Feci capolino con la testa nella stanza ma lui non c’era. Dove poteva essere? Sbirciai nell’altra stanza in mansarda, la camera da letto degli ospiti, e lo trovai seduto su una poltrona a guardarmi.
- E’ bella, sa, Lara?
- Io? Ma...
- Non sia modesta...
- Lasci perdere... così mi imbarazza – gli risposi avanzando e poggiando sul tavolinetto in noce vicino a lui i due bicchieri e lo champagne.
Lui si alzò e stappò la bottiglia, versando un po’ di oro nei bicchieri. Poi mi prese a sé attirandomi con una mano dietro la schiena e mi offrì con l’altra uno dei due bicchieri. Non feci in tempo a girare il viso per appoggiare le labbra vermiglie al bicchiere lasciandone il segno, che sentii l’umido della sua bocca sul mio collo. Una lancia infilata dalla base del collo lungo la schiena non avrebbe scatenato una sensazione così netta ed elettrizzante. Continuava a baciarmi senza che io potessi muovere una sola cellula del mio corpo. In un attimo aveva cancellato i miei pensieri, le mie remore, le mie paure. Tutto dentro di me si era annullato, sprofondando in quella sensazione di caldo e umido che dalle sue labbra si trasmettevano alla mia pelle.
Avrei dovuto staccarmi dalla sua presa ed andare via, così urlava il Grillo Parlante nella mia testa, accusandomi di aver ceduto ad un poco di buono che con una stupidissima scusa poco credibile si era infilato nella mia vita. Non era possibile, gli rispondevo, in un monologo assurdo che io immaginavo come dialogo tra la parte coscienzosa di me, quella della donna sposata, madre di due bellissime bambine, che in quel momento magari stavano scherzando con il papà sotto l’ombrellone e si impietosivano al pensiero della mamma sola a Milano e la parte più libertina, quella che sotto pelle cresceva indisturbata, che si alimentava degli sguardi lascivi che si depositavano ogni giorno sul suo corpo, che si contorceva la pancia nel desiderio di qualcosa di diversamente eccitante. Quale delle due ero io, Lara? La casta sposina o la pervertita amante? Nessuna delle due. Tra le sue braccia non ero più nè l’una nè l’altra, ma solo pura felicità, pura essenza. Non potevo desiderare altro e per me quella sì era una novità.
Lui aveva iniziato a frugarmi il corpo con il respiro che si faceva più pressante. Avevo cercato di appoggiare il bicchiere sul tavolino, ma avevo calcolato male le distanze e così il cristallo si era infranto sul pavimento. Dopo la lussuria avrei pagato il conto di ripulire i cocci, forse non solo quelli del bicchiere ma anche quelli della mia vita. Eppure non riuscivo a dirgli di no. Lui era completamente padrone di me stessa e della mia anima, unico signore dei miei pensieri. Sembrava intuire quando cercavo di staccarmi da lui e con dolcezza con la mano dietro la schiena mi riavvicinava al suo corpo, che sentivo possente e vivo a contatto con il mio. Se cercavo di sfuggire ai suoi baci lui dolcemente mi fermava il viso con le sue grandi mani e mi baciava, accogliendo le mie labbra tra le sue.
Fu solo un attimo, una sensazione di essere io dentro di lui e lui dentro di me, come se stessimo facendo l’amore e stessimo raggiungendo l’orgasmo nello stesso istante. In realtà lui non aveva osato spogliarmi e di questo, pensavo, lo avrei ringraziato. Se lo avesse fatto, se avesse solo sfiorato la mia pelle dal vivo, nelle pieghe delle gambe, tra i seni, lungo la pancia, io non avrei potuto dirgli di no e mi sarei concessa a lui completamente.
Eppure non lo fece ed io non so perchè.
Eppure era come se l’avesse fatto ed io non so perchè.
Così come si era impossessato di me in un attimo, l’attimo dopo eravamo l’uno affianco all’altro, sul letto, spossati come se avessimo fatto l’amore, ma non era successo apparentemente nulla di irreparabile tra di noi. In realtà, quell’attimo tra di noi per me era stato quanto di più assoluto io avessi mai provato nella mia vita. Quella sensazione di essere una cosa sola, un’anima sola persa nell’universo, che era durata solo un attimo, fu la cosa più irreparabile che potesse succedere tra noi e non scomparve mai. Ancora oggi la mantengo rinchiusa dentro il cuore, con un catenaccio sul quale ho scritto un enigma che solo lui saprebbe risolvere.
(continua)
Dire che avevo indovinato sarebbe falso.
RispondiEliminaL'epilogo è davvero bello.
Complimenti davvero!
RispondiElimina