mercoledì 7 luglio 2010

Gocce biondo sangue

Epilogo



Herbert era seduto al suo solito posto all’interno del “Free Smoke” bar e guardava distrattamente la fontana, quando una voce lo riportò alla realtà: “Vuoi una birra?”



“Ciao wonder woman, tutto bene?”
“Diciamo di sì. E’ appena finita l’udienza in tribunale.”
“Lo so. Per questo sono venuto qui, ti aspettavo.”
“Mi aspettavi? Non pensavo... Ero convinta non volessi più avere a che fare con me...”
“Ma dai... Allora?”
“Allora, tutto ok. Legittima difesa e nessun abuso: è prevalsa la tesi della difesa”
“Sembra tu stia parlando di un’altra persona... sei un’eroina, dai. Non è da tutti sparare così da lontano e centrare un uomo in pieno cervello. Meriti dieci e lode solo per gli effetti speciali... se il vestito della ragazza non fosse stato rosso, poteva conservarlo come trofeo... Sai quanto vale? A pensarci prima potevo vedere una commodity sulla borsa di Milano... vestito con macchie originali di sangue di serial killer – dead in Italy”
“E non scherzare su queste cose!”
“Hai ragione scusa... ma quel bastardo era giusto che morisse. Nessun rimpianto, spero...”
“No. Ma in questi casi, sai com’è, prima di dire che un poliziotto ha ucciso per difesa i giudici vogliono essere sicuri. Lo sai bene quante denunce rischiamo di portarci dietro...”
“Posso farti una domanda?”
“Dipende...”
“Eri davvero sicura di beccarlo? Sì, insomma... non ti ha mai sfiorato per un attimo l’idea che potevi anche uccidere la ragazza?”
“Beh, ero ragionevolmente certa di prendere lui. Ma non potevo rischiare. E’ stato il momento più difficile. Vedevo lei, di spalle, nel suo vestitino rosso ancora bagnato... mentre si allontanava con il suo carnefice. Ero certa di prendere solo lui. La testa della ragazza in quel momento non era sulla traiettoria, non potevo ferirla...”
“Ma se si fosse spostata?”
“Non hai visto davvero nulla tu? Ma eri qui o altrove?”
“Ho dei ricordi parecchio confusi... io ricordo che eri indecisa sullo sparare o meno e continuavi a chiedermi se potevi sparare o no e alla fine ti ho detto sì e ho sentito un rumore assordante nelle mie orecchie. Ho visto qualcosa schizzare via dalla sua testa, non so, non focalizzo ancora quello che ho visto. Poi l’uomo si è accasciato a terra e la ragazza è fuggita verso il fratello... dopo non ricordo più nulla, mi sono svegliato in ospedale...”
“Già, capitan coraggioso è svenuto”
“Prendimi pure in giro, poliziotto, ma io non ho mai visto un cervello schizzare in giro colorando la fontana di rosso... da quello che mi hanno raccontato non è stato un bello spettacolo... però non mi hai detto come mai eri certa di prendere solo lui...”
“La ragazza si è piegata verso terra. Non lo hai visto?”
“No?! A fare cosa?”
“A fare cosa... Herbert, sei proprio ignorante.. nel senso non offensivo del termine, cioè che ‘ignora’, non sa...”
“Devo intenderlo come un complimento?”
“Per renderla un po’ banale, considera che il serial killer è una figura psicologica particolare. A un certo punto può arrivare a rendersi conto di quello che fa, ma non può evitarlo. Così l’unico modo che ha è quello di farsi catturare. Fa degli sbagli di proposito. Prendi come esempio: entrare nel bar e attaccare bottone in quel modo è stata la sua prima richiesta d’aiuto. Lui sapeva chi sono, lo hai visto. Sapeva che ero una poliziotta e sapeva che gli stavo dando la caccia. Sapevo che ero molto incazzata per via di mia sorella. La sua scenetta è stata una provocazione, un invito in piena regola a fermarlo. Quando sono usciti dal bar ha deliberatamente spinto la testa della ragazza verso il basso per farsi sparare. Voleva morire, capisci? Queste persone sentono forte il bisogno di aiuto e capiscono a volte che l’unico modo per uscire dalle loro perversioni è morire. Avevo intuito che si sarebbe messo in una posizione tale da rendersi vulnerabile...”
“Ma scusa, perchè continuavi a chiedermi se potevi sparargli.. da quello che dici eri più che lucida...”
“Era per fargli capire che aveva modo di salvarsi, se avesse voluto. Era per dargli una chance...”
“E perchè hai sparato alla fine?”
“E’ stato un po’ come se lo avesse chiesto. Se non avessi accettato la sua richiesta, avrebbe ucciso la ragazza. Era nella posizione di fare questo ricatto: la sua vita e la sua liberazione al posto di quella della ragazza”
“Sei un genio, poliziotto...”
“Senti dongiovanni...”
"Ah... allora basta con questi nomignoli?”
“Sei un tipo buffo...”
“Buffo eh? Pensa a te, eri buffa sì quando ti ho vista con la lacrimuccia al mio capezzale in ospedale, a rassicurarti che stessi bene”
“Beh, che c’è di strano? Mi sei sempre piaciuto...”
“Sempre? Da quando? Mi hai trattato come uno straccio... Vabbè, acqua passata, allora adesso che si fa?”
“Avrei un’idea”
“Tu hai un’idea? Che fonte inesauribile....”
“Sono appena stato nominata responsabile dell’Unità di Analisi Crimini Violenti qui a Milano e ho voglia di festeggiare. Vuoi unirti a me? Mi chiamo Christine.”


Herbert le sorrise, le porse la mano per farla alzare e uscirono abbracciati dal bar.


***


Appena usciti una voce tuonò alle loro spalle:


- Stoooop! Bene ragazzi, stavolta ci siamo... nessuno ci toglie l’Oscar!
- L’Oscar? – disse meravigliato Herbert-Lorenzo – ma va’ là... semmai ci prendiamo il Tapiro d’oro...


Federico rimase ammutolito da quella battuta. Era sinceramente convinto che quel piccolo cortometraggio avrebbe fatto strada e l’avrebbe fatto diventare una persona importante nel mondo del cinema. C’erano tutti gli ingredienti: le belle ragazze, il mostro, un po’ di sangue e un po’ d’amore. Cos’altro poteva mancare? E in più parlava di una storia vera, sì insomma, di un fatto di cronaca solo un po’ romanzato, il che avrebbe attirato un po’ di pubblico e pubblicità. Lorenzo proprio non capiva niente. Era stato scettico fin dall’inizio, fin da quando aveva letto il suo copione e lo aveva preso in giro dicendo che un responsabile di Trading Desk non si mette con una poliziotta. Non poteva però fare a meno di lui: attore di serie B, belloccio e idiota abbastanza per recitare bene la parte che gli aveva assegnato ad un prezzo modesto. Lo aveva scovato proprio nel bar nel quale avevano girato gran parte delle scene, un pomeriggio che si stava ubriacando dopo un provino andato male. Era stato facile convincerlo ad accettare quel ruolo un po’ ai margini. Non lo sopportava però quando lo prendeva in giro in quel modo. Un tapiro, per cosa? La sua era una storia vera con qualche particolare un po’ romanzato, embè? Qualunque regista avrebbe accettato di girare con quella sceneggiatura. La storia era stata sulla bocca di tutti per un mucchio di tempo, quella poliziotta era diventata un pezzo grosso nelle ricerche di serial killer... odiava quelle prese in giro...


Guardò ancora Lorenzo mentre si allontanava per andare a tampinare Ludovica-Christine. Lei sì che era bella... certo anche Nicoletta-Angelique non era male, ma Christine era davvero uno schianto. L’aveva cercata a lungo, la voleva molto somigliante al poliziotto reale e alla fine l’aveva trovata e aveva passato due mesi a convincerla ad accettare la parte. Non era un’attrice professionista, non era nemmeno un’attrice. Faceva la segretaria di direzione in una finanziaria, ma aveva recitato meglio di molti altri attori che gli erano passati tra le mani. E poi era bella, con quei capelli biondi che sembravano oro, quegli occhi magnetici che lo inchiodavano ogni volta che gli capitava di ingarbugliarsi dentro di essi. Rischiava sempre di fare la figura dello stupido quando l’aveva davanti... odiava trovarsi in quelle situazioni... ma si trovava a balbettare e non sapeva che dire il più delle volte. Esitava, si girava, guardava con gli occhi verso l’alto e poi le sorrideva e non diceva niente e si sentiva umiliato, pieno di vergogna che ogni volta si cumulava alla precedente.


Li guardò da lontano, Lorenzo e Ludovica, pieno di invidia per qualcosa che lui sentiva di non poter avere. Si girò, poi, allontanandosi con passo incerto verso un’auto, prese in mano delle chiavi dalla tasca dei pantaloni, aprì l’auto e si sedette all’interno. Si guardò intorno per assicurarsi di non essere visto, si inclinò verso il cassetto anteriore e prese un pacchetto. Era eccitato, lo si capiva dal sudore che gli imperlava la fronte e dalle mani che tremavano. Fuori il caldo era afoso, ma dentro l’auto lui bolliva. Aprì il pacco come si spoglia per la prima volta un’amante, con la stessa esitazione e lo stesso senso di eccitazione. Alla fine prese in mano qualcosa, la tastò tra le dita per sentirne la morbidezza setosa, la portò al naso per aspirarne il profumo e la strinse nel pugno. Doveva solo aspettare il momento opportuno, dopo di che nè Lorenzo avrebbe più riso di lui, nè Ludovica lo avrebbe più snobbato. Avrebbero avuto rispetto e timore di lui e allora, solo allora, lui avrebbe riscattato la sua dignità. Aprì la sua mano e sorrise ad una piccola ciocca di capelli biondi che gli splendeva tra le dita...

Nessun commento:

Posta un commento