Seconda Parte
La strada che portava in città era popolata da sparuti gruppi di uomini intenti a portare a Mohrsen merci su carri, muli o a mano. Il sole, alto nel cielo, irradiava tutta la regione con un sole tiepido, tipico delle giornate primaverili. Se si guardava in lontananza, dalla parte opposta alla città, si potevano vedere le montagne delimitanti i confini della nazione, il confine settentrionale, tanto il cielo fosse limpido. Jilien e Crystal, nelle loro divise nere, non suscitavano molta attenzione tra i passanti in quanto non diedero loro motivo per destarne. Muovendosi con passi sicuri e con il cappuccio caratteristico sul volto intimavano a tutti coloro che le guardavano rispetto e paura.
-Allora- disse ad un tratto Jilien -vuoi spiegarmi esattamente cosa dobbiamo fare?-
-Entriamo in città. Troviamo il luogo in cui il bersaglio alloggia. Studiamo un piano. Eliminiamo il bersaglio. Rientriamo alla base-
Il tono lapidario di Crystal non lasciava spazio ad una conversazione ma Jilien era in vena di parlare con colei che era stata sua maestra: -Non essere così fredda quando parli con qualcuno. Sai, non a molti potrebbe piacere un tono del genere-
Crystal non accennò ad una risposta
-Almeno raccontami un po’ di come sei entrata nella Setta… so che sei figlia del Gran Maestro, ma non mi hai mai parlato di tua madre-
Crystal si bloccò di colpo, come se fosse stata colpita da una mano invisibile. Jilien, preoccupata si mise di fronte alla compagna di viaggio e la guardò negli occhi glaciali. Due occhi di ghiaccio che, però, la guardavano senza vederla, in quanto la mente di Crystal era altrove.
Era in una stanza, con sua madre sdraiata sul letto. Crystal era ai piedi del giaciglio, suo padre era seduto accanto alla donna sul letto e le teneva la mano. Sua madre disse qualcosa con voce fioca, qualcosa che Crystal non riuscì a capire. Il petto della donna ebbe un sussulto, poi la mano cadde dal palmo di quella di suo padre. Gli occhi della donna si chiusero e l’uomo seduto cominciò a piangere.
-Crystal, tutto bene?-
La voce di Jilien la fece tornare alla realtà. Maledicendosi per quell’attimo di debolezza, si voltò e si asciugò una lacrima che era scesa lungo la sua guancia. Con tono rude disse: -Non c’è niente da dire. Mia madre è morta e io sono stata allevata solo da mio padre che ha voluto fare di me un adepto fedele.- si girò verso Jilien, la guardò per un istante e, a passo deciso, continuò a camminare, superando la ragazza.
Jilien, sconfortata dalla reazione della sua maestra, le si avvicinò per scusarsi, ma qualunque cosa dicesse sembrava che non venisse sentita. Dopo qualche tentativo, demorse e rimandò la questione a più tardi.
Entrate dalla porta della città, le due ragazza si diressero verso una locanda vicina alle mura. Un locale nascosto, adatto a chi non vuole farsi trovare. Proprio per questo motivo la clientela era una varietà di ricercati e criminali che potevano contare sul silenzio dell’oste in quanto anch’egli era un criminale. Entrando dalla porta formata da assi di legno ormai rotte, l’inconfondibile odore di birra fu la prima cosa che Jilien sentì, seguito a ruota dalle imprecazioni dei giocatori di dadi e dal rumore di una piccola rissa scatenatasi in un angolo della sala. Crystal, senza fari distrarre da inezie come queste, era andata avanti e, dopo aver detto qualcosa all’uomo dietro al bancone che Jilien non riuscì a sentire, lasciò un sacchetto all’interlocutore, dopodiché ritornò vicino a Jilien.
-L’obiettivo è dall’altra parte della città, in una casa sorvegliata da almeno dieci guardie. Non sarà facile- Jilien si immaginava un lavoretto semplice e pulito, non un’azione di massacro. Riferiti i suoi dubbi a Crystal, questa rispose senza battere ciglio: -Che problema c’è? Uno, dieci, mille… non fa differenza. Dopo un po’ ci fai l’abitudine, tutto qui.-
Detto ciò, le fece cenno di seguirla e, evitando gli avventori ai tavoli, le due ragazze salirono al piano superiore, quello adibito alle stanze. Crystal aprì la prima porta a destra che trovarono e la richiuse subito dopo che anche Jilien fu entrata.
Di certo, era ben diversa da quella in cui la ragazza-gatto alloggiava di solito: il letto pulito era diventato un pagliericcio maleodorante; il bagno, un catino d’acqua; la finestra, un buco mal coperta da una lastra di vetro rotta: -Non è molto invitante…- disse Jilien, rimpiangendo il bagno caldo che aveva trovato l’ultima volta che era entrata nella taverna.
Crystal si era già tolta la casacca ed aveva disteso una pergamena sul pavimento, sul quale si era seduta, insieme ad una penna ed un calamaio: -Se non ti sta bene, puoi tornare al piano di sotto insieme a quegli adorabili signori- disse cinica. Jilien si rassegnò con un sospiro e si tolse anche lei la casacca, mettendosi di fronte a Crystal che aveva già tracciato uno schizzo con gesti rapidi e precisi, senza lasciare macchie d'inchiostro. La pianta dell’edificio in cui alloggiava il bersaglio era comparsa sotto ai loro occhi.
-Ora dobbiamo trovare il modo di entrare senza farci vedere.-
Un silenzio scese tra le due, impegnate a capire come procedere.
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