Cap 3
(segue)
Emy si svegliò all'improvviso, aprì con fatica gli occhi e si guardò intorno. Il luogo in cui si trovava, una camera tonda con un coppia di piccole finestrelle situate molto in alto, le era completamente sconosciuta. Attraverso le due feritoie poteva scorgere solo un piccolo pezzo di cielo, e nient'altro.
“Dove sono? Cosa mi è successo?”
Si accorse che aveva il vestito sporco di sangue, e tutto stracciato per la corsa nei rovi: così pian piano le tornò alla mente la terribile avventura: il mostro rosso, la distruzione, le sue urla terribili, i suoi colpi, la corsa forsennata nel bosco, l'Angelo...
“L'Angelo! Dove sarà adesso?”
Poi il pensiero passò alla sua famiglia: il suo adorato marito, i suoi amati genitori, e sua sorella... che fine avranno fatto? I terribili mostri rossi avranno attaccato anche loro?
Una lacrima le scese lungo la guancia: cosa avevano mai combinato per dover subire una simile aggressione? Chi poteva voler loro così tanto male?
Suo marito era forse la persona più buona e benvoluta di tutta la Contea: lei ringraziava Dio tutti i giorni per averglielo concesso in dono. Chi poteva odiare così tanto un tale uomo?
Mentre formulava questi pensieri, la già flebile luce che penetrava dalle finestrelle d'improvviso fu oscurata dalle sagome di alcuni corpi: erano corpi mostruosi, e sembravano interessati proprio ad entrare lì da lei.
Un brivido percorse Emy, che si guardò intorno terrorizzata: la saletta era circolare, tutta in pietra, senza una porta né un nascondiglio. Era in trappola!
Ma un nuovo lungo brivido le percorse la schiena quando dall'esterno una voce spaventosamente cavernosa urlò:
“Blanchard! Vieni fuori! So che sei qui intorno! Sento distintamente l'odore della tua paura, e posso percepire il freddo della solitudine in fondo alla tua anima!”
Kehr stava dando il fieno ai cavalli: le stalle reali contenevano una dozzina di sauri enormi e neri, che solo il Sovrano ed il Comandante avevano la possibilità di cavalcare.
Il lavoro era di certo moltissimo e massacrante per una persona sola, ma a Kehr la cosa stava bene così: si manteneva il cervello impegnato, e non poteva pensare in continuazione alla donna che l'aveva stregato.
Si diresse verso il muro confinante con le prigioni, e sollevò una nuova grossa balla di fieno da terra; ma appena la scostò dal grosso muro, vide un'ombra che rapida si stava rintanando in un piccolo tunnel.
“Vediamo di che razza di topo si tratta...” disse il guerriero infilando coraggiosamente il grosso braccio nel piccolo buco scuro. La sua grande mano trovò dei luridi peli, e li afferrò con forza: poi tirò con violenza quel l'esserino fuori dal buco e lo buttò sul pagliericcio, in un angolo della stalla rischiarato da una torcia.
Subito il malcapitato si rannicchiò su se stesso, e mormorò impaurito:
“Ti prego, non farmi male. Ti prego, ti scongiuro. Rientrerò subito nella mia cella: abbi pietà di un povero vecchio.”
Kehr guardò meglio il sacco di cenci che tremava dinanzi a lui: si trattava di un uomo? Se era un uomo era molto denutrito, piuttosto male in arnese...
“Cosa pensavi di fare, derelitto? Credevi davvero di poter scappare dalle galere dell'Isola così, impunemente? Chi sei? Parla, prima che ti sbatta contro quel muro!”
“Ti prego, sono un povero vecchio; non farmi del male. Che te ne verrebbe?”
“Non fare il furbo con me. Stavi scappando dalle prigioni, e se eri lì dentro c'è di sicuro un valido motivo: non credi?”
Il fuggiasco si sistemò quel che rimaneva di un vecchio paio di occhialini sul naso, e si ravviò alla bell'e meglio la rada zazzera grigiastra che ancora restava sul suo capo, poi ancora accucciato guardò dritto negli occhi il guerriero e disse:
“Proprio come per te, Kehr. Proprio come per te c'è un valido motivo per essere stato condannato qui nelle stalle reali...”
Il guerriero si raddrizzò, e osservò il vecchio con maggior attenzione.
“Come fai a sapere il mio nome, vecchio!? Parla: chi sei! E dove stavi andando?”
L'anziano prigioniero si mise a sedere, con un po' di difficoltà. Poi, massaggiandosi le giunture ancora indolenzite per il volo fattogli fare da Kehr, rispose.
“Tutti in prigione sapevamo di te, di quello che hai fatto e … soprattutto … di quello che non hai fatto con la ragazzina.”
“Spiegati meglio, vecchio! Ma bada, se pensi di prenderti gioco di me....”
“Stai tranquillo, guerriero. So perfettamente che potresti mettere fine alla mia trista esistenza con una mano sola. Il fatto che io sia vecchio e debole, però, non significa che sia anche stupido.”
“Chi sei? E perchè ti trovi in prigione?”
“Il mio nome è Fulvius, ma nessuno lo pronuncia più da decenni. Adesso tutti mi chiamano 'Vecchio pazzo', e probabilmente hanno anche ragione: non si resta 22 anni prigioniero qui dentro senza perdere la ragione.”
“Vecchio, perchè sei stato imprigionato?”
“E' una storia un po' lunga. Tanti anni fa io dirigevo il laboratorio di ricerca su quest'isola. Ero famoso, e mi sentivo importante e realizzato: potevo fare quello che più mi piaceva nella vita, cioè studiare il genoma umano e scoprire il modo per eliminare tutte le malattie del mondo. In breve, stavo cercando di creare l'immortalità.”
“Mi sa che mi prendi in giro, vecchio pazzo. Continua!”
“Una sera d'inverno, mentre stavo conducendo un difficile esperimento, qualcosa andò storto...”
“Questa l'ho già sentita: hai creato Spiderman, eh?!”
“..No, davvero: stavo lavorando ad una mutazione genetica e ho sbagliato un vetrino. Quello che ne è uscito è... la tua razza deviata.”
“Ha ha ha ha! E tu quindi saresti il nostro mitico 'Creatore'? Come ti aspetti che ti creda, vecchio?”
“Lasciami continuare, poi giudicherai tu. Quella stessa sera ero dibattuto tra due sentimenti: proseguire l'esperimento per vedere cosa ne sarebbe venuto, o distruggere tutto e non farne parola con nessuno.”
“E tu allora cosa hai fatto?”
“Secondo te, intelligentone? Tu oggi sei o non sei vivo, Kehr?”
Il guerriero si sedette, visibilmente colpito da quella rivelazione. Il vecchio attese che Kehr assimilasse quella informazione, poi continuò:
“Dopo poco tempo venne da me quello che si fa chiamare il Comandante, attratto dall'odore dei miei esperimenti...”
“Fermati, Vecchio! Cosa significa: attratto dall'odore?”
“Il Comandante non è un essere umano, né normale né deviato. Lui può percepire gli odori dell'odio, e della paura; lui riconosce tramite il suo senso soprannaturale l'odore della felicità e dell'amore, della soddisfazione e della disperazione, di ogni emozione umana. E come fa ognuno di quegli esseri, sceglie un odore e se ne pasce: quell'odore lo nutre, lo fa crescere, lo fa diventare forte e invincibile. Ed il Comandante vive con l'odore dell'odio.”
“Continuo a non capire: i tuoi esperimenti avevano creato me...”
“Kehr, la tua razza deviata vive d'odio; e lui lo sentì da molto lontano. Così venne da me, insieme al Sovrano, e con la scusa di farmi procedere spedito nelle mie ricerche, in realtà fecero in modo che io duplicassi un grande numero di mutanti come te.”
“Quindi tu conosci sia la vera identità del Comandante che quella di Algon I.”
“Certo. Sono due esseri simili, il Comandante si nutre d'odio, e il Sovrano invece di disperazione. Ma andiamo avanti: io ci impiegai qualche tempo, ma finalmente capii che ero stato reso cieco dalla mia superbia, e che stavo creando una razza genetica terribile, e non una soluzione per il bene dell'umanità. Così una notte decisi di parlargliene: dovevamo smettere gli esperimenti, e distruggere quello che avevamo ottenuto: te e gli altri guerrieri.”
Kehr era visibilmente turbato: conoscere tutte queste cose in questo modo gli faceva girare la testa.
Il vecchio continuò:
“Non ti dico come si infuriarono loro quando glielo dissi! Mi minacciarono, mi percossero, uccisero anche i miei amici per costringermi a collaborare. Solo io non fui ucciso, perchè ero troppo prezioso, dato che ero l'unico a conoscere la formula della produzione dei corpi deviati. Ma mi hanno scaraventato in questa galera, sperando che prima o poi cambiassi idea...”
“Vecchio, come posso credere a quello che dici? Potrebbe essere una serie di sciocchezze, un vaneggiamento di un vecchio pazzo.”
“Hai ragione, ma io posso dartene una prova. Sai, Kehr: c'è una sola cosa che può sconfiggere un essere deviato; è l'amore per una fanciulla. E non una fanciulla qualsiasi: ciascuno di voi deviati ha la sua.”
“Te lo chiedo ancora una volta: come faccio a sapere che non menti?”
“Vieni vicino a me, in modo che ti possa guardare negli occhi: così ti dirò come deve essere la tua...”
Kehr si avvicinò, dubbioso.
Il vecchio gli prese la testa tra le mani, e lo fissò con le sue pupille glaciali nel profondo dei suoi occhi; Kehr si sentì completamente indifeso di fronte allo sguardo penetrante del vecchio, che con i suoi occhi gli stava rimescolando tutte le immagini nel cervello.
Alla fine lo sguardo del vecchio uscì dalla sua testa, e Kehr disse:
“Allora, vecchio? Cosa hai visto?”
“La ragazza che potrà neutralizzare la tua forza è di carnagione bianca, ha i capelli corvini e gli occhi azzurri. Occhi profondi, glaciali...”
“Hai ragione. La conosco già, vecchio!”
“Sì, l'ho visto. E so anche che il Comandante la vuole eliminare.”
“Ma perchè Il Sovrano ed il Comandante la vogliono morta?”
“Non ho detto Il Sovrano, Kehr. Solo il Comandante.”
“Non capisco, vecchio. Spiegati!”
“Il Comandante ed il Sovrano non sono più alleati, da tempo. Algon I è tenuto prigioniero nel suo castello dalle guardie scelte che il Comandante gli ha attribuito. Ogni tanto il Comandante identifica un uomo felice, lo sbatte in cella senza un motivo, e l'odore della disperazione di questo innocente serve a far sopravvivere ancora un po' il Sovrano...”
“Ma allora...”
“Sì, finalmente hai capito: solo il terrore genera tutto l’osio che rende così invincibile il Comandante. Senza tutto questo odio, il Comandante sarebbe facile preda dei suoi stessi uomini, come lo è già ora il Sovrano.”
“Quindi, se cessasse l’odio sull’Isola, potremmo rovesciare il Comandante, e liberare il Sovrano...”
“E non solo: potremmo far cessare tutta questa storia dei geni deviati: tu hai già iniziato la tua trasformazione in essere umano, perchè hai già conosciuto il tuo catalizzatore, la ragazza con gli occhi di ghiaccio.”
“Vecchio, dobbiamo scappare e salvare la donna che mi ha stregato: tu verrai con me, ed insieme sconfiggeremo il Comandante!”
“Non essere così precipitoso, Kehr. Il Comandante ed il Sovrano, anche se sono ormai nemici, sono comunque molto più potenti di noi.”
“Ma che razza di esseri sono il Comandante e il Sovrano?”
“Sono Angeli. Il Comandante è l'Angelo Nero della Notte, il Sovrano è l'Angelo Rosso del Fuoco.”
“Ah, vecchio: ma io conosco un altro Angelo. Si fa chiamare l'Angelo Blu della Luce. Lui potrebbe schierarsi al nostro fianco, ed aiutarci a liberare il Sovrano.”
Il vecchio esitò un momento, poi scosse la testa e disse:
“Ne ho sentito già parlare, Kehr. Ma chissà con quale dei due suoi simili si schiererà?”
E continuò con voce ancora più bassa “...Ammesso che non l’abbia già fatto...”
“Dove sono? Cosa mi è successo?”
Si accorse che aveva il vestito sporco di sangue, e tutto stracciato per la corsa nei rovi: così pian piano le tornò alla mente la terribile avventura: il mostro rosso, la distruzione, le sue urla terribili, i suoi colpi, la corsa forsennata nel bosco, l'Angelo...
“L'Angelo! Dove sarà adesso?”
Poi il pensiero passò alla sua famiglia: il suo adorato marito, i suoi amati genitori, e sua sorella... che fine avranno fatto? I terribili mostri rossi avranno attaccato anche loro?
Una lacrima le scese lungo la guancia: cosa avevano mai combinato per dover subire una simile aggressione? Chi poteva voler loro così tanto male?
Suo marito era forse la persona più buona e benvoluta di tutta la Contea: lei ringraziava Dio tutti i giorni per averglielo concesso in dono. Chi poteva odiare così tanto un tale uomo?
Mentre formulava questi pensieri, la già flebile luce che penetrava dalle finestrelle d'improvviso fu oscurata dalle sagome di alcuni corpi: erano corpi mostruosi, e sembravano interessati proprio ad entrare lì da lei.
Un brivido percorse Emy, che si guardò intorno terrorizzata: la saletta era circolare, tutta in pietra, senza una porta né un nascondiglio. Era in trappola!
Ma un nuovo lungo brivido le percorse la schiena quando dall'esterno una voce spaventosamente cavernosa urlò:
“Blanchard! Vieni fuori! So che sei qui intorno! Sento distintamente l'odore della tua paura, e posso percepire il freddo della solitudine in fondo alla tua anima!”
Kehr stava dando il fieno ai cavalli: le stalle reali contenevano una dozzina di sauri enormi e neri, che solo il Sovrano ed il Comandante avevano la possibilità di cavalcare.
Il lavoro era di certo moltissimo e massacrante per una persona sola, ma a Kehr la cosa stava bene così: si manteneva il cervello impegnato, e non poteva pensare in continuazione alla donna che l'aveva stregato.
Si diresse verso il muro confinante con le prigioni, e sollevò una nuova grossa balla di fieno da terra; ma appena la scostò dal grosso muro, vide un'ombra che rapida si stava rintanando in un piccolo tunnel.
“Vediamo di che razza di topo si tratta...” disse il guerriero infilando coraggiosamente il grosso braccio nel piccolo buco scuro. La sua grande mano trovò dei luridi peli, e li afferrò con forza: poi tirò con violenza quel l'esserino fuori dal buco e lo buttò sul pagliericcio, in un angolo della stalla rischiarato da una torcia.
Subito il malcapitato si rannicchiò su se stesso, e mormorò impaurito:
“Ti prego, non farmi male. Ti prego, ti scongiuro. Rientrerò subito nella mia cella: abbi pietà di un povero vecchio.”
Kehr guardò meglio il sacco di cenci che tremava dinanzi a lui: si trattava di un uomo? Se era un uomo era molto denutrito, piuttosto male in arnese...
“Cosa pensavi di fare, derelitto? Credevi davvero di poter scappare dalle galere dell'Isola così, impunemente? Chi sei? Parla, prima che ti sbatta contro quel muro!”
“Ti prego, sono un povero vecchio; non farmi del male. Che te ne verrebbe?”
“Non fare il furbo con me. Stavi scappando dalle prigioni, e se eri lì dentro c'è di sicuro un valido motivo: non credi?”
Il fuggiasco si sistemò quel che rimaneva di un vecchio paio di occhialini sul naso, e si ravviò alla bell'e meglio la rada zazzera grigiastra che ancora restava sul suo capo, poi ancora accucciato guardò dritto negli occhi il guerriero e disse:
“Proprio come per te, Kehr. Proprio come per te c'è un valido motivo per essere stato condannato qui nelle stalle reali...”
Il guerriero si raddrizzò, e osservò il vecchio con maggior attenzione.
“Come fai a sapere il mio nome, vecchio!? Parla: chi sei! E dove stavi andando?”
L'anziano prigioniero si mise a sedere, con un po' di difficoltà. Poi, massaggiandosi le giunture ancora indolenzite per il volo fattogli fare da Kehr, rispose.
“Tutti in prigione sapevamo di te, di quello che hai fatto e … soprattutto … di quello che non hai fatto con la ragazzina.”
“Spiegati meglio, vecchio! Ma bada, se pensi di prenderti gioco di me....”
“Stai tranquillo, guerriero. So perfettamente che potresti mettere fine alla mia trista esistenza con una mano sola. Il fatto che io sia vecchio e debole, però, non significa che sia anche stupido.”
“Chi sei? E perchè ti trovi in prigione?”
“Il mio nome è Fulvius, ma nessuno lo pronuncia più da decenni. Adesso tutti mi chiamano 'Vecchio pazzo', e probabilmente hanno anche ragione: non si resta 22 anni prigioniero qui dentro senza perdere la ragione.”
“Vecchio, perchè sei stato imprigionato?”
“E' una storia un po' lunga. Tanti anni fa io dirigevo il laboratorio di ricerca su quest'isola. Ero famoso, e mi sentivo importante e realizzato: potevo fare quello che più mi piaceva nella vita, cioè studiare il genoma umano e scoprire il modo per eliminare tutte le malattie del mondo. In breve, stavo cercando di creare l'immortalità.”
“Mi sa che mi prendi in giro, vecchio pazzo. Continua!”
“Una sera d'inverno, mentre stavo conducendo un difficile esperimento, qualcosa andò storto...”
“Questa l'ho già sentita: hai creato Spiderman, eh?!”
“..No, davvero: stavo lavorando ad una mutazione genetica e ho sbagliato un vetrino. Quello che ne è uscito è... la tua razza deviata.”
“Ha ha ha ha! E tu quindi saresti il nostro mitico 'Creatore'? Come ti aspetti che ti creda, vecchio?”
“Lasciami continuare, poi giudicherai tu. Quella stessa sera ero dibattuto tra due sentimenti: proseguire l'esperimento per vedere cosa ne sarebbe venuto, o distruggere tutto e non farne parola con nessuno.”
“E tu allora cosa hai fatto?”
“Secondo te, intelligentone? Tu oggi sei o non sei vivo, Kehr?”
Il guerriero si sedette, visibilmente colpito da quella rivelazione. Il vecchio attese che Kehr assimilasse quella informazione, poi continuò:
“Dopo poco tempo venne da me quello che si fa chiamare il Comandante, attratto dall'odore dei miei esperimenti...”
“Fermati, Vecchio! Cosa significa: attratto dall'odore?”
“Il Comandante non è un essere umano, né normale né deviato. Lui può percepire gli odori dell'odio, e della paura; lui riconosce tramite il suo senso soprannaturale l'odore della felicità e dell'amore, della soddisfazione e della disperazione, di ogni emozione umana. E come fa ognuno di quegli esseri, sceglie un odore e se ne pasce: quell'odore lo nutre, lo fa crescere, lo fa diventare forte e invincibile. Ed il Comandante vive con l'odore dell'odio.”
“Continuo a non capire: i tuoi esperimenti avevano creato me...”
“Kehr, la tua razza deviata vive d'odio; e lui lo sentì da molto lontano. Così venne da me, insieme al Sovrano, e con la scusa di farmi procedere spedito nelle mie ricerche, in realtà fecero in modo che io duplicassi un grande numero di mutanti come te.”
“Quindi tu conosci sia la vera identità del Comandante che quella di Algon I.”
“Certo. Sono due esseri simili, il Comandante si nutre d'odio, e il Sovrano invece di disperazione. Ma andiamo avanti: io ci impiegai qualche tempo, ma finalmente capii che ero stato reso cieco dalla mia superbia, e che stavo creando una razza genetica terribile, e non una soluzione per il bene dell'umanità. Così una notte decisi di parlargliene: dovevamo smettere gli esperimenti, e distruggere quello che avevamo ottenuto: te e gli altri guerrieri.”
Kehr era visibilmente turbato: conoscere tutte queste cose in questo modo gli faceva girare la testa.
Il vecchio continuò:
“Non ti dico come si infuriarono loro quando glielo dissi! Mi minacciarono, mi percossero, uccisero anche i miei amici per costringermi a collaborare. Solo io non fui ucciso, perchè ero troppo prezioso, dato che ero l'unico a conoscere la formula della produzione dei corpi deviati. Ma mi hanno scaraventato in questa galera, sperando che prima o poi cambiassi idea...”
“Vecchio, come posso credere a quello che dici? Potrebbe essere una serie di sciocchezze, un vaneggiamento di un vecchio pazzo.”
“Hai ragione, ma io posso dartene una prova. Sai, Kehr: c'è una sola cosa che può sconfiggere un essere deviato; è l'amore per una fanciulla. E non una fanciulla qualsiasi: ciascuno di voi deviati ha la sua.”
“Te lo chiedo ancora una volta: come faccio a sapere che non menti?”
“Vieni vicino a me, in modo che ti possa guardare negli occhi: così ti dirò come deve essere la tua...”
Kehr si avvicinò, dubbioso.
Il vecchio gli prese la testa tra le mani, e lo fissò con le sue pupille glaciali nel profondo dei suoi occhi; Kehr si sentì completamente indifeso di fronte allo sguardo penetrante del vecchio, che con i suoi occhi gli stava rimescolando tutte le immagini nel cervello.
Alla fine lo sguardo del vecchio uscì dalla sua testa, e Kehr disse:
“Allora, vecchio? Cosa hai visto?”
“La ragazza che potrà neutralizzare la tua forza è di carnagione bianca, ha i capelli corvini e gli occhi azzurri. Occhi profondi, glaciali...”
“Hai ragione. La conosco già, vecchio!”
“Sì, l'ho visto. E so anche che il Comandante la vuole eliminare.”
“Ma perchè Il Sovrano ed il Comandante la vogliono morta?”
“Non ho detto Il Sovrano, Kehr. Solo il Comandante.”
“Non capisco, vecchio. Spiegati!”
“Il Comandante ed il Sovrano non sono più alleati, da tempo. Algon I è tenuto prigioniero nel suo castello dalle guardie scelte che il Comandante gli ha attribuito. Ogni tanto il Comandante identifica un uomo felice, lo sbatte in cella senza un motivo, e l'odore della disperazione di questo innocente serve a far sopravvivere ancora un po' il Sovrano...”
“Ma allora...”
“Sì, finalmente hai capito: solo il terrore genera tutto l’osio che rende così invincibile il Comandante. Senza tutto questo odio, il Comandante sarebbe facile preda dei suoi stessi uomini, come lo è già ora il Sovrano.”
“Quindi, se cessasse l’odio sull’Isola, potremmo rovesciare il Comandante, e liberare il Sovrano...”
“E non solo: potremmo far cessare tutta questa storia dei geni deviati: tu hai già iniziato la tua trasformazione in essere umano, perchè hai già conosciuto il tuo catalizzatore, la ragazza con gli occhi di ghiaccio.”
“Vecchio, dobbiamo scappare e salvare la donna che mi ha stregato: tu verrai con me, ed insieme sconfiggeremo il Comandante!”
“Non essere così precipitoso, Kehr. Il Comandante ed il Sovrano, anche se sono ormai nemici, sono comunque molto più potenti di noi.”
“Ma che razza di esseri sono il Comandante e il Sovrano?”
“Sono Angeli. Il Comandante è l'Angelo Nero della Notte, il Sovrano è l'Angelo Rosso del Fuoco.”
“Ah, vecchio: ma io conosco un altro Angelo. Si fa chiamare l'Angelo Blu della Luce. Lui potrebbe schierarsi al nostro fianco, ed aiutarci a liberare il Sovrano.”
Il vecchio esitò un momento, poi scosse la testa e disse:
“Ne ho sentito già parlare, Kehr. Ma chissà con quale dei due suoi simili si schiererà?”
E continuò con voce ancora più bassa “...Ammesso che non l’abbia già fatto...”
(segue)
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