Cap 4
Angelique tornò al tavolo dove la stava aspettando Martin con uno sguardo interrogativo: non si era perso un istante di quella fugace chiacchierata tra il tipo al bancone e sua sorella. Era più forte di lui: non appena qualcuno rivolgeva anche solo un occhiata di troppo ad Angelique, in lui scattava una specie di allarme che lo informava dell’accaduto. La cosa strana è che questo suo “settimo senso” era già in funzione da un po’, da quando erano entrati nella via che aveva portato alla piazza sulla quale si affacciava il bar in cui era seduto.
Non appena sua sorella si sedette, Martin le rivolse un occhiata interrogativa
“Cosa c’è?” chiese Angelique “Ah, per quel tipo… Beh, l’ho invitato ad unirsi al nostro tavolo per bere qualcosa in compagnia”
“Ah. E suppongo che abbia rifiutato, dico bene?”
“A dirla tutta, sembrava che avesse intenzione di venire”
“Allora deve aver sbagliato tavolo, dato che si è seduto insieme a LEI” disse indicando con un cenno del capo una donna bionda seduta vicino alla vetrata del locale
“Ma cosa dici, è al banc…” Angelique si interruppe quando, voltando la testa verso il bancone, non vide più quel signore dagli occhi così particolari. Seguì lo sguardo del fratello e vide che stava conversando con una donna ad un altro tavolo e questo la mandò in collera.
Martin, vedendo che la sorella iniziava a diventare rossa dalla rabbia, tirò un grosso sospiro e non fece in tempo a dirle di calmarsi che già stava puntando a quel pover’uomo. Non potendo fare molto, attirò l’attenzione del barista con un cenno della mano e disse a voce sufficientemente alta “Barista, una birra, per cortesia…“
“Che ne dici?”
“Mi sembra azzardato, rischioso e completamente senza senso”
“Hai un piano migliore?”
La poliziotta rimase pensosa per un attimo prima di rispondere “No… Ma se qualcosa andrà male, sarà solo colpa tua!”
Herbert si girò appena in tempo per sentire un rumore di passi che si avvicinavano. Girò la testa per vedere la ragazza americana arrivare da lui con un espressione che era un mix di odio e rabbia.
“Potevi dirmelo che eri in… compagnia…” disse Angelique, sottolineando l’ultima parola con uno sguardo infuocato rivolto alla bionda che sedeva di fronte ad Herbert
“Cosa? Ah…” si girò verso la poliziotta “No, no… Lei è solo… un’amica” disse cercando di essere il più convincente possibile
“E secondo te dovrei credere ad una bugia del genere?” continuò Angelique, ancora più arrabbiata
Herbert cominciò a sudare freddo: se si fosse continuato così, poteva dire addio al suo piano…
“Beh, ecco… In effetti hai ragione, ma ti posso assicurare che quello che ti ho detto l’ho detto per non…” si fermò prima che potesse rivelare qualcosa riguardo all’assassino
“Per non…?” chiese Angelique
Herbert non sapeva più che pesci pigliare. Si girò verso la poliziotta in cerca di aiuto ma neanche lei sapeva cosa fare. Mentre entrambi pensavano ad una storia convincente, l’istante di silenzio fu rotto da una voce bassa che disse “Cameriere, una birra per me e una per la signorina che sembra sull’orlo di una crisi di nervi.”
Quattro paia di occhi si girarono verso il nuovo arrivato: un signore vestito in modo anonimo, pantaloni lunghi e una maglietta scura, tra i trenta e i trentacinque anni a giudicare dagli sparuti capelli bianchi e del timbro della voce, con un paio di occhiali da sole che non si era tolto quando era entrato nel bar.
Quando riconobbe gli occhiali e la tonalità della maglietta, Herbert spalancò gli occhi sia per la paura che la sorpresa di quella mossa del killer. La poliziotta, invece, guardò l’uomo con uno sguardo carico d’ira e le venne voglia di tirar fuori all’istante la pistola d’ordinanza che aveva con sé nella fondina che portava in vita e ficcare una pallottola in mezzo agli occhi di quel mostro.
Martin, sentendo l’ordinazione, guardò prima il tipo che l’aveva fatta, poi sua sorella: se la conosceva bene, avrebbe accettato, avrebbe bevuto e si sarebbe calmata, ma se quel tipo avesse anche solo pensato di provarci con lei, si sarebbe alzato e avrebbe portato via Angelique. Va bene che non era più una bambina, ma andare con il primo che ti offre da bere non era proprio il caso!
Angelique si girò verso l’uomo con gli occhiali da sole un po’ sorpresa, poi guardò di nuovo Herbert e la poliziotta e con un sorriso disse “Beh, ti sei giocato la tua opportunità…” e andò al bancone.
Herbert rimase con gli occhi sgranati finchè la ragazza americana non fu seduta vicino all’assassino. A quel punto si girò verso la poliziotta e chiese a bassa voce “E ora che facciamo?”
La donna bionda distolse lo sguardo da quel maniaco che aveva posto fine alla vita di sua sorella e con una voce carica di rabbia rispose “Non so te, ma io vorrei tanto sparare in questo momento”
“Ecco, credo che questo sia tra le cosa meno indicate da fare al momento” disse Herbert, cercando di calmarla “Magari possiamo sfruttare questa cosa a nostro vantaggio”
La poliziotta assunse uno sguardo interrogativo e disse “Come?”
Hebert tirò un sospiro e continuò “Se inviterà la ragazza ad andare da qualche parte, non credo che il ragazzo” indicò velocemente il tipo entrato insieme all’americana “permetterà che vada con lui…”
“Sì, ma noi dobbiamo prendere quel figlio di puttana con le mani del sacco e preferibilmente prima che abbia commesso un altro omicidio!”
“Lo so, lo so, ma vedi di calmarti!” si girò verso il killer per assicurarsi che non avesse notato la poliziotta “Senti, cambio di programma: dobbiamo fare in modo che provi ad uccidere la ragazza, giusto?”
“Giusto”
“Ma dobbiamo fermarlo prima che porti a termine l’opera, giusto?”
“Sì, ma non capisco dove vuoi…”
“Per fare ciò, non credi sia meglio tenere qui la ragazza? O meglio, non far allontanare da soli il killer e l’americana?”
“Beh, in effetti…” rimase sorpresa da quel dettaglio che, a causa dell’infinita rabbia che provava per il killer, aveva trascurato
“Se gli permettiamo di giocare in casa, quello ci frega…”Herbert si voltò nuovamente verso il bancone, dove l’assassino aveva appena fatto una battuta a giudicare dalla risata della giovane bionda.
“Va bene, va bene! Hai vinto, mister sono-un-poliziotto-migliore-di-te! Qual è il piano?”
“Il piano?” disse Herbert mentre si alzava dalla sedia “Chi ha bisogno di un piano?”
Angelique si stava godendo la compagnia di quello straniero: nonostante fosse un perfetto sconosciuto, era affabile, gentile e anche spiritoso, tutto il contrario di quello scorbutico di prima che, a proposito si era finalmente alzato da quella sedia e veniva verso di lei… Cosa aveva intenzione di fare?
“Hei tu!” disse Herbert a voce alta. Il tipo con gli occhiali da sole si girò lentamente. “Sì, sto parlando proprio con te! Ridammi la mia ragazza!”
Quattro persone ebbero una sola parola in mente: “Ragazza?”
“Come ti permetti?” rispose Angelique, piena di rabbia
“Cosa vorresti dire?” aggiunse Martin
“E questa bella donna” disse il killer con un sorriso di scherno “sarebbe tua?”, dopodiché rise di gusto
“Beh, non esattamente, ma…”
“Allora non scocciarci, cane!”
‘Ti ho in pugno!’ pensò Herbert “Scusa, se ti do tanto disturbo, perché non te ne vai?”
Il killer rimase con un sorriso piuttosto inquietante sulla faccia “Ma certo… Andiamo, bellezza” disse e, messo un braccio attorno alla vita della ragazza bionda, fece per uscire ma Angelique lo bloccò “Scusa, cosa hai intenzione di fare?”
“Oh, è vero! Che sciocco che sono… Devo aspettare ancora…”Guardò l’orologio che aveva al polso “venti secondi più o meno, prima di potermene andare…”
“Aspettare ancora… cosa intendi dire?”
Finita la frase, Herbert vide l’americana vacillare leggermente, quasi come se stesse per perdere conoscenza, ma era ancora in grado di camminare, perché seguì il killer mentre usciva di fretta dal bar
“Fermo!” urlò Martin che si gettò dietro all’uomo con gli occhiali da sole, seguito a ruota da Herbert e dalla poliziotta.
Quando il fratello della ragazza fu a meno di un metro di distanza dal killer, questo si girò puntando alla gola della ragazza un coltello “Fermo lì, cane!”.
Vedendo l’arma, anche Herbert si fermò e alzò le braccia “Ehiehiehi, calmi qui…”
“Io sono calmissimo…” rispose l’assassino e, dopo essersi girato verso la giovane che teneva con il braccio libero, aggiunse “Mi pare che anche lei stia bene, non trovate?” e spostò una ciocca di capello con la punta della lama.
“Lurido pezzo di…” iniziò Martin mentre stava per fare un passo nella direzione di sua sorella, ma vide l’arma puntata di nuovo addosso alla sorella e si dovette fermare.
“Ora mi lascerete andare in compagnia di questa bella signora… dico bene?” disse il killer iniziando ad indietreggiare, incurante delle persone che assistevano alla scena
“Altrimenti?”
La voce della poliziotta sorprese Herbert: si era dimenticato della sua presenza. La vide spuntare da dietro con la pistola puntata alla testa del killer
“Altrimenti questa ragazza non farà una bella fine…” disse con un sorriso spaventoso sulle labbra. Herbert, il cui sguardo balenava dalla poliziotta all’assassino, vide il killer cambiare espressione, prima sorpreso, poi compiaciuto “Ah… sai, tu assomigli molto ad una bambina che ho incontrato qualche tempo fa…”
“Sta’ zitto…” intimò la poliziotta stringendo di più la pistola
“Sì, devi essere parente di quella bella bambina… di quella bambina con quei capelli così… così…” e tirò un sospiro di piacere che sembrava legato ad un esperienza passata
“STA’ ZITTO!” urlò la poliziotta i cui occhi, notò Herbert, erano pieni di lacrime
“Starò zitto, starò zitto…” il killer si girò verso il suo ostaggio “Sarà qualcun altro che urlerà, oggi…”
“Non ci provare nemmeno!” disse Martin prima di lanciarsi contro l’assassino. Arrivò vicinissimo, prima di essere fermato da qualcosa di duro e piccolo. Non sentì subito il bruciore, ma sentì la maglietta che si inzuppava di qualcosa che proveniva dal suo corpo che non riuscì ad identificare perché venne buttato a terra con un movimento del braccio del killer che estrasse la lama dal corpo mentre questo stava cadendo.
“Qualcun altro?” disse beffardo rivolgendosi alle facce sconvolte di Herbert e della poliziotta. Quest’ultima abbassò l’arma mentre guardava il corpo del giovane a terra, mentre il sangue cominciava a macchiare la piazza. Questa mossa consentì al killer di guadagnare qualche metro in direzione della fontana, continuando a guardare la poliziotta.
“Herbert”
“Uh?” disse il giovane girandosi
“Sei ancora convinto che sparare sia la cosa meno indicata da fare?”
“Cosa stai dicendo?”
“Dimmi se non devo sparare, ora”
“Puoi sparare, ma è troppo lontano e non so se sia prudente…”
“Allora posso sparare o no?”
“Sì, ma…”
“SÌ O NO?”
“SÌ!!!”
BANG.
Un cappello pieno di ciliege, di Oriana Fallaci
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Avevo iniziato a leggere questo libro molti anni fa e non ero riuscita a
superare le prime dieci pagine. Adesso, forse complice un’età più avanzata
e un...
3 mesi fa
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