martedì 10 agosto 2010

Storia di un soldato e della donna che gli insegnò ad amare

Capitolo 1

La foresta era un groviglio di rami secchi, pungenti, che facevano male anche solo a toccarli. Il sole riusciva a oltrepassare la barriera creata dalle fronde solo di tanto in tanto, dando luce a brevi spazi d’erba che, così, aveva modo di crescere. Emy Blanchard correva in questa foresta, senza voltarsi, incurante delle ferite che aveva riportato -Di tutti i luoghi in cui scappare, proprio questa landa dimenticata da Dio dovevo scegliere!- disse a sé stessa mentre superava un albero dal tronco grosso. Vedendone uno simile anche davanti a lei, si sforzò di andare ancora più veloce e si buttò dietro al tronco, sperando che il suo inseguitore non l’avesse vista.

Di tutte le cose che aveva fatto, non gliene veniva in mente una per la quale doveva meritare una simile punizione: cresciuta in una famiglia per bene, forse un po’ troppo devota alla preghiera per i suoi gusti, si era sempre comportata come una figlia modello e da quando si era sposata due anni prima era sempre rimasta fedele a suo marito, nonostante Madre Natura avesse voluto donarle un fisico da copertina e dei lunghi capelli corvini che, insieme ai suoi occhi glaciali, formavano una donna bellissima in qualunque circostanza, tranne forse quella in cui era adesso.

Emy si sporse meno che potè per vedere dove fosse il suo inseguitore: per quanto aveva corso? Dieci minuti? Venti? Eppure lei era stanca morta mentre chi la inseguiva non aveva intenzione di cedere. Dopo un minuto sentì un rumore sordo, cupo, come di qualcosa di pesante che viene sbattuto a terra: era il passo del suo inseguitore. Riuscì a scorgerne la sagoma poco dopo: alto due metri, con un andatura innaturale e con delle cose che spuntavano dalle spalle, quasi fossero delle ali. Era riuscito a vederlo solo in parte quando poco tempo prima era tornata a casa e quella cosa era comparsa di fronte a lei: aveva sfasciato tutto ciò che si interponeva tra loro e aveva iniziato a correre verso di lei, emettendo di tanto in tanto delle urla agghiaccianti, come quella che aveva appena sentito.

Terrorizzata e rassegnata a quella che probabilmente doveva essere la sua fine, Emy alzò gli occhi al cielo e vide che si era seduta in uno di quei pochi spiazzi illuminati. Raccolte le ultime energie rimaste, giunse le mani e iniziò a supplicare Dio di aiutarla, mandando uno dei suoi angeli custodi a proteggerla. Mentre stava finendo, la cosa che la stava seguendo la raggiunse e si mise di fronte a lei. Era di fattezze umane ma non era una persona, lo poteva capire dalle spalle che presentavano degli aculei e dal paio di piccole corna che aveva sulla fronte; inoltre aveva un colore della pelle decisamente innaturale: era rosso vivo.

Paralizzata dalla paura, Emy rimase ferma mentre la creatura alzava una delle sue mani chiusa a pugno, per darle il colpo fatale: l’ultimo che aveva ricevuto le aveva aperto una ferita sul ventre e aveva perso un po’ di sangue, per questo non aveva corso molto. Mentre sentiva le lacrime scorrerle sulle guancie, chiuse gli occhi ed aspettò il colpo.

Non arrivò quello che si aspettava, perché sentì invece quella cosa gridare. Non come prima, sembrava più un grido di dolore. Sorpresa, aprì gli occhi e vide un'altra creatura in piedi di fronte a lei, che le dava le spalle.

O meglio, le avrebbe dato le spalle se queste fossero state visibili, ma erano coperte da due grandi paia di ali bianche. Nella mano teneva una spada sporca di un liquido verde che Emy ipotizzò fosse il sangue del mostro che, a proposito, era stato scaraventato a cinque o sei metri di distanza.

L’aspetto del nuovo arrivato corrispondeva troppo a ciò che aveva sentito più e più volte sia dalla sua famiglia che in chiesa -Non è possibile…- riuscì a dire con voce flebile. Il suo salvatore rinfoderò la spada e si girò verso Emy -Vieni, si rialzerà tra poco e non sarà contento- disse porgendole la mano. Emy la afferrò senza pensarci sue volte e senza sforzo venne presa in braccio. Vide le ali che si spalancavano e un istante dopo, si sentì sollevare. Non ebbe paura di essere in volo, la sua mente stava cercando di farle fare una domanda -Ma tu… tu sei…-

-Sì- disse colui che l’aveva appena salvata con un sorriso -Sono il tuo angelo custode-

L’ultima cosa che vide prima di svenire furono gli occhi blu di quell’angelo.


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