venerdì 30 luglio 2010

La porta chiusa - Le otto

Ero stato troppo concentrato con gli occhi sul video e distolsi lo sguardo puntandolo verso l’ago della piazza, perchè mi avevano detto che per riposare la vista si deve guardare più in là che puoi. Devo dire che la vista che si apre dalla mia finestra è piuttosto bella: l’intera piazza Cadorna, con il suo verde che sbuca spaurito tra il cemento e quei colori imbizzarriti di un ago che trafigge l’asfalto per sbucare qualche metro più in là, portandosi dietro il filo, a lode dell’operosità dei milanesi e simbolo della moda che trova in Milano una delle capitali più ricche. Il traffico alle otto di sera in piena estate non c’è. Quella mattina ero andato in ufficio in moto perchè sapevo che avrei fatto tardi. Sentivo che era giù nel cortile e se avesse potuto mi avrebbe chiamato con un suo rombo già da qualche ora, per la voglia di sgommare verso casa.


Sono un amministratore delegato di un’importante società. Alla mia età, trentasei anni, è una bella conquista, maturata certo per le mie capacità, delle quali tuttavia non amo vantarmi se non quando sono davanti allo specchio, nelle occasioni in cui ho qualcosa da festeggiare, ma aiutata anche dall’ambiente nel quale sono sempre vissuto fin da piccolo, quell’ambiente “chiuso” dell’élite romana delle persone che “contano”. Non è colpa mia se sono nato in quella che si chiama la “Roma bene” e sarebbe stato davvero stupido da parte mia non approfittarne.




Ci sono però dei momenti in cui vorrei essere un uomo normale. Un uomo che la mattina si sveglia, decide se farsi la barba o meno - perchè si può permettere per un giorno di essere più trasandato del solito -, bacia la moglie quando esce di casa per accompagnare i figli a scuola, si prende un caffè al bar di fronte la scuola con le mamme ed i papà dei compagni dei figli e poi se ne va a lavorare tranquillo in metro, attraversando tutta la città perduto in una cuffia di un I-pod o in pagine di giornale che sanno di carta appena stampata.


A me questo è negato, anche se di solito non me ne lamento perchè ammetto che molte persone, in fondo, vorrebbero prendere il mio posto. Però io la mattina esco alle sei e mezza di casa, qualche volta con l’autista se ho bisogno della macchina, e vado in ufficio, prendo il primo caffè della mattina nella cucina privata e mi siedo alla scrivania dove inizio a guardare le notizie e l’andamento dei mercati. La mia segretaria arriva alle otto e mezza, mi porta un altro caffè e mi aggiorna sugli impegni della giornata, che vola fino alle otto di sera, quando mi ritrovo di nuovo solo nel mio ufficio, a guardare lo stesso grafico sul terminale, solo un po’ più alto o più basso del solito. Quello che sta in mezzo tra un punto di un grafico ed un altro è una giornata piena di impegni ad alto livello, decisioni che devi prendere velocemente senza sbagliare, ascolto delle lamentele dei collaboratori che devono sempre giustificare perchè non fanno quello che dovrebbero e numeri, numeri, numeri...


Quel mercoledì era trascorso esattamente come il giorno prima e come mi aspettavo che trascorresse il giorno seguente. Daphne, la mia segretaria, era andata a casa presto perchè il figlio aveva la febbre ed io non avevo battuto ciglio, nonostante la motivazione mi fosse sembrata una scusa in piena regola, stanti i 40° che buttavano umido appena fuori dal vetro della mia finestra. Del resto è efficiente e fa quello che deve fare. E’ anche carina, ma questo è un dettaglio che non mi interessa, visto che ho una moglie stupenda ed una famiglia che adoro.


L’aria condizionata aveva fatto le bizze tutto il giorno e sembrava non funzionare più. Non potendo aprire le finestre, che erano sigillate come nella maggior parte degli edifici con finestre a tutto vetro costruiti negli anni settanta, iniziai a slacciarmi la cravatta e allargarmi il collo della camicia. E’ proprio vero che la giacca e la cravatta sono uno dei motivi per i quali un uomo deve guadagnare più di una donna che fa lo stesso mestiere allo stesso livello: una donna non sopporta questo supplizio d’estate, avendo mille alternative per svestirsi rimanendo elegante.


Era trascorsa circa un’ora ed il caldo non mollava. Ero deciso ad alzarmi per aprire la porta quando una telefonata mi bloccò alla scrivania. Era l’amministratore delegato della Capogruppo che voleva discutere i risultati dell’ultimo semestre e avere le previsioni a fine anno: non potevo nemmeno azzardarmi a chiedergli di aspettarmi un momento e mi incatenai letteralmente alla sedia per evitare di fare ciò che avrebbe potuto anche farmi saltare la carriera: mettere il telefono a viva voce ed allontanarmi giusto il tempo per andare ad aprire la porta per fare passare un po’ d’aria.


Numeri, numeri, numeri. Avevo davanti a me l’ultimo rapporto del Marketing che cercavo di recitare senza far capire al mio interlocutore che stavo semplicemente leggendo. Ero stato previdente, ben sapendo che quella telefonata era nell’aria e avrebbe potuto funzionare come una ghigliottina se non avessi saputo rispondere, a circa otto mesi dal mio insediamento come amministratore delegato. Per fortuna Daphne mi aveva lasciato una bottiglia d’acqua sulla scrivania prima di uscire ed anche se oramai calda come un mare dei Caraibi, ne ingurgitai tre bicchieri approfittando di un momento in cui il mio interlocutore aveva un eccesso di loquacità e stava spettegolando sull’ultimo cocktail a Roma con alcuni rappresentanti del Governo.


Erano circa le dieci meno un quarto quando riuscii ad appoggiare la cornetta sulla scrivania. Bevvi un altro sorso di acqua in ebollizione, chiamai mia moglie e la congedai con un velocissimo “Arrivo”, sperando di trovare refrigerio sulla mia Ducati Monster. Spensi il computer, raccolsi le piccole cianfrusaglie che di solito appoggiavo sulla scrivania e andai verso la porta. La mia mano si appoggiò alla maniglia per aprirla e rimasi stupito quando la mia forza non sortì nessun effetto su di essa: era chiusa, inequivocabilmente. E dall’esterno.
(continua)

2 commenti:

  1. Sai, vero, che con questo racconto rischio il licenziamento? Hi Hi.. devo per forza superare me stessa.. per trovare poi un lavoro!

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