."
"Non c'è nessun problema." disse Fred " Avevi.. hai ragione, non ho pensato a te come ad una donna, con sentimenti e anima, ma come un corpo da possedere, come un bene da accaparrare."
Elisa si tolse le scarpe Chanel, ed a piedi nudi, con i soli collant, si avvicinò a Fred, e si sedette per terra al suo fianco, abbracciando le gambe piegate.
Poi, guardando anche lei fuori dalla finestra con un sorriso amaro, continuò:
"Sai, Fred, anche io mi sono chiesta spesso come sarebbero andate le cose tra noi se tu non fossi stato già sposato, se non fossi stato così innamorato di tua moglie..."
L'uomo la ascoltava immobile, e silenzioso.
"A volte ho fantasticato di noi, di me e di te, sai?" Elisa sorrideva "Arrivavi una mattina di primavera, guardavi fuori dalla finestra, e mi dicevi 'Elisa! Annulla tutti i miei appuntamenti di oggi, e preparati: andiamo al mare!'"
Fred girò il capo per guardare il profilo della donna.
"Ed allora scendevamo insieme, e io dicevo 'Alfredo, ma non ho il costume.' e tu mi rispondevi 'A che serve il costume, Elisa?!' ed io mi sentivo sciocca e insieme eccitata da quella promessa di trasgressione..."
Fred appoggiò la mano sul ginocchio di lei, teneramente, senza altri sottintesi.
Ed Elisa mise le sue due mani sopra quella di Fred, poi reclinò di lato il capo fino ad appoggiarsi alla spalla di lui; quindi continuò:
"E la macchina non era la tua, ma sempre un bel coupè rosso, con la capote chiara reclinata. Tu guidavi tranquillo, ed io appoggiavo il mio capo sulla tua spalla, così come sto facendo ora. Ed ero la donna più felice al mondo..."
"E ti portavo al mare?"
"Sì: era quasi sempre una spiaggia vuota, senza ombrelloni, un po' riparata dagli scogli."
"E poi?"
"E poi facevamo il bagno.." rispose titubante Elisa
"Nudi?" chiese Fred.
Elise accennò un consenso con il capo.
"E dopo il bagno, noi..?" chiese Fred.
"No." disse Elisa.
"No?" replicò un Fred deluso.
"Non dopo il bagno. Durante il bagno..."
Fred sorrise, e cinse con l'altro braccio le spalle della donna. Poi disse:
"Ah, meno male..."
"E non una volta sola, ma diverse volte, appassionatamente..." sussurrò la donna, arrossendo.
"Ah, però" bisbigliò Fred "Interessante: qualche volta bisognerà provare!..."
Elisa alzò il capo dalla spalla dell'uomo e lo guardò sardonica, poi gli diede uno schiaffetto svogliato e leggero sulla guancia, dicendo: "Vedi che sei un maiale?"
Ma stavolta lo disse sorridendo.
Fred si alzò lentamente in piedi, poi rivolgendosi a Elisa con un debole sorriso disse:
"Ah, io sarei il maiale? Ma di chi era il sogno, eh? Mio o tuo? E allora, signorina perbenina?!?"
Elisa rise per la prima volta quella sera.
Fred le tese la mano, e l'aiutò ad alzarsi.
"Vieni, beviamo un goccio d'acqua."
"Che strana serata! Non avrei mai detto che sarei riuscita a dirti quelle cose che ti ho detto, sai?"
Fred versò l'acqua per entrambi, poi porgendo il bicchiere a Elisa disse:
"Nemmeno io avrei mai sospettato questi tuoi pensieri. Sei sempre stata così distaccata, professionale. Sembravi atarassica, senza passioni..."
"Ehi, basta parolacce!" rise Elisa.
"Ok! Ok! E adesso?" chiese con un briciolo di speranza Fred.
"Calmo, Fred. Il fatto che noi abbiamo dei desideri non cambia il fatto che tu sia già impegnato."
"Perciò?"
"Perciò abbiamo un problema: dobbiamo uscire da qui. Facciamoci venire qualche idea..."
"Sì, ma quale...?"
Era da qualche minuto che stavano osservando in silenzio, fianco a fianco, fuori dalla finestra, il traffico sull'autostrada sottostante.
Automobili, automezzi pesanti, motociclette, ambulanze, mezzi dei pompieri... sembravano tante automobiline di un gioco da bambini.
Ad un tratto Fred alzò il capo, spalancò gli occhi ed alzò le sopracciglia:
"Mi è venuta un'idea! Vieni."
Prese un mazzo di fogli di carta e li appallottolò fino a farne una rudimentale torcia.
Poi spinse il tavolo della riunione fino a sotto il sensore antincendio, montò sul piano del tavolo ed afferrò il fascio di fogli, prese dalla tasca il suo accendino e diede fuoco alla carta.
Elisa comprese il suo piano, e gli chiese:
"Cosa posso fare?"
"Accendi le luci, poi appoggia le cartelline colorate scure sulle finestre che danno sull'autostrada, e forma con esse la parola HELP. Fai le lettere più grandi che riesci, che siano ben visibili da fuori!"
"Certo, ho capito. E le compongo al contrario, da destra verso sinistra, così da fuori si vedranno correttamente!"
Elisa accese le luci, e corse a fare quello che avevano concordato; Fred invece mise la torcia accesa sotto il sensore ed aspettò qualche secondo; in breve l'allarme antincendio riecheggiò in tutto il palazzo, facendo partire una chiamata automatica al 115.
I pompieri sarebbero arrivati da lì a poco, ed avrebbero visto la scritta d'aiuto illuminata: erano salvi.
Fred e Elisa si abbracciarono, con tenerezza, da vecchi amici che si sono spiegati dopo un litigio.
Nulla tra loro sarebbe stato più come prima.
Ma dopo quella sera tutto sarebbe stato esattamente come era giusto che fosse.
(fine)
Povera Elisa... la sua "delusione" meritava forse un'altra fine per l'infido Fred?
RispondiEliminaGrazie White.
RispondiEliminaPerò non sono così d'accordo sul fatto che Fred sia infido. In realtà entrambi hanno voluto la stessa cosa, ma hanno avuto tempi (e timori) diversi. Ed al 'redde rationem' si sono trovati a decidere in modo... conservativo.
E' ovvio che non sia riuscito io a descrivere abbastanza accuratamente la vicenda, ma l'idea era proprio raccontare una storia senza lieto fine.
Come spesso però la vita ci propone.
"una storia senza lieto fine.Come spesso però la vita ci propone. " Lo so... penso che la maggior parte dei miei racconti siano senza lieto fine. Ciò non toglie che sono convinta che meritavano più tempo (soprattutto il chiarimento... non si liquida così velocemente un malinteso di quel tipo...)
RispondiEliminaComunque ribadisco che è bello vedere come due storie con lo stesso soggetto prendano due pieghe così differenti....
beh....per una romanticona come me...il finale senza il lieto fine.....è va bene, è vero la vita...ma almeno nelal fantasia....cavolo anche cenerentola ha avuto il suo principe azurro o no??? Ma non potresti fare giusto un ultimo chiarimento dopo l'arrivo dei pompieri...che ne so..una pizza prima del ritorno a casa???
RispondiEliminaComunque l'idea di White, la sua storia, la tua storia...uno stesso soggetto, due risultati così diversi tra loro....è davvero incredibile
Scusate, sbaglio o ci sono altri due scrittori in questo blog, che potrebbero cimentarsi sullo stesso soggetto de "La porta chiusa" per farci apprezzare altri due diversi risultati? :-)
RispondiEliminaQuoto White!!!!
RispondiEliminaPer me è stata una bellissima esperienza.
Provate!