Quinto Vagone
Lasciammo Mc Donald's verso le sette e mezza. Le chiesi se voleva un gelato e senza nemmeno aspettare una risposta iniziai a dirigermi verso la prima gelateria a portata di mano. Non avevo previsto di passare lì più di dieci minuti per scegliere tre gusti, uno per pallina, scoprendo alla fine che Airis era una golosastra di cioccolata: nutella, cioccolato fondente e cioccolato bianco. La commessa mi guardò e aggiunse panna, praline e cioccolata fusa senza farmi pagare la differenza o chiedere a lei se poteva farlo.
Ci sedemmo su una panchina sistemata per i clienti appena fuori dalla gelateria.
La guardavo incantata. Ho sempre avuto una certa curiosità verso questi mondi femminili in miniatura, nonostante avessi sempre desiderato dei figli maschi, forse perchè mi riagganciavano alla mia infanzia ed alla mia adolescenza o perchè in qualche modo mi facevano sentire addosso lo scampato pericolo di un continuo confronto generazionale con una persona del mio sesso: si sa, la mamma è adorata dai maschi ed è in conflitto con le femmine, almeno ad una certa età. La guardavo e pensavo come sarebbe stato avere una figlia femmina invece di due maschi. Giocavo ad immaginare come sarebbe stato il mio rapporto con Airis a quell’età e come sarebbe cambiato nel tempo, quando avrebbe attraversato quel confine sottile e labile che si chiama adolescenza, quando sarebbe diventata donna, sposa, moglie e madre.
Airis mi sorprese così d'un colpo mentre ero assorta in questi pensieri, quando mi domandò:
"E se non tornassi più al campo? Mi terresti con te?"
Non sapevo cosa risponderle: non puoi rispondere d'istinto alle domandi importanti, perchè un bambino ricorda le tue affermazioni e le tue promesse ed è pronto a rinfacciartele quando meno te le aspetti. La risposta che si aspettava non potevo dargliela, ma non potevo nemmeno ferirla dicendole un secco 'No'. Dovevo spiegarle quello che la mia risposta significava, prima di dirle Sì o No. Ma non mi diede il tempo di pensarci e disse:
"Sì dai scherzavo, cosa vuoi? Qualche sogno devo pure averlo alla mia età giusto? Mica ho bisogno di una madre io..."
Con quella frase mi aveva rigurgitato addosso il suo mondo, la sua sofferenza ed i suoi desideri, senza che io potessi fare nulla. Istintivamente l'abbracciai senza parlare, la strinsi al mio seno e le baciai la testa. Poi le parlai con l'unico soffio di voce che usciva dalla mia gola zuppa di lacrime: "Ascolta, il mondo degli adulti non è semplice come il mondo dei bambini. Non c'è solo il bianco e il nero. Esiste una infinita gamma di grigi che imparerai a conoscere con il tempo. E ci sono tante leggi che bisogna rispettare: i genitori non si possono scegliere. E nemmeno i figli. Io non posso prendere questa decisione da sola. Non ci siamo solo io o te.." Solo allora la guardai, prendendole il mento tra le mani e sollevandolo per darle un bacio. Solo allora mi accorsi che piangeva, che due fiumi di lacrime le stavano solcando il viso. Dio mio, quanto dolore nascondeva quel piccolo cuore!
“Bastava dirlo che non mi vuoi. Non girare intorno con le parole... Tanto non ho bisogno di te, sai?” urlò.
“Airis, non reagire così. Ascolta: le cose belle non sono mai semplici. Ricordalo. Io ho una famiglia e tu ne hai un’altra. Io non posso decidere quello che tu mi chiedi senza sentire mio marito ed i miei figli, nè tu puoi decidere davvero di cambiare la tua vita senza ascoltare tua madre ed il resto della tua famiglia. La legge dello Stato ce lo impedisce, ma prima di essa la legge del cuore, capisci?”
“Sì, non mi vuoi”
“Airis Airis non capire solo quello che vuoi. A dieci anni alcune cose puoi capirle benissimo, non giocare a nasconderti. Intanto facciamo amicizia. Ci possiamo vedere quando vogliamo io e te, giusto? O meglio... tu puoi cercarmi quando vuoi, sai dove lavoro e ti posso lasciare il mio telefono se vuoi chiamarmi. Hai un telefono dal quale chiamare?”
“Sì, posso trovarlo, ma tanto non ti chiamo”
“Ascolta, diventiamo prima amiche io e te. Poi un giorno, se vorrai, mi potrai presentare a tua madre. Se non hai voglia di stare al campo, nel frattempo posso cercare se c’è un modo per farti uscire, ma ora è troppo presto per parlarne. Ti sta bene, piccola?”
“Sì...”
“Perchè non vuoi tornare al campo?”
“Ho voglia di studiare, di imparare tante cose. Invece da noi ti mandano a scuola solo qualche anno perchè poi devi sposarti. Io non voglio questa vita. Voglio essere come quelle persone sul metrò. A me piacerebbe fare come te, andare a lavorare, guadagnare i miei soldi, essere libera, girare.”
“Tua madre cosa ne pensa?”
“Mia madre non conta. Lei è stata cacciata perchè si è innamorata di un uomo che non era mio padre e queste cose non sono ammesse. Io però la capisco, lei me lo ha spiegato. Quando era giovane suo padre l’aveva promessa a mio padre, un uomo molto potente, che lei non amava. Ha avuto me, ha cercato di restargli accanto, finchè un giorno si è innamorata di un gagé e quando mio padre lo ha scoperto l’ha cacciata.”
“Chi è un gagè? Hai chiamato anche me così prima”
“Una persona come te, che non è rom, che non è zingaro”
“E dove vive tua madre ora?”
“Vive con lui. Il giorno che era andata via mi aveva promesso che prima o poi mi avrebbe portata via dal campo. Poi l’ultima volta che l’ho vista mi ha detto che non poteva più farlo, perchè aspetta un figlio dal gagé e mio padre l’ha minacciata.”
“Ma non ami tuo padre?”
“Mio padre? Mio padre ha occhi solo per i miei fratelli. Non vede l’ora di farmi sposare, così vado via di casa. Mi ha già detto chi sarà mio marito. E’ un uomo grande. Io non voglio. Devo andare via prima...”
Quanta rabbia saliva dentro di me, mista a lacrime che premevano per uscire. Ma dovevo resistere, non potevo piangere davanti a lei. Dovevo solo raccogliere il suo pianto e darle la forza per tornare lì dove il destino l’aveva fatta nascere.
(continua)
Un cappello pieno di ciliege, di Oriana Fallaci
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Avevo iniziato a leggere questo libro molti anni fa e non ero riuscita a
superare le prime dieci pagine. Adesso, forse complice un’età più avanzata
e un...
5 mesi fa
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