martedì 21 giugno 2011

Roxen - Cap. 7

Lanciò un'imprecazione e corse verso la porta aperta. Uscì di fretta, inseguendo un'ombra, l'ombra di una persona che l'aveva appena derubato.

Si ritrovò in strada, fissando prima da una e poi dall’altra parte, ma nessuna delle decine di persone che affollavano la via era quella che serviva a lui. Si passò le mani tra i capelli lanciando altre tre o quattro maledizioni e tornò in casa sua.

Ok, aveva trovato quel passaporto. Il nome gli era familiare, ma al momento non diceva niente di utile.

Sapeva che era fondamentale per quel lavoro, sapeva che la donna, la proprietaria di quel documento era in qualche modo la chiave… Ma non riusciva proprio a ricordare il perché.

Tornato in casa si lasciò cadere sul divano e con la testa tra le mani cominciò a pensare e ripensare. Roxen…

Stefano, in una macchina dai vetri oscurati, stringeva il passaporto e respirava ansimando.

- Non ho più l’età per certe follie da film. – disse al ragazzo seduto al posto del conducente. L’altro annuì, continuando a fissare la strada. Stefano finalmente ricominciò a respirare normalmente e si mise a studiare il documento, confrontandolo con un altro.

- Un ottimo lavoro, non c’è che dire. Mi complimento con te, Javier. E io che nemmeno volevo portarti qui in Italia. Ah! Ci vorrebbero più sudamericani esperti di contraffazione, credimi. –

“Certo, così sarebbe ancora più facile scaricare su di noi tutte le vostre colpe.” Pensò Javier mettendo in moto e allontanandosi da quella via.

- Ancora poche ore e finalmente Roxen smetterà di esistere. Ed eccola rimpiazzata da Rosa Bartoli. Nessuna traccia di Roxen, nessuna traccia di me. Giusto Javi? –

- Si signore. – “E non chiamarmi mai più Javi, se non vuoi che ti stampi la faccia nel vetro, idiota.”

Javier guidava un po’ più veloce del consentito, muovendosi agilmente tra le strade siccome era talmente abituato a quella strada da poterla fare bendato.

Roxen. Perché proprio Roxen? Tra tutte le persone che poteva scegliere, Stefano aveva scelto di far sparire lei.

Voleva eliminarla dalle carte, fare in modo che lei non fosse mai esistita, che non avesse mai lavorato per lui. Nascondeva qualcosa, Stefano, qualcosa che non veniva a galla nemmeno nei numerosi momenti in cui l’alcol prendeva il sopravvento sulla sua ragione. E Javier sapeva che erano davvero numerosi.

Ma ora, guidando per le strade piene di gente, poteva pensare solo a Roxen e al rischio che aveva corso nel lasciarle quel biglietto in ospedale, nella stessa stanza dove poco dopo sarebbe entrato Stefano.

Ripensò anche al loro incontro. O meglio, a quando lui aveva incontrato lei in ufficio. Lei gli aveva rivolto il suo solito, gentile, fantastico sorriso, aveva scambiato con lui qualche parola in spagnolo e poi era stata trascinata via da Stefano, lasciando Javier solo con la borsa di lei. E darle quella piccola meraviglia tecnologica era stato l’inizio della silenziosa custodia su Roxen. Javier sapeva che lei era l’obiettivo. Non sapeva il perché, ma era determinato ad impedire che le accadesse qualsiasi cosa.

- Javi, che ne dici se allunghiamo un po’ il giro? Magari se passiamo prima dall’ufficio riesco a iniziare a sistemare queste noiose faccende riguardo la cara Roxen. – Javier sentì un brivido.

- Scusi se mi permetto, ma cosa sta succedendo alla signorina Burlington? Perché è così determinato a farla sparire, da un giorno all’altro? –

Stefano piegò la testa all’indietro e rise fragorosamente.

- Davvero credi di poterci capire qualcosa? Suvvia, Javi, a malapena capisci la nostra lingua, non vorrai farmi perdere tempo a spiegarti cose del genere? Lascia stare, Javi, davvero. –

Javier strinse le mani sul volante e accelerò di scatto. Stefano sussultò e dopo qualche minuto di silenzio, borbottò appena.

- È meglio che certi collegamenti tra Roxen e il sottoscritto non vengano alla luce. –

Arrivarono all’ufficio e scesero assieme dall’auto, cominciarono a percorrere la strada verso l’edificio in silenzio, finchè Stefano con un sorriso iniziò a parlare.

- Dimmi, non è che ti interessa quella ragazza? Oh si, ti interessa. Beh sai che ti dico? Poco prima della sostituzione dell’identità me la prenderò e me la spasserò un pochino. Ovviamente tu potrai approfittarne, in fondo sei stato utile… - Javier non riuscì a fermarsi. Prima che la sua mente finisse di analizzare la frase, il suo pugno si era già abbattuto sulla mascella di Stefano.

Il capo era ora a terra, lo fissava ad occhi spalancati.

- Sei tu! Sei tu il bastardo che ho visto sparire con il chip che conteneva i documenti! La stai aiutando, venduto! Stai aiutando quella pu… - il calcio di Javier si abbatté nuovamente sulla mascella di Stefano. Il ragazzo cominciò poi a correre e comporre un numero nello stesso momento. Dall’altra parte, dopo qualche squillo, una voce conosciuta rispose.

- Roxen, ti devo parlare. Esci subito da quell’ospedale e raggiungimi a casa tua. Non c’è tempo. Non c’è più tempo, Roxen!-

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