Primo Risveglio
Ero immersa in un buio ed un silenzio profondi, quando un bagliore folgorante penetrò la mia oscurità e d’istinto strinsi gli occhi o pensai di farlo. Subito dopo mi raggiunse l’eco di voci lontane che parlottavano tra di loro e sembrava dicessero “Si sta svegliando...”. Sembrava parlassero di me, ma non ne capivo il motivo. Non riconoscevo il timbro di quelle voci, voci di adulti miste a voci di ragazzi o di bambini. Mi domandavo se fossero persone che mi conoscevano e volevano bene, che erano preoccupate per me. Era tutto come distante, lontano da me, come se non mi appartenesse nè quella luce, nè quelle voci..
Io avrei voluto aprire gli occhi e guardare ciò che mi circondava, ma due cose me lo impedivano: la pesantezza delle mie palpebre, paragonabili a due saracinesche d’acciaio, e l’incosistenza delle mie mani. A pensarci bene non erano solo le mie mani o le mie palpebre. Tutto il mio corpo mi era estraneo. Sentivo solo il mio pensiero vagare in un posto che non avrei saputo definire, sbattere su quelle pareti impercettibili e rimbalzare da un’altra parte confuso. In più, c’era qualcosa di indefinibile in quel vuoto, che mi trascinava nella direzione opposta alle luci e ai suoni, quasi fosse geloso o impaurito che io potessi all’improvviso scappar via e non appartenergli più.
D’un tratto una domanda attraversò la mia mente: sono morta?
Così, lentamente cercai di percepire qualcosa d’altro di me che non fosse l’anima pensante.
Stavo respirando? Potevo parlare? Nulla.
Non sentivo il mio petto nè battere, nè fremere del suo respiro.
Non sentivo neanche la saliva in bocca, non sapevo se potevo deglutire, mangiare o parlare.
Gli arti non rispondevano.
Nessuna parte del corpo rispondeva, ma allora, io dove ero e soprattutto come ero arrivata lì?
Ricordavo che in alcuni libri che parlano della morte si raffigura questo passaggio con l’anima che lentamente si distacca dal suo corpo, gli fluttua sopra e osserva dall’alto la gente che gli si affanna attorno per rianimarlo o piangerlo. Molti di quei testi parlavano di una luce alla fine di un corridoio buio, ma io non sentivo nè vedevo nulla di tutto questo. Dovevo dedurre quindi che non ero morta?
Quando la luce nel buio perse la sua consistenza e le voci si allontanarono, decisi che forse non era nè il tempo nè il luogo per trovare una risposta alle mie domande e così, credo, ripiombai nel buio di un posto dal quale qualcuno, per qualche motivo, aveva cercato di scuotermi.
(continua)
Un cappello pieno di ciliege, di Oriana Fallaci
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Avevo iniziato a leggere questo libro molti anni fa e non ero riuscita a
superare le prime dieci pagine. Adesso, forse complice un’età più avanzata
e un...
3 mesi fa
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