giovedì 3 marzo 2011

Corrispondenze - Capitolo 3

“Perché la nonna? Cosa ha fatto di male la nonna? Niente ovviamente, ma perché sto mettendo in questa situazione anche lei? Non basta il dolore di quella piccola?”

I pensieri di Alexander correvano insieme al treno, correvano, si fermavano, continuavano a correre, gli saltavano addosso e poi scappavano lontano. La sua mente era decisamente altrove.

E si lasciava coinvolgere forse troppo dai suoi racconti. Insomma era solo la sua immaginazione, eppure sentiva che doveva stare con quella bambina, doveva guidarla. Aveva il potere, poteva tirare una riga sopra quei poliziotti e sostituirli con la figura confortante del nonno.

Ma non ci riusciva, non poteva farlo. I poliziotti erano li per un motivo e dovevano rimanerci.

Improvvisamente incrociò il suo stesso sguardo riflesso nel vetro del finestrino e sussultò.

Non si aspettava di trovare due occhi davanti a sé, nemmeno i suoi. Si voltò lentamente, stupito dall’improvviso silenzio. Le ragazze dormivano, tutto il treno probabilmente dormiva. E lui, all’una di notte era probabilmente l’unico sveglio a rimuginare. Non riusciva a staccare la mente, i suoi pensieri in un modo o nell’altro tornavano sempre a quella piccola figura dai grandi occhi spaventati. Fece per riaprire il suo libricino, ma una voce lo bloccò.

- Non dormi mai tu? - si voltò verso la voce e trovò Elen che lo fissava sorridendo, appoggiata sui gomiti.

- Scusa, ora spengo la luce e ti lascio dormire in pace. - rispose lui a voce bassa, staccando gli occhi da quelli della ragazza. Lei ridacchiò e si mise a sedere a gambe incrociate.

- Figurati, non è un problema. Il problema sarà resistere con ore di sonno arretrato. - lui annuì e mise da parte il suo libretto.

- Se posso chiedere… Cos’hai da scrivere tutto il tempo? - chiese con tono divertito.

- Idee, pensieri. Nulla di speciale. - “Si, idee, pensieri, ma anche emozioni, sentimenti, che diventano le emozioni e i sentimenti dei miei personaggi. Sono tutti autoritratti, ma con volti e storie diverse. Io sono i miei personaggi, sono loro. Ma questo non ho il coraggio di ammetterlo ad alta voce. E mi sento stupido anche a pensare da solo.”

- Scrittore? - chiese lei sorridendo.

- Ci provo. - rispose Alexander portando di nuovo lo sguardo fuori dal finestrino.

- E che scrivi di bello? - “Ma quante domande…” sbuffò involontariamente.

- Ok, torno a dormire. - rispose rapidamente lei, rimettendosi sdraiata.

- No, scusa. È per la storia che sto cercando di scrivere. -

- Bloccato a un punto morto? -

- No. È come… è come se stessi cercando qualcosa, senza sapere cosa. È come se volessi parlare di qualcosa che continua a sfuggirmi. -

- E tu corrigli dietro. -

Corrigli dietro.


I due poliziotti improvvisamente si alzano di scatto e si avvicinano alla nonna.

- Nonna! - la piccola si mette in mezzo, cercando di fare qualcosa contro quei due uomini che sembrano intenzionati a fare del male alla sua nonna.

- Levati dai piedi. - è la dura risposta di uno dei due, accompagnata da una spinta che la manda contro lo stipite della porta. Gli occhi si riempiono di lacrime e la piccola si accuccia per terra, mentre la nonna tra urla e proteste viene trascinata fuori casa dai due. Il silenzio cala quando i tre escono dalla casa, in strada.


“Corri Emma, corri.”


La piccola si asciuga gli occhi e si rimette in piedi. Raggiunge l’ingresso con gambe tremanti e dopo essersi accertata di non essere vista dai due poliziotti comincia a correre lungo la strada.

-La bambina! Maledizione la bambina!- uno dei due si accorge della sua fuga e si mette a correre dietro a lei. Emma corre più veloce di quanto non abbia mai fatto.

Deve avvisare qualcuno, deve parlare con chi può aiutarla. E scappare a quel poliziotto che ansima dietro di lei urlando imprecazioni e insulti agli ebrei.

Perché questo odio? Perché?

Emma svolta in una strada laterale, continuando a correre più velocemente possibile e ormai è talmente affaticata da non vedere più dove va. Improvvisamente viene afferrata dalla vita e immobilizzata. L’hanno presa? È il poliziotto?

-Non urlare, fidati di me.- Una voce sussurra vicina al suo orecchio, ma l’unica cosa di cui si preoccupa ora è di ricominciare a respirare regolarmente. E poi di avvisare qualcuno.

Si abbandona tra le braccia di quella persona sconosciuta. Sente una porta chiudersi. Poi salgono le scale. Un’altra porta si apre e poi si richiude.

-Tranquilla piccola, e fidati di me.-

1 commento:

  1. Brava Makaylareed! Peccato che dovremo aspettare fino a domani per il seguito...

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