Il treno, partito alle ore 17.50 dal binario 21 della stazione Centrale di Milano continuava a percorrere la sua strada, noncurante delle risate che provenivano dalla cuccetta di Alexander.
Deborah ed Elen dimostravano di essere due ragazze molto affabili e divertenti e la loro innegabile bellezza attraeva i pensieri di Alexander, ma senza sapere come, nel profondo di se tornava ricorrente la visione di quella figura femminile, sotto la pioggia scrosciante, senza ombrello, completamente bagnata, e si rese conto con stupore che quell’immagine che prima era un po’ sbiadita nei suoi pensieri ora la poteva percepire nitidamente e non pareva più una donna ma bensì una bambina…si… una bambina.
Alexander prese dal sedile di fianco al suo il prezioso quadernetto scolorito e con la sua vecchia biro, cercò di fissare su quelle candide pagine le sensazioni che prepotenti stavano emergendo dentro di lui, prima che potessero nuovamente scivolare via.
Ormai completamente estraniato dal contesto che lo circondava, Alexander prese a scrivere di una bambina che nella sua visione pareva avere circa 8 anni.
Il suo nome era Emma.
Emma aveva frequentato la prima e la seconda elementare in una scuola pubblica del suo quartiere, era una ragazzina felice ed amatissima dalla sua famiglia.
Viveva a Milano in una bella casa della piccola borghesia insieme a suo padre ed ai suoi nonni, in quanto sua madre era morta poco dopo la sua nascita.
La famiglia di Emma era ebraica agnostica.
Un giorno suo padre, con il gelo nel cuore, dovette spiegarle che per il solo fatto di essere ebrea, non avrebbe più potuto frequentare la sua amatissima scuola.
Emma era troppo piccola per poter capire esattamente quello che intorno a lei stava accadendo, l’unica cosa che percepiva forte e chiara era di essere improvvisamente considerata diversa, anche le sue più care amiche, con le quali aveva giocato nel cortile della scuola fino a pochi giorni addietro, ora incontrandola per strada la additavano e le dicevano che non poteva più frequentare la scuola, perche’ era ebrea.
Emma non capiva e non si voleva rassegnare a quella dura realtà e così quella mattina, nonostante piovesse a dirotto, uscì di casa senza ombrello e si precipitò alla fermata del tram.
Per molto tempo rimase immobile aspettando, si, aspettando il coraggio di salire su quel tram che l’avrebbe portata alla sua vecchia scuola e dove nonostante il divieto si sarebbe voluta presentare facendo finta di nulla.
Ormai era completamente bagnata e si sorprese a pensare: “ ma cosa stò facendo’? Tanto so benissimo che non ci posso tornare, probabilmente non mi farebbero neanche avvicinare…ma perche’, perche’ questo sta accadendo proprio a me?.“
Emma scoppiò in un pianto a dirotto cercando di liberarsi da quel peso che le opprimeva il petto ma ogni sforzo fù vano e quella sensazione di malessere non l’abbandonò per lungo tempo.
Alexander non poteva smettere di scrivere, la sua mano era come fosse guidata da una forza sconosciuta…
Emma percorrendo Corso Magenta si incamminò verso casa, le fresche gocce d’acqua cadendo dal cielo bagnavano il suo volto mischiandosi alle lacrime amare che continuava a versare senza riuscire a fermarle.
Raggiunto il portone vi entrò e salì le scale fino al terzo piano, cercò di asciugarsi il viso con la manica della camicia, si sistemò i capelli e suonò il campanello.
Andò ad aprirle la nonna, il suo sorriso nel vederla non riuscì a nascondere un velo di preoccupazione, la fece entrare e le disse di andare in camera sua.
Emma percorse il lungo corridoio che la separava dalla sua stanza, passò il tinello dal quale sentì giungere delle voci che non conosceva, vide seduti al tavolo due uomini, stavano sorseggiando un caffe’, ma i loro volti non parevano molto amichevoli.
Emma raggiunse la sua camera ma dopo pochi istanti in punta di piedi si mise a sbirciare da dietro la porta del tinello e vide sua nonna consegnare qualcosa a quegli uomini, solo allora comprese che erano due poliziotti, ed erano venuti a controllare i documenti di nonna.
Fu in quel preciso istante che il sordo dolore di Emma si trasformò per la prima volta in paura.
Alexander venne colto da una forte sensazione d’ansia e così decise di abbandonare momentaneamente Emma per dedicarsi alle affascinanti compagne di viaggio che non avevano smesso un momento di parlare fra loro.
Erano ormai le 21.30 e passando per Treviso si stavano avviando verso L’Austria.
Non posso esimermi dal fare i complimenti anche a chi ha scritto questo capitolo... Brava/o Snow Flake!
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