martedì 7 settembre 2010

La porta chiusa - prima parte

Dopo che Pavone Bianco ha pubblicato la sua Porta Chiusa, mi è venuta una gran voglia di cimentarmi sullo stesso tema. Naturalmente ho chiesto a Pavone Bianco se potevo realizzare una mia versione dell'uomo chiuso all'interno del suo ufficio, senza poterne uscire, e gentilmente mi ha concesso la possibilità di misurarmi sullo stesso tema. Ne è uscito un raccontino, che non ha assolutamente l'intenzione di rivaleggiare con l'originale: solo un altro modo di raccontare una situazione davvero particolare. Ringrazio Pavone Bianco per l'idea. Buona lettura.

La porta chiusa

"Ciao, Amore. Come stai? I ragazzi, tutto bene? ... No, ti ho telefonato per questo: guarda che non rientro stasera... Massì, mi sono arrivati qui tra capo e collo, e... No, peggio: il grande capo, da Denver, ed il suo staff... Sì, lo so che dovevano arrivare solo lunedì, ma questo qui è un originale: lui pensa che lavorare il week end.... Eh, cara, magari! Ma pensi davvero che se avessi potuto rifilarli a qualcun altro, non l'avrei fatto subito? Eh.. ... Ma che ne sò?! Dice che vuole preparare bene il Consiglio di Direzione e così... No, stai tranquilla, ho appena fissato una camera anche io qui, giù in centro... Amore, te lo ripeto: non posso. Lo sai che – tra l'altro - stanno cercando di silurarmi: devo, anzi D-E-V-O essere qui!... Certo Amore... No, lo so che capisci, ma mi spiace: ti chiamo appena riesco... Ti amo anch'io... Crepi il lupo! ... Ciao. Saluta i ragazzi..."
Alfredo Bosoni (Fred per i suoi – pochi – amici) era contento della sua performance telefonica con la moglie:
"Bene, mia moglie la storiella se l'è bevuta proprio tutta, alla grande! Brava cara! E adesso..."

 Fred si diresse verso la sala riunioni della filiale italiana della CocoA International Inc., azienda che dirigeva come Amministratore Delegato da  alcuni anni.
Era venerdì sera, e davvero il lunedì successivo ci sarebbe stata la temuta Riunione di Direzione - presente anche il grande Boss – dal cui esito poteva scaturire la perdita del suo posto.
Ma tutti quanti sarebbero arrivati solo Lunedì.
Fred (che i – molti – nemici chiamavano più spesso 'Flinstone', vagheggiando una somiglianza sia fisica che intellettiva con il famoso cartoon) sapeva benissimo che le probabilità di essere confermato erano minime..
La sua vera intenzione quella sera era un'altra: prima di essere scacciato, voleva ottenere quello che a lungo aveva desiderato dalla sua segretaria particolare, ma che lei mai si era nemmeno sognata di concedergli.
"Ora che la scusa con mia moglie è ben costruita, devo pensare a come convincere finalmente Elisa" pensò Fred, guardando attraverso il vano della porta della sala il sedere della donna che allineava ignara i fogli e i bicchieri per il meeting di lunedì mattina.
Dopo essersi accertato che tutto il resto del personale quella sera se ne fosse già andato per il week end, entrò con una certa noncuranza nella sala riunioni: era una sala speciale, preparata contro le intercettazioni ambientali, tutta blindata, nella quale non c'erano computer o telefoni, ed in cui anche il segnale dei telefoni cellulari era stato schermato per avere la massima sicurezza: priorità numero uno da Denver era scongiurare lo spionaggio industriale. Unico canale di comunicazione, un telefono ad uso interfono con la scrivania della segretaria di direzione. Quella di Elisa.
L'uomo raccolse tutto il suo coraggio, poi si disse "Ora o mai più" e si diresse deciso verso la segretaria, con un largo sorriso stampato sul volto:
"Elisa, ma cosa ha questa sera? Mi sembra particolarmente attraente, anzi, direi che stasera è davvero molto bella. Ma cosa si è fatta?!?"
La donna si raddrizzò di colpo, poi si girò con molta lentezza e lo guardò con aria sbigottita; fu allora che ‘Flinstone’ realizzò di aver giocato male la sua prima carta...

Elisa non aveva completamente capito di cosa parlasse il Direttore; mentre sistemava meccanicamente – come tutte le altre volte - gli accessori per la riunione del lunedì successivo, la sua mente vagava libera lontana mille miglia dall’ufficio.
Ma le parole di ‘Flinstone’ Bosoni le risuonavano ora nelle orecchie con tutto il loro carico destabilizzante.
La segretaria non avrebbe mai immaginato che il suo Amministratore Delegato avesse potuto pensare a lei come a una donna concupiscibile. E d’altronde Elisa vestiva forse un po’ troppo dimessa, sempre decorosamente ma mai indossando abiti per farsi notare. Anzi, a volte tendeva a prendere una taglia in più affinchè i vestiti le stessero ben morbidi sul corpo.
Che idea poteva essersi fatto Bosoni su di lei? E soprattutto quando?
Mentre pensava a tutte queste cose, sentiva le sue gote mentre si imporporivano, e con il colore aumentava anche la sensazione di caldo: non si stupì infatti quando una piccola goccia di sudore le corse lungo la guancia…
“Scusi, Dottore?” disse quasi meccanicamente, senza collegare che se qualcuno aveva detto qualcosa di cui scusarsi, quello era ‘Flinstone’ “Di cosa stava parlando?”
Fred era imbarazzato: non aveva mai tentato un approccio diretto con la sua segretaria particolare, e scoprì con orrore che non la conosceva per nulla. E quindi non sapeva nemmeno cosa dirle.
“Sì, dicevo… stasera mi pare davvero bella…”
“Ah?!…”
“Cioè, non è che di solito lei non sia bella…”
“Oh, beh…”
“Però, ecco: stasera è più attraente del solito…”
Elisa abbassò lo sguardo: “Grazie. Perché me lo dice?”
Fred aprì le labbra, ma nessuna parole gli uscì dalla bocca; allora stirò un sorriso imbarazzato, e piegando di lato il capo guardò la donna, increspando le labbra con aria da gattone.
Elisa aspettava immobile, dritta con ben strette tra le mani le cartelline non ancora posate sul tavolo, e i grandi occhi scuri spalancati in attesa di qualche spiegazione.
Fred si riscosse, e disse, con un sorriso un po’ malizioso un po’ complice: “Ma me lo dovrebbe dire lei, il perché!”
“Non capisco, Dottore… mi sembra di essere quella di sempre, questo abito non è nuovo, e…”
“Elisa, non so cosa sia, ma c’è qualcosa in lei, oggi, stasera, che…”
Ad un tratto la donna colse il sorrisetto beota sulle labbra di Fred, e finalmente capì: il suo viso stupito lentamente si contrasse in una smorfia a metà tra il pianto ed il disprezzo, ed il labbro inferiore le tremò impercettibilmente. Poi si mosse, andò verso la porta del salone, guardò nel corridoio se c’era qualcuno che potesse sentirli, o peggio ancora vederli, poi la chiuse tirandola a sè con un gesto stizzito.
Quindi si girò verso ‘Flinstone’, le labbra tirate in una smorfia sdegnata; portò le mani ai fianchi e le si avvicinò fino a pochi centimetri dal viso: poi sibilò:
“Senta un po’, Dottor Bosoni! Io non so cosa mai si sia messo in testa questa sera, e cosa lei abbia intenzione di fare. Ma una cosa è chiara: se lo scordi! Io non sono quel tipo di donna!.”
Fred era stupefatto dal cambiamento che era avvenuto in Elisa.
“Ma, Elisa, cosa…”
“Guardi che se vuole fare una scopatina facile, ci sono tante donnine allegre qui, in questa azienda. Faccia due passi giù al commerciale, e le vedrà da sè! Tutte con la mercanzia di fuori, in bella mostra, neanche fossero all’ortomercato! Sembra portino scritto sopra: servitevi da soli, toccate con mano la qualità…”
Poi si girò, incrociò le braccia sul petto stringendosi le spalle, e si diresse avvilita alla finestra della grande sala, voltandogli la schiena.
Fred la vedeva sussultare lievemente, e capì che la donna stava piangendo; allora le si avvicinò e la toccò delicatamente su una spalla:
“Su, Elisa, non faccia così, non intendevo…”
“Cosa non intendeva?!!” esclamò Elisa voltandosi ancora in lacrime di scatto verso di lui “Ha idea lei di quante volte io sia stata insultata dal resto del personale per le presunte tresche che io avrei intrecciato con lei?”
Poi, rigirandosi verso la finestra, continuò: “Sa lei quante volte l’ho difesa dinanzi a tutti, affermando che lei non è un tipo di quelli che si portano a letto la segretaria? E quante volte tutti mi hanno riso in faccia, dicendomi che era una stupida? Lo sa, eh?”
“Ma..”
“Ero proprio una stupida. E adesso è tutto chiaro: anche lei è come tutti gli altri, solo ci ha messo un po’ più di tempo per pretenderlo da me; forse lei è un po’ più imbranato degli altri, ma non diverso! Che delusione…”
Fred abbassò il capo, ed anche l’ultima briciola di sorrisetto triste si dissolse dal suo labbro.
Senza dire altro, se ne andò lentamente verso la porta del salone, e mosse la maniglia per andarsene scornato a casa.
Ma la porta non si aprì.
“E’ chiusa?” domandò incredulo Fred.
“Cosa?”
“La porta!”
“Impossibile.” Rispose altezzosa Elisa, ancora girata verso la finestra, mentre si sasciugava gli occhi con un fazzolettino ricamato.
“Cazzo, Elisa, la porta è chiusa!” esclamò Fred.
La donna si girò di scatto:
“In che senso, chiusa?”
“Nel senso che non si apre!” rispose Fred.
“Scherza?”
“No, purtroppo!”
“Ma come è possibile…” disse la donna, avvicinandosi alla porta.
Fred stava perdendo la pazienza, e ormai scrollava con forza il serramento.
“Ma che ne so!?! Non si apre, e basta!”
“Ommiodio, è vero, avevo già attivato la serratura esterna, per non dimenticarmi…”
“Forza, Elisa, faccia qualcosa: ho il sospetto che non ci sia più nessuno stasera qui fuori per farci aprire!”
“Ommiodio.. ommiodio…”
“E se non ci aprono, siamo chiusi qui…”
“…per tutta la notte?”
“No, Elisa. Per tutto il weekend!”
“Ommiodio…  ommiodio… ommiodio…” mormorò la donna, lasciandosi cadere su una poltroncina.
“Eh, già…” concluse Fred, che invece scrollava vigorosamente la porta bloccata dall’esterno.

(segue)

2 commenti:

  1. Ommiodio... Bart! Verso la fine sei riuscito a farmi sentire quasi solidale con quello s**** dell'Amministratore Delegato! Ommiodio! - Non avevo dubbi che facevo bene a lasciarti fare...

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