mercoledì 11 agosto 2010

Storia di un soldato e della donna che gli insegnò ad amare - Parte 2

Cap 2

Il Comandante si fermò davanti al suo esercito. Impettito, orgoglioso del potere che la Spada Illuminata gli dava, guardava uno per uno i suoi sottoposti, con lo sguardo fermo di chi sa che da loro può pretendere perfino la vita. Tutti, uno per uno, li aveva scelti tra la popolazione, selezionati con faticose prove che duravano mesi, nei luoghi più impervi del territori, per l’asprezza del terreno o per la rigidità del clima. E solo i vincitori di tutte le gare potevano avere l’onore di inginocchiarsi davanti a lui e vedere la Spada Illuminata abbassarsi sulla loro testa per ricevere il sigillo reale dell’Aquila dell’Alleanza. Non erano umani, erano soldati di una stirpe che un tempo aveva deviato dall’uomo, a causa di esperimenti genetici incontrollati. Ma sapevano essere fedeli e leali verso il loro Comandante e solo questo si chiedeva loro: portare a termine con successo le missioni loro assegnate.

Ora, il Comandante squadrava il suo esercito per trovare il soldato che si era fatto scappare Emy Blanchard. La missione era particolarmente delicata: si trattava di rapire la moglie di uno degli uomini più in vista della Contea, per costringerlo a venire a patti e svelare il gene della deviazione, al fine di aumentare il numero di soldati dell’Aquila dell’Alleanza e consentire al Sovrano Algon I di ottenere un potere incontrollato su tutta l’Isola.

La missione era quanto di più difficile quei soldati potevano pensare e per questo il Comandante aveva scelto Kehr, il primo e più fidato dei suoi soldati, ma non aveva tenuto in considerazione che Emy era quanto di più bello ci potesse essere al mondo. Era di una bellezza senza confini che riusciva a stregare chiunque incrociasse il suo sguardo anche solo per un attimo e così era stato anche con Kehr, che aveva così fallito miseramente la missione del rapimento.

Ora Kehr era inginocchiato davanti al suo Comandante, il quale aveva innalzato sopra di lui la Spada Illuminata e stava pronunciando la formula che avrebbe relegato per sempre Kehr alla schiavitù, facendogli perdere il ruolo di Primo Soldato dell’Esercito dell’Aquila dell’Alleanza. Era in ginocchio con la testa a terra e quello che il Comandante non poteva vedere, nè immaginare, erano le lacrime di Kehr che lentamente scendevano dai suoi occhi e goccia a goccia si appoggiavano sull’erba, come fosse rugiada. Kehr non capiva se il suo pianto fosse di umiliazione per la schiavitù o di dolore per l’amore non corrisposto, ma era contento in cuor suo di non essersi opposto al volere dell’Angelo, che pur avrebbe potuto battere, anche se questo ora significava per lui la perdita di tutto quello per cui aveva lavorato fin da quando era giovane: gloria, potere e onori.

- Tu, Kehr, hai infangato il nome dell’Alleanza, spingendoti fino a violare gli obiettivi che ti furono posti dal tuo Comandante, mettendo a rischio la sicurezza degli uomini che ti seguivano a breve distanza. Il nostro Sovrano non può accettare che un suo soldato violi il rapporto di fiducia ed il giuramento di fedeltà fatto negli antichi tempi: per questo dovrai abbandonare l’esercito dell’Aquila dell’Alleanza e ridurti a schiavitù per il resto della tua vita. Lavorerai come servo a palazzo: in considerazione dei numerosi servigi da te resi, il Sovrano ha voluto essere magnanimo e ti ha concesso di lavorare per tener pulite le stalle e curare i cavalli. Perderai ogni privilegio che la carica fino ad ora ricoperta ti ha concesso: dunque, restituisci le tue armi e la tua corazza e va’, prima che il Sovrano, nella sua infinità bontà, non cambi idea e decida di sopprimere la tua miserevole vita, per porre fine al tormento che di sicuro da oggi, per ogni giorno della tua vita, ti assedierà il cuore.

Kehr si alzò, con la testa bassa per nascondere le lacrime che ancora gli bagnavano il viso e girò le spalle al Comandante per andarsene. Questi gli pose una mano sulla spalla e lo costrinse a girarsi: “Non sei più un uomo, cosa sei? Hai tradito la mia fiducia, tu che eri stato il Primo al quale io l’avevo concessa!”. Kehr gli rispose “Sono un uomo adesso, non prima. Sono un uomo nonostante questo corpo non lo faccia sembrare. Sono un uomo ora che so cosa è l’amore”. Il Comandante gli sputò in viso e lo cacciò via.

Kehr percorse il breve tratto dal prato della Vergogna, come era chiamato il luogo destinato alle pubbliche accuse, al Palazzo del Sovrano Algon I. Faceva caldo quel giorno e alle lacrime che gli avevano bagnato il viso ora si erano sostituite delle grosse gocce di sudore. Stava camminando sul sentiero appena fuori dal cancello del Palazzo quando un rumore dietro di lui lo fece voltare di scatto. “Strano” pensò “Avrei giurato di avere sentito qualcosa”.
- Hai sentito bene, Kehr – gli rispose una voce alle sue spalle.

Kehr si girò ma non vide ancora nessuno. Non aveva paura. Non era un uomo e non conosceva quel sentimento che spesso gli umani provavano, ma ne aveva letto. Era sempre stato assetato di conoscere tutto il mondo degli uomini ed aveva letto fin da piccolo molti libri di avventura. Aveva conosciuto, almeno dalle descrizioni degli autori, i più importanti sentimenti che un essere umano può provare, ma non avrebbe mai potuto immaginare, dalle parole solo lette, che la forza dell’amore potesse essere così devastante.
- Fai finta di nulla eh Kehr? – disse ancora la voce, stavolta proveniente da un punto quasi di fronte a lui.
- Non ti vedo. Palesati a me, chi sei tu che osi burlarti di un essere già avvilito dalle situazioni di questo mondo?

Kehr non riuscì a credere ai suoi occhi. Piano piano una enorme luce crebbe davanti a lui, a partire da una minuscola fiammella appena avanti al suo petto, fino a diventare un alone caldo e lucente di fronte a sè. Dopo un attimo in cui Kehr non riuscì a tenere gli occhi aperti per la luce immensa che colpiva i suoi occhi, si definì qualcosa di bianco, un uomo o qualcosa di simile. Solo dopo qualche istante Kehr capì e davanti a lui incrociò lo sguardo più misterioso che mai avesse incontrato.
- Tu sei un Angelo, vero? Sei... “quell” ‘ Angelo, o sbaglio?
- Si. Sono l’Angelo custode di Emy. Mi chiamano l’Angelo Blu della Luce.
- Posso capire solo ora perchè. E dimmi, come sta Emy?
- Sta bene ora, anche se l’hai ferita. Lo sapevi?
- Sì, lo so e me ne dispiace. Ho cercato di fare il più piano possibile, ma dovevo colpirla, perchè avevo i miei uomini che mi osservavano. Evidentemente non è stato “piano” abbastanza. E dimmi, posso fare qualcosa per lei?
- No, non ancora. Non è ancora il momento. E’ ancora sotto shock. Non riconosce più i suoi cari, nemmeno il marito. Riconosce soltanto me e parla soltanto con me. E’ per questo che sono venuto a cercarti. So del piano del tuo Sovrano e ho un’idea, l’unica che possa salvare Emy. Volevo parlartene, ora che ho avuto la confema che sei diverso dagli altri.
- Non è una buona idea parlare qui. Io ora devo raggiungere le stalle del palazzo. Sono uno schiavo ora e non ho nè libertà di movimento nè libertà di pensiero. Devo stare attento...
- Non ti preoccupare. Al momento opportuno ti cercherò io e ti spiegherò cosa fare, ma tu stai all’erta.
- Bene. A presto.
- Fermo! Un attimo... volevo dirti che non so cosa darei per essere al tuo posto e poter correre da Emy...
- Non pensare a lei in questo modo. Tu non la conosci. Se la conoscessi non parleresti così. Sembra così dolce ma in realtà ha un cuore di strega. Non le hai visto gli occhi? Lei non lo sa, ma ha un destino crudele ed infame al quale non può sottrarsi.
- Anche gli occhi di ghiaccio si sciolgono all’amore.
- Non i suoi, Kehr. Non i suoi. Sono il suo Angelo Custode e devo proteggerla, ma preferirei cento volte esserle distante come un nemico,  tanto saprà essere malvagia. Stai attento, Kehr. Ti ho avvisato!

(segue)

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