JILIEN
Seconda Parte
-E ti giuro, aveva una coda!-
-Ma non dire scempiaggini…-
-Mi ci giocherei la casa, quel ladro aveva una coda!-
Jilien sorrise mentre si portava alla bocca il boccale di birra che teneva in mano. Aveva fatto bene a scegliere il tavolo nell’angolo perché quelli al centro erano spesso occupati da gente che si divertiva a raccontare i propri aneddoti, spesso gonfiandoli, specie quando beveva un po’ e quella sera non era un eccezione. Inoltre la posizione del tavolo le forniva un ottima postazione dalla quale poteva osservare tutte le facce presenti nel locale, a partire dagli avventori seduti ai tavoli, per poi passare all’oste, un signore di mezza età con una pancia da birra incredibilmente grossa che gestiva il locale da che ci si ricordi, e finire con coloro che entravano mano a mano nella grande stanza illuminata dal camino vicino al tavolo al quale si era seduta. Jilien finì il boccale in poche sorsate e dopo essersi pulita la bocca con la manica, si alzò e si diresse verso le scale che portavano al piano superiore, quello riservato alle camere da letto.
Salendo le scale, urtò distrattamente qualcuno -Mi scusi…- disse ma quella persona girò solamente la testa per fissare la ragazza negli occhi con uno sguardo di ghiaccio prima di continuare a scendere le scale: a Jilien quel secondo parve essere il più lungo della sua vita, ma non sapeva se era più per la paura che incuteva o per lo sguardo che le aveva rivolto, uno sguardo che, era pronta a giurarlo, aveva già visto prima, ma a cui non diede troppa importanza: un sacco di brutti ceffi bazzicavano le taverne come quella in cui era.
Continuò a salire le scale e percorse il corridoio che si trovò davanti per metà della sua lunghezza, fino ad arrivare alla porta della sua stanza, aprì la porta con la chiave ed entrò nel suo piccolo rifugio.
Per l’affitto che pagava e per le sue esigenze, quella stanza per una sola persona era più che sufficiente, con tutto il necessario, almeno per lei: un letto, un piccolo mobile dove riporre i vestiti o le poche cosa che aveva, un bagno e una finestra che dava una fantastica vista sulla strada maestra. Una volta essersi assicurata che la porta fosse ben chiusa, Jilien appoggiò la borsa ai piedi del letto e si buttò su materasso di schiena a braccia aperte, tirando un grosso sospiro per liberarsi delle emozioni di quella breve giornata.
Quel momento della giornata era il suo preferito: prima di prepararsi per la notte, infatti, Jilien lasciava libera la sua mente in modo da poter fare un quadro della giornata e, se ne aveva voglia, un piccolo riassunto della sua vita.
Questa era una di quelle giornate in cui gli eventi accaduti erano troppo simili ad altri già vissuti e per questo motivo si trovò a fluttuare in uno stato di dormiveglia in cui ripensava a tutto ciò che le era capitato nella sua giovane vita, a partire dai suoi primi ricordi.
Ciò che sentiva di più erano risate. Risate che però non erano sue né tantomeno familiari, risate che non erano di gusto, ma di disprezzo. Provava una tristezza incredibile ogni volta che la sua mente tornava a quei primi anni di vita, ma era fermamente convinta che ci fosse un buon motivo perché lei era l’unica a non ridere tra tutte quelle persone: il motivo lo realizzò qualche anno dopo quando, durante la pubertà, si rese conto che ciò che per lei era naturale, non lo era per gli altri.
Jilien decise di “saltare” questi ricordi: aveva avuto una giornata abbastanza pesante e ricordare come i suoi primi amori si erano distrutti non era proprio una bella prospettiva, così ripensò a come aveva iniziato quella sua vita da fuggiasca, sempre in movimento, riuscendo a sopravvivere cogliendo un venditore distratto o un carretto incustodito. Di certo la sua fisionomia l’aveva aiutata e non poco in queste sue operazioni illegali: grazie ad una incredibile forza e un agilità sovrannaturale, riusciva quasi sempre a farla franca e se veniva colta in flagrante… beh, sapeva come difendersi, come avevano potuto constatare le due guardie di quel giorno. Ripensando alla faccia della guardia più giovane si lasciò scappare una risata divertita che segnò la fine del suo momento di riflessione.
Decise che prima di andare a dormire sarebbe stato utile un bagno caldo, così si diresse verso il bagno, sperando che l’acqua fosse già pronta, in modo da poter lavarsi senza dover aspettare. Entrando nel piccolo bagno della stanza sentì un piacevole calore e una forte umidità: segni di una vasca piena d’acqua calda che stava aspettando solo lei. Si spogliò in pochi, rapidi gesti e si immerse nell’acqua fumante lasciando fuori solo la testa. Chiuse gli occhi e rimase lì a riposare, senza pensare a nulla finché non le venne in mente di nuovo quel tipo che aveva incrociato sulle scale: poteva giurare di averlo già visto… ma dove?
Continua...
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2 anni fa
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