IERI
La tizia al bancone è robusta e ha le guance rubizze. Fa finta di prestarvi attenzione mentre una bambina le corre intorno in quella che sembra essere una versione accelerata della danza indiana della tortura.
“Oh, Rachael, nel nome di Dio!”, esclama disperata la donna mentre vi restituisce i documenti. Sorride, come alla ricerca di una comprensione che voi, che ai suoi occhi non siete molto più grandi di Rachael, evidentemente non potete darle.
“Sapete, fa così quando vede gente nuova. Da queste parti non se ne vede molta”.
Tu annuisci. In realtà ne sei abbastanza sorpreso, considerando quanto Two Pines sia vicino a Bryce Canyon. Preferisci non indagare, anche perché il tuo inglese è buono ma non tanto da consentirti una conversazione articolata sulla stagionalità del turismo nello stato dello Utah ed in particolare nella contea di Garfield.
“Non c’è problema, signora”, rispondi ritirando i documenti di entrambi. “Ci piacciono i bambini”.
Come no.
Tantissimo, specialmente a te. Te lo vedi, un piccolo demonio grassottello che ha deciso di scoprire il punto esatto di rottura dei tuoi preziosi dischi in vinile non prima di averne divelto le copertine. Sicuro, come no.
“Siete sposati?”, chiede lei, garrula.
Sara ti sta fulminando con lo sguardo. Detesta questo tuo bisogno spasmodico di interazione con gli sconosciuti. Devi averlo ereditato da tuo nonno. E’ l’unica persona che entrambi conosciate che riesce ad annoiare i testimoni di Geova.
“Beh, ecco… No, siamo… Lei è la mia ragazza”. Non ti volti a guardare Sara perché non hai idea di come avrebbe definito la cosa. Insomma, non ti sembra il caso di indagare quali sottigliezze lessicali possano separare i concetti di girlfriend, fiancée oppure gli usi impropri del verbo to be engaged.
La donna al bancone annuisce, anche se noti una sfumatura di velata disapprovazione nel suo sguardo. In questo stato sono parecchio religiosi, rammenti. Non saresti stupito se vi considerasse due peccaminosi fornicatori che meritano di provare sulla loro tenera carne il morso purificatore della Fiamma Eterna.
“Ho bisogno di andare in bagno”, sibila Sara, in italiano. “Possiamo tagliare corto, santo Dio?”
Le rispondi di sì con un cenno del capo e ritiri la chiave che la madre della piccola ti sta passando. 221.
Cristo. Secondo piano. Il che significa dover fare le scale trascinandosi su borsoni, macchine fotografiche e binocoli.
“Buona permanenza a Two Pines, ragazzi”, dice la donna.
La porta si chiude alle vostre spalle prima che una qualsiasi risposta possa raggiungerla.
Fornicatori e maleducati, pensi. Condannati senz’appello, non c’è dubbio.
“Beh, non è male, no?”, dici mentre lasci andare il borsone dell’Adidas sulla moquette. Preferisci non fare caso alla nuvola di polvere che si alza non appena la sacca tocca terra. Te ne accorgerai sicuramente stanotte, quando la tua lieve forma di allergia tornerà a farsi sentire. A spese di Sara, soprattutto.
“Carino”, dice Sara, proseguendo quasi di corsa verso il bagno. Ti sembra la versione in carne e ossa di quel personaggio dei fumetti, Flash. Quello vestito di rosso che si lasciava dietro la scia quando correva “più veloce della luce”.
Rifletti un secondo. Forse quello che andava più veloce della luce era Superman.
Scrolli le spalle e ti butti sul letto a braccia spalancate.
Sei a milioni di miglia da casa, sei con la donna che ti trova sufficientemente interessante da passare il novantacinque per cento del suo tempo libero conte, sei negli Stati Uniti e sei completamente rilassato, nonostante tu abbia perso il conto delle miglia che hai macinato da questa mattina.
Senti Sara che tira lo sciacquone. Poco dopo, senti l’acqua scorrere nel lavandino.
Chiudi gli occhi e assapori la sensazione del tuo corpo che sembra quasi espandersi in tutte le direzioni.
Un camion passa sulla I-15 in direzione est suonando il clacson.
“Stanco?”, ti chiede Sara.
Scuoti la testa e mugugni. “No”, rispondi. “Anzi, sono sorprendentemente rilassato. E tu?”
Sara si sfila la maglietta e la butta sul suo lato del letto – quello sinistro, senza possibilità di appello. Persino lasciandoti cadere a peso morto sul materasso, istintivamente ti sei ritirato nella metà destra, lasciandole campo libero. Noti la curva dei suoi seni e non puoi non pensare che sono bellissimi. Che lei è bellissima. Avverti il desiderio, ma non ti muovi. Preferisci rimanere a guardarla così, a seno nudo come un’amazzone mentre il rosso del tramonto le fa scintillare gli occhi.
“Mi farei volentieri una dormita”, risponde. Inizia a tormentarsi una ciocca di capelli, neri contro le sue dita pallide. “Anche se sospetto che stasera non ci sarà molta vita da queste parti, per cui penso che andremo a letto presto”.
Sorridi. “Il che significa che non dormiremo”.
Ride e si siede di fianco a te. Senti il suo profumo, esaltato da una sfumatura più intensa anche se quasi impercettibile – quella del suo sudore. “Il solito maiale”.
“Sono innocente, vostro onore. Si è presentata seminuda nel mio letto… Come potevo resisterle?”, dici.
“Sono i dettagli piccanti con cui cerchi di ravvivare l’insipida cronaca locale di quel fogliaccio per il quale lavori?”, ribatte Sara, avvicinandosi per baciarti.
“E’ un grande giornale”, dici prima di chiuderle le labbra con le tue. “E io sono il miglior giornalista che abbiano mai avuto”.
La tizia al bancone è robusta e ha le guance rubizze. Fa finta di prestarvi attenzione mentre una bambina le corre intorno in quella che sembra essere una versione accelerata della danza indiana della tortura.
“Oh, Rachael, nel nome di Dio!”, esclama disperata la donna mentre vi restituisce i documenti. Sorride, come alla ricerca di una comprensione che voi, che ai suoi occhi non siete molto più grandi di Rachael, evidentemente non potete darle.
“Sapete, fa così quando vede gente nuova. Da queste parti non se ne vede molta”.
Tu annuisci. In realtà ne sei abbastanza sorpreso, considerando quanto Two Pines sia vicino a Bryce Canyon. Preferisci non indagare, anche perché il tuo inglese è buono ma non tanto da consentirti una conversazione articolata sulla stagionalità del turismo nello stato dello Utah ed in particolare nella contea di Garfield.
“Non c’è problema, signora”, rispondi ritirando i documenti di entrambi. “Ci piacciono i bambini”.
Come no.
Tantissimo, specialmente a te. Te lo vedi, un piccolo demonio grassottello che ha deciso di scoprire il punto esatto di rottura dei tuoi preziosi dischi in vinile non prima di averne divelto le copertine. Sicuro, come no.
“Siete sposati?”, chiede lei, garrula.
Sara ti sta fulminando con lo sguardo. Detesta questo tuo bisogno spasmodico di interazione con gli sconosciuti. Devi averlo ereditato da tuo nonno. E’ l’unica persona che entrambi conosciate che riesce ad annoiare i testimoni di Geova.
“Beh, ecco… No, siamo… Lei è la mia ragazza”. Non ti volti a guardare Sara perché non hai idea di come avrebbe definito la cosa. Insomma, non ti sembra il caso di indagare quali sottigliezze lessicali possano separare i concetti di girlfriend, fiancée oppure gli usi impropri del verbo to be engaged.
La donna al bancone annuisce, anche se noti una sfumatura di velata disapprovazione nel suo sguardo. In questo stato sono parecchio religiosi, rammenti. Non saresti stupito se vi considerasse due peccaminosi fornicatori che meritano di provare sulla loro tenera carne il morso purificatore della Fiamma Eterna.
“Ho bisogno di andare in bagno”, sibila Sara, in italiano. “Possiamo tagliare corto, santo Dio?”
Le rispondi di sì con un cenno del capo e ritiri la chiave che la madre della piccola ti sta passando. 221.
Cristo. Secondo piano. Il che significa dover fare le scale trascinandosi su borsoni, macchine fotografiche e binocoli.
“Buona permanenza a Two Pines, ragazzi”, dice la donna.
La porta si chiude alle vostre spalle prima che una qualsiasi risposta possa raggiungerla.
Fornicatori e maleducati, pensi. Condannati senz’appello, non c’è dubbio.
“Beh, non è male, no?”, dici mentre lasci andare il borsone dell’Adidas sulla moquette. Preferisci non fare caso alla nuvola di polvere che si alza non appena la sacca tocca terra. Te ne accorgerai sicuramente stanotte, quando la tua lieve forma di allergia tornerà a farsi sentire. A spese di Sara, soprattutto.
“Carino”, dice Sara, proseguendo quasi di corsa verso il bagno. Ti sembra la versione in carne e ossa di quel personaggio dei fumetti, Flash. Quello vestito di rosso che si lasciava dietro la scia quando correva “più veloce della luce”.
Rifletti un secondo. Forse quello che andava più veloce della luce era Superman.
Scrolli le spalle e ti butti sul letto a braccia spalancate.
Sei a milioni di miglia da casa, sei con la donna che ti trova sufficientemente interessante da passare il novantacinque per cento del suo tempo libero conte, sei negli Stati Uniti e sei completamente rilassato, nonostante tu abbia perso il conto delle miglia che hai macinato da questa mattina.
Senti Sara che tira lo sciacquone. Poco dopo, senti l’acqua scorrere nel lavandino.
Chiudi gli occhi e assapori la sensazione del tuo corpo che sembra quasi espandersi in tutte le direzioni.
Un camion passa sulla I-15 in direzione est suonando il clacson.
“Stanco?”, ti chiede Sara.
Scuoti la testa e mugugni. “No”, rispondi. “Anzi, sono sorprendentemente rilassato. E tu?”
Sara si sfila la maglietta e la butta sul suo lato del letto – quello sinistro, senza possibilità di appello. Persino lasciandoti cadere a peso morto sul materasso, istintivamente ti sei ritirato nella metà destra, lasciandole campo libero. Noti la curva dei suoi seni e non puoi non pensare che sono bellissimi. Che lei è bellissima. Avverti il desiderio, ma non ti muovi. Preferisci rimanere a guardarla così, a seno nudo come un’amazzone mentre il rosso del tramonto le fa scintillare gli occhi.
“Mi farei volentieri una dormita”, risponde. Inizia a tormentarsi una ciocca di capelli, neri contro le sue dita pallide. “Anche se sospetto che stasera non ci sarà molta vita da queste parti, per cui penso che andremo a letto presto”.
Sorridi. “Il che significa che non dormiremo”.
Ride e si siede di fianco a te. Senti il suo profumo, esaltato da una sfumatura più intensa anche se quasi impercettibile – quella del suo sudore. “Il solito maiale”.
“Sono innocente, vostro onore. Si è presentata seminuda nel mio letto… Come potevo resisterle?”, dici.
“Sono i dettagli piccanti con cui cerchi di ravvivare l’insipida cronaca locale di quel fogliaccio per il quale lavori?”, ribatte Sara, avvicinandosi per baciarti.
“E’ un grande giornale”, dici prima di chiuderle le labbra con le tue. “E io sono il miglior giornalista che abbiano mai avuto”.
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