mercoledì 2 giugno 2010

Risvegli - Secondo Risveglio

Secondo Risveglio

Mi sento in un lago nero, dove tutto echeggia nel nulla. L’atmosfera ovattata intorno ha qualcosa di irreale. Sto sognando... mi dico, ma non so se mi sto creando un’illusione di realtà per qualcosa che di reale ha ben poco. Sento le orecchie tappate come quando andavo sott’acqua. Che bel ricordo... ma ricordo di che? E di quale tempo o vita parlo? Il mio viso piano piano attraversa la superficie dell’acqua, scivola all’interno del liquido che sopra di me si ricompone intatto, come se mai avessi osato fenderlo con il mio corpo. Strano ricordare queste sensazioni, ora che non provo nulla.

Strano il ricordo della pelle che presto intorpidisce al freddo dell’acqua, anche in piena estate, e raggrinzisce a buccia d’arancia intorno al corpo che nuota in quell’atmosfera ovattata, con i suoni che echeggiano indistinti e le luci che si diffondono incerte, spandendosi senza una forma definita. Forse lo ricordo perchè è quello che sto provando ora. Il fluttuare libero di un pensiero, in qualche luogo, in qualche tempo.

All’improvviso una musica mi raggiunge. Un battito che sembra di un cuore umano, inizialmente. Forse è questo che percepiscono i bambini quando sono nel ventre della madre? Dovrei provare rabbia di fronte a questo mistero che non capisco, ma la curiosità mi solletica e sono pronta ad aspettare ciò che verrà.

La musica aumenta, ecco... comincio a distinguerne le melodie. Sembrano quasi più musiche insieme... le note sono familiari, ma non associo nulla di significativo. E’ solo un’essenza fugace delle note di un tempo.Vorrei canticchiarle ma non so come, perchè la mia bocca non mi risponde e nemmeno le mie mani immobili possono accompagnarne il ritmo tamburellando sulla superficie dove immagino siano appoggiate.

Un’intuizione mi sorprende. Non sento più le mie palpebre come saracinesche. Le sento più leggere... in un altro risveglio non le percepivo. Invece adesso sento che se forzassi un po’ potrebbero cedere. Così ci provo, impegno tutto il pensiero – ed io mi sento solo pensiero in questo momento – per forzare quella pelle sopra i miei occhi e scoprire cosa c’è al di là. Sento le forze che si radunano lì dove sono gli occhi. Non so se concentrarmi su un occhio soltanto o se concentrarmi su quel punto al di sopra del naso, tra le sopracciglia, per spingere via entrambe le palpebre. Scelgo di fare così, sento le sopracciglia aggrottarsi: è il primo pezzo del mio corpo che riesco a sentire come mio e a comandare. Il cervello riesce a riattivare qualcuno dei nervi e a condurre lentamente uno stimolo verso la periferia. Sento bruciare forse nel punto esatto della corteccia cerebrale dove sta nascendo lo stimolo, sento il gocciolio di quello stimolo attraverso i nervi, sento la vibrazione che attraversa la testa e giunge lì, perfetta, al crocevia dove poi si dirama su quelle coperte di pelle che mi oscurano gli occhi.

Evviva! Sono riuscita a sollevarle di un millimetro, forse, ma basta così: per oggi ho il mio successo da festeggiare. Sono curiosamente attaccata a quel millimetro di luce che vedo al di là della mia anima e cerco di spingere contro quella fessura per uscire dal vuoto dove mi sento.

Lo sforzo è stato più pesante del previsto. Non riesco più a tenere aperte quelle piccole porticine e mi lascio andare, accasciandomi nel vuoto che mi raccoglie e lì mi accuccio come un neonato sulla pancia di sua madre.

(continua)

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